Qualsiasi dubbio circa l’inquadramento “privatistico” delle società con partecipazione dello Stato o di enti pubblici, la cui specifica disciplina sia contenuta esclusivamente o prevalentemente nello statuto sociale – quindi, qualsiasi dubbio circa l’attribuzione della giurisdizione a conoscere le relative controversie al Giudice ordinario o al Giudice amministrativo -, deve essere oggi risolto alla luce del su menzionato D.L. n. 95 del 2012, art. 4, comma 13, quarto periodo, secondo cui “Le disposizioni del presente articolo e le altre disposizioni, anche di carattere speciale, in materia di società a totale o parziale partecipazione pubblica si interpretano nel senso che, per quanto non diversamente stabilito e salvo deroghe espresse, si applica comunque la disciplina del codice civile in materia di società di capitali”: tale norma infatti – ancorché introdotta in un provvedimento legislativo volto specificamente al contenimento della spesa pubblica (cosiddetta spending review) – ha natura esplicitamente interpretativa e come tale efficacia retroattiva, si caratterizza quale clausola normativa ermeneutica generale (norma di chiusura) “salvo deroghe espresse”, ed impone all’interprete, il quale dubiti dell’interpretazione di “disposizioni, anche di carattere speciale, in materia di società a totale o parziale partecipazione pubblica”, di optare “comunque” per l’applicazione della “disciplina del codice civile in materia di società di capitali”.
Spettano alla giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo le controversie aventi ad oggetto l’attività unilaterale “prodromica” alla vicenda societaria, considerata dal legislatore di natura pubblicistica, con cui un ente pubblico delibera di costituire una società (provvedendo anche alla scelta del socio), o di parteciparvi, o di procedere ad un atto modificativo o estintivo della società medesima, o di interferire, nei casi previsti dalla legge, nella vita della stessa società, mentre sono attribuite alla giurisdizione del Giudice ordinario le controversie aventi ad oggetto gli atti societari “a valle” della scelta di fondo di utilizzazione del modello societario, le quali restano interamente soggette alle regole del diritto commerciale proprie del modello recepito, dal contratto di costituzione della società alla successiva attività della compagine societaria partecipata con cui l’ente esercita, dal punto di vista soggettivo e oggettivo, le facoltà proprie del socio (azionista), fino al suo scioglimento
FATTO E DIRITTO
Ritenuto che, con ricorso del 22 dicembre 2011, B.M. ha proposto istanza di regolamento di giurisdizione, nei confronti di G.P. e di M.S., della Provincia di Belluno, della s.p.a. Dolomiti Bus e di O.F.;
che tale istanza di regolamento di giurisdizione è proposta in riferimento al giudizio, promosso dai Signori G. e M. contro la Provincia di Belluno e nei confronti della s.p.a. Dolomiti Bus, nonchè dei Signori B. ed O. con ricorso del 16 dicembre 2011 e pendente dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Veneto (r.g. n. 2173 del 2011);
che in questo giudizio i Signori G. e M. hanno chiesto al T.a.r. adito – previa sospensione degli atti impugnati e reintegrazione dei ricorrenti nelle rispettive cariche di presidente e di membro del consiglio di amministrazione della s.p.a. Dolomiti Bus -: “di annullare gli atti impugnati, e cioè del decreto del Presidente della Provincia di Belluno 20.10.2011 n. 101 …., avente ad oggetto: revoca dell’ing. G.P. e del Sig. M. S. dalle funzioni rispettivamente di Presidente e membro semplice del Consiglio di Amministrazione …. della società partecipata Dolomiti Bus S.p.a.; – del decreto del Presidente della Provincia di Belluno 28.10.2011 n. 104, avente ad oggetto: nomina del Dott. B. M. e del Dott. O.F. rispettivamente alla carica di Presidente e membro del C. d. A. …. di Dolomiti Bus S.p.a., in sostituzione dei membri revocati; – di ogni altro atto presupposto, connesso o conseguente”; nonchè di condannare la Provincia di Belluno “ex art. 34, comma 1, lett. c), c.p.a., ad adottare, in via immediata, gli atti necessari alla reintegrazione dei ricorrenti negli uffici di Presidente e consigliere del C. d. A. …. della società Dolomiti Bus; ex art. 30, comma 2, c.p.a. a risarcire i danni subiti e subendi dai ricorrenti a causa dell’illegittimo esercizio di attività amministrativa, con rivalutazione monetaria ed interessi legali sulle somme via via rivalutate di anno in anno, dal dì del dovuto e sino all’effettivo soddisfo”;
che l’odierno ricorrente B.M. riferisce che:
a) i Signori G. e M., con decreto del Presidente della Provincia di Belluno n. 58 del 2 dicembre 2009, ai sensi dell’art. 21 dello Statuto, sono stati nominati, rispettivamente, presidente e consigliere del consiglio di amministrazione della s.p.a. Dolomiti Bus, società a partecipazione mista pubblica e privata (Provincia di Belluno, Comune di Belluno, s.r.l. R. A. T. P. DEV Italia), avente ad oggetto il trasporto pubblico automobilistico ed attività connesse;
b) con il su menzionato decreto del Presidente della Provincia di Belluno n. 101 del 2011, i Signori G. e M. sono stati revocati dall’incarico ai sensi del combinato disposto dell’art. 2449 c.c., richiamato dall’art. 21 dello Statuto sociale, “essendo venuto meno il rapporto di fiducia con la Provincia, non essendosi essi attenuti alle direttive di voto della Soda Provincia in sede di Assemblea”;
c) con il successivo su menzionato decreto n. 104 del 2011 il Presidente della Provincia di Belluno ha nominato, in sostituzione dei membri revocati, i Signori B. ed O., il primo con funzioni di presidente del c.d.a.;
d) con i motivi di impugnazione dinanzi al T. a. r. per il Veneto, i Signori G. e M. hanno dedotto: 1) “Violazione del D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 50, comma 8, e, in combinato disposto, degli art. 2449 c.c., comma 2, artt. 2380 bis, 2392, 2394 e 2395 c.c..
Eccesso di potere per sviamento, carenza e contraddittorietà della motivazione …., essendo quella di revoca di amministratori di società partecipate da enti pubblici espressione di un potere pubblico”; 2) “Violazione del D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 50, comma 8, della delibera del Consiglio Provinciale di Belluno n. 40 del 9.07.2009. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di presupposto necessario, nonchè per carenza di motivazione”, non essendo state motivate nel provvedimento di revoca le ragioni dell’adozione di tale misura; 3) “Violazione della L. n. 241 del 1990, art. 7, e del correlativo principio del giusto procedimento”, non essendo stata data comunicazione di avvio del procedimento, con conseguente violazione del diritto di difesa; 4) “Violazione del D.L. 13 agosto 2011, n. 138, art. 4, commi 19 e 20, convertito in L. 14 settembre 2011, n. 148″, essendo il B. incompatibile, in forza di tali disposizioni, a ricoprire la carica affidatagli di presidente della Società Dolomiti Bus;
che, tanto riferito, il ricorrente B.M. chiede che la Corte di cassazione, a sezioni unite, voglia “dichiarare la giurisdizione del giudice ordinario a giudicare della causa”;
che, al riguardo, il ricorrente sostiene che, nella specie, il potere di nomina e di revoca degli amministratori è previsto per il Comune e per la Provincia di Belluno dall’art. 21 dello Statuto sociale della s.p.a. Dolomiti Bus, che richiama esplicitamente l’art. 2449 c.c., sicchè l’esercizio di tale potere deve intendersi attribuito a detti Enti pubblici esclusivamente in ragione della loro qualità di soci della Società partecipata e non come espressione di un potere di natura pubblicistica a tutela e cura di interessi generali della comunità locale (viene richiamata la sentenza delle sezioni unite della Corte di cassazione n. 7799 del 2005);
che resistono, con controricorso illustrato da memoria, G. P. e M.S. i quali, nel chiedere che le sezioni unite della Corte di cassazione dichiarino la giurisdizione del giudice amministrativo, sostengono, tra l’altro, che “non è l’inserimento del potere previsto ex art. 2449 c.c., nello statuto societario a connotarlo come diritto potestativo negoziale, ma, attraverso l’art. 2449 c.c., si consente al socio pubblico, mediante modifica statutaria, di assoggettare alcuni aspetti dell’organizzazione interna delle S.p.a. a partecipazione mista (segnatamente, la nomina e la revoca di un certo numero di amministratori e sindaci) al suo potere unilaterale, espressivo di pubblica funzione, consistente nel garantire il rispetto, da parte dei nominati, degli indirizzi fissati dall’organo politico dell’Ente locale, al fine di assicurare continuità e coerenza di strategie, programmi ed azione tra Ente pubblico affidante e i società privata affidataria del pubblico servizio”, con la conseguenza che “l’art. 2449, non muta la natura autoritativa del potere attribuito al Sindaco ed al Presidente della Provincia dal D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 50, comma 8, ma ne integra una sorta di presupposto legale di operatività”;
che la Provincia di Belluno, la s.p.a. Dolomiti Bus e O. F., benchè ritualmente intimati, non si sono costituiti nè hanno svolto attività difensiva;
che il Procuratore generale ha concluso, chiedendo che le sezioni unite della Corte di cassazione dichiarino la giurisdizione del giudice ordinario;
che, all’esito dell’adunanza in Camera di consiglio del 6 novembre 2012, il Collegio, con ordinanza interlocutoria n. 297/13 del 9 gennaio 2013, ha rinviato il ricorso a nuovo ruolo, ritenendo preliminarmente “opportuno acquisire dall’Ufficio del Massimario e del Ruolo di questa Corte una relazione che approfondisca: 1) il completo quadro normativo di riferimento – anche se non strettamente applicabile alla fattispecie ratione temporis (come, ad esempio, almeno in prima approssimazione, la D.L. 15 marzo 2012, n. 21, art. 3, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 11 maggio 2012, n. 56, art. 1, comma 1) – concernente la disciplina delle società di servizi pubblici a partecipazione totalitaria di enti pubblici o a partecipazione mista pubblico-privato: in particolare, la disciplina dei servizi pubblici locali, di cui al D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 113 e ss., e successive modificazioni, in relazione allo stesso D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 50, comma 8; 2) la vicenda normativa dell’art. 2449 c.c., ed i suoi rapporti con le disposizioni del D.Lgs. n. 267 del 2000; 3) la natura ed i caratteri dei rapporti che si istituiscono tra l’ente pubblico ed amministratori e sindaci nominati; 4) la natura ed i caratteri dei poteri di nomina e di revoca di amministratori e sindaci da parte dell’ente pubblico: in particolare, l’esercizio del potere di revoca e la sua motivazione;
5) l’analisi della giurisprudenza – comunitaria, costituzionale, ordinaria ed amministrativa – e della dottrina in tema di nomina e di revoca di amministratori e sindaci, segnatamente sotto il profilo della giurisdizione a conoscere le eventuali controversie in materia”).
che è stata acquisita la relazione n. 95/2013 del 4 giugno 2013 dell’Ufficio del Massimario e del Ruolo;
che G.P. e M.S. hanno depositato ulteriore memoria;
che il Procuratore generale ha concluso, chiedendo che le sezioni unite della Corte di cassazione dichiarino la giurisdizione del giudice ordinario.
Considerato che deve dichiararsi la giurisdizione del Giudice ordinario a conoscere la controversia, promossa dai Signori G. P. e M.S. contro la Provincia di Belluno e nei confronti della s.p.a. Dolomiti Bus, nonchè dei Signori B. M. e O.F. con ricorso del 16 dicembre 2011 e pendente dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Veneto (r.g. n. 2173 del 2011);
che la fattispecie sottostante al presente ricorso – quale emerge dall’esame diretto degli atti di causa – sta in ciò:
a) che il Presidente della Provincia di Belluno pro tempore, con decreto n. 101 del 20 ottobre 2011, ha revocato, ai sensi del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 50, comma 8, (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), G.P. e M. S., in precedenza dallo stesso nominati, dalle cariche, rispettivamente, di presidente e di membro del consiglio di amministrazione della s.p.a. Dolomiti Bus, società a partecipazione mista pubblica e privata (le cui azioni sono possedute, per il 49,90 per cento, dalla Provincia di Belluno, per il 10,60 per cento, dal Comune di Belluno, e per il restante 39,50 per cento, dalla s.r.l. R. A. T. P. DEV Italia), avente ad oggetto il trasporto pubblico automobilistico ed attività connesse;
b) che detta revoca è stata motivata con i rilievi che, sulla deliberazione del consiglio di amministrazione della s.p.a. Dolomiti Bus avente ad oggetto la proposta di cessione delle azioni della s.p.a. ATVO possedute dalla Società, i predetti rappresentanti della Provincia, nonostante l’avviso contrario alla cessione espresso dalla stessa Provincia, avevano votato a favore, e che “tale comportamento è contrario alle direttive di voto fornite dal Socio Provincia in sede di Assemblea e manifesta, pertanto, il venir meno del rapporto fiduciario che deve sempre sussistere tra il vertice dell’Amministrazione e i suoi rappresentanti in Società, Enti, Aziende e Istituzioni”;
che – a fronte delle conclusioni formulate dai ricorrenti e dell’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dalla Provincia di Belluno e dal Sig. B.M., nonchè del ricorso in esame nel giudizio a quo – la questione di giurisdizione, sottoposta per la prima volta a queste Sezioni Unite, consiste nello stabilire se la controversia, avente ad oggetto l’impugnazione del provvedimento di revoca dei rappresentanti della provincia presso una società per azioni partecipata parzialmente dalla stessa provincia – disposta dal presidente pro tempore della provincia, ai sensi del citato D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 50, comma 8, – e le conseguenti domande di tutela reale (reintegrazione) e risarcitoria siano attribuite alla cognizione del Giudice ordinario oppure del Giudice amministrativo;
che, in prima approssimazione e con più stretto riferimento alla fattispecie, l’essenziale e rilevante quadro normativo di riferimento è costituito dalle seguenti disposizioni: a) l’art. 4 dello statuto della s.p.a. Dolomiti Bus (adottato con atto pubblico del 5 maggio 2011, per notaio de Ciutiis di Belluno, rep. n. 1728, racc. n. 1136) prevede: “La Società ha per oggetto la gestione del trasporto pubblico automobilistico e l’attività di Impresa Ferroviaria passeggeri e merci ed ogni altra attività connessa a tali servizi, nonché l’attività di officina meccanica, riparazione ed allestimenti di autoveicoli, di veicoli industriali e ferroviari, montaggio installazione di accessori per veicoli in genere, soccorso stradale, ed ogni attività accessoria, ivi compresi le attività di analisi, prove e revisioni tecniche su veicoli stradali, ferroviari ed agricoli, anche finalizzati al rilascio di documentazione tecnica, informativa e relative certificazioni, sia per Enti che per privati.
La Società ha altresì per oggetto sociale lo studio, la progettazione, la realizzazione, la vendita, l’intermediazione e la gestione di sistemi innovativi o non convenzionali per il trasporto di persone e di merci o comunque attinenti alla mobilità convenzionale ed innovativa in genere, nonché la gestione, la produzione, la vendita e l’intermediazione di servizi commerciali, turistici e di noleggio con o senza conducente. La Società potrà estendere l’oggetto ad ulteriori attività multiservizi, incluse l’attività di prestazione di servizi alle persone e servizio di ricerca, studio, progettazione e costruzione con particolare riferimento alle infrastrutture e alla mobilità, purché connessi e strumentali al perseguimento dell’oggetto sociale primario e prevalente ed a qualsiasi altra attività che abbia attinenza allo scopo sociale e che consenta lo sviluppo delle iniziative della stessa. La Società potrà compiere inoltre tutte le inerenti operazioni industriali, commerciali, finanziarie e quante altre fossero necessarie, istituire sedi secondarie e recapiti, partecipazioni in associazioni, società ed altri enti anche a carattere consorziale, aventi scopi affini o comunque connessi al proprio, al fine di una comune organizzazione interessante, in particolare, l’incremento turistico ed il miglioramento dei servizi compresi quelli riguardanti i flussi di pendolarità degli studenti e dei lavoratori”; b) l’art. 21 dello stesso statuto della s.p.a.
Dolomiti Bus – dopo aver previsto, al primo comma, che “La società è amministrata da un Consiglio di amministrazione composto da cinque membri” -, per quanto in questa sede rileva, dispone: “Il Comune di Belluno e la Provincia di Belluno, quali Soci Pubblici, ai sensi dell’art. 2449 c.c., hanno il diritto di procedere alla nomina diretta degli amministratori proporzionalmente alla propria partecipazione al capitale, con arrotondamento all’unità superiore, sino al massimo complessivo pari a tre, di cui uno, da essi stessi nominato, con funzioni di Presidente del Consiglio di Amministrazione. …. Gli amministratori nominati ex art. 2449 c.c., dai Soci Pubblici non possono assumere la carica di amministratore delegato e possono essere revocati esclusivamente dai soggetti che li hanno nominati, cui compete altresì la sostituzione qualora nel corso dell’esercizio vengano meno per qualsiasi causa ….” (commi 2 4); c) l’art. 2449 c.c. (che reca la rubrica: “Società con la partecipazione dello Stato o di enti pubblici”) – nel testo sostituito dalla L. 25 febbraio 2008, n. 34, art. 13, comma 1, (Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità Europee – Legge comunitaria 2007) – prevede: che, “Se lo Stato o gli enti pubblici hanno partecipazione in una società per azioni che non fa ricorso al mercato del capitale di rischio, lo statuto può ad essi conferire la facoltà di nominare un numero di amministratori e sindaci, ovvero componenti del consiglio di sorveglianza, proporzionale alla partecipazione al capitale sociale” (primo comma); e che “Gli amministratori e i sindaci, o i componenti del consiglio di sorveglianza nominati a norma del primo comma possono essere revocati soltanto dagli enti che li hanno nominati. Essi hanno i diritti e gli obblighi dei membri nominati dall’assemblea. ….” (secondo comma);
d) il citato D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 42, comma 2, lett. m), secondo cui: “Il consiglio comunale o provinciale ha competenza limitatamente ai seguenti atti fondamentali: …. m) definizione degli indirizzi per la nomina e la designazione dei rappresentanti del comune presso enti, aziende ed istituzioni, nonchè nomina dei rappresentanti del consiglio presso enti, aziende ed istituzioni ad esso espressamente riservata dalla legge”; e) l’art. 50 (che reca la rubrica “Competenze del sindaco e del presidente della provincia”), stesso D.Lgs. n. 267 del 2000, comma 8, stabilisce che, “Sulla base degli indirizzi stabiliti dal consiglio, il sindaco e il presidente della provincia provvedono alla nomina, alla designazione e alla revoca dei rappresentanti del comune e della provincia presso enti, aziende e istituzioni”;
che, più in generale e con specifico riferimento alla questione di giurisdizione in esame, rilevano astrattamente, ratione temporis – nel senso dell’eventuale attribuzione della controversia de qua al Giudice amministrativo – alcune disposizioni del codice del processo amministrativo (approvato con il D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104, e successive modificazioni ed integrazioni): a) l’art. 7, comma 1, primo periodo, secondo cui: “1. Sono devolute alla giurisdizione amministrativa le controversie, nelle quali si faccia questione di interessi legittimi e, nelle particolari materie indicate dalla legge, di diritti soggettivi, concernenti l’esercizio o il mancato esercizio del potere amministrativo, riguardanti provvedimenti, atti, accordi o comportamenti riconducibili anche mediatamente all’esercizio di tale potere, posti in essere da pubbliche amministrazioni”; b) l’art. 133, comma 1, lett. c), secondo cui: “1.
Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, salvo ulteriori previsioni di legge: …. c) le controversie in materia di pubblici servizi relative a concessioni di pubblici servizi, escluse quelle concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi, ovvero relative a provvedimenti adottati dalla pubblica amministrazione o dal gestore di un pubblico servizio in un procedimento amministrativo, ovvero ancora relative all’affidamento di un pubblico servizio, ed alla vigilanza e controllo nei confronti del gestore, nonchè afferenti alla vigilanza sul credito, sulle assicurazioni e sul mercato mobiliare, al servizio farmaceutico, ai trasporti, alle telecomunicazioni e ai servizi di pubblica utilità”;
c) l’art. 133, comma 1, lett. z-quinquies), lettera aggiunta dal D.L. 15 marzo 2012, n. 21, art. 3, comma 7, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 11 maggio 2012, n. 56, art. 1, comma 1, secondo cui: “1. Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, salvo ulteriori previsioni di legge: …. z- quinquies) le controversie relative all’esercizio dei poteri speciali inerenti alle attività di rilevanza strategica nei settori della difesa e della sicurezza nazionale e nei settori dell’energia, dei trasporti e delle comunicazioni”;
che, invece, rileva concretamente e in modo decisivo – come si vedrà -, per la soluzione della presente questione di giurisdizione nel senso dell’affermata attribuzione della controversia de qua al Giudice ordinario, il D.L. 6 luglio 2012, n. 95, art. 4 (che reca la rubrica: “Riduzione di spese, messa in liquidazione e privatizzazione di società pubbliche”), comma 13, quarto periodo, (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini, nonchè misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario), convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 135, art. 1, comma 1, secondo cui: “13. …. Le disposizioni del presente articolo e le altre disposizioni, anche di carattere speciale, in materia di società a totale o parziale partecipazione pubblica si interpretano nel senso che, per quanto non diversamente stabilito e salvo deroghe espresse, si applica comunque la disciplina del codice civile in materia di società di capitali”;
che queste Sezioni Unite, con la sentenza n. 7799 del 2005 – in una fattispecie parzialmente analoga alla presente, in cui alcuni consiglieri di amministrazione di una società a capitale interamente posseduto da un comune avevano impugnato le deliberazioni della giunta comunale con le quali era stata disposta la svalutazione della stessa società e la revoca degli amministratori -, hanno enunciato il principio di diritto, per il quale la società per azioni con partecipazione pubblica non muta la sua natura di soggetto di diritto privato solo perchè il Comune ne possegga, in tutto o in parte, le azioni, in quanto il rapporto tra società ed ente locale è di assoluta autonomia, al comune non essendo consentito incidere unilateralmente sullo svolgimento del rapporto medesimo e sull’attività della società per azioni mediante l’esercizio di poteri autoritativi o discrezionali, ma solo avvalendosi degli strumenti previsti dal diritto societario, da esercitare a mezzo dei membri di nomina comunale presenti negli organi della società, con la conseguenza che è attribuita alla giurisdizione del giudice ordinario la controversia avente ad oggetto la domanda di annullamento di provvedimenti comunali di non approvazione del bilancio e conseguente revoca degli amministratori di società per azioni di cui il Comune sia unico socio, costituendo gli atti impugnati espressione non di potestà amministrativa ma dei poteri conferiti al comune dagli artt. 2383, 2458 e 2459 c.c., (nei testi all’epoca vigenti, anteriori alla riforma di cui al D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6), nella specie trasfusi nello statuto della società per azioni, e quindi manifestazione di una volontà essenzialmente privatistica, di tal che la posizione soggettiva degli amministratori revocati – che non svolgono nè esercitano un pubblico servizio – è configurabile in termini di diritto soggettivo, dovendo inoltre escludersi la riconducibilità di detta controversia al novero di quelle attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo dal D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, art. 33, novellato dalla L. 21 luglio 2000, n. 205, art. 7;
che, in particolare, nella motivazione di tale pronuncia è, tra l’altro, affermato: 1) “…. come è stato già sottolineato da questa Corte (Cass. Sez. Un. 6.5.1995, n. 4989; 6.6.1997, n. 5085; 26.8.1998, n. 8454) la società per azioni con partecipazione pubblica non muta la sua natura di soggetto di diritto privato solo perchè lo Stato o gli enti pubblici (Comune, Provincia, etc.) ne posseggano le azioni, in tutto o in parte, non assumendo rilievo alcuno, per le vicende della medesima, la persona dell’azionista, dato che tale società, quale persona giuridica privata, opera nell’esercizio della propria autonomia negoziale, senza alcun collegamento con l’ente pubblico: il rapporto tra la società e l’ente locale è di assoluta autonomia, sicchè non è consentito al Comune incidere unilateralmente sullo svolgimento del rapporto medesimo e sull’attività della società per azioni mediante l’esercizio di poteri autoritativi o discrezionali. Invero, la legge non prevede alcuna apprezzabile deviazione, rispetto alla comune disciplina privatistica delle società di capitali, per le società miste incaricate della gestione di servizi pubblici istituiti dall’ente locale …. La posizione del Comune all’interno della società è unicamente quella di socio di maggioranza, derivante dalla prevalenza del capitale da esso conferito; e soltanto in tale veste l’ente pubblico potrà influire sul funzionamento della società …. avvalendosi non già dei poteri pubblicistici che non gli spettano, ma dei soli strumenti previsti dal diritto societario, da esercitare a mezzo dei membri di nomina comunale presenti negli organi della società (v. art. 2459 c.c.)” (n. 4.1. dei Motivi della decisione); 2) “…. la controversia non rientra neppure nella giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo, atteso che, come sopra detto, la situazione giuridica di cui si chiede la tutela ha natura di diritto soggettivo e non certo di interesse legittimo. …. L’art. 2458 c.c., come ricordato, prevede che se lo Stato o gli enti pubblici hanno partecipazione in una società, l’atto costitutivo può ad essi conferire la facoltà di nominare uno o più amministratori o sindaci, disponendo anche che gli amministratori o sindaci nominati a norma del comma precedente possono essere revocati soltanto dagli enti che li hanno nominati.
…. La facoltà attribuita all’ente pubblico dal citato art. 2458 c.c. è, quindi, sostitutiva della generale competenza dell’assemblea ordinaria, trovando la sua giustificazione nella peculiarità di quella tipologia di soci, e deve essere qualificata estrinsecazione non di un potere pubblico, ma essenzialmente di una potestà di diritto privato, in quanto espressiva di una potestà attinente ad una situazione giuridica societaria, restando esclusa qualsiasi sua valenza amministrativa.
…. Dalla configurazione dell’atto di revoca come espressione di una facoltà inerente la qualità di socio e, quindi, come manifestazione di una volontà essenzialmente privatistica, deriva la esclusione della giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo” (nn. da 8. a 8.3. dei Motivi della decisione);
che, sulla base della natura privatistica della società partecipata dall’ente pubblico, affermata con tale decisione, queste Sezioni Unite, ad esempio: – hanno attribuito alla giurisdizione del Giudice ordinario la cognizione della controversia avente ad oggetto la domanda proposta da alcuni dei soci privati di una società mista costituita con la partecipazione di un Comune per ottenere la dichiarazione d’illegittimità dell’accordo intervenuto tra l’ente pubblico ed un altro socio privato, con cui quest’ultimo si sia accollato l’obbligo del primo di versare i tre decimi di un aumento di capitale da esso sottoscritto, nelle more dell’ottenimento da parte del Comune di un finanziamento della Cassa Depositi e Prestiti, trattandosi di una normale controversia di tipo civile-societario, che non attiene all’esercizio di un pubblico potere, non essendo consentito all’amministrazione comunale d’incidere unilateralmente sullo svolgimento dei rapporti sociali e sull’attività della società mediante i propri poteri autoritativi e discrezionali, ma soltanto di avvalersi degli strumenti previsti dal diritto societario (ordinanza n. 17287 del 2006); – hanno ribadito che il principio secondo il quale le controversie tra privati non possono essere assoggettate alla giurisdizione del giudice amministrativo trova applicazione anche nell’ipotesi in cui una delle parti sia una società a responsabilità limitata a partecipazione comunale, in quanto tale partecipazione non muta la natura di soggetto privato della società e il rapporto di assoluta autonomia con l’ente territoriale, non essendo consentito al soggetto pubblico di incidere unilateralmente sullo svolgimento dell’attività della società mediante l’esercizio di poteri autoritativi o discrezionali, ma solo di avvalersi degli ordinari strumenti privatistici previsti dal diritto societario, da esercitare a mezzo dei membri di nomina comunale presenti negli organi della società (sentenza n. 392 del 2011);
che, inoltre, questa Corte ha affermato la fallibilità della società a capitale misto pubblico-privato incaricata della gestione di servizi pubblici istituiti dall’ente locale, enunciando il principio per cui una società per azioni, il cui statuto non evidenzi poteri speciali di influenza ed ingerenza, ulteriori rispetto agli strumenti previsti dal diritto societario, dell’azionista pubblico, ed il cui oggetto sociale non contempli attività di interesse pubblico da esercitarsi in forma prevalente, comprendendo, invece, attività di impresa pacificamente esercitabili da società di diritto privato, non perde la propria qualità di soggetto privato – e, quindi, ove ne sussistano i presupposti, di imprenditore commerciale fallibile – per il fatto che essa, partecipata da un comune, svolga anche funzioni amministrative e fiscali di competenza di quest’ultimo (in applicazione di tale principio, la Corte ha confermato la sentenza che aveva attribuito la qualità di impresa commerciale ad una società mista, nel cui oggetto sociale erano ricomprese, tra l’altro, attività quali la realizzazione di parcheggi, la gestione di servizi portuali, turistici e di trasporto, la gestione di mense, l’effettuazione di lavori di manutenzione e giardinaggio, a tale qualificazione non ostando la riscossione, da parte della stessa società, di una tariffa per il servizio svolto) (cfr., la sentenza n. 21991 del 2012, nonchè, in senso sostanzialmente conforme, la sentenza n. 22209 del 2013);
che peraltro, nella prospettiva di una più articolata sistemazione del riparto di giurisdizione, queste Sezioni unite hanno affermato: – che spettano alla giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo le controversie aventi ad oggetto l’attività unilaterale “prodromica” alla vicenda societaria, considerata dal legislatore di natura pubblicistica, con cui un ente pubblico delibera di costituire una società (provvedendo anche alla scelta del socio), o di parteciparvi, o di procedere ad un atto modificativo o estintivo della società medesima, o di interferire, nei casi previsti dalla legge, nella vita della stessa società, mentre sono attribuite alla giurisdizione del Giudice ordinario le controversie aventi ad oggetto gli atti societari “a valle” della scelta di fondo di utilizzazione del modello societario, le quali restano interamente soggette alle regole del diritto commerciale proprie del modello recepito, dal contratto di costituzione della società alla successiva attività della compagine societaria partecipata con cui l’ente esercita, dal punto di vista soggettivo e oggettivo, le facoltà proprie del socio (azionista), fino al suo scioglimento; – che, nell’ambito di quest’ultima categoria, rientrano le controversie volte ad accertare l’intero spettro delle patologie e inefficacie negoziali, siano esse inerenti alla struttura del contratto sociale, ovvero estranee e/o alla stessa sopravvenute e derivanti da irregolarità-illegittimità del procedimento amministrativo “a monte”, perciò comprendenti le fattispecie sia di radicale mancanza del procedimento di evidenza pubblica (o di vizi che ne inficino singoli atti), sia di successiva mancanza legale provocata dall’annullamento del provvedimento di aggiudicazione, ivi compresi i profili di illegittimità degli atti consequenziali compiuti dalla società già istituita, i quali costituiscono espressione non di potestà amministrativa, bensì del sistema della invalidità-inefficacia del contratto sociale che postula una verifica, da parte del giudice ordinario, di conformità alla normativa positiva delle regole in base alle quali l’atto negoziale è sorto ovvero è destinato a produrre i suoi effetti tipici (sentenza n. 30167 del 2011; in senso conforme, l’ordinanza 21588 del 2013; cfr. anche, in senso sostanzialmente conforme, la sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, 3 giugno 2011, n. 10);
che – anche alla luce del quadro normativo di riferimento e dei menzionati precedenti giurisprudenziali, ed in continuità con l’ormai consolidato orientamento di queste Sezioni Unite inaugurato con la citata pronuncia n. 7799 del 2005 – concorrono alla dichiarazione della giurisdizione del Giudice ordinario nella fattispecie in esame le seguenti ulteriori considerazioni: a) già la Relazione al codice civile del 1942, nell’illustrare la disciplina delle società partecipate dallo Stato, affermava: “…. in questi casi, è lo Stato medesimo che si assoggetta alla legge della società per azioni, per assicurare alla propria gestione maggiore snellezza di forme e nuove possibilità realizzatrici; la disciplina comune della società per azioni deve, pertanto, applicarsi anche alle società con partecipazione dello Stato o di enti pubblici, senza eccezioni, in quanto norme speciali non dispongano diversamente” (n. 998); b) l’art. 2449 c.c. – nella formulazione vigente consolidatasi, come già rilevato, nel 2008, anche a seguito della nota sentenza della Corte di giustizia UE (Prima Sezione) 6 dicembre 2007 (nei procedimenti riuniti nn. C-463/04 e C-464/04, Federconsumatori e AEM e. Comune di Milano) – individua nello statuto, cioè in un atto fondamentale della società di natura negoziale (art. 2328 c.c., comma 3), la fonte esclusiva dell’attribuzione allo Stato o all’ente pubblico della facoltà di nomina di amministratori in numero proporzionale alla propria partecipazione al capitale sociale, ed esprime i principi sia della irrilevanza personale del socio di capitali, sia della parità di status di tutti gli amministratori, indipendentemente dalla nomina dell’assemblea o dell’ente pubblico titolare della partecipazione (“Essi hanno i diritti e gli obblighi dei membri nominati dall’assemblea”), sia – in definitiva – della perfetta autonomia della società, dei suoi organi e del suo funzionamento secondo la propria “legge” rispetto alle vicende della sua formazione e della partecipazione ad essa, mentre l’attribuzione esclusiva all’ente pubblico del potere di revoca degli amministratori dallo stesso nominati (“Gli amministratori e i sindaci, o i componenti del consiglio di sorveglianza nominati a norma del primo comma possono essere revocati soltanto dagli enti che li hanno nominati”) ha l’unica finalità di impedire la totale frustrazione della designazione effettuata, secondo statuto, dall’ente pubblico – uti socius, non jure imperii – e degli interessi di natura pubblica ad essa sottesi; c) secondo l’ormai consolidato orientamento di queste Sezioni Unite (cfr. la menzionata sentenza n. 30167 del 2011 e le successive conformi), la nomina e la revoca degli amministratori da parte dell’ente pubblico debbono essere ascritte agli atti societari “a valle” della scelta di fondo di utilizzazione del modello societario e restano perciò interamente assoggettate alle regole del diritto commerciale proprie del modello recepito; d) qualsiasi dubbio circa l’inquadramento “privatistico” delle società con partecipazione dello Stato o di enti pubblici, la cui specifica disciplina sia contenuta esclusivamente o prevalentemente nello statuto sociale – quindi, qualsiasi dubbio circa l’attribuzione della giurisdizione a conoscere le relative controversie al Giudice ordinario o al Giudice amministrativo -, deve essere oggi risolto alla luce del su menzionato D.L. n. 95 del 2012, art. 4, comma 13, quarto periodo, secondo cui “Le disposizioni del presente articolo e le altre disposizioni, anche di carattere speciale, in materia di società a totale o parziale partecipazione pubblica si interpretano nel senso che, per quanto non diversamente stabilito e salvo deroghe espresse, si applica comunque la disciplina del codice civile in materia di società di capitali”: tale norma infatti – ancorché introdotta in un provvedimento legislativo volto specificamente al contenimento della spesa pubblica (cosiddetta spending review) – ha natura esplicitamente interpretativa e come tale efficacia retroattiva, si caratterizza quale clausola normativa ermeneutica generale (norma di chiusura) “salvo deroghe espresse”, ed impone all’interprete, il quale dubiti dell’interpretazione di “disposizioni, anche di carattere speciale, in materia di società a totale o parziale partecipazione pubblica”, di optare “comunque” per l’applicazione della “disciplina del codice civile in materia di società di capitali” (si noti, incidentalmente, la significativa consonanza di tale disposizione con le illustrazioni contenute nella su ricordata Relazione al codice civile del 1942); e) l’inquadramento “privatistico” delle società con partecipazione dello Stato o di enti pubblici è conforme con gli orientamenti espressi sia dalla Corte di giustizia UE – che, con le sentenze Volkswagen (sentenza 23 ottobre 2007, nella causa C-112/05) e Federconsumatori (sentenza 6 dicembre 2007, nei procedimenti riuniti nn. C-463/04 e C-464/04), ha ritenuto collidenti con l’art. 56 del Trattato CE disposizioni che incidano sul principio della “parità di trattamento tra gli azionisti” -, sia dalla Corte costituzionale che, con le sentenze n. 35 del 1992 e n. 233 del 2006 ha ricondotto al diritto privato le disposizioni sulla nomina e sulla revoca degli amministratori ed ha sottolineato che l’intuitus personae sotteso al rapporto di nomina degli amministratori esclude la rilevanza immediata dei principi di cui all’art. 97 Cost., comma 2, (buon andamento ed imparzialità);
che quanto allo specifico argomento – secondo cui l’attribuzione al Giudice ordinario della giurisdizione sulle controversie aventi ad oggetto la revoca degli amministratori nominati dal socio pubblico priverebbe l’amministratore revocato anche della tutela “reale” (reintegrazione nella carica di amministratore), conseguente al sindacato sulla legittimità del provvedimento (amministrativo) di revoca, consentita soltanto al Giudice amministrativo (cfr. art. 30, comma 2, e art, 34, comma 1, lett. e, cod. proc. amm.), dovendo invece il Giudice ordinario limitarsi alla tutela risarcitoria di cui all’art. 2383 c.c., comma 3, nel caso di revoca priva di giusta causa -, può osservarsi che la parità di status tra gli amministratori di nomina assembleare e quelli di nomina dell’ente pubblico partecipante (“Essi hanno i diritti e gli obblighi dei membri nominati dall’assemblea”), stabilita dall’art. 2449 c.c., comma 2, secondo periodo, implica indefettibilmente parità di tutela, che risulterebbe vulnerata da un trattamento differenziato più favorevole agli amministratori di nomina pubblica per il solo fatto di tale nomina, con conseguente implicito riconoscimento di una posizione “privilegiata” del socio pubblico rispetto ai soci privati, in contrasto con l’affermato principio di parità di trattamento tra gli azionisti, residuando semmai la necessità di assicurare comunque il controllo sulla legittimità della revoca disposta dall’ente pubblico, che il Giudice ordinario può ben esercitare proprio ai sensi del richiamato art. 2383 c.c., secondo i generali canoni della correttezza e della buona fede;
che – alla luce di tutte le considerazioni che precedono e, segnatamente, della clausola normativa ermeneutica generale di cui al menzionato D.L. n. 95 del 2012, art. 4, comma 13, quarto periodo, – non v’è dubbio che la controversia nella specie promossa da G. P. e da M.S. contro la Provincia di Belluno e nei confronti della s.p.a. Dolomiti Bus, nonchè di B.M. e O.F. dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Veneto sia invece da attribuire alla cognizione del Giudice ordinario territorialmente competente;
che in particolare, per quanto attiene alla nomina ed alla revoca degli amministratori della s.p.a. Dolomiti Bus di spettanza della Provincia di Belluno e del Comune di Belluno (possessori di azioni, rispettivamente, nella misura del 49,90 per cento e del 10,60 per cento), il menzionato art. 21 dello Statuto sociale, nel richiamare espressamente l’art. 2449 c.c., riproduce sostanzialmente e senza deroga alcuna la disciplina codicistica, il che dimostra sia che la fonte esclusiva di tale disciplina è costituita da un atto tipico espressivo di autonomia privata, sia che anche i predetti soci pubblici, titolari di dette partecipazioni azionarie, “si assoggettano alla legge della società per azioni”, uti sodi e jure privatorum appunto, e non jure imperii;
che inoltre, quanto all’oggetto sociale della s.p.a. Dolomiti Bus, è sufficiente rileggere il su riprodotto art. 4 dello stesso Statuto sociale, per rilevare che esso non prevede attività di interesse pubblico da esercitarsi in forma assolutamente prevalente, nè evidenzia poteri speciali di influenza e/o di ingerenza, ulteriori rispetto agli strumenti previsti dal diritto societario, dei predetti azionisti pubblici;
che il tribunale ordinario territorialmente competente, dinanzi al quale le parti sono rimesse, provvederà anche a regolare le spese della presente fase del giudizio, tenendo conto della sostanziale novità della questione di giurisdizione trattata.
P.Q.M.
Dichiara la giurisdizione del Giudice ordinario, rimettendo le parti dinanzi al tribunale competente per territorio, che provvederà anche al regolamento delle spese della presente fase del giudizio.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio delle Sezioni Unite Civili, il 8 aprile 2014.
Depositata in Cancelleria il 23 gennaio 2015.