L’ART. 52, COMMA 4, NON HA INTRODOTTO UNAPRESUNZIONE GENERALIZZATA DI LEGITTIMA DIFESA: E’ SOLO UNA SPECIFICAZIONE DEL COMMA 2 E SI PRESUME SOLO LA PROPORZIONE

Cass. penale, Sez. V, 2 febbraio 2023, n. 4529

L’art. 52, co. 4, c.p. non introduce una presunzione di legittima difesa tout court, ma di un solo requisito (la proporzione), fermi restando gli altri (l’attualità del pericolo e la necessità della difesa). Infatti, per espressa indicativa normativa, la nuova disposizione si riferisce a situazioni di fatto già riconducibili all’art. 52 c.p., comma 2 cioè a casi in cui l’aggressore ha violato il domicilio, e l’aggredito, ivi legittimamente presente, difende con un’arma legittimamente detenuta o con un altro mezzo idoneo la propria o altrui incolumità ovvero i beni propri o altrui.

L’elemento di specialità presente nell’ipotesi dell’art. 52 c.p., nuovo comma 4 è rappresentato dal carattere violento della violazione di domicilio, riconducibile all’ipotesi aggravata di cui all’art. 614 c.p., comma 4. In definitiva, per applicare la nuova ipotesi speciale di legittima difesa, è necessario provare tutti i requisiti richiesti dal comma 2, oltre alle peculiari modalità indicate al comma 4, il rapporto di proporzione con la reazione.

Siffatta opzione interpretativa, ampiamente disaminata dalla dottrina ed esplicitata nella lettera del Presidente della Repubblica ai Presidenti della Camera e del Senato ed al Presidente del Consiglio che ha accompagnato la promulgazione della novella – si impone in un’ottica costituzionalmente orientata, che muove dal ‘rilievo per cui la difesa, anche nel domicilio, resta una facoltà eccezionale di autodifesa, che ragionevolmente viene riconosciuta dall’ordinamento quando la difesa da parte delle forze dell’ordine non è in concreto possibile,  sicchè la nuova normativa non indebolisce nè attenua la primaria ed esclusiva responsabilità dello Stato nella tutela della incolumità e della sicurezza dei cittadini. Una diversa opzione ermeneutica, tale da estendere il regime di presunzioni a tutti gli elementi della causa di giustificazione in parola, oltre a porsi in termini del tutto eccentrici rispetto al sistema delle cause di giustificazioni, evidenzierebbe palesi frizioni con il principio di uguaglianza declinato dall’art. 3 Cost., introducendo, del tutto irragionevolmente, un’area di esclusione dell’antigiuridicità completamente avulsa dal connotato della necessità che, invece, ne costituisce il primario fondamento, assolvendo alla funzione selettiva dei valori in conflitto.

 

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con la sentenza impugnata, emessa in data 12/07/2021, la Corte di appello di Palermo, in parziale riforma della decisione del Tribunale di Sciacca – che aveva dichiarato (OMISSIS) (OMISSIS) colpevole di lesioni personali (commesso (OMISSIS)), per avere aggredito violentemente il fratello (OMISSIS) (OMISSIS) e il nipote (OMISSIS) (OMISSIS), cagionando a quest’ultimo lesioni guaribili in 15 giorni, condannandolo, riconosciuta la provocazione, alla pena di mesi sei di reclusione e al risarcimento dei danni in favore delle costituite due parti civili, equitativamente determinato – ha escluso la circostanza aggravante delle più persone riunite, rideterminando la pena inflitta dal primo giudice, e confermando, nel resto, la prima sentenza.
2. Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, per il tramite dell’avvocato Giuseppe (OMISSIS), quale sostituto processuale del difensore di fiducia avv. Salvatore (OMISSIS), che svolge tre motivi.2.1. Con il primo, denuncia violazione dell’art. 192 c.p.p. – artt. 52, 582 e 585 c.p., e correlati vizi della motivazione per la contraddittoria valutazione – ai fini del riconoscimento della scriminante della legittima difesa – dell’insussistenza dell’offesa reciproca, dal momento che il ricorrente venne aggredito in casa propria, dove (OMISSIS) e il figlio (OMISSIS) sia erano introdotti dopo avere sfondato la porta con una pedata.
Il ricorrente si era, dunque, limitato a difendere sé stesso e la moglie, gravemente ammalata, mentre era in casa propria.
Viene richiamata, all’uopo, la presunzione assoluta di legittima difesa che opera, ai sensi del novellato art. 52 c.p., in favore di chi respinga una violenta intrusione in casa propria.
Del tutto illogicamente, la sentenza impugnata richiama il difetto di proporzionalità, chiaramente sussistente nel caso di un’aggressione in casa propria, oltre che emergente dalla condotta difensiva dell’imputato, volta a neutralizzare l’offesa ingiusta a lui diretta. Neppure l’offesa era in altro modo evitabile, alla luce delle modalità della condotta aggressiva, che vedevano l’imputato rovinare al suolo e rimanere immobilizzato.
2.2. Con il secondo motivo, è denunciata violazione dell’art. 192 c.p.p. e art. 99 c.p., e correlati vizi della motivazione, per l’immotivato riconoscimento della recidiva.
Ha omesso la Corte di appello di chiarire le ragioni per cui il fatto in esame sia sintomo di attuale o maggiore pericolosità.
2.3. Analoghi vizi vengono denunciato in merito all’art. 62 bis c.p. quanto all’immotivato diniego delle circostanze attenuanti generiche, alla luce del comportamento collaborativo dell’imputato.

MOTIVI DELLA DECISIONE
1. E’ fondato, in maniera assorbente, il primo motivo., e la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio al Giudice di merito.
2. L’art. 52 c.p., comma 1, il cui testo è rimasto inalterato anche dopo i più recenti interventi normativi (“non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di una offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa”), nel disciplinare la causa di giustificazione della legittima difesa, individua tre elementi costitutivi: il pericolo attuale di un’offesa ingiusta ad un diritto proprio o altrui, sinteticamente definito aggressione ingiusta; la necessità di reagire a scopo difensivo, (c.d. difesa necessitata o reazione legittima), e, infine, la proporzione tra la difesa e l’offesa.
2.1. Secondo l’interpretazione costante della giurisprudenza di legittimità, mentre l’aggressione ingiusta deve concretarsi nel pericolo attuale di un’offesa così concreta e imminente da sfociare, se non neutralizzata tempestivamente, nella lesione di un diritto (personale o patrimoniale) tutelato dalla legge, la reazione legittima implica l’inevitabilità del pericolo, tale da rendere priva di alternative l’aggressione quale rimedio per neutralizzare l’offesa, con conseguente impossibilità di attribuire rilevanza esimente ad ogni ipotesi di difesa preventiva o anticipata (ex plurimis, più di recente Sez. 1, n. 51262 del 13/06/2017, Rv. 272080; Sez. 1 n. 13191 del 15/01/2020 Rv. 278935).
2.2. Quanto al requisito della necessaria proporzione della reazione rispetto all’offesa ingiusta, com’è noto, su di esso hanno inciso dell’art. 52 c.p., i commi 2 e 3 introdotti dalla L. n. 59 del 2006, i quali
hanno configurato una presunzione legale di proporzione tra difesa e offesa al ricorrere di determinate condizioni, sottraendo così, al giudice, l’apprezzamento discrezionale caso per caso.
L’intenzione di limitare la discrezionalità del giudice è stata ulteriormente perseguita con la riforma introdotta dalla L. 26 aprile 2019, n. 36, con l’inserimento, nell’art. 52 c.p., comma 2, dell’avverbio “sempre” dopo la parola “sussiste”.
Ne consegue che il rapporto di proporzione tra difesa e offesa “sussiste sempre” in presenza delle seguenti condizioni: l’aggressore ha violato il domicilio (rendendosi responsabile del reato di cui all’art. 614 c.p.) e l’aggredito, ivi legittimamente presente, usa un’arma legittimamente detenuta o un altro mezzo idoneo al fine di difendere la propria o l’altrui incolumità ovvero i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo di aggressione.
2.3. Come chiarito dalla giurisprudenza (v. Sez. 1, n. 12466 del 21/2/2007, Sampino, Rv. 236217; Sez. 1, n. 50909 del 07/10/2014, Thekna, Rv. 261491), la presunzione di cui ai commi 2 e 3 è circoscritta al solo requisito della proporzione, mentre continuano a richiedersi tutti gli altri presupposti generali di liceità della condotta difensiva, così come descritti dal comma 1.
Pertanto, la “propria o altrui incolumità” (di cui al comma 2, lett. a) e i “beni propri o altrui” (di cui al comma 2, lett. b), alla cui difesa è finalizzata la condotta che si presume proporzionata, dovranno essere esposti a un pericolo attuale, inteso come pericolo incombente ovvero in atto; tale pericolo dovrà derivare da un’aggressione umana qualificabile come ingiusta e la reazione difensiva dovrà comunque mantenersi entro il limite generale della necessità, intesa come non sostituibilità della condotta difensiva con condotte lecite o meno lesive egualmente idonee ad assicurare la difesa del bene in pericolo.
2.4. Tali conclusioni non sono destinate a mutare laddove si prenda in considerazione dell’art. 52 c.p., il nuovo comma 4 introdotto dalla L. n. 36 del 2019.
Nel quadro degli interventi complessivamente introdotti dalla L. n. 36 del 2019, che rivelano una ratio legis ispirata all’inasprimento della reazione penale verso le aggressioni perpetrate nel domicilio (così l’inasprimento sanzionatorio apportato ai reati di cui agli artt. 614, 624-bis e 628 c.p.) e, nelle stesse situazioni, alla massima considerazione delle reazioni di autodifesa del cittadino (si consideri la L. n. 36 del 2019, art. 8), l’approdo cui è pervenuta questa Corte – condiviso dal Collegio – non può dirsi venuto meno a seguito dell’inserimento dell’avverbio “sempre” ad opera della recente “novella”, potendo ad esso attribuirsi un mero significato rafforzativo della presunzione già posta dalla norma; presunzione che, tuttavia, da un lato, riguarda la sussistenza di uno soltanto degli elementi costitutivi della fattispecie scriminante e che non esclude il giudizio sull’accertamento degli altri, vale a dire la necessità di reagire ad un’offesa in atto; dall’altro, opera diversamente a seconda che il pericolo riguardi l’aggressione alla persona oppure ai beni (in termini, v., in motivazione, Sez. 1, n. 39977 del 14/05/2019, Addis, Rv. 276949).
Al di là di quanto si potrebbe essere indotti a pensare, ovvero che, con questa nuova previsione, il legislatore abbia voluto introdurre una presunzione di legittima difesa tout court: non di un solo requisito (la proporzione), fermi restando gli altri (l’attualità del pericolo e la necessità della difesa), come in occasione del 2006, ma di tutti i requisiti, le cose non stanno così.
Infatti, per espressa indicativa normativa, la nuova disposizione si riferisce a situazioni di fatto già riconducibili all’art. 52 c.p., comma 2 cioè a casi in cui l’aggressore ha violato il domicilio, e l’aggredito, ivi legittimamente presente, difende con un’arma legittimamente detenuta o con un altro mezzo idoneo la propria o altrui incolumità ovvero i beni propri o altrui.
L’elemento di specialità presente nell’ipotesi dell’art. 52 c.p., nuovo comma 4 è rappresentato dal carattere violento della violazione di domicilio, riconducibile all’ipotesi aggravata di cui all’art. 614 c.p., comma 4. In definitiva, per applicare la nuova ipotesi speciale di legittima difesa, è necessario provare tutti i requisiti richiesti dal comma 2, oltre alle peculiari modalità indicate al comma 4.
Questo vuol dire che dell’art. 52 c.p., il comma 2 riguarda ipotesi di violazione di domicilio non aggravata, mentre l’art. 52 c.p., comma 4 interessa i casi di violazione di domicilio aggravata, postulando che l’intrusione sia avvenuta con violenza o con minaccia dell’uso di armi o di altri strumenti di coazione fisica, così da essere percepita dall’agente come un’aggressione, anche solo potenziale, alla propria o altrui incolumità, atteso che solo quando l’azione sia connotata da siffatte modalità può presumersi il rapporto di proporzione con la reazione.
2.5. Come è stato già sottolineato da Sez. 5 n. 19065 del 12/12/2019 Rv. 279344 “Siffatta opzione interpretativa, ampiamente disaminata dalla dottrina ed esplicitata nella lettera del Presidente della Repubblica ai Presidenti della Camera e del Senato ed al Presidente del Consiglio che ha accompagnato la promulgazione della novella – si impone in un’ottica costituzionalmente orientata, che muove dal ‘rilievo per cui la difesa, anche nel domicilio, resta “una facoltà eccezionale di autodifesa, che ragionevolmente viene riconosciuta dall’ordinamento quando la difesa da parte delle forze dell’ordine non è in concreto possibile”, sicché “la nuova normativa non indebolisce né attenua la primaria ed esclusiva responsabilità dello Stato nella tutela della incolumità e della sicurezza dei cittadini”.
Donde il “fondamento costituzionale” del regime di non punibilità “a favore di chi reagisce legittimamente a un’offesa ingiusta, realizzata all’interno del domicilio e dei luoghi ad esso assimilati … è rappresentato dall’esistenza di una condizione di necessità” che, come tale, resta rimessa all’apprezzamento del giudice e non può essere presuntivamente ritenuta.
Una diversa opzione ermeneutica, tale da estendere il regime di presunzioni a tutti gli elementi della causa di giustificazione in parola, oltre a porsi in termini del tutto eccentrici rispetto al sistema delle cause di giustificazioni, evidenzierebbe palesi frizioni con il principio di uguaglianza declinato dall’art. 3 Cost., introducendo, del tutto irragionevolmente, un’area di esclusione dell’antigiuridicità completamente avulsa dal connotato della necessità che, invece, ne costituisce il primario fondamento, assolvendo alla funzione selettiva dei valori in conflitto”.
3. Così chiariti il quadro normativo e le coordinate ermeneutiche di riferimento, e venendo al caso in esame, in cui la Corte di appello ha negato l’applicazione della scriminante della legittima difesa, per carenza degli estremi della necessità e della proporzione, ritiene il Collegio che tale valutazione sia viziata da evidente contraddittorietà, laddove, a fronte di un accesso delle persone offese presso il domicilio dell’imputato – definito dalla stessa sentenza impugnata come di natura intrusiva – la Corte territoriale ha, prima, fatto improprio riferimento alla giurisprudenza in tema di reciprocità dell’aggressione; quindi, ha negato il requisito della proporzione, superando tout court la presunzione legale di cui all’art. 52 c.p., comma 2, che, invece, appare riferibile al caso di specie, come detto, caratterizzato da un accesso invito domino nel domicilio dell’imputato da parte delle persone offese, altresì obliterando il dato della disparità numerica dei contendenti; infine, del tutto immotivatamente, ha affermato la mancanza di prova della inevitabilità del pericolo posto che non è spiegato se e perché l’imputato, nella situazione data, avrebbe potuto ricorrere a condotte alternative, meno invasive.
4. Nel rinnovato giudizio, la Corte di appello dovrà, dunque, ri-esaminare – alla luce della peculiare situazione di fatto – il contesto nel quale la condotta incriminata si è sviluppata, chiarendo le ragioni per le quali, in presenza di una condotta intrusiva nel domicilio altrui, non sia stata ritenuta ravvisabile la scriminante di cui all’art. 52 c.p., attenendosi ai richiamati principi di diritto, posto che la modifica
apportata all’art. 52 c.p. dalla L. 26 aprile 2019, n. 36 – successivamente ai fatti per cui si procede -, in quanto ius novum favorevole comportante l’ampliamento della sfera scriminante di una causa di giustificazione, trova applicazione ai fatti antecedentemente commessi (Sez. 1, n. 39977 del 14/05/2019, Addis, Rv. 276949).
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Palermo.
Oscuramento dei dati.