L’indennizzo I.N.A.I.L. non è integralmente satisfattivo delle pretese di ristoro spettanti all’infortunato (e quindi non esonera del tutto il datore di lavoro dalla responsabilità civile): residua, invece, un’ulteriore voce di danno – definibile “danno differenziale” in quanto corrispondente alla differenza tra l’ammontare del danno biologico permanente risarcibile nel regime della responsabilità civile e l’ammontare dell’indennizzo erogabile dall’I.N.A.I.L. nel regime dell’assicurazione obbligatoria – di cui il lavoratore può chiedere il risarcimento al datore di lavoro (il cui esonero, quindi, non si estende anche al danno differenziale). Ed invero, escludendosi la risarcibilità del danno differenziale, si pongono sotto il profilo della responsabilità civile nei confronti del lavoratore, sullo stesso piano – fruendo entrambi dell’esonero integrale – il datore di lavoro che ha diligentemente approntato le misure a prevenzione degli infortuni con quello che tali misure non ha predisposto, con ciò causando l’evento dannoso; e sempre sullo stesso piano si pongono – conseguendo entrambi solamente l’indennizzo I.N.A.I.L. – il lavoratore che si è attenuto alle prescrizioni che lo riguardano in materia di prevenzione e tutela e che ha subito l’altrui inadempimento e il lavoratore che, invece, quelle prescrizioni ha violato.
Trib. Trento 12 marzo 2013 (111.37 Kb)