IL TRIBUNALE DI NAPOLI “BOCCIA” IL REDDITOMETRO PERCHÉ VIOLA IL DIRITTO ALLA RISERVATEZZA DEI CONTRIBUENTI

Il ricorso con cui un contribuente chiede che all’Agenzia delle Entrate venga inibito di analizzare e archiviare le proprie spese in applicazione del d.m. 24.12.2012, n. 65648 rientra nella giurisdizione del giudice ordinario, trattandosi di controversia in materia di diritti fondamentali, nella quale il privato non ha impugnato alcun provvedimento amministrativo e considerato, comunque, che in materia di tutela della riservatezza l’art. 152 d.lgs. n. 196/2003 prevede la giurisdizione (interpretata dalla Sezioni Unite della Cassazione come ipotesi di giurisdizione esclusiva) del giudice ordinario.

 

 

Il decreto ministeriale che prevede il c.d. redditometro è non solo illegittimo, ma radicalmente nullo ai sensi dell’art. 21 septies lege n. 241 del 1990 per carenza di potere e difetto assoluto di attribuzione in quanto emanato del tutto al di fuori del perimetro disegnato dalla normativa primaria e dei suoi presupposti e al di fuori della legalità costituzionale e comunitaria atteso che il c.d. redditometro utilizza categorie concettuali ed elaborazioni non previste dalla norma attributiva. Il contribuente viene privato del diritto ad avere una vita privata, di poter gestire autonomamente il proprio denaro e le proprie risorse, ad essere quindi libero nelle proprie determinazioni senza dover essere sottoposto all’invadenza del potere esecutivo e senza dover dare spiegazione dell’utilizzo della propria autonomia anche su aspetti delicatissimi della vita privata quali quelli relativi ala spesa farmaceutica, al mantenimento della prole e alla propria vita sessuale.

ordinanza 21 febbraio 2013 (5.69 Mb)