AL VAGLIO DELLA CORTE COSTITUZIONALE LA SOPPRESSONE DEGLI UFFICI GIUDIZIARI

E’ rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, secondo comma, della legge n. 148 del 14 settembre 2011 (in Gazzetta Ufficiale n. 216 del 16 settembre 2011), con la quale e’ stato convertito, con modificazioni, il decreto-legge n. 138 del 13 agosto 2011, per contrasto con gli artt. 70, 72, primo e quarto comma, e 77, secondo comma, della Costituzione.

 

E’ rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. l del decreto legislativo n. 155 del 7 settembre 2012 (in Gazzetta Ufficiale n. 213 del 12 settembre 2012), limitatamente all’inclusione del Tribunale di Pinerolo nell’elenco della tabella A), per contrasto con gli artt. 3, 24, 25, primo comma, 76 e 97, primo comma, della Costituzione.

 

N. 13 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 novembre 2012 IL TRIBUNALE

Nella causa n. 256/2010, promossa da Rosa Maria Ascoli, residente in Pinerolo, via Benedetto Croce n. 5, ed elettivamente domiciliata in Pinerolo, via Bignone n. 85/12, presso lo studio degli avvocati Silvia Conti e Michela Brudaglia, che la rappresentano e difendono per procura del 25 gennaio 2010 a margine dell’atto di citazione;

attrice;

Contro Giacomo Ascoli, residente in Pinerolo, via Moirano n. 18, e Vincenzo Ascoli, residente in Pinerolo, via Carducci n. 32, entrambi elettivamente domiciliati in Pinerolo, via Saluzzo n. 35, presso lo studio dell’avvocato Claudio Galetto e dell’avvocato Valerio Airaudo, che li rappresentano e difendono per procura del 22 aprile 2010 a margine della comparsa di costituzione e risposta, insieme con gli avvocati Franco Manassero e Cesarina Manassero, che li rappresentano e difendono per procura a margine della comparsa di costituzione e risposta del 13 dicembre 2010; convenuti.

Ha pronunciato la seguente ordinanza.

Lo svolgimento del processo. 

Rosa Maria Ascoli agisce nei confronti di Giacomo e di Vincenzo Ascoli per vedersi riconoscere l’intervenuto acquisto, per usucapione, del diritto di usufrutto sull’appartamento sito in Pinerolo, via Benedetto Croce n. 5, e del quale i convenuti sono comproprietari in forza di successione mortis causa. Espone la Ascoli di aver sempre vissuto nell’immobile con lo zio, Carmine Ascoli, dante causa di Giacomo e di Vincenzo, partecipando alla vita familiare e comportandosi, di fatto, come un’usufruttuaria. Replicano i comproprietari, nel chiedere il rigetto della domanda, che l’attrice fu una mera ospite dello zio e che aver abitato a lungo con lui sotto lo stesso tetto non le attribuisce alcun diritto. Il 21 maggio 2010 si e’ svolta l’udienza di prima comparizione; depositate e scambiate le memorie ex art. 183 sesto comma c.p.c., all’udienza del 9 novembre 2010 si e’ provveduto sulle prove ed il 4 maggio 2011 sono state assunte le testimonianze. All’udienza del 22 ottobre 2012, fissata per la precisazione delle conclusioni, la necessita’ di definire prima le cause iscritte a ruolo anteriormente all’anno 2010 (nel rispetto del «Programma Strasburgo per i Tribunali Ordinari del Distretto – prescrizioni e consigli per la trattazione delle cause civili», redatto dal Presidente della Corte d’Appello di Torino il 16 maggio 2011) ha imposto il rinvio, per gli stessi incombenti, all’udienza del 18 aprile 2014, davanti al Tribunale di Torino. Le parti, a questo punto, hanno eccepito «… l’incostituzionalita’ della legge 14 settembre 2011 n. 148 recante la conversione del decreto-legge 13 agosto 2011 n. 138 per violazione degli artt. 70, 76 e 77 della Costituzione, perche’ inserisce la delega al Governo all’interno di un decreto-legge finanziario convertito; eccepiscono l’incostituzionalita’ dell’art. 1 tabella A del decreto legislativo n. 155 del 7 settembre 2012 in relazione agli artt. 70, 76 e 77 della Costituzione, perche’, quanto alla soppressione del Tribunale di Pinerolo, viola i parametri indicati nella legge delega all’art. 1 comma 1 lettera B) nella parte in cui sottolinea la necessita’ di razionalizzare il servizio giustizia nelle grandi aree metropolitane, e lettera E, in quanto non rispetta il riequilibrio di competenze territoriali demografiche e funzionali tra uffici limitrofi della stessa area provinciale caratterizzati da rilevanti differenze di dimensioni; lo stesso art. 1 tabella A viola l’art. 3 della Costituzione, ponendo di fatto ostacoli anziche’ rimuoverli, impedendo il pieno sviluppo della persona umana nel raggiungimento della giurisdizione; l’art. 1 tabella A viola inoltre l’art. 25 della Costituzione, distogliendo, di fatto, nei procedimenti in corso, il giudizio del giudice naturale precostituito per legge». La causa e’ stata assunta a riserva. I termini ed i motivi delle questioni di legittimita’ costituzionale sollevate.

1. – L’art. 1, secondo comma, della legge n. 148 del 14 settembre 2011 (in Gazzetta Ufficiale n. 216 del 16 settembre 2011), con la quale e’ stato convertito, con modificazioni, il decreto-legge n. 138 del 13 agosto 2011 – una norma intrusa?

1.A – La norma oggetto della questione.

Il primo comma dell’art. 1 della legge n. 148/2011 prevede: «Il decreto-legge 13 agosto 2011 n. 138, recante ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo, e’ convertito in legge con le modificazioni riportate in allegato alla presente legge».

Il secondo comma prevede: «Il Governo, anche ai fini del perseguimento delle finalita’ di cui all’art. 9 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, e’ delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla entrata in vigore della presente legge, uno o piu’ decreti legislativi per riorganizzare la distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari al fine di realizzare risparmi di spesa e incremento di efficienza…», sulla base di alcuni principi e criteri direttivi ai quali si accennera’ nel paragrafo 2.B.

1.B – Le precedenti decisioni della Corte Costituzionale sui rapporti tra decreto-legge e legge di conversione.

La Corte costituzionale ha ricostruito i rapporti tra decreto-legge e legge di conversione in alcune decisioni, poste, tra loro, in linea di continuita’; da ultimo, nelle sentenze n. 171 del 2007, n. 128 del 2008, n. 355 del 2010 e n. 22 del 2012.

Nella sentenza n. 171 del 2007 e’ stato, in sintesi, affermato che:

la sussistenza dei requisiti della straordinaria necessita’ ed urgenza puo’ essere oggetto di scrutinio (solo quando il difetto di tali presupposti sia evidente) su un piano diverso da quello proprio del Parlamento in sede di conversione, perche’ l’attribuzione al Governo della funzione legislativa ha carattere derogatorio ed e’ compito della Corte preservare l’assetto delle fonti primarie, accertando se il riparto delle competenze tra Parlamento e Governo sia stato o meno alterato;

la legge di conversione non sana dunque i vizi del decreto, di modo che il difetto dei casi straordinari di necessita’ ed urgenza si traduce, dopo l’intervento parlamentare, in un vizio procedimentale della relativa legge.

Gli stessi principi sono stati affermati nella sentenza n. 128 del 2008.

Con la sentenza n. 355 del 2010, la Corte e’ tornata su questa materia, riservandosi lo scrutinio sulla sussistenza dei presupposti di necessita’ e di urgenza anche riguardo agli emendamenti aggiunti in sede di conversione dal Parlamento, purche’ questi siano omogenei rispetto al contenuto del decreto-legge. A proposito degli mendamenti eterogenei (cioe’, radicalmente estranei rispetto al decreto-legge ed ai presupposti di necessita’ e di urgenza che lo hanno ispirato), tale sindacato e’ dunque escluso, ma non viene altresi’ affermato che l’introduzione ex novo, in sede di conversione, di disposizioni eccentriche sia, di per se’, ammissibile. La Corte, pertanto, non si e’ preclusa la possibilita’ di intervenire in futuro, valutando la costituzionalita’ degli emendamenti eterogenei, e cio’ ha fatto con la sentenza n. 22 del 2012, ritenendo l’incostituzionalita’ di talune disposizioni aggiunte al testo del decreto-legge solo durante la fase parlamentare della conversione. Il percorso logico consta di quattro passaggi argomentativi: e’ dimostrata l’eterogeneita’ delle norme impugnate, inserite in sede di conversione, rispetto al contenuto originario del decreto-legge;

e’ rinvenuto nell’art. 77, secondo comma, della Costituzione, il fondamento del requisito dell’omogeneita’ del decreto-legge; da tale requisito e’ dedotta la necessaria omogeneita’ della legge di conversione, anch’essa imposta dall’art. 77, secondo comma;

dal riconoscimento della necessaria omogeneita’ della legge di conversione rispetto al decreto-legge viene tratta la conseguenza dell’incostituzionalita’ delle norme introdotte in sede di conversione che siano del tutto eterogenee rispetto a quelle originariamente contenute nel decreto. Tale introduzione, infatti, implica la violazione delle norme procedimentali: solo ove sussistano i presupposti enunciati nel secondo comma dell’art. 77 della Costituzione e’ consentito derogare al procedimento legislativo ordinario previsto dall’art. 72.

1.C – La pertinenza delle decisioni sub 1.B) rispetto alla normasub 1.A).

I casi esaminati dalla Corte costituzionale nelle sentenze alle quali si e’ fatto cenno sembrano assimilabili, sotto ogni aspetto, a quello in esame, che, inoltre, potrebbe violare le norme procedimentali della Costituzione per ulteriori specifiche ragioni.

La disciplina contenuta nel secondo comma dell’art. 1 della legge n. 148/2011 e volta a riorganizzare la distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari, attraverso un’intera riforma di sistema, e’ stata introdotta per la prima volta in sede di conversione, senza che il decreto-legge convertito ne facesse alcun cenno e senza che sia stata ripetuta la dichiarazione di straordinaria necessita’ ed urgenza (contenuta, invece, nel preambolo del decreto-legge n. 138 del 2011). Le finalita’ che vengono poste appartengono, addirittura, ad un decreto-legge diverso, gia’ convertito in legge. Parrebbe dunque violata la norma procedimentale della Costituzione (art. 77, secondo comma) che limita l’adozione del decreto-legge ai soli casi di straordinaria necessita’ ed urgenza. Solo in tale situazione, infatti (e nella differente ipotesi del decreto legislativo, dove pero’ la delega parlamentare interviene prima dell’inizio del procedimento di formazione normativa), e’ consentito derogare al procedimento legislativo ordinario previsto dall’art. 72 della Costituzione.

Inoltre, la norma «intrusa» non ha direttamente disciplinato la materia, perche’ la riorganizzazione territoriale degli uffici giudiziari e’ stata ulteriormente delegata al Governo. L’art. 72, quarto comma, della Costituzione, prevede che la procedura di esame e di approvazione diretta da parte della Camera e’, in modo inderogabile, sempre adottata, tra gli altri, per i disegni di legge di delegazione legislativa: cio’ significa che la delega al Governo non puo’ che essere contenuta in un atto normativo primario del Parlamento e che il conferimento della delega e la sua approvazione parlamentare devono avvenire secondo i dettami di cui all’art. 72, primo comma, della Costituzione, non secondo la procedura prevista dall’art. 77, secondo comma, per i soli decreti-legge. L’art. 72, primo comma, prevede che «… ogni disegno di legge … e’ esaminato da una commissione e poi dalla camera stessa, che l’approva articolo per articolo e con votazione finale». La delega al Governo per la riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari e’ stata approvata in prima lettura al Senato della Repubblica il 7 settembre 2011, durante l’iter del procedimento di conversione in legge del decreto-legge n. 138 del 2011. Il procedimento legislativo di conversione si e’ poi concluso con la successiva deliberazione della Camera dei Deputati. Entrambi ipassaggi parlamentari sono stati caratterizzati dal fatto che il Governo ha posto la questione di fiducia. Dal resoconto della seduta d’aula del Senato, emerge che l’emendamento governativo sulla riorganizzazione territoriale delle circoscrizioni giudiziarie e’ stato presentato in aula ed e’ stato trasmesso per il parere alla commissione bilancio, per la valutazione degli aspetti di copertura finanziaria: e’ dunque mancato del tutto l’esame da parte della commissione referente.

La sequenza procedimentale delineata nella Costituzione (decreto-legge seguito da legge di conversione) e’ stata sostituita con una sequenza diversa (decreto-legge, seguito da legge di conversione, seguita, a sua volta, da decreto legislativo, delegato, inoltre, in una materia del tutto estranea al decreto convertito, ma riferita ad altro e diverso decreto gia’ convertito con altra legge).

Potrebbero dunque essere stati violati sia l’iter ordinario di formazione legislativa (artt. 70 e 72, primo e quarto comma, della Costituzione) sia l’iter previsto per la decretazione d’urgenza (art. 77, secondo comma, della Costituzione).

2. – L’art. 1 del decreto legislativo n. 155 del 7 settembre 2012 (in Gazzetta Ufficiale n. 213 del 12 settembre 2012) – eccesso rispetto ai principi ed ai criteri direttivi fissati nella legge delegante?.

2.A – La norma oggetto della questione.

L’art. 1 del decreto legislativo n. 155 del 7 settembre 2012 prevede: «Sono soppressi i tribunali ordinari, le sezioni distaccate e le procure della Repubblica di cui alla tabella A allegata al presente decreto»; nell’elenco della tabella A e’ compreso il tribunale di Pinerolo.

2.B – I rapporti dell’art. 1 del decreto legislativo n. 155/2012 con la legge sub 1) – violazione dell’art. 76 della Costituzione.

I dubbi di legittimita’ costituzionale espressi in relazione alla legge delega inducono a prospettare la illegittimita’ consequenziale del decreto legislativo.

Inoltre, tale decreto sembra porsi in contrasto con i criteri ed i principi direttivi di cui all’art. l, secondo comma, lettere b), d) ed e) della legge n. 148/2011, violando cosi’ l’art. 76 della Costituzione. In particolare, la lettera b) prevede che la ridefinizione delle circoscrizioni giudiziarie avvenga «… secondo criteri oggettivi ed omogenei che tengano conto dell’estensione del territorio, del numero degli abitanti, dei carichi di lavoro e dell’indice delle sopravvenienze, della specificita’ territoriale dei bacini d’utenza, anche con riguardo alla situazione infrastrutturale… nonche’ della necessita’ di razionalizzare il servizio giustizia nelle grandi aree metropolitane»; secondo la lettera d), si deve «… procedere alla soppressione ovvero alla riduzione delle sezioni distaccate di tribunale, anche mediante accorpamento ai tribunali limitrofi…»; la lettera e) stabilisce che, nel perseguire le finalita’ di cui ai punti che precedono, si assuma «… come prioritaria linea di intervento il riequilibrio delle attuali competenze territoriali, demografiche e funzionali tra uffici limitrofi della stessa area provinciale caratterizzati da rilevante differenza di dimensioni».

2.B.a – Le grandi aree metropolitane.

La relazione ministeriale che accompagna il decreto «… volto ad attuare la delega prevista dalla legge 14 settembre 2011 n. 148 per la revisione delle circoscrizioni giudiziarie…» si propone di individuare «… le linee guida dell’intervento…», sulla base delle indicazioni del gruppo di studio ministeriale. Vi si legge, al punto 1.4: «… La necessita’ prioritaria in tutte le grandi aree metropolitane e’ senza dubbio quella di procedere ad un decongestionamento dei carichi. Tale obiettivo, in ottemperanza a quanto specificamente indicato dalla legge delega (art. 1, comma secondo, lettera b): “razionalizzare il servizio giustizia nelle grandi aree metropolitane”) e’ stato perseguito attraverso tre fondamentali scelte operative: a) impedire accorpamenti di tribunali sub provinciali alle cinque grandi aree metropolitane (Roma, Napoli, Milano, Torino e Palermo); b) favorire, ove possibile e ragionevole, l’accorpamento di territori delle sezioni distaccate metropolitane ai tribunali limitrofi…» Il medesimo criterio era stato seguito con il decreto legislativo n. 491 del 3 dicembre 1999, emanato in esecuzione dell’ad. 1 della legge n. 155 del 5 maggio 1999; nel rivedere il circondario dei Tribunali compresi nel distretto della Corte d’Appello di Torino, il territorio del Tribunale di Pinerolo era stato ampliato, fino a ricomprendere i Comuni di Bruino, Candiolo, Orbassano, Piossasco e Sangano. L’operazione deflattiva aveva dunque preso avvio con la sottrazione, dal circondario del Tribunale di Torino, di alcuni Comuni posti a sud della metropoli. La recente relazione ministeriale conferma l’opportunita’ di questa soluzione, sia nel senso del mantenimento dei Tribunali sub-metropolitani (sempre, senza eccezioni) sia nel senso dell’incremento del loro bacino d’utenza con l’accorpamento delle sezioni distaccate di pertinenza delle grandi citta’ (laddove possibile e ragionevole).

Facendo dunque applicazione dei criteri e dei principi della legge delega, cosi’ come esplicitati e resi concreti nella stessa relazione ministeriale, il decreto legislativo n. 155 del 2012 ha mantenuto od allargato tutti i Tribunali sub-provinciali contigui alle grandi zone metropolitane, ma, violando i medesimi criteri e principi (definiti, dallo stesso legislatore delegato, «fondamentali»), ha soppresso, unico fra tutti, il Tribunale di Pinerolo. E’ stato invece disposto l’allargamento del circondario del Tribunale sub-provinciale di Ivrea, con l’accorpamento delle sezioni distaccate di Chivasso e di Cirie’. Questa particolare scelta non appare ispirata dai «criteri oggettivi ed omogenei» della lettera b), ne’ giustificata da peculiarita’ dei territori interessati, e la grande area metropolitana di Torino non ne esce «razionalizzata» nel suo «servizio giustizia», nemmeno per una via in ipotesi diversa da quella che lo stesso legislatore delegato si e’ tracciato. Infatti, la soppressione del Tribunale di Pinerolo (quarto del Piemonte per popolazione, dopo quelli di Torino, di Novara e di Alessandria) ed il suo accorpamento al Tribunale di Torino, che assimilera’ anche le attuali sezioni distaccate di Susa e di Moncalieri, comporta che l’ufficio giudiziario del capoluogo resti sostanzialmente inalterato e non venga decongestionato, con conseguente pregiudizio anche per i futuri nuovi utenti (attuali utenti del Tribunale di Pinerolo).

2.B.b – Gli altri criteri oggettivi ed omogenei.

E’ opportuno qualche cenno agli altri criteri oggettivi ed omogenei (diversi dal gia’ esaminato aspetto dell’area metropolitana nel suo complesso) dettati dalla lettera b) dell’art. 1, secondo comma; il confronto si impone con riferimento all’altro Tribunale sub-provinciale (quello di Ivrea), che il legislatore delegato ha ritenuto conforme alla legge delega mantenere. I dati numerici che seguono provengono dalle relazioni del Presidente della Corte di appello di Torino per gli anni giudiziari 2011 e 2012, dal censimento del 2011 e dalle schede analitiche allegate alla relazione che accompagna il decreto legislativo.

2.B.b.1 – L’ estensione del territorio, il numero degli abitanti e la specificita’ territoriale dei bacini di utenza.

La superficie totale dei Comuni compresi nel circondario del Tribunale di Pinerolo e’ di kmq 1.520,45; la superficie totale dei Comuni compresi nel circondario del Tribunale di Ivrea e’ di kmq 1.619,16; il circondario di Pinerolo ha una popolazione residente di 216.415 abitanti e quello di Ivrea di 189.406. E’ stato mantenuto e potenziato il secondo, posto a nord-est di Torino, ma e’ stato eliminato il corrispondente polo sud-ovest, con l’ulteriore conseguenza che Comuni vicinissimi al capoluogo sono stati trasferiti alla competenza territoriale di Ivrea, mentre Comuni assai distanti e siti in vallate montane (per loro natura sprovviste di agevoli collegamenti stradali) sono stati aggiunti al circondario di Torino, capoluogo che ha assunto una posizione fortemente eccentrica rispetto al proprio territorio.

2.B.b.2 – I carichi di lavoro e le sopravvenienze.

Sono sopravvenute nel Tribunale di Pinerolo 6.076 cause civili nel periodo 2009/2010 e 5.879 cause civili nel periodo 2010/2011; nel Tribunale di Ivrea, 5.655 cause civili nel periodo 2009/2010 e 5.493 cause civili nel periodo 2010/2011; le cause penali nuove sono state, per il Tribunale di Pinerolo, 2.689 nel 2009/2010 e 2.529 nel 2010/2011; per il Tribunale di Ivrea, 2.907 nel 2009/2010 e 2.748 nel 2010/2011. Si tratta di ordini di grandezza quasi sovrapponibili.

2.B.c – Il riequilibrio delle competenze tra uffici limitrofi della stessa area provinciale caratterizzati da rilevante differenza di dimensioni.

Tale linea di intervento e’ definita dalla legge delega «prioritaria».

Nel caso in esame, si deve avere riguardo al nuovo assetto giudiziario della Provincia di Torino, che conta oltre la meta’ della popolazione del Piemonte (2.209.594 abitanti su totali 4.494.376).

L’obiettivo posto dalla legge e’ evidentemente quello di creare, nell’ambito della stessa Provincia, uffici di dimensioni analoghe, eliminando i forti squilibri. A riforma attuata, nella Provincia di Torino resteranno due soli Tribunali: il capoluogo, con la popolazione di 1.674.292 abitanti (invece degli attuali 1.803.773); Ivrea, con la popolazione di 535.202 abitanti. Mantenere il polo sud-ovest (Pinerolo), con l’ampliamento del territorio (in coerenza con quanto perseguito a partire dal 1999) e cioe’ con l’accorpamento di sezioni distaccate del Tribunale limitrofo di Torino, come previsto dall’art. 1, secondo comma, lettera d) della legge delega – che, in tal modo, non pare essere stato attuato – avrebbe, da un lato, decongestionato l’area metropolitana (che, invece, perde soltanto il sette per cento circa della sua popolazione) e, dall’altro, creato due Tribunali – quello di Pinerolo, oltre a quello di Ivrea – di dimensioni ideali rispetto ai criteri di efficienza posti dalla gia’ richiamata relazione che accompagna il decreto legislativo: «… Per produttivita’… si e’ fatta la seguente considerazione statistica: che tale dato e’ comune alla classe dei tribunali provinciali che hanno organico compreso tra ventuno e trenta magistrati: classe alla quale appartiene la sopra considerata misura di ventotto unita’, che esprime tendenzialmente il miglior valore di produttivita’, pari a 662. Si tratta di un valore superiore alla media complessiva di 638,4, ma anche superiore ai valori (praticamente identici) di ciascuna delle classi di uffici immediatamente precedenti … e immediatamente successiva … quindi inferiore soltanto a quella ulteriore classe – non statisticamente rappresentativa ne’ percio’ significativa quale campione – dei tribunali con pianta organica compresa tra sessantuno e cento unita’ di magistrati, che e’ la soglia numerica passata la quale la produttivita’ segna un vertiginoso crollo…»

L’obiettivo del legislatore delegato avrebbe quindi dovuto essere quello di creare Tribunali dalle dimensioni individuate come piu’ efficienti e produttive.

2.C – I rapporti dell’art. 1 del decreto legislativo n. 155/2012 con altre norme della Costituzione.

2.C.a – Con l’art. 3 della Costituzione.

Tutte le violazioni dei criteri posti dalla legge delega potrebbero risolversi, in concreto, anche nella violazione dell’art. 3 della Costituzione, poiche’ il diverso trattamento riservato agli utenti del Tribunale di Pinerolo rispetto a quelli di Tribunali analoghi appare arbitrario (in quanto non trova fondamento in alcuna disposizione di legge) ed irrazionale (in quanto non assicura il raggiungimento degli obiettivi posti dal legislatore delegante).

Gli utenti pinerolesi perdono, unici rispetto a tutti gli altri residenti in Tribunali sub-metropolitani e senza che la differenza di trattamento, in controtendenza rispetto ad ogni altra scelta riorganizzativa, sia motivata, la giustizia di prossimita’.

2. C.b – Con l’art. 25, primo comma, della Costituzione.

Il contrasto del decreto legislativo in esame con la legge delega comporterebbe, altresi’, la violazione dell’art. 25, primo comma, della Costituzione, risolvendosi l’eliminazione del Tribunale di Pinerolo, in quanto realizzata sulla base di norme illegittime, in un’indebita sottrazione degli utenti della giustizia al loro giudice naturale.

2. C.c – Con l’art. 97, primo comma, e con l’art. 24 della Costituzione.

I pubblici uffici devono essere organizzati in modo che sia assicurato il buon andamento dell’amministrazione. D’altra parte, obiettivo dell’art. 1, secondo comma, della legge n. 148/2011, e’ quello di realizzare «… risparmi di spesa ed incremento di efficienza…» Se (come si e’ accennato nei paragrafi precedenti) sono stati violati i criteri individuati dalla stessa legge per migliorare il funzionamento della giustizia, allora e’ stato violato anche il principio costituzionale di buon andamento e viene gravemente compromesso il diritto ad una tutela giudiziaria effettiva. Inoltre, non vi sono evidenze circa l’obiettivo del risparmio economico che sarebbe realizzato con la soppressione del Tribunale di Pinerolo, mentre e’ certo che vi saranno costi di trasferimento e che un bene pubblico quale il palazzo di giustizia (di recente ristrutturato per questo specifico impiego, con la spesa di circa ottocentomila euro) restera’ inutilizzato.

La non manifesta infondatezza della questione di legittimita’ costituzionale.

I dubbi circa il contrasto con la Costituzione delle norme fin qui esaminate sono dunque consistenti e la segnalazione dei vizi incostituzionali, all’esito della delibazione che precede, non appare pretestuosa. Le questioni sollevate non sono pertanto manifestamente infondate.

La rilevanza.

Le questioni sollevate non sono solo teoriche, essendovi un’evidente relazione tra le norme denunciate e l’esito della controversia: il dubbio di costituzionalita’ investe infatti l’individuazione del giudice (il tribunale di Torino ovvero quello di Pinerolo) che dovra’ pronunciarsi sulle domande proposte dall’attrice. Infatti, come emerge dalla sintesi del processo, l’udienza di precisazione delle conclusioni (la cui data non puo’ che rispettare il calendario di definizione delle cause, secondo la sequenza cronologica di iscrizione a ruolo, in osservanza del gia’ richiamato «Programma Strasburgo») si svolgera’ in un tempo in cui Tribunale di Pinerolo (se le norme per le quali viene introdotto questo giudizio incidentale fossero legittime) sara’ stato soppresso; come statuisce l’art. 11, secondo comma, del decreto legislativo n. 155/2012, «… Le disposizioni di cui agli artt. 1, 2, 3, 4, 5, e 7 acquistano efficacia decorsi dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto» e cioe’ dodici mesi dal 13 settembre 2012. Ne consegue che sulle domande proposte da Rosa Maria Ascoli nei confronti di Giacomo e di Vincenzo Ascoli non si puo’ decidere indipendentemente dalla risoluzione delle questioni di legittimita’ costituzionale sollevate, che si pongono in rapporto di pregiudizialita’ con la fase conclusiva della causa.

 

P.Q.M.

1) revoca l’ordinanza del 22 ottobre 2012, con la quale e’ stata fissata l’udienza di precisazione delle conclusioni definitive;

2) dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita’ costituzionale dell’art. 1, secondo comma, della legge n. 148 del 14 settembre 2011 (in Gazzetta Ufficiale n. 216 del 16 settembre 2011), con la quale e’ stato convertito, con modificazioni, il decreto-legge n. 138 del 13 agosto 2011, per contrasto con gli artt. 70, 72, primo e quarto comma, e 77, secondo comma, della Costituzione;

3) dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita’ costituzionale dell’art. l del decreto legislativo n. 155 del 7 settembre 2012 (in Gazzetta Ufficiale n. 213 del 12 settembre 2012), limitatamente all’inclusione del Tribunale di Pinerolo nell’elenco della tabella A), per contrasto con gli artt. 3, 24, 25, primo comma, 76 e 97, primo comma, della Costituzione;

4) sospende il processo e dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;

5)dispone che, a cura del Cancelliere, questa ordinanza sia notificata alle parti ed al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.

Pinerolo, 16 novembre 2012

 

Il giudice: Musa