RISARCIBILITÀ DELLA PAURA DI DOVER MORIRE; COMPENSATIO LUCRI CUM DAMNO E RESPONSABILITÀ DA MALA GESTIO DELL’ASSICURATORE

1. La paura di dover morire, provata da chi abbia patito lesioni personali e si renda conto che esse saranno letali, è un danno non patrimoniale risarcibile soltanto se la vittima sia stata in grado di comprendere che la propria fine era imminente; in difetto di tale consapevolezza non è nemmeno concepibile l’esistenza del danno in questione, a nulla rilevando che la morte sia stata effettivamente causata dalle lesioni.

2. L’orientamento che nega la compensatio lucri cum damno tra risarcimento del pregiudizio patrimoniale da morte del congiunto e percezione della pensione di reversibilità: a) è incoerente con le regole unanimemente applicate dalla giurisprudenza di legittimità in tutti gli atri settori della responsabilità civile; b) adotta una nozione di “causalità” datata e non coerente con la regola della condicio sine qua non; c) priva di fatto, e senza giustificazione, l’assicuratore sociale o l’ente previdenziale dell’azione di surrogazione, con pregiudizio per l’economia di tali enti e, di conseguenza, per la collettività intera.

3. Nella controversia tra l’assicurato e l’assicuratore della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli, avente ad oggetto il pagamento dell’indennizzo, l’eccezione di incapienza del massimale è un’eccezione in senso lato, come tale rilevabile anche d’ufficio, ma pur sempre a condizione che l’assicuratore abbia tempestivamente allegato e privato  con la forma prescritta dall’art. 1888 c.c., l’esistenza del fatto costitutivo di essa, ovvero l’esistenza ed il contenuto della relativa clausola.

4. Nella liquidazione del danno da mala gestio dell’assicuratore r.c.a. occorre distinguere due ipotesi: a) se il credito del danneggiato già al momento del sinistro eccedeva il massimale, il danno da mala gestio è pari agli interessi legali sul massimale (ovvero alla rivalutazione dello stesso, se l’inflazione è stata superiore al saggio degli interessi legali, in applicazione dell’art. 1224, comma 2, c.c.); b) se, invece, il credito del danneggiato al momento del sinistro era inferiore al massimale, ed in seguito sia lievitato sino a superare tale soglia, il danno da mala gestio è pari alla rivalutazione del suddetto credito, ed al cumulo ad esso del danno da lucro cessante, liquidato secondo i criteri stabiliti da Cass. Sez. Un. n. 1712 del 1995 per l’ipotesi di ritardato adempimento delle obbligazioni di valore.

13537_Cassazione civile 13 giugno 2014 (1899.17 Kb)