LA CASSAZIONE ESCLUDE L’ABOLITIO CRIMINIS PER L’ALBERGATORE CHE NON VERSA L’IMPOSTA DI SOGGIORNO

La novella costituita dall’art. 180 del cd. Decreto Rilancio ha modificato i compiti affidati al gestore della struttura ricettiva nella riscossione del tributo da ausiliario del soggetto tenuto alla riscossione (ente locale) a soggetto responsabile del pagamento dell’imposta e del contributo di soggiorno con diritto di rivalsa sul fruitore del servizio, secondo lo schema ricavabile dall’art. 64, comma 3, TUIR.

In estrema sintesi, in precedenza il gestore raccoglieva e custodiva il denaro (pubblico) versato dai clienti a titolo di imposta di soggiorno per poi riversarlo all’ente titolare della riscossione, mentre oggi deve versare il tributo a prescindere dal pagamento da parte opera degli ospiti della struttura ricettiva, sui quali può esercitare diritto di rivalsa secondo modalità tipiche della figura del responsabile d’imposta di cui all’art. 64 TUIR e in particolare del suo comma 3.

Conseguenza immediata dell’intervento del legislatore è che il mancato versamento dell’imposta non è ovviamente sussumibile nel fuoco del delitto di peculato (art. 314 cod. pen.) – che, invece, postula come presupposto necessario la vesta giuridica di incaricato di pubblico servizio – a partire dal giorno (19 maggio) di entrata in vigore del decreto – legge n. 34 del 2020.

Si deve invece  escludere che la modifica del quadro di riferimento normativo di natura extra penale che regola il versamento dell’imposta di soggiorno abbia comportato un fenomeno di abolitio criminis, poiché tale effetto si determina solo quando la modifica abbia riguardato norme realmente integratrici della legge penale, come quelle di riempimento di norme penali in bianco o le norme definitorie, ma non anche le norme richiamate da elementi normativi della fattispecie penale, nessuna di tali tra loro differenti situazioni essendosi, peraltro, determinata nella vicenda normativa in esame.