LE LESIONI A PUBBLICO UFFICIALE IN OCCASIONE DI MANIFESTAZIONI SPORTIVE COSTITUISCONO UNA FATTISPECIE AUTONOMA DI REATO RISPETTO ALLE LESIONI PERSONALI

Cass. penale, Sez V, 25 gennaio 2024, n. 3117

 

L’art. 583-quater cod. pen. – la cui attuale rubrica è “Lesioni personali a un pubblico ufficiale in servizio di ordine pubblico in occasione di manifestazioni sportive, nonché a personale esercente una professione sanitaria o socio­sanitaria e a chiunque svolga attività ausiliarie ad essa funzionali” – costituisce una fattispecie autonoma di reato  e non circostanza aggravante ad effetto speciale rispetto al delitto di lesioni di cui all’art. 582 c.p., alla stregua delle circostanze indicate dall’art. 583 c.p.

Già dalla rubrica della disposizione in parola emerge la chiara volontà del legislatore di creare una nuova figura incriminatrice enucleando dal più ampio e generale ambito delle lesioni dolose, gravi o gravissime, un fatto tipico e autonomo fortemente caratterizzato in ragione della qualifica soggettiva della vittima (pubblico ufficiale) e del nesso causale/funzionale di questa con l’azione lesiva (in occasione di pubbliche manifestazioni sportive).

Ulteriori elementi di natura logico-sistematica, oltre all’autonomo nomen iuris assegnato alla rubrica, che conducono a ritenere la disposizione quale fattispecie autonoma di reato si rinvengono:

  1. nella collocazione di siffatta condotta in un articolo diverso rispetto alla disciplina delle lesioni gravi e gravissime (art. 583 cod. pen.) e successivo anche rispetto agli artt. 583 bis e ter cod. pen. che disciplinano l’autonoma fattispecie delle “Pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili”;
  2. nella ratio dell’intervento legislativo, che sarebbe da individuarsi proprio nella volontà di sottrarre l’aumento di pena al giudizio di bilanciamento ex art. 69 cod. pen. La relazione illustrativa dell’intervento normativo aveva infatti evidenziato che gravissimi episodi di violenza verificatisi in occasione di avvenimenti sportivi (l’omicidio dell’ispettore Raciti a Catania) avevano “(…) determinato la necessità di intervenire con un decreto-legge(…)”, introducendo, in particolare, una serie di norme finalizzate a”(…) contrastare, con maggiore rigore, la degenerazione violenta del tifo sportivo (…).” la introduzione dell’art. 583-quater comma secondo cod. pen. che nella sua nuova formulazione delinea una autonoma ipotesi incriminatrice per le lesioni in danno di esercenti la professione sanitaria sia in ipotesi di lesioni lievi che per le ipotesi di lesioni gravi o gravissime;
  3. nella tipizzazione per specialità del più ampio genus delle lesioni personali volontarie, quale forma di repressione specifica nei confronti di una peculiare espressione modale dell’illecito, che non si limita a ledere, gravemente, il bene giuridico dell’integrità fisica, ma che incide sulla sicurezza collettiva in relazione a manifestazioni di natura sportiva, potendosi individuare un autonomo disvalore nella qualifica soggettiva della vittima.

Pur essendo stati individuati argomenti favorevoli alla riconducibilità della norma alla categoria delle circostanze aggravanti ad effetto speciale, come già emerso nel dibattito dottrinale, tuttavia le argomentazioni in precedenza espresse, a parere del collegio, consentono di configurare la fattispecie quale autonoma ipotesi di reato.

Deve essere richiamato l’orientamento espresso dalle Sezioni Unite – con la sentenza n. 26351 del 10/07/2002, Fedi – che hanno ritenuto che l’unico criterio idoneo a distinguere le norme che prevedono circostanze da quelle che prevedono elementi costitutivi della fattispecie il criterio strutturale della descrizione del precetto penale.

Nel caso di specie può affermarsi che la descrizione della condotta – che differenzia la fattispecie dalle altre ed in particolare dall’art. 582 cod. pen. e dalle circostanze aggravanti ad effetto speciale di cui all’art. 583 cod. pen. – si configura essa stessa elemento costitutivo del reato e non può dirsi relegata al ruolo di elemento circostanziale. Elementi costitutivi della fattispecie incriminatrice che in quanto tali la qualificano risultano la particolare qualità della persona offesa (pubblico ufficiale in servizio di ordine pubblico) e la connessione tra l’azione lesiva posta in essere e l’esercizio di tale qualifica in occasione di manifestazioni sportive.

È operata dunque una tipizzazione della fattispecie per specialità rispetto al fatto base delle lesioni dolose gravi o gravissime, come definite all’art. 583 cod. pen.

L’espressione “in occasione di manifestazioni sportive” opera una ulteriore delimitazione riconducendo nell’alveo dell’art. 583-quater comma primo cod. pen. i casi di lesioni gravi o gravissime commesse nei confronti di pubblici ufficiali in servizio di ordine pubblico:

– in uno specifico contesto spazio/temporale (le manifestazioni sportive);

– in presenza di un collegamento funzionale tra la qualifica soggettiva e l’azione lesiva, essendo necessario che tale azione si sia svolta “in occasione” di manifestazioni sportive.

 

 

FATTI DI CAUSA1. Con sentenza del 16 marzo 2023 la Corte di appello di Napoli ha confermato la pronuncia del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale cittadino del 30 giugno 2022 nei confronti di Di.Vi. con la quale l’imputato, a seguito di giudizio abbreviato, era stato condannato, ravvisato il vincolo della continuazione, alla pena di giustizia, per il reato di cui all’art. 583 quater cod. pen. di lesioni in concorso aggravate dall’incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per più di 40 giorni, dall’essere stato il fatto commesso da più persone travisate ed in numero superiore a dieci, e dal nesso teleologico con il reato di resistenza a pubblico ufficiale di cui all’art.337 cod. pen. nei confronti del luogotenente Vi.Be. e per il reato di lesioni giudicate guaribili in giorni quattro nei confronti del maresciallo Fe.Ca. in occasione della partita di calcio Napoli – Legia Varsavia.

2. Avverso tale decisione ha proposto ricorso l’imputato con atto sottoscritto dal difensore di fiducia, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173, comma primo, disp. att. cod. proc. pen.

2.1. Con il primo motivo, è stato dedotto vizio di motivazione e violazione di legge quanto alla mancata assoluzione del ricorrente per non avere commesso il fatto per il reato di cui all’art.583 quater cod. pen.

In particolare, secondo la difesa, l’unica azione materialmente e soggettivamente riconducibile a Di.Vi. è la frase minacciosa rivolta ai pubblici ufficiali Vi.Be. e Ta. (“Chiamm’ a Digos Chiamm è Guardie ma vui ve nata i a cca”) e il violento spintone al luogotenente Vi.Be.

Le ulteriori aggressioni fisiche nei confronti del pubblico ufficiale che gli avrebbero cagionato il distacco parziale della retina e le ulteriori conseguenze allorquando questi si trovava all’interno della vettura per allontanarsi sono state erroneamente attribuite all’imputato in ragione di una impropria sovrapposizione di due azioni distinte, la seconda più violenta riconducibile all’arrivo di un gruppo di persone nel numero di 40/50 travisate che avrebbero ulteriormente aggredito gli agenti e avrebbero danneggiato le auto di servizio.

Questo risulta dall’annotazione di servizio del 22 ottobre 2021 a firma anche del luogotenente Vi.Be., oggetto di travisamento.

La sentenza ha dunque sovrapposto le azioni distinte anche temporalmente: in realtà è da escludersi l’attribuibilità materiale al ricorrente dell’azione aggressiva riconducibile alla successiva condotta del gruppo, ivi compresa la minaccia di morte rivolta agli agenti e pronunciata al plurale.

Le testimonianze dei vigili urbani, del resto, hanno indicato l’imputato come colui che avrebbe “aizzato i facinorosi”: questo consente, dopo avere escluso qualsivoglia contributo materiale, di affrontare il tema del concorso morale.

Le sentenze di merito hanno sul punto attribuito le lesioni a titolo di concorso morale al ricorrente “animus soci”, in modo assertivo, non spiegando la consequenzialità tra la sua condotta e quella del gruppo di quaranta persone.

Avrebbero dovuto dimostrare la esistenza di un pregresso accordo tra l’imputato e gli uomini arrivati successivamente, configurandosi in tal caso l’alterco del ricorrente con gli agenti quale atto preparatorio rispetto alla ben più grave aggressione.

Ma il pregresso accordo è logicamente e documentalmente sconfessato in primo luogo dal brevissimo lasso temporale trascorso tra l’alterco dell’imputato e l’arrivo dei quaranta uomini.

Nessuna motivazione è dedicata alla dimostrazione che in concreto i comportamenti del ricorrente abbiano istigato o almeno rafforzato la determinazione degli aggressori del pubblico ufficiale.

Il confronto dell’imputato con il pubblico ufficiale ha costituito l’occasione dell’aggressione e non certo la causa, se non si vuole confondere la causalità giuridica con quella naturale.

Anche le dichiarazioni dei vigili urbani sono risultate generiche nella parte in cui si sono limitate a riferire che il ricorrente avrebbe aizzato i facinorosi, senza specificare quali fossero stati i concreti comportamenti dallo stesso tenuti.

L’ulteriore elemento utilizzato dalla Corte territoriale per collegare causalmente il comportamento dell’imputato a quello degli uomini successivamente intervenuti è rappresentato dai rapporti esistenti tra Di.Vi. e qualcuno dei soggetti presenti, nonché il ruolo assunto nel gruppo degli Ultras denominato N.I.5.5 (Niente incontri, solo scontri); ma, sottolinea la difesa, si tratta della prospettazione di mere ipotesi utilizzate invece come prove dalla sentenza impugnata.

2.2. Con il secondo motivo è stata dedotta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla sussistenza di uno degli elementi costitutivi del reato di cui all’art. 583 quater cod. pen.

La fattispecie contestata richiede che le lesioni siano cagionate in danno “(…) di un pubblico ufficiale in servizio di ordine pubblico in occasione di manifestazioni sportive (…).”

2.2.1. Ai fini dell’elemento soggettivo è dunque richiesta non solo la prevedibilità di provocare una malattia di significativa durata, ma anche di trovarsi di fronte ad un pubblico ufficiale in servizio di ordine pubblico in occasione di manifestazioni sportive.

Quanto alla durata della malattia, la sentenza impugnata è priva di motivazione. Nella sentenza di primo grado era stato operato un richiamo alla cartella clinica che tuttavia non è specifica sul punto.

Se agli atti sono presenti certificati medici a firma di due diversi sanitari che prevedono la ripresa dell’attività lavorativa nel mese di febbraio, tuttavia degli stessi non si fa menzione nella sentenza; inoltre, si tratta di certificati che attestano la necessità di Vi.Be. di non presentarsi al lavoro, ma non la correlano al persistere della malattia.

2.2.2. Quanto al servizio svolto in occasione di una manifestazione sportiva la difesa evidenzia che i pubblici ufficiali erano stati comandati per un servizio di prevenzione e repressione dei parcheggiatori abusivi e che la finalità indiretta fosse quella di assicurare la fluidità della viabilità in direzione dello stadio: i fatti sono accaduti due ore prima dell’inizio della partita di calcio e solo in prossimità dell’impianto sportivo.

Occorre dunque stabilire che significato attribuire all’espressione normativa “in occasione di manifestazione sportive” nel rispetto del principio costituzionale di stretta legalità di cui all’art. 25 Cost. e delle indicazioni sovranazionali che ci vengono dall’art. 6 CEDU.

Le sentenze di merito si sono limitate a ripetere l’espressione contenuta nella norma e cioè che i fatti fossero stati commessi in occasione di una manifestazione sportiva, attribuendo – in particolare la sentenza impugnata ­ l’abbigliamento “da tifosi” agli uomini successivamente intervenuti senza che questo risultasse in alcun modo dagli atti di indagine.

Non è provata la consapevolezza del ricorrente che il servizio svolto dagli agenti avesse un qualche collegamento con lo svolgimento della partita di calcio.

2.3. Con il terzo motivo è stata dedotta violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla riconducibilità del delitto di resistenza a pubblico ufficiale di cui all’art.337 cod. pen.

A causa della erronea sovrapposizione della condotta del ricorrente con quella degli uomini sopraggiunti successivamente, la sentenza impugnata ha omesso di motivare sulla riconducibilità della condotta tenuta dall’imputato unicamente alla ipotesi di cui all’art.337 cod. pen.

2.4. Con il quarto motivo è stato dedotta violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla sussistenza delle circostanze aggravanti di cui all’art. 61 n. 2 cod. pen. e 339 cod. pen..

Il riconoscimento delle circostanze nasce dal travisamento della prova e dalla riconducibilità all’imputato di una condotta successiva a lui estranea.

2.5. Con il quinto e il sesto motivo è stata dedotta violazione di legge e vizio di motivazione quanto al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e alla determinazione della pena.

La sentenza impugnata ha escluso la sussistenza delle circostanze attenuanti generiche, espressamente invocate, senza alcuna motivazione. Inoltre, nella quantificazione della pena le sentenze di merito si sono limitate ad un generico richiamo all’art.133 cod. pen.

 

DIRITTO

Il ricorso è infondato.

1. Il primo motivo risulta manifestamente infondato non confrontandosi con i contenuti della sentenza impugnata e con le indicazioni di questa Corte; risulta altresì reiterativo delle medesime censure proposte con l’atto di appello e puntualmente disattese dalla sentenza impugnata. Questa Corte con orientamento consolidato e costante – ribadito anche dalle Sezioni unite – ha chiarito che il sindacato demandato alla Corte di cassazione è limitato – per espressa volontà del legislatore – a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l’adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali.

Esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali. (S.U. n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone e altri, Rv. 207944 -01).

1.1. Il motivo di ricorso propone una rilettura nel merito delle risultanze processuali, inammissibile alla luce della giurisprudenza ora richiamata.

La Corte territoriale, confermando la sentenza di primo grado, con motivazione in fatto immune da vizi logici, in quanto tale non censurabile, ha chiarito che:

  • in data 21 ottobre 2021 quattro agenti della Polizia municipale di Napoli a bordo di due autovetture erano inviati presso lo stadio in occasione dell’incontro di calcio Napoli – Legia Varsavia alle ore 18,50 circa; erano avvicinati da un uomo, identificato successivamente nel ricorrente, il quale rivolgendosi in prima battuta al luogotenente Vi.Be. e successivamente al maresciallo Ta. ordinava loro di andare via perché con la loro presenza allarmavano i clienti di un bar vicino.
  • Nonostante il tentativo di dialogo degli agenti, l’imputato, frattanto raggiunto da un uomo alto e grosso, minacciava il luogotenente, il quale scendeva dalla vettura ed era spinto violentemente.
  • Sopraggiungevano frattanto decine di uomini incappucciati con lo scaldacollo alzato i quali unitamente al ricorrente e da lui incitati, accerchiavano i quattro agenti, aggredendoli con calci e pugni e minacciandoli di morte (“lote, v’amma schiattà a capa, vamm accid er”).
  • Gli agenti cercavano riparo all’interno delle vetture e il luogotenente Vi.Be. era raggiunto all’interno dell’auto di servizio e colpito numerose volte riportando le gravi lesioni in precedenza richiamate.

1.2. Siffatta ricostruzione fattuale risulta dalla sentenza di primo grado ed è confermata dalla sentenza impugnata che ha valorizzato, a fondamento della ricostruzione accusatoria, gli esiti delle immagini delle telecamere di videosorveglianza e le dichiarazioni degli agenti di polizia municipale accompagnate dalle attività di individuazione fotografica.

La doglianza risulta inammissibile laddove, come nel caso di specie, offra al giudice di legittimità frammenti probatori o indiziari, sollecitando quest’ultimo ad una rivalutazione o ad una diretta interpretazione degli stessi, anziché al controllo sulle modalità con le quali tali elementi sono stati raccolti e sulla coerenza logica della interpretazione che ne è stata fornita. (Sez. 5, n. 44992 del 09/10/2012, PG c. Aprovitola, Rv. 25377).

1. 3 Il motivo è peraltro generico nella parte in cui insiste nel ravvisare un travisamento del fatto nelle sentenze di merito in relazione alla annotazione di polizia giudiziaria.

Al riguardo il travisamento del fatto è un vizio che in tanto può essere oggetto di valutazione e di sindacato in sede di legittimità, in quanto risulti inquadrabile nelle ipotesi tassativamente previste dall’art. 606, lett. e) cod. proc. pen.; l’accertamento di esso richiede, pertanto, la dimostrazione, da parte del ricorrente, dell’avvenuta rappresentazione, al giudice della precedente fase di impugnazione, degli elementi dai quali quest’ultimo avrebbe dovuto rilevare il detto travisamento, sicché la Corte di cassazione possa, a sua volta, desumere dal testo del provvedimento impugnato se e come quegli elementi siano stati valutati. (S. U. n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207945 -01)

Nel caso di cosiddetta “doppia conforme”, inoltre, il vizio del travisamento della prova, per utilizzazione di un’informazione inesistente nel materiale processuale o per omessa valutazione di una prova decisiva, può essere dedotto con il ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. solo nel caso in cui il ricorrente rappresenti, con specifica deduzione, che il dato probatorio asseritamente travisato è stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di secondo grado. (Sez. 3, n. 45537 del 28/09/2022, Rv. 283777).

Ciò è da escludersi nel caso di specie in quanto è lo stesso motivo di ricorso che evidenzia che il dato probatorio era stato asseritamente travisato sin dalla sentenza di primo grado.

1.4. Manifestamente infondato infine risulta il primo motivo in relazione alla specifica doglianza in punto di assenza di partecipazione concorsuale del ricorrente.

La sentenza impugnata, confermando la sentenza di primo grado, delinea il contributo fornito dall’imputato in termini di contributo morale nella forma della istigazione/incitazione, anche in tal caso con motivazione immune da vizi logici.

Non solo la sentenza ravvisa il contributo indicando la specifica condotta attribuibile al ricorrente (“(…) aizzando i facinorosi (…)”), contributo che risulta dalle stesse dichiarazioni degli agenti di polizia municipale, ma la ricava altresì dalla sequenza delle azioni svoltesi nei concitati momenti in precedenza descritti.

La sentenza ha operato corretta applicazione dei principi fissati da questa Corte secondo cui in tema di concorso di persone, il contributo psichico rilevante ai sensi dell’art. 110 cod. pen. , in caso di azione collettiva, deve essere espressivo di condivisione dell’evento, in forma solo verbale o accompagnata da manifestazioni esteriori diverse dalla condotta tipica, e idoneo a semplificare o agevolare l’ideazione o l’esecuzione dell’azione, anche se solo nei confronti di una parte consistente di compartecipi. (Sez. 1, n. 6237 del 15/09/2021, dep. 2022, Rv. 282620).

La netta suddivisione della vicenda in due distinti momenti con la individuazione di una vera e propria cesura tra l’alterco minaccioso e lo spintone riconducibile a Di.Vi. e l’accerchiamento e l’aggressione delle due pattuglie in servizio è, come in precedenza evidenziato, frutto di una rilettura delle risultanze probatorie offerte dalle sentenze di merito in un’ottica difensiva non apprezzabile o valutabile in tale sede.

La parcellizzazione operata dalla difesa dei momenti che rappresentano i vari tasselli delle condotta criminosa tende ad escludere un contributo causale da parte dell’imputato alla complessiva aggressione: la Corte territoriale, invece, confermando la prima sentenza, ha descritto una condotta unitaria rispetto alla quale i comportamenti iniziali dell’imputato hanno dato vita alla ben più grave condotta lesiva, senza che questo presupponesse un previo accordo, quanto piuttosto una logica evoluzione sostenuta da una forma di incitazione ed istigazione, individuata distintamente nella sentenza.

2.Il secondo motivo è infondato.

Il ricorrente lamenta la mancanza di alcuni degli elementi costitutivi della fattispecie di cui all’art.583 quater cod. pen..

Il motivo proposto richiede un preliminare inquadramento logico – sistematico della disposizione in esame.

2.1. L’art. 583 quater cod. pen. la cui attuale rubrica è “Lesioni personali a un pubblico ufficiale in servizio di ordine pubblico in occasione di manifestazioni sportive, nonché a personale esercente una professione sanitaria o socio ­ sanitaria e a chiunque svolga attività ausiliarie ad essa funzionali”, è così formulato:

“Nell’ipotesi di lesioni personali cagionate a un pubblico ufficiale in servizio di ordine pubblico in occasione di manifestazioni sportive, le lesioni gravi sono punite con la reclusione da quattro a dieci anni; le lesioni gravissime, con la reclusione da otto a sedici anni.

Nelle ipotesi di lesioni cagionate a personale esercente una professione sanitaria o sociosanitaria nell’esercizio o a causa delle funzioni o del servizio, nonché a chiunque svolga attività ausiliarie di cura, assistenza sanitaria o soccorso, funzionali allo svolgimento di dette professioni, nell’esercizio o a causa di tali attività, si applica la reclusione da due a cinque anni. In caso di lesioni personali gravi o gravissime si applicano le pene di cui al comma precedente.”

L’articolo in esame come attualmente formulato – anche in relazione alla rubrica – è il risultato degli interventi legislativi di cui alla legge 113/2020 e alla successiva legge n.56/2023.

Gli interventi normativi richiamati non hanno inciso sul comma primo ­ introdotto dall’art. 7 D. L.n.8/2007 convertito con modifiche nella I. n .41/2007-che è quello a cui è riconducibile la fattispecie in esame, ma hanno introdotto e poi modificato il comma secondo dell’articolo, estendendo la particolare disciplina sanzionatoria del comma primo anche agli esercenti la professione sanitaria nell’ipotesi in cui siano aggrediti nello svolgimento di detta professione nel caso di lesioni gravi o gravissime, introducendo altresì una sanzione autonoma per la ipotesi di lesioni semplici.

L’intervento riformatore ha riacceso il dibattito dottrinario in relazione alla classificazione della ipotesi di cui all’art.583 quater comma primo cod. pen. quale fattispecie autonoma di reato o quale circostanza aggravante ad effetto speciale rispetto al reato di lesioni di cui all’art.582 cod. pen. alla stregua delle circostanze indicate dall’art.583 cod. pen., ritenute pacificamente dalla giurisprudenza di questa Corte quali circostanze aggravanti ad effetto speciale rispetto alla norma incriminatrice di cui all’art.582 cod. pen. (ex multis, Sez. 5 n. 5988 del l 9/ 12/2022, (2023) Rv. 284229).

La risposta a tale quesito presenta evidenti ricadute in ordine al giudizio di bilanciamento ex art. 69 cod. pen. e all’applicabilità del criterio di imputazione soggettiva di cui all’art. 59 comma secondo cod. pen. in luogo di quello previsto dall’art. 43 cod. pen..

Già dalla rubrica della disposizione in parola emerge la chiara volontà del legislatore di creare una nuova figura incriminatrice enucleando dal più ampio e generale ambito delle lesioni dolose, gravi o gravissime, un fatto tipico e autonomo fortemente caratterizzato in ragione della qualifica soggettiva della vittima (pubblico ufficiale) e del nesso causale/funzionale di questa con l’azione lesiva (in occasione di pubbliche manifestazioni sportive).

Ulteriori elementi di natura logico – sistematica, oltre all’autonomo nomen iuris assegnato alla rubrica, che conducono a ritenere la disposizione quale fattispecie autonoma di reato si rinvengono:

  • nella collocazione di siffatta condotta in un articolo diverso rispetto alla disciplina delle lesioni gravi e gravissime (art. 583 cod. pen.) e successivo anche rispetto agli artt. 583 bis e ter cod. pen. che disciplinano l’autonoma fattispecie delle “Pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili”;
  • nella ratio dell’intervento legislativo, che sarebbe da individuarsi proprio nella volontà di sottrarre l’aumento di pena al giudizio di bilanciamento ex art. 69 cod. pen. La relazione illustrativa dell’intervento normativo aveva infatti evidenziato che gravissimi episodi di violenza verificatisi in occasione di avvenimenti sportivi (l’omicidio dell’ispettore Raciti a Catania) avevano “(…) determinato la necessità di intervenire con un decreto-legge(…)”, introducendo, in particolare, una serie di norme finalizzate a”(…) contrastare, con maggiore rigore, la degenerazione violenta del tifo sportivo (…).”
  • la introduzione dell’art. 583 quater comma secondo cod. pen. che nella sua nuova formulazione delinea una autonoma ipotesi incriminatrice per le lesioni in danno di esercenti la professione sanitaria sia in ipotesi di lesioni lievi che per le ipotesi di lesioni gravi o gravissime;
  • la tipizzazione per specialità del più ampio genus delle lesioni personali volontarie, quale forma di repressione specifica nei confronti di una peculiare espressione modale dell’illecito, che non si limita a ledere, gravemente, il bene giuridico dell’integrità fisica, ma che incide sulla sicurezza collettiva in relazione a manifestazioni di natura sportiva, potendosi individuare un autonomo disvalore nella qualifica soggettiva della vittima.

Pur essendo stati individuati argomenti favorevoli alla riconducibilità della norma alla categoria delle circostanze aggravanti ad effetto speciale, come già emerso nel dibattito dottrinale, tuttavia le argomentazioni in precedenza espresse, a parere del collegio, consentono di configurare la fattispecie quale autonoma ipotesi di reato.

Al riguardo la giurisprudenza di questa Corte è stata spesso chiamata a pronunziarsi in relazione alla qualificazione di alcune fattispecie incriminatrici quali circostanze aggravanti di una già esistente fattispecie di reato o quali ipotesi autonome (si segnalano, quanto alla qualificazione di ipotesi autonome di reato: Sez. 4, n. 34595 del 13/07/2022, Rv. 283491 in relazione all’art.449 comma secondo cod. pen.; Sez. 6, n. 44358 del 16/07/2019, Rv. 277212 in relazione alle fattispecie previste dall’art. 570, comma secondo, cod. pen; Sez. 5, n. 18535 del 15/02/2013, Rv. 255468 in relazione all’art.497 bis comma secondo cod. pen; Sez.6, n. 22248 del 20 febbraio 2006, Rv. 234719 in relazione all’ipotesi di cui all’art. 346, comma secondo, cod. pen.

Si segnala altresì quanto alla intervenuta qualificazione di circostanza aggravante: Sez. 2, n. 25121 del 13/05/2021, Rv. 281675 in relazione all’art.648 comma secondo cod. pen.; Sez. 1, n. 12821 del 05/03/2020, Rv. 279325 in relazione all’art.13 bis, secondo periodo, d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, relativa alla trasgressione del divieto di reingresso da parte dello straniero già denunciato ed espulso per il reato di cui al comma 13; Sez. U, n. 26351 del 26/06/2002 Rv. 221663 in relazione all’art.640 bis cod. pen.; Sez. U, n. 4694 del 27/10/2011, dep. 2012, Rv. 251270 in relazione alla fattispecie di accesso abusivo ad un sistema informatico protetto commesso dal pubblico ufficiale o dall’incaricato di pubblico ufficio con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti alla funzione o al servizio di cui all’art. 615 ter, comma secondo n. l cod. pen).

Le Sezioni unite da ultimo richiamate (Casani ed altri) hanno sottolineato che (p.18, par.9.2):

“(…) a)”circostanze del reato” sono quegli elementi che, non richiesti per l’esistenza del reato stesso, laddove sussistono incidono sulla sua maggiore o minore gravità, così comportando modifiche quantitative o qualitative all’entità della pena: trattasi di elementi che si pongono in rapporto di species a genus (e non come fatti giuridici modificativi) con i corrispondenti elementi della fattispecie semplice in modo da costituirne, come evidenziato da autorevole dottrina, “una specificazione, un particolare modo d’essere, una variante di intensità di corrispondenti elementi generali”;

b) il problema, in materia, è quello di individuare un criterio per identificare le disposizioni normative che prevedono appunto “circostanze” in senso tecnico e quelle che, invece, prevedono elementi costitutivi della fattispecie, e queste Sezioni Unite – con la sentenza n. 26351 del 10/07/2002, Fedi (che ha individuato nel reato previsto dall’art. 640-bis cod. pen. semplicemente una figura aggravata del delitto di truffa) hanno ritenuto che l’unico criterio idoneo a distinguere le norme che prevedono circostanze da quelle che prevedono elementi costitutivi della fattispecie è il criterio strutturale della descrizione del precetto penale. (…)”.

Nel caso di specie può affermarsi che la descrizione della condotta – che differenzia la fattispecie dalle altre ed in particolare dall’art. 582 cod. pen. e dalle circostanze aggravanti ad effetto speciale di cui all’art. 583 cod. pen. – si configura essa stessa elemento costitutivo del reato e non può dirsi relegata al ruolo di elemento circostanziale.

2.2. Dunque, elementi costitutivi della fattispecie incriminatrice che in quanto tali la qualificano risultano la particolare qualità della persona offesa (pubblico ufficiale in servizio di ordine pubblico) e la connessione tra l’azione lesiva posta in essere e l’esercizio di tale qualifica in occasione di manifestazioni sportive.

È operata dunque una tipizzazione della fattispecie per specialità rispetto al fatto base delle lesioni dolose gravi o gravissime, come definite all’art. 583 cod. pen..

L’espressione “in occasione di manifestazioni sportive” opera una ulteriore delimitazione riconducendo nell’alveo dell’art. 583 quater comma primo cod. pen. i casi di lesioni gravi o gravissime commesse nei confronti di pubblici ufficiali in servizio di ordine pubblico:

– in uno specifico contesto spazio/temporale (le manifestazioni sportive);

– in presenza di un collegamento funzionale tra la qualifica soggettiva e l’azione lesiva, essendo necessario che tale azione si sia svolta “in occasione” di manifestazioni sportive.

2.3. Contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, la sentenza impugnata ha correttamente richiamato la espressione contenuta nella norma incriminatrice ritenendola applicabile nel caso in esame, non dovendo operare ulteriori specificazioni: Di.Vi. e gli altri agenti erano stati comandati per un servizio di prevenzione e repressione dei parcheggiatori abusivi e per assicurare la fluidità della viabilità in direzione stadio, “in occasione” dell’incontro di calcio Napoli-Legia Varsavia.

Il loro operato, come argomentato in assenza di vizi logici dalla sentenza, era stato predisposto quale servizio di ordine pubblico per consentire il corretto svolgimento della partita di calcio senza che ci fossero difficoltà all’esterno dello stadio legate alla presenza di parcheggiatori “abusivi” ai fini di una regolare viabilità.

Alcuna carenza o illogicità della motivazione sul punto che ha (p.6) valorizzato lo svolgimento da parte del pubblico ufficiale del servizio di ordine pubblico (posto in essere al fine di consentire un più agevole deflusso delle masse dei tifosi) in relazione alla manifestazione sportiva (peraltro di rilievo internazionale).

2.4. La ulteriore censura contenuta nel secondo motivo relativa alla durata della malattia risulta priva di specificità.

Secondo questa Corte a Sez. Un. l’appello, al pari del ricorso per cassazione, è inammissibile per difetto di specificità dei motivi quando non risultano esplicitamente enunciati e argomentati i rilievi critici rispetto alle ragioni di fatto o di diritto poste a fondamento della decisione impugnata, fermo restando che tale onere di specificità, a carico dell’impugnante, è direttamente proporzionale alla specificità con cui le già menzionate ragioni sono state esposte nel provvedimento impugnato. (Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, (2017), Galtelli, Rv. 268822).

La difesa con la doglianza in esame espone emergenze che confermano la evidenza dei presupposti in esame già richiamati nella sentenza impugnata che sul punto è volutamente sintetica.

La sinteticità della motivazione sullo specifico punto corrisponde alla evidenza delle emergenze richiamate e al tenore devolutivo dei motivi di appello in ipotesi di doppia conforme: risulta del tutto pacifico, come affermato dallo stesso ricorrente che, a seguito dell’aggressione subita, il luogotenente Vi.Be. ha subito il distacco parziale della retina con dialisi retinica che ha comportato il suo rientro al lavoro solo dopo il 13 febbraio 2022.

3. Manifestamente infondato risulta il terzo motivo.

Lo stesso si fonda infatti sull’erroneo convincimento che all’imputato sia riconducibile unicamente la minaccia e lo “spintone” in danno del luogotenente Vi.Be.

Sulla erroneità della prospettiva, volta, come detto, a rivalutare la logica ricostruzione fattuale operata dalle sentenze di merito, si è già argomentato nei precedenti paragrafi (par. 1).

4. Manifestamente infondato risulta il quarto motivo.

La sentenza impugnata, con motivazione immune da vizi logici, ha escluso l’assorbimento della condotta di cui all’art.337 cod. pen. in quella di cui all’art.583 quater cod. pen. (p. 6), evidenziando altresì la sussistenza della circostanza aggravante della connessione teleologica tra i due fatti reato di cui all’art. 61 n.2 cod. pen. e di quella di cui all’art.339 cod. pen..

La Corte territoriale ha operato buon governo della giurisprudenza di questa Corte secondo cui il delitto di resistenza a pubblico ufficiale assorbe soltanto quel minimo di violenza che si concretizza nella resistenza opposta al pubblico ufficiale che sta compiendo un atto del proprio ufficio, non anche degli ulteriori atti violenti che, esorbitando da tali limiti, cagionino al medesimo lesioni personali, nel qual caso è configurabile il reato di lesioni personali aggravato dall’essere stato commesso in danno di un pubblico ufficiale, che può concorrere con il primo. (Fattispecie in cui, dopo un iniziale spintonamento, l’imputato aveva continuato ad aggredire e strattonare un agente di polizia che gli aveva chiesto di fornire generalità e di seguirlo in ufficio). (Sez. 6, n. 24554 del 22/05/2013, Rv. 255734).

Ancora una volta la Corte territoriale ha con motivazione esaustiva, logica e non contraddittoria e come tale non censurabile in questa sede, chiarito che:

– le azioni realizzate dall’imputato consistenti dapprima nel fronteggiare il personale della polizia municipale e quindi nella istigazione delle numerose persone ad aggredire e ad opporsi agli agenti concretizzano il delitto di resistenza, di lesioni aggravate di cui all’art. 583 quater cod. pen. e della circostanza aggravante di cui all’art. 61 n. 2 cod. pen..

5. Il quinto e il sesto motivo appaiono privi di specificità.

5.1. Quanto al diniego delle circostanze attenuanti generiche, la sentenza impugnata con motivazione in fatto immune da vizi logici e come tale non censurabile ha valorizzato:

– il ruolo tutt’altro che marginale svolto dal ricorrente nella vicenda più volte descritta nella sua evidente gravità;

– la personalità dell’imputato gravato da precedenti penali significativi e specifici.

Questa Corte ha chiarito che in tema di circostanze, ai fini del diniego della concessione delle attenuanti generiche, non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente il riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, purché la valutazione di tale rilevanza tenga conto, a pena di illegittimità della motivazione, delle specifiche considerazioni mosse sul punto dall’interessato. (Sez. 3 n. 2233 del 17/06/2021, dep.2022, Rv. 282693).

5.2. Analoghe argomentazioni possono svolgersi con riferimento alla quantificazione della pena laddove la sentenza impugnata ha, nel valutare complessivamente il disvalore della condotta e la personalità dell’imputato, ritenuto congrua la pena inflitta e valutati gli aumenti operati addirittura come inferiori rispetto allo specifico comportamento e alla personalità del ricorrente.

Né il motivo ha individuato in concreto elementi favorevoli ad una mitigazione del trattamento sanzionatorio trascurati dal giudice dell’impugnazione.

6. AI rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Il titolo di reato e la natura delle lesioni riportate comportano l’oscuramento delle generalità e dei dati identificativi delle parti processuali.

 

P.Q.M.Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell‘art. 52 d. lgs.196/03 in quanto imposto dalla legge.

Così deciso in Roma il 29 novembre 2023.

Depositato in Cancelleria il 24 gennaio 2024.