IL RITO SUPERSPECIALE NON ESISTE PIÙ, MA CONTINUA AD ALIMENTARE CONTRASTI INTERPRETATIVI

È ammissibile l’atto di motivi aggiunti proposto per gravare l’aggiudicazione intervenuta nelle more del giudizio iniziato con l’impugnazione dell’ammissione di altro concorrente con rito super accelerato ai sensi dell’art. 120, comma 2 bis, c.p.a. 

 

FATTO

1. La controversia riguarda la procedura aperta indetta dal Comune di Messina per l’affidamento, in base al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, dell’appalto misto, di servizi e lavori con prevalenza di servizi ai sensi dell’art. 28 del d. lgs. n. 50 del 2016, avente per oggetto il “Servizio di efficientamento e gestione pluriennale degli impianti di illuminazione pubblica mediante ammodernamento delle tecnologie e relamping” per la durata di 6 anni dalla consegna dei lavori e per l’importo complessivo posto a base d’asta di euro 31.779.000,00 comprensivi degli oneri per la sicurezza (pari ad euro 439.534,79), al netto dell’I.V.A.

2. Equattroe s.r.l. (di seguito “E4E”), partecipante alla gara, ha impugnato, ai sensi dell’art. 120, comma 2 bis c.p.a., il provvedimento di ammissione alla gara della costituenda Ati ACSM AGAM S.p.A. (capogruppo mandataria) Di Bella Costruzioni S.r.l. (mandante) A2A Illuminazione Pubblica S.r.l. (mandante), e degli atti connessi davanti al Tar Sicilia – Catania.

3. Con motivi aggiunti E4E ha chiesto l’annullamento della determinazione dirigenziale n. 4232 del giorno 8 ottobre 2018 con la quale il Comune di Messina ha aggiudicato l’appalto all’associazione di imprese ACSM-AGAM s.p.a. (sostituita, in seguito a cessione del ramo d’azienda avente ad oggetto l’illuminazione pubblica, da Varese Risorse s.p.a.), capogruppo, A2A Illuminazione Pubblica s.r.l. e Di Bella Costruzioni s.p.a. quali mandanti, con conseguente subentro ai sensi dell’art. 124 c.p.a. nel contratto d’appalto, ovvero risarcimento danno per equivalente, per illegittimità derivata dall’invalidità degli atti a monte già impugnati con il ricorso principale.

4. Varese Risorse s.p.a. (di seguito “Varese Risorse”), A2A Illuminazione Pubblica s.r.l (di seguito “A2A”) e ACSM-AGAM s.p.a. (di seguito “ACSM”) hanno proposto ricorso incidentale di tipo escludente, contestando alla ricorrente la sussistenza di taluni requisiti di partecipazione alla procedura.

5. Il Tar, con sentenza 25 febbraio 2019, n. 318, ha dichiarato irricevibile il ricorso incidentale, ha accolto il ricorso principale e il ricorso per motivi aggiunti e, per l’effetto, ha annullato gli atti impugnati e condannato il Comune di Messina ad affidare l’appalto di servizi in questione alla ricorrente.

6. Avverso la sentenza di primo grado Di Bella, in proprio e quale mandante della costituenda Ati, ha proposto appello, con annessa istanza di sospensione, davanti a questo CGARS con ricorso n. 233 del 2019.

7. Varese Risorse, A2A e ACSM hanno proposto appello incidentale, con annessa istanza di sospensione, così come il Comune di Messina.

8. Il Presidente del CGARS, con decreto 7 marzo 2019, n. 165, ha adottato, su istanza di parte, decreto di sospensione degli effetti della sentenza di primo grado, onerando il Comune di Messina di depositare, al fine di verificare la tempestività o meno del ricorso incidentale di primo grado, la documentazione atta a comprovare la data di pubblicazione sul profilo del committente dei provvedimenti di ammissione e esclusione dei concorrenti alla gara.

9. Questo CGARS, con ordinanza 22 marzo 2019, n. 188, ha sospeso gli effetti della sentenza impugnata.

10. Nel giudizio di appello si sono costituiti ACSM-AGAM s.p.a., Varese Risorse s.p.a.), A2A Illuminazione Pubblica s.r.l., Di Bella Costruzioni s.p.a. e il Comune di Messina.

11. Con istanza istruttoria depositata il 10 gennaio 2020 E4E ha richiesto la documentazione completa del soccorso istruttorio effettuato dalla stazione appaltante prima di stipulare il contratto.

12. Alla pubblica udienza del 6 febbraio 2020 la causa è stata trattenuta in decisione.

 

DIRITTO

13. Prioritariamente il Collegio valuta l’ammissibilità dei motivi aggiunti proposti da E4E davanti al Tar, oggetto di eccezione in primo grado da parte delle controinteressate e di apposito motivo d’impugnazione, da parte delle medesime (appellanti in secondo grado), avverso il capo della sentenza che l’ha rigettata, in considerazione delle conseguenze che da tale decisione derivano in punto di permanenza dell’interesse al ricorso introduttivo.

13.1. Il motivo di appello è infondato.

13.2. Con motivi aggiunti è stata impugnata per invalidità derivata, da parte di E4E, ricorrente in primo grado e qui appellata, l’aggiudicazione intervenuta nelle more del giudizio introdotto con ricorso ex art. 120, comma 2 bis, c.p.a.

L’atto con il quale è stato gravato il provvedimento conclusivo della gara è stato notificato, una prima volta, presso i difensori, così configurandolo come ricorso per motivi aggiunti, nel termine di trenta giorni dalla comunicazione del medesimo atto, intervenuta il 9 ottobre 2018, e successivamente rinotificato personalmente alle parti il 9 novembre, il giorno successivo al decorso del termine di decadenza.

13.3. L’ammissibilità dell’impugnazione, da parte di E4E, del provvedimento di aggiudicazione dipende quindi dalla possibilità di gravare il medesimo attraverso motivi aggiunti, e non con ricorso autonomo, in costanza del già intervenuto ricorso, ex art. 120, comma 2 bis, c.p.a., avverso il provvedimento di ammissione.

Il comma 7 ratione temporis vigente del citato art. 120 dispone, con riferimento al primo grado di giudizio, che “i nuovi atti attinenti la medesima procedura di gara devono essere impugnati con ricorso per motivi aggiunti” e ciò “ad eccezione dei casi di cui al comma 2 bis (deroga inserita proprio dalla fonte che ha introdotto i commi 2 bis e 6 bis nell’articolo in esame).

La regola dettata dal comma 7 si compone di due prescrizioni.

La prima stabilisce l’obbligo di impugnazione con motivo aggiunti degli atti successivi a quelli già impugnati nell’ambito delle procedure di affidamento di cui all’art. 120, comma 1, c.p.a. Posto che gli atti successivi (lesivi) debbono essere impugnati pena il venir meno dell’interesse a ricorrere avverso i primi, il gravame deve essere disposto, in ragione del principio di concentrazione, davanti al medesimo giudice al fine di assicurare il simultaneus processus. D’altro canto la legittimazione a impugnare gli atti successivi, aggiudicazione inclusa, deriva dalla proposizione del giudizio relativo alla fase antecedente.

La concentrazione processuale garantita dal comma 7 dell’art. 120 c.p.a. è il portato di siffatta relazione bidirezionale che collega le condizioni dell’azione esercitata con l’impugnazione degli atti precedenti rispetto alle condizioni di ammissibilità del gravame avente ad oggetto i provvedimenti successivi.

La seconda prescrizione stabilisce la mancanza dell’obbligo (di impugnazione con motivi aggiunti) in relazione agli atti che seguono i provvedimenti di ammissione ed esclusione impugnati ai sensi dell’art. 120, comma 2 bis, c.p.a.

Il tenore letterale del comma 7 non si spinge oltre. L’unica indicazione che stabilisce è quella relativa all’eccezione rispetto all’obbligo di impugnare con motivi aggiunti gli atti successivi delle procedure di affidamento. Dal che deriva l’assenza dell’imposizione di gravare con motivi aggiunti i provvedimenti posteriori (con conseguente perdurante facoltà di presentare motivi aggiunti verso tali atti), che è cosa diversa dal divieto di impugnarli con motivi aggiunti.

Il tenore letterale del comma 7 non supporta pertanto, dal punto di vista letterale, la previsione del divieto di presentazione di motivi aggiunti successivi a un ricorso presentato ai sensi del comma 2 bis.

Né la ratio dell’istituto introdotto con il comma 2 bis depone nel senso di interpretarlo quale divieto di impugnare i provvedimenti posteriori con motivi aggiunti.

La suddetta previsione (l’eccezione contenuta nel comma 7), infatti, si inscrive e si giustifica in relazione al rito superaccelerato introdotto con il comma 2 bis, che muove da una concezione bifasica della gara, in cui la fase preliminare dell’ammissione, all’esito dell’accertamento dei requisiti di partecipazione, precede quella della valutazione delle offerte.

Specularmente è stato introdotto, con il comma 2 bis dell’art. 120 c.p.a., un meccanismo processuale che riproduce e assicura la biforcazione del procedimento ad evidenza pubblica, distinguendo fra impugnazione dei provvedimenti che individuano i soggetti idonei a parteciparvi e gravame relativo agli atti successivi.

L’obiettivo della legge 28 gennaio 2016, n. 11, art. 1, comma 1, lett. bbb, attuato dall’art. 204, comma 1, lett. b, del d. lgs. n. 50 del 2016 con l’introduzione dei commi 2 bis e 6 bis nell’art. 120 c.p.a., è la cristallizzazione definitiva della platea dei concorrenti prima dell’aggiudicazione. In particolare, con esso il Governo è stato delegato a introdurre “un rito speciale in camera di consiglio che consente l’immediata risoluzione del contenzioso relativo all’impugnazione dei provvedimenti di esclusione dalla gara o di ammissione alla gara per carenza dei requisiti di partecipazione”, laddove immediata sta per anteriore al successivo svolgimento della procedura di gara, ossia alla (fase della valutazione delle offerte che culmina con il provvedimento di) aggiudicazione.

L’istituto processuale immesso nel codice per il raggiungimento dell’obiettivo di cristallizzare in via definitiva la platea dei concorrenti prima dell’aggiudicazione si basa sull’onere d’immediata impugnazione della (propria) esclusione e delle (altrui) ammissioni (art. 120, comma 2 bis, c.p.a.), con annessa preclusione della deduzione di vizi attinenti alla fase preliminare dell’ammissione in sede di impugnazione dei successivi provvedimenti di aggiudicazione (“L’omessa impugnazione preclude la facoltà di far valere l’illegittimità derivata dei successivi atti delle procedure di affidamento anche con ricorso incidentale”). Esso è accompagnato dall’introduzione, al comma 6 bis dell’art. 120 c.p.a., di termini acceleratori del giudizio riguardante la fase preliminare della gara (da cui l’appellativo di giudizio superaccelerato), finalizzati a coadiuvare il raggiungimento dell’obiettivo.

Il suddetto schema processuale comporta, almeno nella fisiologia del suo atteggiarsi, che la legittimazione all’impugnazione dell’aggiudicazione si fondi non sulla mera proposizione del gravame (così come invece succede nelle altre fattispecie nella quale interviene la regola generale di cui al comma 7) ma sulla definizione giurisdizionale dell’ammissione del concorrente.

Viene pertanto meno quella correlazione che spiega il simultaneus processus in relazione alla regola generale contenuta nel comma 7 dell’art. 120 c.p.a.: non si pone un problema di impugnazione degli atti successivi al fine di evitare il sopravvenuto difetto di interesse, né si prospetta una legittimazione fondata sulla proposizione del primo ricorso, posto che il giudizio introdotto da quest’ultimo si è ormai definito.

A fronte della regola generale che chiede l’impugnazione con motivi aggiunti degli atti successivi delle procedure di affidamento rispetto a quelli già gravati, l’eccezione dettata nel comma 7 è funzionale a non intralciare lo scopo del rito superaccelerato, che vuole la predefinizione, anche giurisdizionale, della platea dei partecipanti alla gara.

La finalità del giudizio superaccelerato ne segna la ragion d’essere e influenza i limiti applicativi.

Quando l’aggiudicazione, come nel caso di specie, anziché intervenire dopo l’esaurimento del contenzioso relativo al segmento preliminare della procedura a evidenza pubblica, interviene nelle more, essa determina l’impossibilità che il quadro dei concorrenti sia definito prima dell’epilogo della gara, così vanificando lo scopo perseguito dalla legge delega e dischiudendo la prospettiva di un contenzioso post-aggiudicazione riguardante (anche) la fase che definisce la platea dei partecipanti. Si ritorna nella prospettiva in cui la legittimazione all’impugnazione della gara deriva dalla proposizione del ricorso avverso il provvedimento lesivo adottato nel primo segmento della gara (e non dalla definizione in senso positivo del contenzioso sulla fase preliminare) e l’impugnazione dell’aggiudicazione è necessaria pena il sopravvenuto difetto di interesse del gravame avverso l’esclusione.

Colui che ha impugnato il provvedimento lesivo della fase preliminare ai sensi del comma 2 bis dell’art. 120 c.p.a. è tenuto quindi a impugnare anche l’aggiudicazione nelle more intervenute. Non ha l’obbligo di farlo con motivi aggiunti ma non perde la facoltà di utilizzarli. Specularmente il giudice ha il potere di riunire i ricorsi ai sensi dell’art. 43, comma 2 c.p.a. e di separarli.

L’ipotesi in cui l’aggiudicazione, intervenuta nelle more del giudizio introdotto ai sensi del comma 2 bis dell’art. 120 c.p.a., venga impugnata, come nel caso di specie, solo per invalidità derivata (dagli asseriti vizi di illegittimità dell’atto preliminare) costituisce uno dei casi che spiegano la permanenza della facoltà di impugnare con motivi aggiunti ai sensi del comma 7 dell’art. 120 c.p.a.

Non può, infatti, impedirsi che il ricorrente impugni con motivi aggiunti l’aggiudicazione se le censure derivano dai vizi della fase di individuazione dei concorrenti ammessi, né può specularmente evitarsi che il giudice provveda, in caso di ricorsi separati, alla riunione dei medesimi. In tali casi, infatti, il giudice, valutando il merito del ricorso avverso gli atti della fase preliminare, contemporaneamente decide in ordine alla sussistenza della legittimazione all’impugnazione avverso il provvedimento di aggiudicazione. La decisione sull’annullamento, o meno, dell’aggiudicazione dipende completamente (se non per profili di rito) dalla determinazione sulla fase preliminare. La pronuncia sull’aggiudicazione si esaurisce nel portato del rapporto di pregiudizialità, che non lascia altro spatium deliberandi al giudice.

Sono, pertanto, evidenti le ragioni di economia processuale che depongono a favore dell’ammissibilità dei motivi aggiunti utilizzati per gravare il provvedimento di aggiudicazione intervenuto nelle more del giudizio iniziata con l’impugnazione dell’atto preliminare ai sensi dell’art. 120, comma 2 bis c.p.a.

Vi sono, poi, altri principi processuali che depongono a favore di tale impostazione: (i) il principio del giusto processo in termini di durata del medesimo, atteso che la concentrazione davanti al medesimo giudice può assicurare tempistiche migliori rispetto allo svolgimento di due giudizi, uno sulla fase preliminare e uno sul segmento finale della gara,

(ii) il principio di effettività della tutela, garantita dal punto di vista sostanziale con la definizione del giudizio anche relativamente all’aggiudicazione, oltre alla necessità di evitare un (eventuale) contrasto fra giudicati, che potrebbe determinarsi in ragione della tempistica parallela del loro dispiegarsi;

(iii) l’esigenza del contenimento dei costi del processo per la parte, che, in caso di motivi aggiunti meramente ripetitivi del ricorso originario, non è tenuta al versamento di un nuovo contributo unificato, a cui sarebbe invece tenuta se fosse obbligata a proporre un ricorso autonomo contro la sopravvenuta aggiudicazione, ancorché deducendo solo vizi di illegittimità derivata dal primo provvedimento già impugnato.

In ragione di quanto sopra, il motivo d’appello non è meritevole di accoglimento.

13.4. L’infondatezza del medesimo comporta l’ammissibilità, già accertata nella sentenza gravata, dei motivi aggiunti presentati da E4E, con conseguente perdurante sussistenza dell’interesse a ricorrere della medesima società.

14. Risolta la questione relativa all’ammissibilità dei motivi aggiunti, il Collegio può valutare i motivi di appello attinenti al merito del ricorso di primo grado, che si presentano meritevoli di accoglimento.

15. Gli appellanti hanno censurato, innanzitutto, la sentenza di primo grado nella parte in cui ha accolto la censura articolata da E4E (inserita nel primo motivo di ricorso), con cui era stato contestato il possesso, in capo al raggruppamento aggiudicatario, del requisito di cui all’art. 7, 2.A, lett. b), del disciplinare. Il disciplinare ha imposto, in particolare, ai concorrenti di dimostrare di avere conseguito un fatturato specifico minimo annuo, riferito all’ultimo triennio, pari ad euro 500.000,00 per il servizio di conduzione impianti e pari ad euro 3.000.000,00 per il servizio di fornitura di energia elettrica.

15.1. Il Tar ha accolto il motivo di ricorso argomentando in ragione del fatto che il contratto di avvalimento prodotto per attestare il possesso del requisito non specifichi, in modo distinto, il fatturato minimo richiesto per ciascuna tipologia di servizio.

15.2. Con l’atto di appello principale Di Bella ha dedotto che l’attestazione del requisito è avvenuta tramite un contratto di avvalimento cosiddetto di garanzia fra la mandataria ACSM (che era tenuta a dimostrare di possederlo) e la mandante A2A, nel quale l’oggetto non richiede una particolare specificazione dell’elemento messo a disposizione dall’ausiliaria all’ausiliata.

Sul punto le altre partecipanti al raggruppamento, cioè Varese Risorse, A2A e ACSM, controinteressate in primo grado e appellanti incidentali in secondo, hanno specificato che la mandataria ACSM avrebbe svolto, in base all’offerta presentata, la sola attività di fornitura di energia elettrica, mentre gli altri servizi sarebbero stati svolti dalle mandatarie. Pertanto la mandataria avrebbe dovuto provare il solo requisito riferito alla fornitura di energia elettrica e lo ha comprovato attraverso il contratto di avvalimento con A2A, confermato con il DGUE (sez. B, lett. 2a, della parte IV), con la dichiarazione sostitutiva del soggetto ausiliato e con la dichiarazione sostitutiva del soggetto ausiliario. Hanno, inoltre, dedotto che, anche ritenendo che vi fosse un difetto formale nella documentazione comprovante il requisito, l’effettiva sussistenza del medesimo è idonea a superare la mancanza.

Il Comune di Messina, resistente in primo grado e appellante incidentale in secondo, oltre a dedurre anch’esso che la sussistenza del requisito in capo ad ACSM, desumibile dalla documentazione di gara, ha sottolineato come, in ogni caso, anche laddove si ritenesse diversamente, la situazione avrebbe potuto essere sanata, ai sensi dell’art. 89 del d.lgs. n. 50 del 2016, attraverso il soccorso istruttorio, richiesto in sede processuale dal raggruppamento, senza che possa essere invocato in senso contrario l’art. 8 del disciplinare, posto alla base della decisione del Tar.

15.3. E4E, ricorrente in primo grado e appellata in secondo, ha controdedotto che l’esame della documentazione di gara evidenzia che il requisito non viene esplicitato nel dettaglio, né messo a disposizione dall’ausiliaria posto che il contratto di avvalimento non ha ad oggetto il fatturato specifico attinente alla fornitura ma la generica allegazione di un fatturato globale riferito anche l’attività di fornitura ma non solo, senza indicare l’ammontare da relazionare al servizio che avrebbe dovuto compiere l’ausiliata (ACSM).

15.4. Questo CGARS, con ordinanza 22 marzo 2019, n. 188, nell’accogliere l’istanza cautelare e sospendere l’esecutività della sentenza impugnata, ha statuito che il Comune, nel procedere alle verifiche di cui all’art. 32, co. 7, del codice dei contratti, valuterà “se attivare la procedura del soccorso istruttorio”.

15.5. In data 18 novembre 2019 il Comune ha depositato la documentazione del soccorso istruttorio attivato dopo l’ordinanza n. 188 del 2019, avente esito positivo per il raggruppamento, e il successivo contratto stipulato con il medesimo.

15.6. Con istanza istruttoria depositata il 10 gennaio 2020 E4E ha richiesto la documentazione completa del soccorso istruttorio effettuato dalla stazione appaltante prima di stipulare il contratto, in tesi mancante delle fatture attestanti il fatturato di A2A relativo alla sola fornitura di energia elettrica (di cui la mandataria ACSM si è avvalsa in ragione di apposito contratto di avvalimento). Nell’istanza si legge che analoga istanza di accesso è stata rivolta alla stazione appaltante in data 22 novembre 2019, istanza che, a parere di E4E, non sarebbe stata evasa in modo adeguato.

15.7. In data 13 gennaio 2020 Di Bella ha depositato un atto di opposizione a richiesta di ordinanza istruttoria, ritenendola tardiva e dilatoria, atteso che la documentazione richiesta sarebbe stata già depositata in giudizio.

Con memoria depositata il 21 gennaio e successiva memoria di replica le altre partecipanti al raggruppamento, appellanti incidentali, hanno dedotto che gli esiti del soccorso istruttorio effettuato prima della stipulazione del contratto, e depositati in giudizio il 18 novembre 2019, sono rimasti incontestati, essendo quindi divenuta definitiva l’avvenuta attestazione del requisito del fatturato specifico.

Nello stesso senso, facendo rilevare l’inammissibilità dell’istanza istruttoria in ragione della mancata impugnazione degli esiti del soccorso istruttorio, si è posta parte resistente con memoria 21 gennaio 2010 e successiva memoria di replica.

15.8. Il Collegio ritiene che il motivo di ricorso presentato in primo grado, accolto dalla sentenza impugnata e oggetto dell’appello principale di una delle società componenti il raggruppamento, Di Bella, e degli appelli incidentali proposti dalle altre partecipanti all’Ati e da parte resistente, sia divenuto improcedibile. Ciò in ragione del fatto che il soccorso istruttorio compiuto dalla stazione appaltante dopo l’ordinanza n. 188 del 2019 non costituisce adempimento della medesima (il Comune valuterà “se attivare la procedura del soccorso istruttorio) ma risponde ad un’autonoma determinazione della stazione appaltante. Né può essere qualificato quale atto meramente confermativo, e come tale non idoneo a rappresentare una forma di lesione ulteriore rispetto all’atto confermato, già impugnato, essendo caratterizzato da un’istruttoria indipendente, il cui esito avrebbe dovuto essere impugnato pena il venir meno dell’interesse al motivo di ricorso che ha gravato gli atti di gara sul punto successivamente accertato con apposita modalità di ausilio procedimentale.

L’improcedibilità dell’originario motivo di ricorso avverso le determinazioni della stazione appaltante, consumatasi allo scadere del termine di impugnazione degli esiti del soccorso istruttorio, decorrente quanto meno dal relativo deposito in giudizio avvenuto il 18 novembre 2019, determina l’inammissibilità dell’istanza istruttoria presentata il 10 gennaio 2020, finalizzata all’esibizione di atti destinati a supportare la difesa di E4E proprio in relazione al motivo di ricorso divenuto improcedibile. Né possono valere in senso contrario le risultanze dell’accesso agli atti, la cui istanza sarebbe stata presentata alla stazione appaltante in data 11 ottobre 2019, poi “completata” in data 22 novembre, ed evasa il 17 dicembre 2019 in modalità che E4E ha ritenuto non esaustive, pur non avendone impugnato le risoluzioni o la condotta dell’Amministrazione.

16. Gli appellanti hanno censurato, altresì, la sentenza di primo grado nella parte in cui ha accolto la censura articolata da E4E nell’ambito del primo motivo del ricorso introduttivo davanti al Tar, con cui è stato contestato il possesso, in capo al raggruppamento aggiudicatario, del requisito di cui all’art. 7, 2.A, lett. b), del disciplinare.

16.1. Il motivo è fondato.

16.2. Il Tar Sicilia ha accolto la censura con la quale E4E ha lamentato la carenza, in capo al raggruppamento controinteressato, del requisito di cui all’art. 7, 2.A, lett. d) del disciplinare, concernente la capacità tecnica. Ad avviso del Tar la sola mandante Di Bella avrebbe reso la dichiarazione attestante il possesso del predetto requisito, mentre analoga dichiarazione avrebbe dovuto essere resa (ed il requisito posseduto) da tutti i componenti del raggruppamento. Ciò in quanto, sebbene la lex specialis nulla preveda in ordine alla comprova del requisito in ipotesi di partecipazione plurisoggettiva alla gara, “il requisito tecnico professionale richiesto  costituisce un elemento essenziale per l’esecuzione di tutte le prestazioni dell’appalto e, dunque, deve essere posseduto da tutte le imprese partecipanti all’A.T.I. a pena di esclusione”.

16.3. Le appellanti, controinteressate e parte resistente, hanno argomentato che il requisito è stato comprovato solo dalla Di Bella in quanto, in base alla lex specialis, non deve essere comprovato da ciascun componente del raggruppamento, con la differenza che, qualora si dovesse ritenere che la disciplina di gara disponga diversamente, Di Bella ha lamentato la mancata impugnazione delle clausole del bando mentre le altre tre partecipanti al modulo associativo hanno contestato nel merito la lex specialis.

16.4. L’art. 83, comma 8, del d.lgs. n. 50 del 2016 stabilisce, con riferimento ai raggruppamenti, che “nel bando sono indicate le ‘eventuali’ misure in cui gli stessi requisiti devono essere posseduti dai singoli concorrenti partecipanti. La mandataria in ogni caso deve possedere i requisiti ed eseguire le prestazioni in misura maggioritaria”.

La legge di gara ha richiesto ai concorrenti di attestare, tra l’altro, la dotazione delle

figure professionali specificate dall’art. III.1.3, n. 1 del bando di gara e dall’art. 7, 2.A, lett. d del disciplinare (“tecnici o organismi tecnici che facciano o meno parte integrante dell’operatore economico (anche responsabili dei controlli qualità), con le seguenti qualifiche: n. 1 direttore tecnico laureato, n. 1 tecnico sistemista per la gestione e l’aggiornamento informatico del DBase di pubblica illuminazione, n. 2 tecnici diplomati e n. 1 capotecnico con comprovata esperienza su impianti elettrici MT a norma CEI 11-27”).

Il punto 7.3 del disciplinare di gara, recante “Indicazioni per i raggruppamenti temporanei, consorzi ordinari aggregazioni di imprese di rete, geie”, non annovera, tra le specificazioni relative al possesso dei requisiti in capo a ciascuno degli associati, anche il requisito di cui all’art. 7, 2.A, lett. d del disciplinare.

Il bando e il disciplinare non prevedono, pertanto, alcunché in ordine alla modalità attraverso la quale i singoli componenti del raggruppamento sono tenuti a possedere i requisiti di qualificazione e, in particolare, nulla dispongono in ordine alla quota dei requisiti che deve essere intestata alla mandataria rispetto alla percentuale detenuta dalle mandanti.

La normativa che regolamenta le procedure di gara per l’affidamento di servizi cui partecipano raggruppamenti temporanei di imprese si limita a prescrivere che l’offerta debba contenere l’indicazione delle specifiche parti del servizio che saranno eseguite dai singoli operatori economici (art. 48, comma 4, del d.lgs. n. 50 del 2016) e a facoltizzare le stazioni appaltanti a prevedere come suddividere, all’interno del raggruppamento, il possesso dei requisiti di partecipazione tecnico professionali ed economici (art. 83, comma 8 del d.lgs. n. 50 del 2016), salva la necessità che essi siano posseduti dal raggruppamento nel suo complesso.

Mentre il primo aspetto (predeterminazione delle quote di esecuzione) non è stato oggetto di particolari dissertazioni, il secondo (sussistenza dei requisiti di partecipazione in capo ai singoli partecipanti al raggruppamento) è stato più volte approfondito dalla giurisprudenza, anche in considerazione della differenza, sul punto, della disciplina esistente per il settore dei lavori da quella esistente per i settori dei servizi e delle forniture.

Secondo l’art. 92, comma 2, del d.P.R. n. 207 del 2010, “le quote di partecipazione al raggruppamento o consorzio, indicate in sede di offerta, possono essere liberamente stabilite entro i limiti consentiti dai requisiti di qualificazione posseduti dall’associato o dal consorziato”. In materia di lavori è stabilita, dunque, la necessaria corrispondenza tra le quote di partecipazione al raggruppamento e i requisiti di qualificazione posseduti. Tale principio è rafforzato dalla previsione contenuta nell’ultima parte del citato comma 2, per la quale: “I lavori sono eseguiti dai concorrenti riuniti secondo le quote indicate in sede di offerta, fatta salva la facoltà di modifica delle stesse, previa autorizzazione della stazione appaltante che ne verifica la compatibilità con i requisiti di qualificazione posseduti dalle imprese interessate”. Detta disposizione è stata mantenuta in vigore dall’art. 217, comma 1, lettera u), del d.lgs. n. 50 del 2016, in attesa dell’adozione degli atti attuativi del nuovo codice dei contratti pubblici. Su di essa si è pronunciata l’Adunanza plenaria nel senso che vi è piena libertà in capo alle imprese partecipanti al raggruppamento di stabilire la quota di partecipazione al raggruppamento medesimo, con il solo limite rappresentato “dai requisiti di qualificazione posseduti dall’associato o dal consorziato”. In sostanza, la disposizione riconosce la piena libertà delle imprese partecipanti al raggruppamento di suddividere tra loro le quote di esecuzione dei lavori, sia in via preventiva (art. 92, co. 2, secondo periodo), sia in via successiva (art. 92, co. 2, quarto periodo, sia pure previa autorizzazione), fermo il limite rappresentato dai requisiti di qualificazione posseduti dall’impresa associata. In tal modo le norme evocate ne presuppongano un’altra ad esse preordinata, e precisamente la norma secondo la quale l’impresa associata partecipa alle gare in base ai (e nei limiti dei) propri requisiti di qualificazione (Adunanza plenaria 27 marzo 2019, n. 6).

Diversamente, con riferimento ai requisiti di capacità professionale dei raggruppamenti partecipanti a procedure di affidamento di servizi, il nuovo codice dei contratti pubblici prevede esclusivamente l’obbligo di specificare nell’offerta “le categorie di lavori o le parti del servizio o della fornitura che saranno eseguite dai singoli operatori economici riuniti o consorziati” (art. 48, comma 4). E stabilisce, per i raggruppamenti temporanei, che “nel bando sono indicate le eventuali misure in cui gli stessi requisiti devono essere posseduti dai singoli concorrenti partecipanti” (art. 83, comma 4, nel testo modificato dal d.lgs. n. 157/2017).

In vigenza del vecchio codice, l’Adunanza plenaria è stata chiamata a pronunciarsi sulla questione se gli artt. 37, 41 e 42 del d.lgs. n. 163 del 2006, nella formulazione antecedente alla novella di cui alla legge n. 135 del 2012, consentissero, anche per gli appalti di servizi, l’applicazione del principio di corrispondenza fra quota di capacità e quota di esecuzione della prestazione, a prescindere dalle espresse previsioni della lex specialis. Ed ha affermato che, in detto contesto normativo, negli appalti di servizi da affidarsi a raggruppamenti temporanei di imprese la legge non prevede più “l’obbligo della corrispondenza fra quote di partecipazione e quote di esecuzione, fermo restando, però, che ciascuna impresa va qualificata per la parte di prestazioni che s’impegna ad eseguire, nel rispetto delle speciali prescrizioni e modalità contenute nella normativa di gara” (Adunanza plenaria 28 agosto 2014, n. 27). In precedenza l’Adunanza plenaria, sempre in materia di servizi, aveva precisato che la mancanza di una predeterminazione normativa o regolamentare dei requisiti di capacità tecnica professionale e di una corrispondenza fra requisiti di partecipazione e quote di esecuzione del servizio affida le relative determinazioni alla discrezionalità della singola stazione appaltante, che ha, quindi, il compito di definire nella lex specialis, in relazione al contenuto della prestazione, i requisiti d’idoneità che devono essere posseduti dalle imprese componenti il raggruppamento (Adunanza plenaria, 13 giugno 2012, n. 22).

La questione sta nel verificare cosa accada quando, come nel caso di specie, la stazione appaltante nulla abbia previsto nella lex specialis.

Sul punto si registrano due orientamenti.

Un primo, e minoritario, orientamento ritiene che il silenzio del legislatore vada colmato facendo ricorso ai principi generali desumibili dal sistema, nella specie identificato dal principio di necessaria qualificazione di cui alla sentenza della V sezione del Consiglio di Stato, 11 novembre 2016 n. 4684, che ritiene immanente all’intero sistema degli appalti pubblici la regola per la quale ciascuna impresa esecutrice, a qualsiasi titolo, deve essere qualificata per la prestazione che deve eseguire.

Secondo il secondo, e prevalente, orientamento, negli appalti di servizi non vige il principio di corrispondenza tra quote di esecuzione e requisiti di qualificazione. Pertanto, se la lex specialis nulla prevede in ordine alla corrispondenza tra requisiti di qualificazione e quote di prestazione, il principio di corrispondenza non vige. La (eventuale) prescrizione in tal senso è rimessa all’esercizio della discrezionalità da parte della stazione appaltante.

Anche di recente, per servizi e forniture, è stato ribadito che trova applicazione il principio di determinazione dell’entità dei requisiti da parte della legge di gara. In particolare, il Consiglio di Stato ha ribadito che, in assenza di contrarie prescrizioni della lex specialis, non può ritenersi ricorrente alcun obbligo di corrispondenza tra quote di qualificazione e quote di esecuzione della commessa (Cons. St., 16 novembre 2018, n. 6471).

Posto quanto sopra, la doglianza in esame, finalizzata non a dedurre la mancata corrispondenza tra le quote di qualificazione e quelle di esecuzione ma esclusivamente la mancata attestazione da parte della mandataria, oltre che della mandante, del requisito di qualificazione professionale, dedotta in primo grado da E4E, accolta dal Tar, e censurata con l’appello principale e gli appelli incidentali, non coglie nel segno.

Essa, infatti, non si fonda sulla tematica della (mancata) corrispondenza fra requisiti di qualificazione e quote di esecuzione, che non solo non è dedotta, né può ricavarsi in via indiretta dalle argomentazioni difensive, ma neppure rispecchia la situazione reale, nella quale la domanda di partecipazione del raggruppamento contiene e garantisce una espressa corrispondenza fra requisiti di partecipazione e quote di esecuzione.

In un settore come quello dei servizi e delle forniture, nel quale la rilevanza della parcellizzazione della partecipazione all’interno del raggruppamento rileva, nella fase della qualificazione, nei due aspetti, sopra evidenziati, dell’indicazione delle quote di esecuzione ed (eventualmente, nei termini illustrati) della corrispondente qualificazione non determina alcuna conseguenza in punto di illegittimità dell’ammissione la circostanza che un determinato requisito sia posseduto dalla mandante e non dalla mandataria.

Nel silenzio del bando (e del disciplinare di gara), trattandosi di requisiti (eventuali), deve ritenersi che quello in discussione resti soddisfatto ove posseduto e dichiarato da uno dei componenti il raggruppamento, nel caso di specie la mandante Di Bella, e non dalla mandataria (in tali termini è stato articolato il motivo di ricorso in primo grado). Ciò anche in ragione del principio del favor partecipationis, che, anche qualora residuino margini di dubbio, richiede di interpretare la lex specialis nel senso che consente l’ampliamento della platea dei partecipanti alla gara, piuttosto che la riduzione della medesima.

16.5. Il motivo d’appello va quindi accolto, con conseguente riforma della sentenza impugnata.

17. Gli appellanti hanno censurato, altresì, la sentenza di primo grado nella parte in cui ha accolto il motivo di ricorso articolato da E4E (inserito nel primo motivo di ricorso), con cui era stato contestato l’assenza, in capo a tutti i componenti al RTI ACSM, del requisito di cui all’art. 7, 2.A, lett. e) del disciplinare, nella misura in cui richiede il possesso della certificazione di qualità UNI EN ISO 9001:2015 non solo per i “settori IAF 25 e 28b”, ma anche relativamente al “settore 39”.

17.1. Il motivo è fondato.

17.2. Il Tar ha accolto il sub-motivo di ricorso in esame, anch’esso accluso alla prima doglianza, sostenendo che il chiarimento fornito in gara dalla stazione appaltante – che ha espressamente escluso il rilievo del “settore IAF 39” ai fini della procedura – non avrebbe potuto modificare e/o integrare la lex specialis e che dunque la certificazione in parola avrebbe dovuto accludere anche il settore di cui trattasi. Inoltre, i giudici di prime cure hanno sostenuto che, nel silenzio della lex specialis, il requisito doveva essere comprovato (e posseduto) da tutte le componenti del raggruppamento ACSM, anche in ragione della natura “mista” del raggruppamento che ha partecipato alla gara: la mandataria, infatti, avrebbe eseguito il solo servizio di fornitura di energia elettrica, essendo dunque imposto alle mandanti, ai fini dell’espletamento delle diverse attività di competenza, di essere a loro volta in possesso di una certificazione (in quanto indice della rispettiva capacità esecutiva) conforme alla (iniziale) lettera del disciplinare (pag. 20 della Sentenza). Pertanto, considerato che la sola mandataria ACSM è in possesso di una certificazione “completa”, comprensiva della UNI EN ISO 9001:2015 non solo per i “settori IAF 25 e 28b”, ma anche per il “settore 39”, come comprovato in sede di giudizio, il requisito in parola non sarebbe stato integrato dal raggruppamento, con la conseguenza che lo stesso avrebbe dovuto essere escluso.

17.3. Le appellanti, controinteressate e parte resistente in primo grado, hanno variamente criticato la sentenza in ragione della chiarezza del chiarimento, nel senso di escludere la necessità di comprovare il requisito in ordine al settore 39, della non pertinenza dell’eventuale richiesta delle certificazioni per il settore 39 in relazione ai servizi oggetto di gara e di avvenuta attestazione del requisito con riferimento al raggruppamento nel suo complesso.

17.4. Si rileva, innanzitutto, la tempestività del motivo di ricorso sollevato entro il termine di decadenza decorrente non dalla pubblicazione del chiarimento ma dalla comunicazione dell’atto attuativo in ragione del fatto che il primo non ha manifestato la lesività nei confronti di E4E se non nel momento in cui un concorrente non ha usufruito della disposizione in esso contenuta.

In secondo luogo, prescindendo dai rapporti fra lex specialis di gara e successivo chiarimento, non può in questa sede non richiamarsi quanto già argomentato in relazione al precedente motivo di appello.

Con riferimento al motivo in esame, infatti, la certificazione relativa al settore 39 è stata prodotta dalla mandataria, non vi erano, pertanto, ragioni per escludere, per ciò solo, il raggruppamento dalla gara. Ciò in considerazione di quanto argomentato sopra in relazione alle regole di partecipazione dei raggruppamenti alle procedure comparative finalizzate all’affidamento di servizi e forniture.

17.5. Tanto è sufficiente, per le motivazioni sopra riportate, per ritenere fondato il motivo di appello, con conseguente riforma della sentenza di primo grado sul punto.

18. Gli appellanti hanno censurato, altresì, la sentenza di primo grado nella parte in cui ha accolto il secondo motivo di ricorso di primo grado di E4E, a mezzo del quale è stato contestato che la mandataria del RTI ACSM, deputata allo svolgimento delle attività di fornitura di energia elettrica, rilevanti in misura di poco superiore al 55% nell’economia complessiva dell’appalto, deterrebbe una quota del raggruppamento pari al 55%.

18.1. Il motivo è fondato.

18.2. Secondo il Tar la non corrispondenza tra quote di partecipazione al raggruppamento e quote di esecuzione dell’appalto determina conseguenze decisive ai fini escludenti, posto che “la corrispondenza, già nella fase dell’offerta, tra le quote di partecipazione all’A.T.I. e le quote di esecuzione delle prestazioni costituisce un requisito di ammissione, anche piccole divergenze possono assumere rilevanza poiché incidenti sul pieno e corretto rispetto della par condicio tra concorrenti”.

18.3. Gli appellanti hanno dedotto che il giudice di prime cure non avrebbe considerato che l’offerta non contiene errori nell’indicazione della quota di esecuzione della mandataria e che giurisprudenza consolidata non richiede la corrispondenza fra quote di partecipazione al raggruppamento e quote di esecuzione dei servizi oggetto di affidamento.

18.4. Il Collegio osserva che, nella domanda di partecipazione presentata dal raggruppamento, si legge che le qualificazioni possedute dai componenti del raggruppamento consentono di soddisfare i requisiti richiesti per l’esecuzione dei servizi da parte dei medesimi. In particolare, l’attività di fornitura di energia elettrica sarà svolta integralmente da ACSM, con corrispondente attestazione di possesso dei requisiti di qualificazione, mentre il servizio di manutenzione di impianti e i lavori saranno svolti congiuntamente da Di Bella e da A2A (con relative qualificazioni), e ciò indipendentemente dalle rispettive quote di partecipazione al raggruppamento (ACSM 55%, Di Bella 30% e A2A 15%).

Senonché E4E ha calcolato che, tenendo conto della incidenza del servizio afferente la fornitura di energia elettrica sul valore totale posto a base d’asta, emerge che l’incidenza della prestazione consistente nella erogazione di energia elettrica è pari al

55,748% del valore complessivo posto a base d’asta (pari € 17.668.994,78 a fronte di € 31.694.072,14) e, pertanto, la parte della fornitura di energia elettrica corrispondente alla misura percentuale dello 0,748% non viene coperta dalla mandataria capofila, avendo questa appunto indicato di partecipare e quindi di eseguire la quota del 55%.

Nondimeno la quantificazione sopra riferita non determina l’illegittimità dell’atto di ammissione alla gara del raggruppamento ACSM.

Nella iniziale vigenza del d.lgs. n. 163 del 2006, infatti, operava il principio della necessaria triplice corrispondenza tra quota di partecipazione, quota di esecuzione e requisito di qualificazione mentre successivamente l’operatività del principio in questione sia stata successivamente limitata agli appalti di lavori, per poi essere definitivamente superato dall’art. 12, comma 8, del d.l. n. 47 del 2014, convertito nella legge n. 80 del 2014.

L’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, nella vigenza del vecchio codice appalti, ha negato la doverosità della simultanea simmetria tra requisiti di qualificazione delle imprese associate, richiesti per la partecipazione al raggruppamento, da una parte, e quote di partecipazione al raggruppamento e quote di esecuzione delle prestazioni, dall’altra, fatte salve peraltro specifiche previsioni in proposito dettate della disciplina di gara (Cons. St., ad. plen., 30 gennaio 2014, n. 7 e 28 agosto 2014, n. 27).

Neppure nel nuovo codice dei contratti pubblici è prevista la triplice corrispondenza, ma soltanto l’obbligo, nel caso di lavori, forniture o servizi di specificare nell’offerta “le categorie di lavori o le parti del servizio o della fornitura che saranno eseguite dai singoli operatori economici riuniti o consorziati” (art. 48, comma 4) e la facoltà, per i raggruppamenti temporanei, di precisare “le eventuali misure in cui gli stessi requisiti devono essere posseduti dai singoli concorrenti partecipanti” (art. 83, comma 4, nel testo modificato dal d.lgs. n. 157 del 2017).

A fronte delle suddette regole la giurisprudenza ha affermato, anche di recente, il superamento del principio di corrispondenza tra quote di partecipazione all’associazione plurisoggettiva e le quote di esecuzione del contratto, per ogni tipologia di contratto e di associazione (Cons. St., sez. III, 21 gennaio 2019, n. 491 e sez. V, 22 agosto 2016, n. 3666).

Pertanto, nel caso di specie non può che essere riconosciuto il corretto operato della stazione appaltante nel senso della non esclusione del raggruppamento i cui componenti hanno indicato una quota di esecuzione (rispettosa dei requisiti di partecipazione) superiore (di poco) alla quota di partecipazione al raggruppamento.

19. La fondatezza dei motivi di appello relativi ai capi della sentenza di primo grado che hanno accolto nel merito il ricorso introduttivo, accertando, nei termini sopra descritti, la legittimità del provvedimento di ammissione del raggruppamento, determina il sopravvenuto difetto di interesse dei motivi aggiunti proposti da E4E avverso l’aggiudicazione in termini di invalidità derivata.

L’accoglimento dei motivi di merito dell’appello nei termini sopra illustrati comporta, altresì, il venir meno dell’interesse delle appellanti che hanno proposto ricorso incidentale in primo grado a coltivare i motivi di appello relativi al ricorso incidentale, con conseguente declaratoria di improcedibilità.

20. In conclusione, si accolgono, per quanto di ragione, l’appello principale e gli appelli incidentali e, in riforma della sentenza impugnata, si respinge, per l’effetto, il ricorso introduttivo e si dichiarano improcedibili i motivi aggiunti di primo grado e il ricorso incidentale di primo grado.

21. La peculiarità della vicenda nel suo insieme giustifica la compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti, accoglie, per quanto di ragione, l’appello principale e gli appelli incidentali e, in riforma della sentenza impugnata, respinge, per l’effetto, il ricorso di primo grado e dichiara improcedibili i relativi motivi aggiunti e il ricorso incidentale di primo grado.

Spese del doppio grado di giudizio compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 6 febbraio 2020 con l’intervento dei magistrati:

Rosanna De Nictolis, Presidente

Silvia La Guardia, Consigliere

Sara Raffaella Molinaro, Consigliere, Estensore

Elisa Maria Antonia Nuara, Consigliere

Antonino Caleca, Consigliere