REATI ABITUALI E DISCIPLINA PIÙ SEVERA SOPRAVVENUTA:
SI DELINEA UN CONTRASTO INTERPRETATIVO

Cass. Sez. VI, 28 giugno 2023, n. 28128

A fronte della modifica in senso sfavorevole (art. 2 co. 4 c.p.) del trattamento sanzionatorio di un reato necessariamente abituale, il tempus commissi delicti può radicarsi nel periodo di vigenza della disciplina più severa sopravvenuta soltanto qualora il reo, dopo la modifica, realizzi nuovamente quella “serie minima” di condotte necessaria ad integrare il reato, non essendo viceversa sufficiente la commissione di una singola condotta per «trascinare con sé e verso un trattamento punitivo più severo l’intera condotta abituale compiuta in precedenza.

La sentenza dà atto che secondo l’orientamento del tutto maggioritario in dottrina e in giurisprudenza occorre fare riferimento
al momento in cui la condotta si esaurisce, cioè all’ultimo atto che protrae la situazione antigiuridica.
Si tratta di un indirizzo fondato su due assunti costitutivi.
Il primo, affermato in ogni occasione, è che il reato abituale è un reato unitario e dunque inscindibile, non scomponibile,
strutturalmente non frazionabile.
Il secondo è che, rispetto all’unitarietà del reato, la legge sopravvenuta più severa è “la legge del tempo”; dunque, non vi sarebbe né una questione di successione di legge penale e neppure il rischio di violazione del principio di irretroattività.
Sarebbe applicabile solo la disposizione vigente alla data della consumazione e la materia sarebbe esterna rispetto alla disciplina dell’art. 2 cod. pen. (tra le molte, Sez. 5, n. 8026 del 14/12/2016, dep. 2017, Manzini, Rv. 269451 e, in tema di maltrattamenti in famiglia, Sez. 6, n. 2979 del 03/12/2020, del 2021, C., Rv. 280590).
In dottrina, al fine di avallare la tesi indicata, si aggiunge che nei reati di durata, il soggetto agente che sta realizzando il reato si trova nelle condizioni di interrompere la condotta a fronte dell’intervento della legge più sfavorevole; la modifica sfavorevole, si evidenzia, porta con sé la possibilità di un ripensamento dell’agente durante il periodo di vacatio legis, nel quale dunque il soggetto può autodeterminarsi nuovamente e decidere di persistere nella condotta, andando per tale ragione incontro alle più gravi conseguenze sanzionatorie introdotte dal legislatore.

 

Cass. penale 28 giugno 2023, n. 28218