PILLOLE (MA NON “PERLE”) DALLA CASSAZIONE SULLA LEGITTIMA DIFESA

Cass. penale, Sez. I, 22 novembre 2023, n.  46921

 

1) Volontaria esposizione a pericolo
Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza, l’uso della parola “necessità”, nella formulazione legislativa dei requisiti della legittima difesa di cui all’art. 52 cod. pen., ha una portata perentoria che esclude, dal suo rigoroso orizzonte applicativo, qualsiasi caso di volontaria determinazione di una situazione di pericolo, ivi compreso quello in cui l’agente abbia contribuito ad innescare una sorta di duello o sfida contro il suo avversario o attuato una spedizione punitiva nei suoi confronti.
La determinazione volontaria dello stato di pericolo esclude, dunque, la configurabilità della legittima difesa non per la mancanza del requisito dell’ingiustizia dell’offesa, ma per difetto del requisito della necessità della difesa, sicchè l’esimente non è applicabile a chi agisce nella ragionevole previsione di determinare una reazione aggressiva, accettando volontariamente la situazione di pericolo da lui determinata.
Sempre a proposito del requisito della “necessità”, è stato costantemente affermato che non è configurabile l’esimente della legittima difesa qualora l’agente abbia avuto la possibilità di allontanarsi dall’aggressore senza pregiudizio e senza disonore.

2) Proporzione
Quanto al requisito della proporzione tra offesa e difesa, va ricordato che esso deve essere valutato con giudizio “ex ante”, ponendo a confronto i mezzi usati e quelli a disposizione dell’aggredito nonchè i beni giuridici, personali o patrimoniali, in conflitto, con la conseguenza che tale proporzione viene comunque meno nel caso di beni eterogenei in conflitto, quando la consistenza dell’interesse leso, quale la vita e l’incolumità della persona, sia enormemente più rilevante, sul piano della gerarchia dei valori costituzionali e di quelli penalmente protetti, dell’interesse patrimoniale difeso.

3) Legittima difesa putativa
La legittima difesa putativa postula i medesimi presupposti di quella reale con la sola differenza che, nella prima, la situazione di pericolo non sussiste obiettivamente, ma è supposta dall’agente a causa di un erroneo apprezzamento dei fatti.
Tale errore – che ha efficacia esimente se è scusabile e comporta responsabilità di cui all’art. 59 u.c. cod. pen., quando sia determinato da colpa – deve in entrambe le ipotesi trovare adeguata giustificazione in qualche fatto che, sebbene malamente rappresentato o compreso, abbia la possibilità di determinare nell’agente la giustificata persuasione di trovarsi esposto al pericolo attuale di un’offesa ingiusta, sicchè la legittima difesa putativa non può valutarsi alla luce di un criterio esclusivamente soggettivo e desumersi, quindi, dal solo stato d’animo dell’agente, dal solo timore o dal solo errore, dovendo, invece, essere considerata anche la situazione obiettiva che abbia determinato l’errore.
Essa, pertanto, può configurarsi se e in quanto l’erronea opinione della necessità di difendersi sia fondata su dati di fatto concreti, di per sè inidonei a creare un pericolo attuale, ma tali da giustificare, nell’animo dell’agente, la ragionevole persuasione di trovarsi in una situazione di pericolo, persuasione che peraltro deve trovare adeguata correlazione nel complesso delle circostanze oggettive in cui l’azione della difesa venga a estrinsecarsi.

 

Cass. pen. 22 novembre 2023, n. 46921