IL SILENZIO-ASSENSO NELLA CONFERENZA DI SERVIZI “SINCRONA” NEI CASI IN CUI IL DIRITTO UE NE RICHIEDE IL PROVVEDIMENTO ESPRESSO DIVENTA SILENZIO-DISSENSO, MA E’ SUPERABILE DALL’AMMINISTRAZIONE PROCEDENTE SULLA BASE DELLE POSIZIONI PREVALENTEMENTE ESPRESSE

C.G.A., 4 marzo 2024, n. 172 –  Pres. Giovagnoli, Est. Francola

 

L’art. 14-ter L. n. 241/1990 non prevede come limite di operatività al silenzio assenso nell’ambito della conferenza di servizi sincrona il caso in cui le disposizioni del diritto dell’Unione Europea prevedono l’emanazione di un provvedimento espresso, essendo quest’ultimo soltanto rinvenibile nell’art. 14-bis co. 4 L. n. 241/1990 disciplinante il diverso procedimento della conferenza di Servizi semplificata o in modalità “a-sincrona”.
Occorre, allora, verificare se la disciplina nazionale, così interpretata, sia conforme alla normativa eurounitaria interessata in materia di Valutazione di incidenza ambientale, ossia se l’art. 14 ter co. 7 L. n. 241/1990 sia compatibile o meno con l’art. 6 della Direttiva “habitat” 92/43/CE.
La Valutazione di incidenza ambientale (V.Inc.A.) richiede l’adozione di un provvedimento espresso ed il silenzio-assenso nella circostanza previsto dall’art. 14 ter co. 7 L. n. 241/1990 si pone in potenziale conflitto con l’art. 6 della Direttiva “habitat” 92/43 /CE poiché considera esistente una valutazione positiva in realtà mai avvenuta, privando, al contempo, l’Autorità Amministrativa preposta della possibilità di pronunciarsi dopo il consenso tacitamente formatosi.
Il contrasto è superabile sul piano ermeneutico mediante un’interpretazione comunitariamente orientata dell’art. 14-ter co. 7 L. n.241/1990 implicante l’esclusione del silenzio-assenso ogniqualvolta, come nella fattispecie, le disposizioni dell’Unione Europea richiedano l’adozione di provvedimenti espressi.
Considerato, dunque, che la disciplina eurounitaria prevede l’adozione di un provvedimento espresso, ossia la V.Inc.A., e che il silenzio-assenso non può ritenersi compatibile in quanto esclude le valutazioni di competenza dell’Autorità Amministrativa all’uopo preposta, deve ritenersi operante nell’ambito della conferenza di Servizi simultanea o “sincrona” il medesimo limite già previsto nell’ambito della conferenza di Servizi semplificata o “a-sincrona”, con conseguente estensione in via ermeneutica in coda all’ultimo periodo dell’art. 14 ter co. 7 L. n. 241/1990 della clausola di esclusione (“Fatti salvi i casi in cui disposizioni del diritto dell’Unione europea richiedono l’adozione di provvedimento espressi”) prevista dall’art. 14 bis co. 4 L. n. 241/1990, a siffatto esito pervenendosi mediante la disapplicazione dell’art. 14 disp. prel. c.c. per rilevato contrasto con l’art. 4 del T.U.E.
Il che implica, nella circostanza, l’impossibilità di ritenere tacitamente acquisita una V.Inc.A. positiva in ragione dell’omessa partecipazione del Comune alla Conferenza di Servizi simultanea o “sincrona”.
Sennonché, in siffatte ipotesi sia il silenzio serbato sia la mancata partecipazione alla Conferenza di Servizi da parte delle Autorità preposte all’adozione di provvedimenti che, in base al diritto dell’Unione Europea, devono essere formalizzati in modo espresso non possono ritenersi idonei a determinare sempre e comunque un arresto procedimentale dei lavori, poiché, diversamente opinando, essendo in astratto superabili soltanto mediante la proposizione di un apposito ricorso ai sensi dell’art. 117 c.p.a. da parte dell’Amministrazione procedente, si legittimerebbero condotte dilatorie ed ostruzionistiche inammissibili, in quanto contrarie ai principi di cui all’art. 97 Cost.
Pertanto, sia nel caso di silenzio sia nel caso di astensione dalla partecipazione ai lavori si impone l’esigenza di ascrivere un significato alla condotta omissiva serbata dalle Autorità Amministrative interpellate, interpretando in senso costituzionalmente orientato, l’art. 14 ter co. 7 L. n. 241/1990 onde pervenire alla conclusione che il suddetto comportamento, se per le ragioni anzidette non può valere quale atto di assenso, debba assumere nei rapporti tra Pubbliche Amministrazioni la diversa valenza di un dissenso, ossia di un diniego totale alla conclusione positiva dei lavori della Conferenza di Servizi decisoria simultanea o “sincrona”.
Considerato, infatti, che nell’ambito della Conferenza di Servizi decisoria le condotte omissive sono superate dall’applicazione della regola del silenzio-assenso e che, quindi, l’ordinamento interno non tollera atteggiamenti non collaborativi da parte delle Amministrazioni interpellate, deve ritenersi che qualora la predetta regola non possa operare in ragione di quanto previsto dalle disposizioni del diritto dell’Unione Europea il silenzio non possa ritenersi quale condotta neutra o “a-significativa”, dovendo assumere un significato che consenta all’Amministrazione procedente di valutarlo ai fini della conclusione dei lavori.
Nel caso in esame l’unico significato compatibile con la disciplina eurounitaria di riferimento nella circostanza è quello del diniego.
Invero, l’art. 6 della Direttiva “habitat” 92/43/CE e l’art. 5 del D.P.R. 8 settembre 1997 n. 357 postulano l’esigenza di un provvedimento espresso poiché la peculiare rilevanza riconosciuta alla tutela del bene ambiente presuppone che l’eventuale giudizio positivo sia manifestato da parte dell’Autorità preposta alla valutazione di incidenza ambientale in modo chiaro, tanto più nella prospettiva che possa essere condizionato all’adozione di talune prescrizioni.
In sostanza, il dato del quale il diritto dell’Unione Europea intende avere certezza è che la compatibilità di una certa opera con il rispetto dell’ambiente sia affermata in modo espresso dall’Autorità competente.
Di conseguenza, ad essere contraria al diritto dell’Unione Europea è soltanto la prospettiva del silenzio-assenso, in quanto determinante gli effetti di un giudizio positivo che l’Autorità preposta alla valutazione di incidenza ambientale potrebbe non condividere o neanche avere valutato, mentre non lo è la differente prospettiva del silenzio-dissenso in quanto, replicando gli effetti di una valutazione ostativa alla modifica delle condizioni attuali dei luoghi interessati dalla realizzazione di determinate opere, assume la valenza di una decisione comunque protettiva del bene ambiente.
Pertanto, considerata la sua compatibilità con l’art. 6 della Direttiva “habitat” 92/43/CE, alla mancata partecipazione del Comune i alla Conferenza di Servizi decisoria simultanea o “sincrona” deve ascriversi il significato di silenzio-dissenso, anche tenuto conto delle ragioni che ne hanno motivato l’assenza.
Tale silenzio-dissenso non costituisce però un limite insuperabile all’adozione della determinazione conclusiva dei lavori in senso favorevole, poiché, secondo quanto previsto dall’art. 5 co. 9 e co. 10 del D.P.R. n. 357/1997 in conformità all’art. 6 co. 4 della Direttiva “habitat” 92/43/CE  la Vinca negativa è superabile ricorrendo determinate circostanze, fra cui “motivi imperativi di rilevante interesse pubblico”.
Peraltro, nella fattispecie in esame non occorre una motivazione particolareggiata ed approfondita. Infatti, l’omessa partecipazione alla predetta Conferenza di Servizi e la considerazione dell’assenza quale condotta indicativa di una contrarietà all’approvazione dei lavori in discussione alla stregua di un vero e proprio silenzio-dissenso attenuano l’onere motivazionale che deve contraddistinguere la delibera di approvazione delle opere in presenza di una Valutazione di Incidenza Ambientale negativa espressa. Invero, in mancanza di un provvedimento espresso l’Amministrazione procedente non ha l’onere di confutare le ragioni del dissenso ed è sufficiente la chiara ed univoca indicazione di motivi di ordine imperativo idonei a giustificare la decisione adottata, secondo quanto previsto dalla Direttiva “habitat” 92/43/CE e dal D.P.R. n. 357/1997.

 

 

FATTO

Il Ministero della Difesa, con nota 16 luglio 2018, n. 18742, convocava per il 24 luglio 2018, ai sensi dell’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 giugno 2016, n. 127, la Conferenza di Servizi decisoria in modalità sincrona per l’esame dei progetti di “Sistemazione strada perimetrale” (progetto A), di “Sistemazione recinzione perimetrale” (progetto B), “Miglioramenti punto di controllo presso l’accesso principale” (progetto C) e di “Riparazione strade poderali interne ed ancoraggio plinto fondazione per antenna” (progetto D), tutti inerenti a lavori di manutenzione straordinaria presso l’installazione militare NRTF di Niscemi (CL).

Siffatti interventi, finanziati dal Governo degli Stati Uniti d’America, dovevano, più precisamente, realizzarsi nell’area della Base Militare Nazionale inclusa nella Riserva Naturale Orientata della Sughereta di Niscemi e concessa in uso alle Forze Armate Statunitensi in virtù di accordi bilaterali tra Italia ed U.S.A. (GIA del 1954 e s.m.i.) stipulati nell’ambito della N.A.T.O..

Pertanto, trattandosi di opere da eseguire all’interno del sito Natura 2000 SIC/PCS ITA 050007, Riserva Naturale Orientata (R.N.O.) “Sughereta di Niscemi”, venivano convocate le Amministrazioni competenti al rilascio delle prescritte autorizzazioni e nulla osta, tra le quali l’Assessorato Regionale Territorio ed Ambiente, l’Assessorato Regionale dell’Agricoltura, dello Sviluppo Rurale e della Pesca Mediterranea – Servizio 2 Riserve Naturali, Aree Protette e Turismo Ambientale del relativo Dipartimento (di seguito Ente Gestore della Riserva Naturale Orientata – R.N.O. “Sughereta di Niscemi”) ed il Comune di Niscemi, in quanto Ente preposto al rilascio della Valutazione di Incidenza Ambientale (V.INC.A.) ai sensi dell’art. 1 della L.R. n. 13/2007.

Con nota Prot. n. 16988 del 19 luglio 2018 l’Assessorato Regionale dell’Agricoltura, dello Sviluppo Rurale e della Pesca Mediterranea comunicava che non avrebbe partecipato alla riunione del 24 luglio 2018.

All’esito del sopralluogo effettuato su richiesta del Comune di Niscemi in data 10 settembre 2018, veniva indetta una seconda riunione per il 10 ottobre 2018 che si concludeva con un rinvio ad un’ulteriore riunione, in seguito fissata per il 20 dicembre 2018.

Sennonché, con nota del 18 dicembre 2018, il Comune di Niscemi rendeva noto al Ministero della Difesa che non avrebbe partecipato alla riunione indetta per il 20 dicembre 2018 in quanto non ancora in possesso dei pareri richiesti all’Ente Gestore della Riserva ed alla Soprintendenza dei Beni Culturali ed Ambientali di Caltanissetta propedeutici per le proprie valutazioni inerenti al rilascio del Nulla Osta sulla V.Inc.A. in questione.

All’esito della riunione del 20 dicembre 2018, il Ministero della Difesa approvava i lavori in oggetto di cui ai progetti A, B e D e non anche quello di cui al progetto C, tenuto conto che: a) la Soprintendenza ai Beni Culturali ed Ambientali di Caltanissetta, per quanto di propria competenza, aveva rilasciato la prescritta autorizzazione ex art. 146 D.Lgs. n. 42/2004 nel corso della seconda riunione della Conferenza di Servizi tenutasi il 10 ottobre 2018; b) l’Ente Gestore della R.N.O. “Sughereta di Niscemi” non era mai intervenuto alle precedenti riunioni della Conferenza di Servizi, né aveva espresso alcuna determinazione di propria competenza in merito ai Progetti in esame; c) il Comune di Niscemi non era presente e non aveva espresso alcuna determinazione, secondo quanto anticipato con la nota del 18 dicembre 2018; d) tutte le altre Amministrazioni convocate alla Conferenza di Servizi non avevano espresso alcuna determinazione.

Con ricorso notificato il 7 giugno 2019 e depositato il 10 giugno 2019 il Comune di Niscemi domandava l’annullamento della predetta determinazione conclusiva della Conferenza di Servizi indetta dal Ministero della Difesa per i seguenti motivi:

1) Violazione dell’articolo 1 della legge regionale n. 13/2007 e dell’art. 5 del d.p.r. 357/2007 e ss.mm.ii. – Violazione del principio del tempus regit actum – Eccesso di potere per travisamento, difetto di istruttoria e di presupposto – Il Comune ricorrente sosteneva che il Ministero della Difesa avrebbe adottato la determinazione conclusiva della Conferenza di Servizi, approvando i progetti e gli interventi indicati in premessa, pur in assenza della prescritta Valutazione di Incidenza Ambientale. In particolare, il Ministero avrebbe errato nel ritenere conclusi i lavori della Conferenza dei Servizi, con il verbale della riunione tenutasi il 20 dicembre 2018, ritenendo di aver acquisito un asserito “assenso senza condizioni” anche da parte del Comune di Niscemi.

2) Violazione e falsa applicazione degli articoli 14 ter e 17 bis della legge 241/90 e ss.mm.ii. – Violazione dell’articolo 1 della legge regionale n. 13/2007, dell’articolo art. 5 del d.p.r. 357/2007 e ss.mm.ii sotto altro profilo – Eccesso di potere per travisamento, difetto di istruttoria e di presupposto, illogicità sviamento dalla causa tipica e violazione del principio del tempus regit actum, sotto altro profilo e del principio lex specialis derogat generali – Secondo il Comune di Niscemi l’art. 14 ter della L. n. 241/90, richiamato dal Ministero: a) non troverebbe applicazione nell’ambito delle riserve naturali o zone SIC/ZPS; b) non sarebbe comunque applicabile al caso di specie per l’insussistenza dei previsti presupposti, avendo il Ministero ritenuto di ignorare l’esplicita comunicazione del Comune di non aver ricevuto dagli enti preposti (Ente gestore della riserva e Soprintendenza) i pareri obbligatoriamente prescritti dalla normativa vigente per la definizione del procedimento di Valutazione di Incidenza Ambientale, procedendo egualmente all’approvazione dei progetti.

In ogni caso, anche a ritenere applicabili le regole del previsto silenzio-assenso tra Amministrazioni Pubbliche nel settore degli “interessi sensibili” della tutela ambientale, per espressa previsione, le disposizioni sul silenzio assenso contemplate dall’art. 17 bis della legge 241/90 non si applicano nei casi in cui disposizioni del diritto dell’Unione europea richiedano l’adozione di provvedimenti espressi. Peraltro, il silenzio assenso del Comune non avrebbe potuto ritenersi formato alla data del 20 dicembre 2018, non essendo decorso il termine di 90 giorni espressamente prescritto dallo stesso art. 17 bis, comma 3 della stessa legge.

3) Incompetenza – Violazione dell’articolo 122 della legge regionale n. 6/2001 – Eccesso di potere per contraddittorietà – Il Comune di Niscemi sosteneva che, non essendo stato approvato lo strumento di pianificazione relativo alla riserva Naturale Orientata Sughereta di Niscemi poiché i progetti e gli interventi proposti dal Ministero della Difesa ricadrebbero tutti all’interno della citata riserva naturale, l’approvazione di tali progetti ed interventi sarebbe stata possibile soltanto all’esito della speciale Conferenza di Servizi che avrebbe dovuto indire l’Assessorato Regionale del Territorio e dell’Ambiente prevista dall’art. 122 della L.R. n. 6/2001.

4) Violazione del decreto istitutivo e del Regolamento della Riserva Naturale Orientata “Sughereta di Niscemi” (Decreto A.R.T.A. 25.07.1997 e ss.mm.ii). – Eccesso di potere per carenza istruttoria –

Il Comune di Niscemi lamentava, inoltre, che i provvedimenti impugnati sarebbero illegittimi per violazione delle specifiche norme di tutela previste dal regolamento della riserva oltre che per carenza di istruttoria, non essendovi effettiva certezza in ordine alle previsioni progettuali implicanti il preteso abbattimento di esemplari di specie protette.

5) Violazione dell’articolo 176 del Trattato CEE e del “Principio di precauzione” – Violazione della direttiva habitat 92/43/CEE, sotto altro profilo – Secondo il Comune di Niscemi i provvedimenti impugnati sarebbero inficiati da illegittimità per insufficienza ed indeterminatezza degli atti tecnici istruttori sui quali si fondano e, quindi, sarebbero in contrasto con il principio di precauzione sancito dall’art 174 del trattato Cee e dalla normativa comunitaria in materia di aree protette.

Si costituivano in giudizio il Ministero della Difesa e le Amministrazioni regionali intimate per opporsi all’accoglimento del ricorso in quanto irricevibile, inammissibile per difetto di legittimazione del Comune di Niscemi (in ragione del silenzio assenso formatosi in relazione alla sua posizione nell’ambito della Conferenza di Servizi decisoria) ed infondato.

Nel corso del giudizio l’Associazione Legambiente Sicilia ed il Comitato No Muos spiegavano un intervento ad adiuvandum per sostenere le ragioni del Comune di Niscemi.

Con ordinanza n. 854/2019 la domanda cautelare veniva rigettata.

Dopo di che, con atto depositato il 25 luglio 2019, l’Avvocatura dello Stato rappresentava che, in ragione del conflitto di interessi palesatosi tra le Amministrazioni rappresentate in giudizio, declinava il patrocinio sin lì assunto con riguardo all’Assessorato Regionale dell’Agricoltura, dello Sviluppo Rurale e della Pesca Mediterranea, all’Assessorato Regionale del Territorio e dell’Ambiente, all’Azienda Regionale Foreste Demaniali ed alla Soprintendenza dei Beni Culturali ed Ambientali di Caltanissetta, proseguendo a patrocinare le ragioni del Ministero della Difesa.

Con memoria depositata il 10 febbraio 2020, quindi, l’Assessorato Regionale dell’Agricoltura, dello Sviluppo Rurale e della Pesca Mediterranea e l’Assessorato Regionale del Territorio e dell’Ambiente si costituivano con un nuovo procuratore per sostenere le ragioni del Comune di Niscemi.

Con sentenza n. 3159/2022 pubblicata in data 11 novembre 2022, il T.A.R. per la Sicilia, sede di Palermo, sez. I, dopo avere rigettato le preliminari eccezioni di rito sollevate dal Ministero della Difesa, accoglieva il ricorso, ritenendo fondato il secondo motivo con il quale si lamentava, tra l’altro, il mancato rispetto del termine di 90 giorni previsto dall’art. 17 bis co. 3 L. n. 241/1990 dalla data di convocazione della riunione del 20 dicembre 2018 per poter considerare applicabile nella circostanza il silenzio assenso e, dunque, configurabile un provvedimento di tacito assenso da parte del Comune di Niscemi.

Con ricorso in appello notificato il 2 maggio 2023 e depositato il 4 maggio 2023 il Ministero della Difesa domandava la riforma della predetta sentenza, riproponendo anche le eccezioni di rito non accolte dall’adito T.A.R..

Il 29 giugno 2023 si costituivano l’Assessorato Regionale dell’Agricoltura, dello Sviluppo Rurale e della Pesca Mediterranea e l’Assessorato Regionale del Territorio e dell’Ambiente, opponendosi all’accoglimento dell’appello in quanto infondato.

In data 17 luglio 2023 si costituiva con memoria di mera forma il Comune di Niscemi, opponendosi, con successiva memoria, all’accoglimento dell’appello in quanto inammissibile ed infondato.

Le parti depositavano delle memorie conclusionali.

All’udienza pubblica del 17 gennaio 2023, il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, dopo avere udito i procuratori delle parti costituite presenti, tratteneva l’appello in decisione.

DIRITTO

  1. – L’ordine delle questioni da esaminare.

I.1. Secondo quanto affermato dal Consiglio di Stato, nella sua più autorevole composizione (A.P. n. 4/11, A.P. n. 9/14, A.P. n. 5/15), la norma positiva enucleabile dal combinato disposto degli artt. 76, co. 4, c.p.a. e 276, co. 2, c.p.c. impone di risolvere le questioni processuali e di merito secondo l’ordine logico loro proprio, assumendo come prioritaria la definizione di quelle di rito rispetto a quelle di merito, e fra le prime dando priorità all’accertamento della ricorrenza dei presupposti processuali (nell’ordine: giurisdizione, competenza, capacità delle parti, ius postulandi, ricevibilità, contraddittorio, estinzione), rispetto alle condizioni dell’azione (tale fondamentale canone processuale è stato ribadito dall’Adunanza plenaria 3 giugno 2011, n. 10).

I.2. Pertanto, occorre preliminarmente procedere con l’esame dell’eccezione di inammissibilità sollevata dal Comune di Niscemi per poi esaminare il proposto appello nel merito, qualora la predetta eccezione fosse infondata.

  1. – L’eccezione di inammissibilità dell’appello.

II.1. Il Comune di Niscemi ha, preliminarmente, eccepito l’inammissibilità dell’appello per omessa formulazione di specifiche censure alla sentenza impugnata.

II.1.1. L’eccezione è parzialmente fondata.

II.1.2. Come noto, l’art. 101, comma 1, c.p.a. non consente una generica riproposizione dei motivi di ricorso respinti o ritenuti assorbiti dal giudice di primo grado, ma richiede la deduzione di specifici motivi di contestazione della correttezza del percorso argomentativo sul quale si fonda la decisione impugnata, poiché l’oggetto del giudizio di appello è costituito dalla decisione appellata e non dal provvedimento gravato in primo grado (cfr., tra le ultime, Cons. Stato, Sez. II, 19 agosto 2021 n. 5939). L’effetto devolutivo dell’appello, infatti, non esclude l’obbligo dell’appellante di indicare nel relativo atto le specifiche critiche rivolte alla sentenza impugnata e le ragioni per le quali le conclusioni, cui il primo giudice è pervenuto, non siano condivisibili, non potendo l’appello limitarsi ad una generica riproposizione degli argomenti dedotti in primo grado (cfr., ancora, Cons. Stato, Sez. IV, 26 luglio 2021 n. 5534 e Sez. II, 21 luglio 2021 n. 5504).

Pertanto, è necessaria la deduzione di specifici motivi di contestazione della correttezza del percorso argomentativo che ha fondato la decisione appellata, in mancanza dovendosi dichiarare l’inammissibilità della censura relativa al capo della decisione che è rimasto estraneo alle critiche svolte nell’atto d’appello (Consiglio di Stato, sez. IV, 13 dicembre 2013 n. 6005), con conseguente reiezione del gravame se detto autonomo capo della sentenza è idoneo a sorreggere di per sé la decisione assunta. Dal principio di cui all’art. 329 comma 2, c.p.c., applicabile anche al processo amministrativo, discende infatti che risultano estranei al thema decidendum i capi della decisione non oggetto di specifica contestazione (Consiglio di Stato, sez. VI, 31 ottobre 2011, n. 5820; Consiglio di Stato, sez. VI, 23/06/2016, n. 2782).

II.1.3. Con riguardo al caso in esame il Ministero della Difesa appellante ha insistito nelle difese dedotte in primo grado, criticando, per quanto sinteticamente, le conclusioni alle quali è pervenuto al riguardo il giudice di prime cure nel merito e limitandosi, invece, soltanto a riproporre le eccezioni di rito non accolte dall’adito T.A.R., senza formulare specifiche censure avverso l’impugnata sentenza in parte qua.

Pertanto, l’eccezione di inammissibilità dell’appello sollevata dal Comune di Niscemi è fondata in relazione alle eccezioni di rito sollevate dal Ministero della Difesa in primo grado mentre non lo è per quanto concerne le difese formulate dall’Amministrazione appellante in relazione al merito dell’impugnazione.

Il che implica l’esame dell’appello limitatamente alle difese inerenti all’unico motivo di ricorso accolto dall’adito T.A.R., con conseguente delimitazione del thema decidendum in questo grado.

III. – Il thema decidendum.

III.1. Il T.A.R. per la Sicilia, sede di Palermo, ha accolto il secondo motivo di ricorso proposto dal Comune di Niscemi con assorbimento di tutti gli altri motivi dedotti e non esaminati.

Con il proposto appello notificato il 2 maggio 2023 e depositato il 4 maggio 2023 il Ministero della Difesa ha criticato la decisione del T.A.R., ritenendo erronea l’applicazione della disciplina di cui all’art. 17 bis L. n. 241/1990.

Con memoria di costituzione depositata il 29 giugno 2023, l’Assessorato Regionale del Territorio e dell’Ambiente e l’Assessorato Regionale dell’Agricoltura, dello Sviluppo Rurale e della Pesca Mediterranea, dopo essersi opposti all’accoglimento dell’appello, hanno riproposto le difese articolate in primo grado, di fatto, insistendo anche nei motivi proposti dal Comune di Niscemi e non esaminati dall’adito T.A.R. poiché dichiarati assorbiti.

Il Comune di Niscemi, invece, ha concentrato le proprie difese in relazione soltanto all’unico motivo di appello proposto dal Ministero della Difesa, senza insistere anche nei motivi di ricorso dichiarati assorbiti dal T.A.R..

III.2. Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana osserva che il thema decidendum deve ritenersi limitato al solo motivo di ricorso accolto dal T.A.R. e contestato in appello dal Ministero della Difesa, non potendo procedersi all’esame degli altri motivi di ricorso dichiarati assorbiti con la sentenza impugnata.

Secondo quanto, infatti, previsto dall’art. 101 comma 2 c.p.a. “Si intendono rinunciate le domande e le eccezioni dichiarate assorbite o non esaminate nella sentenza di primo grado, che non siano state espressamente riproposte nell’atto di appello o, per le parti diverse dall’appellante, con memoria depositata a pena di decadenza entro il termine per la costituzione in giudizio”.

Al riguardo vale la pena di ricordare che l’art. 101, comma 1, c.p.a. non consente una generica riproposizione dei motivi di ricorso (respinti o ritenuti) assorbiti dal giudice di primo grado, ma richiede – come già detto – la deduzione di specifici motivi di contestazione della correttezza del percorso argomentativo sul quale si fonda la decisione appellata.

Nel caso di specie, però, a subire l’effetto privativo dell’esame dei motivi di ricorso di primo grado, in conseguenza dell’eventuale accoglimento dell’appello proposto nei confronti della sentenza nell’ambito della quale – pur essendo stato accolto il ricorso – non sono stati esaminati tutti i motivi di doglianza dedotti dal ricorrente nei confronti degli atti in quella sede impugnati, sarebbe la parte appellata, di talché la medesima è tenuta a riformulare i motivi di doglianza ritenuti assorbiti dal primo giudice, in tal modo rispettando le regole processuali sopra richiamate.

Né, peraltro, era all’uopo necessaria la proposizione di un appello incidentale, poiché per consolidato orientamento giurisprudenziale (ex multis, Cons. Stato, III, 19 marzo 2014 n. 1357; IV, 14 aprile 2014 n. 1816; V, 4 agosto 2014 n. 4157; 10 agosto 2016 n. 3568), l’art. 101, comma 2, del Cod. proc. amm. consente alle parti diverse dall’appellante di riproporre le domande e le eccezioni dichiarate assorbite o non esaminate nella sentenza di primo grado, mediante memoria difensiva da depositare a pena di decadenza entro il termine per la costituzione in giudizio delle parti medesime; nell’ipotesi, invece, in cui un’eccezione pregiudiziale sia stata esaminata e respinta dal giudice di primo grado, la parte che intende riproporre quella eccezione ha l’onere di impugnare il relativo capo della sentenza nelle forme dell’appello incidentale, anche condizionato (Consiglio di Stato, Sez. V, 20 novembre 2018 n.6551).

III.3. Con riguardo al caso in esame, il Comune di Niscemi, ricorrente in primo grado, si è costituito in appello il 17 luglio 2021, ossia oltre il termine di costituzione di 60 giorni previsto dall’art. 46 c.p.a. per le parti intimate a decorrere dal perfezionamento nei suoi confronti della notifica del ricorso introduttivo ed applicabile al giudizio di appello in virtù del rinvio interno contemplato dall’art. 38 c.p.a..

Nella fattispecie, infatti, l’appello è stato notificato al Comune di Niscemi il 2 maggio 2023 e, pertanto, la costituzione avvenuta il 17 luglio 2023 è tardiva.

Al riguardo occorre rilevare che il Comune di Niscemi asserisce a pag. 2 della memoria di costituzione del 17 luglio 2023 , di avere ricevuto la notifica dell’appello in data 10 maggio 2023. La circostanza, tuttavia, è irrilevante, poiché anche a volere considerare la data da ultimo indicata quale momento di perfezionamento della notifica dell’appello, la costituzione in giudizio depositata il 17 luglio 2023 sarebbe egualmente tardiva, in quanto avvenuta oltre il termine di cui all’art. 46 c.p.a..

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana rileva, peraltro, che sia nella memoria di costituzione depositata il 17 luglio 2023 in cui è stata articolata una difesa di mera forma , sia nella successiva memoria difensiva depositata il 7 settembre 2023 il Comune di Niscemi non ha mai espressamente riproposto i motivi del ricorso di primo grado dichiarati assorbiti dall’adito T.A.R., così, implicitamente, palesando l’intento di rinunciarvi, con conseguente delimitazione del thema decidendum in questa sede al solo motivo accolto in prime cure e rispetto al quale è stato proposto appello dal Ministero della Difesa.

III.4. A differente conclusione non può pervenirsi, inoltre, neanche rivalutando le difese articolate al riguardo dall’Assessorato Regionale dell’Agricoltura, dello Sviluppo Rurale e della Pesca Mediterranea e dall’Assessorato Regionale del Territorio e dell’Ambiente nella memoria di costituzione depositata il 29 giugno 2023.

III.4.1. Le predette Amministrazioni Regionali, dopo avere infatti reso noto all’Avvocatura dello Stato di condividere l’iniziativa processuale intrapresa dal Comune di Niscemi palesando l’intento di non volere opporsi al suo accoglimento, si sono autonomamente costituite con un proprio procuratore, prendendo le distanze dalle difese del Ministero intimato e, per converso, sostenendo le ragioni dedotte nel ricorso introduttivo del giudizio di prime cure, mutando così la posizione processuale di Amministrazione resistente originariamente assunta in quella successivamente rivestita di Amministrazione cointeressata all’annullamento del provvedimento impugnato.

III.4.2. Ed invero, la manifestata adesione ai motivi di ricorso dedotti dal Comune di Niscemi costituisce condotta processuale univocamente indicativa della volontà di sostenere le ragioni del ricorrente, al pari di colui il quale spiega nel corso del giudizio un intervento ad adiuvandum.

III.4.3. Pertanto, l’attività difensiva nell’occasione espletata dai due Assessorati Regionali menzionati in tanto può essere consentita in quanto osservi i limiti previsti dall’art. 28 co. 2 c.p.a. secondo cui chiunque non sia parte del giudizio e non sia decaduto dall’esercizio delle relative azioni, ma vi abbia interesse, ha la facoltà di intervenire, accettando lo stato e il grado in cui il giudizio si trova.

Il riferimento alla decadenza dalle relative azioni è indicativo dell’inammissibilità dell’intervento ad opera di chi avrebbe potuto agire, proponendo un proprio e autonomo ricorso. L’operatività, infatti, dei termini di impugnazione previsti a pena di decadenza ai sensi dell’art. 41 co.2 c.p.a. impone a chiunque sia legittimato ad agire l’onere di proporre le azioni propedeutiche alla tutela della propria sfera giuridica entro la tempistica prevista dalla legge, in mancanza, rassegnandosi a patire le conseguenze del consolidamento degli effetti del provvedimento amministrativo di cui si sia destinatari.

Nel processo amministrativo, l’intervento ad adiuvandum (artt. 28 e 50 c.p.a.) può essere, dunque, svolto da colui il quale vanti una posizione di fatto, dipendente o collegata alla situazione fatta valere con il ricorso principale (cd. intervento adesivo-dipendente), escludendosi invece tale possibilità nei riguardi del cointeressato (cd. intervento autonomo/principale), cioè di colui il quale vanti un interesse personale e diretto all’impugnazione del provvedimento oggetto di censura (cfr. ex multis, Cons. Stato Sez. IV, 30 giugno 2020, n. 4134, Cons. Stato, Sez. II, 4 gennaio 2021, n. 105).

Pertanto, (cfr. ex multis, Cons. Stato, Sez. IV, 29 novembre 2017, n. 5596), le condizioni che legittimano la proposizione dell’intervento adesivo sono rappresentate:

– dalla alterità dell’interesse vantato rispetto a quello che legittimerebbe alla proposizione del ricorso in via principale, visto che l’intervento è volto a tutelare un interesse diverso, ma collegato, rispetto a quello fatto valere dal ricorrente principale: con la conseguenza che la posizione dell’interessato è meramente accessoria e subordinata rispetto a quella della parte principale;

– e dalla configurabilità di un vantaggio derivante, anche in via mediata e indiretta, dall’accoglimento del ricorso principale.

Per apprezzare la sussistenza delle predette condizioni occorre considerare l’effettiva causa petendi, come desumibile dal complesso delle affermazioni del soggetto che agisce in giudizio, e non già in concreto all’esito del giudizio: dimostrandosi, pertanto, inammissibile l’intervento ad adiuvandum promosso da chi sia ex se legittimato a proporre direttamente il ricorso giurisdizionale in via principale, considerato che in tale ipotesi l’interveniente non vanta un mero interesse di fatto, bensì un interesse personale all’impugnazione di provvedimenti immediatamente lesivi, che deve essere azionato mediante proposizione di ricorso principale nei prescritti termini decadenziali (Consiglio di Stato, sez. II, 04/01/2021, n.105).

III.5. Con riguardo al caso in esame, il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana rileva che, secondo quanto desumibile dal verbale conclusivo nella parte in cui riporta i pareri resi dalle Amministrazioni convocate ed in particolare per quanto concerne la “Soprintendenza: autorizzazione, per quanto di propria stretta competenza, ai sensi dell’art. 146 del D.Lgs.n.42/2004, per i Progetti A-B-D- in oggetto. Tutte le altre Amministrazioni convocate in Conferenza di Servizi: nessuna determinazione”, i due Assessorati Regionali non si sono presentati alla Conferenza di Servizi convocata per il 20 dicembre 2018, né hanno reso pareri nelle precedenti riunioni e, pertanto, sono stati ritenuti consenzienti ai sensi dell’art. 14 ter co. 7 L. n. 241/1990.

Di conseguenza, la loro posizione è similare a quella del Comune di Niscemi ricorrente ed avrebbe, quindi, legittimato gli Assessorati Regionali interessati ad impugnare l’esito della Conferenza di Servizi nella parte in cui fosse stata rilevata l’erroneità delle conclusioni desunte in relazione al parere di propria competenza.

E poiché gli Assessorati non hanno proposto alcun ricorso, per quanto è dato constatare in questa sede, avverso la determinazione assunta dal Ministero della Difesa a conclusione della Conferenza di Servizi decisoria convocata per il 20 dicembre 2018, deve rilevarsene la carenza di legittimazione a spiegare difese ad adiuvandum per favorire l’accoglimento del ricorso presentato dal Comune di Niscemi, in ragione del divieto di cui all’art. 28 co. 2 c.p.a. che impedisce interventi spontanei in giudizio in siffatte circostanze.

Se, infatti, agli Assessorati Regionali in questione è preclusa la possibilità di sostenere le ragioni del Comune di Niscemi mediante un formale intervento spontaneo ad adiuvandum, le medesime difese devono ritenersi, del pari, inammissibili se formulate nell’ambito di un giudizio in cui le predette Autorità Amministrative siano state intimate, come nell’occasione, nella qualità formale di Amministrazioni resistenti.

III.6. Peraltro, diversamente opinando, ed ossia ammettendo che siffatte Amministrazioni possano formulare difese a sostegno dell’accoglimento del ricorso proposto dal Comune di Niscemi, riproponendone in appello i motivi in primo grado dichiarati assorbiti dall’adito T.A.R., si consentirebbe un’illegittima sostituzione processuale.

L’art. 81 c.p.c. proibisce, infatti, la facoltà di agire in nome proprio per la tutela di un diritto altrui, tranne nei casi in cui sia espressamente consentito dalla legge ed ossia in ipotesi che, in quanto derogatorie di un espresso divieto normativo, rivestono carattere eccezionale e devono, quindi, essere restrittivamente interpretate, onde non violare il divieto di cui all’art. 14 disp. prel. c.c..

Nelle predette ipotesi eccezionalmente previste dalla legge si riconosce, invero, a colui il quale agisce in giudizio una c.d. “legittimazione straordinaria” che determina l’effetto pratico di una vera e propria sostituzione processuale, poiché si ammette la possibilità che un certo diritto sia tutelato da un soggetto diverso dal suo titolare e privo di alcun potere di rappresentanza legale o volontaria.

Poiché la legge non riconosce alle Amministrazioni che abbiano manifestato un parere, espresso o tacito, favorevole nell’ambito di una Conferenza di Servizi decisoria di poter sostenere le ragioni di un’Autorità Amministrativa che, pur se egualmente convocata, intenda contestare l’esito della Conferenza di Servizi, all’Assessorato Regionale dell’Agricoltura, dello Sviluppo Rurale e della Pesca Mediterranea ed all’Assessorato Regionale del Territorio e dell’Ambiente deve ritenersi preclusa la possibilità di riproporre in appello motivi di ricorso proposti in primo grado da altra Autorità e dichiarati assorbiti dal T.A.R., in quanto carenti di legittimazione.

III.7. Pertanto, soltanto il Comune di Niscemi era legittimato a riproporre i predetti motivi ai sensi dell’art. 101 c.p.a. e poiché ha ritenuto, per scelta difensiva, di dover insistere nell’unico motivo esaminato ed accolto in primo grado, il thema decidendum in questa sede deve ritenersi limitato a siffatto motivo.

  1. – L’unico motivo di appello.

IV.1. Il T.A.R. per la Sicilia, sede di Palermo, sez. I, ha accolto il ricorso proposto dal Comune di Niscemi in relazione al motivo con il quale si lamentava la non corretta applicazione dell’istituto del silenzio assenso.

Dopo avere, infatti, esaminato la disciplina contemplata dall’art. 17 bis L. n. 241/1990, il T.A.R. ha ritenuto applicabile l’istituto del silenzio assenso ivi previsto anche alle relazioni con Pubbliche Amministrazioni preposte alla tutela di interessi pubblici sensibili, come l’ambiente ed il paesaggio, per poi affermare, però, l’illegittimità dell’impugnato provvedimento del 20 dicembre 2018 per omessa osservanza del termine di 90 giorni di cui all’art. 17 bis co. 3 L. n. 241/1990, in quanto nella circostanza decorrente dal 26 novembre 2018, ossia dal momento dell’avvenuta ricezione da parte del Comune di Niscemi dei documenti integrativi richiesti al Ministero della Difesa.

Secondo il T.A.R., infatti, prima del decorso dei predetti 90 giorni a partire dal 26 novembre 2018 il Ministero della Difesa non avrebbe potuto ascrivere alla condotta omissiva del Comune di Niscemi alcun significato assertivo e, di conseguenza, la delibera conclusiva dei lavori della Conferenza di Servizi decisoria presupponente il tacito assenso dell’ente locale convocato per la riunione del 20 dicembre 2018 sarebbe illegittima.

IV.2. Il Ministero della Difesa ritiene la decisione erronea poiché nella fattispecie si applicherebbe la diversa disciplina contemplata dall’art. 14 ter co. 7 L. n. 241/1990, in quanto la delibera impugnata sarebbe stata adottata all’esito di una Conferenza di Servizi indetta e tenutasi in modalità sincrona e, quindi, implicante la considerazione dell’omessa partecipazione quale silenzio assenso.

IV.3. Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana ritiene preliminare l’esame dell’istituto del silenzio assenso per poi accertare la sussistenza dei requisiti previsti per la sua corretta applicazione nella fattispecie.

  1. – Il silenzio-assenso.

V.1. L’istituto del silenzio-assenso risponde ad una valutazione legale tipica di equiparazione schiettamente effettuale in forza della quale l’inerzia equivale a provvedimento di accoglimento. Siffatta ricostruzione teorica supera la tesi che rinviene nel silenzio la fonte di un atto amministrativo corrispondente al provvedimento richiesto, in quanto fondata su una fictio non necessaria.

L’equivalenza normativamente prevista dalla legge implica che gli effetti promananti dalla fattispecie a formazione progressiva desumibile dalla congiunta valutazione della domanda e della successiva condotta omissiva dell’Amministrazione per il tempo previsto per la conclusione del procedimento sono sottoposti al medesimo regime dell’atto amministrativo, con il corollario che, ove sussistono i requisiti di formazione del silenzio-assenso, il titolo abilitativo può perfezionarsi anche con riguardo a una domanda non conforme a legge (così, da ultimo; Cons. Stato, sez. VI, 30 novembre 2023, n. 10383; sez. II, 22 maggio 2023, n. 5072).

Reputare, infatti, che la fattispecie sia produttiva di effetti soltanto ove corrispondente alla disciplina sostanziale, oltre a frustrare l’esigenza di certezza dei rapporti giuridici, implicherebbe la sottrazione dei titoli tacitamente assentiti alla disciplina dell’annullabilità in assenza di una espressa previsione legislativa, posto che un siffatto regime non discenderebbe neanche da una scelta legislativa oggettiva, aprioristicamente legata al tipo di materia o di procedimento.

Inoltre, l’impostazione di convertire i requisiti di validità della fattispecie silenziosa in altrettanti elementi costitutivi necessari al suo perfezionamento, vanificherebbe in radice le finalità di semplificazione dell’istituto, tenuto conto che nessun vantaggio conseguirebbe l’operatore se l’Amministrazione potesse, senza oneri e vincoli procedimentali, in qualunque tempo disconoscere gli effetti della domanda.

L’obiettivo di semplificazione perseguito dal legislatore, infatti, si indentifica con l’avvertita esigenza di rendere più spediti i rapporti tra Amministrazione e cittadini, senza sottrarre l’attività al controllo dell’Amministrazione. Il che si realizza precludendo l’esercizio del potere (primario) di provvedere col decorso del termine procedimentale, residuando successivamente la sola possibilità di intervenire in autotutela sull’assetto di interessi silenziosamente formatosi.

L’ammissibilità di un provvedimento di diniego tardivo si porrebbe, infatti, in contrasto con i principi di “collaborazione e buona fede” (e, quindi, di tutela del legittimo affidamento) cui sono informate le relazioni tra i cittadini e l’Amministrazione, ai sensi dell’art. 1, comma 2-bis, della legge n. 241 del 1990.

Resta fermo che il silenzio-assenso non costituisce una modalità ordinaria di svolgimento dell’azione amministrativa, ma uno specifico rimedio a tutela dei privati dall’inerzia dell’Amministrazione, come confermato dall’art. 2, comma 9, della legge n. 241 del 1990, secondo cui “[l]a mancata o tardiva emanazione del provvedimento costituisce elemento di valutazione della performance individuale, nonché di responsabilità disciplinare e amministrativo-contabile del dirigente e del funzionario inadempiente”. Nello stesso senso depone anche l’obbligo di provvedere (sia pure redatto in forma semplificata) rispetto alle domande manifestamente irricevibili, inammissibili, improcedibili o infondate, sancito dell’art. 2, comma 1, della legge n. 241 del 1990.

V.2. Che il silenzio-assenso si configuri anche quando l’attività oggetto del provvedimento di cui si chiede l’adozione non sia conforme alla normativa di riferimento, oltre ad essere desumibile dalle riportate considerazioni sistematiche, è comprovato da puntuali ed univoci indici normativi con i quali il legislatore ha inteso chiaramente sconfessare la tesi secondo cui la possibilità di conseguire in modalità tacitamente assentita gli effetti del provvedimento richiesto dipenderebbe, non solo dal decorso del termine, ma anche dalla ricorrenza di tutti gli elementi richiesti dalla legge per il rilascio del titolo abilitativo.

In tal senso depongono le seguenti disposizioni:

  1. a) l’espressa previsione dell’annullabilità d’ufficio anche nel caso in cui il “provvedimento si sia formato ai sensi dell’art. 20” presuppone evidentemente che la violazione di legge non incide sul perfezionamento della fattispecie, bensì rileva (secondo i canoni generali) in termini di illegittimità dell’atto;
  2. b) l’art. 2, comma 8-bis, della legge n. 241 del 1990 (introdotto dal decreto-legge n. 76 del 2020, convertito dalla legge n. 120 del 2020) – nella parte in cui afferma che “Le determinazioni relative ai provvedimenti, alle autorizzazioni, ai pareri, ai nulla osta e agli atti di assenso comunque denominati, adottate dopo la scadenza dei termini di cui agli articoli 14-bis, comma 2, lettera c), 17-bis, commi 1 e 3, 20, comma 1, […] sono inefficaci, fermo restando quanto previsto dall’articolo 21-nonies, ove ne ricorrano i presupposti e le condizioni” – conferma che, decorso il termine, all’Amministrazione residua soltanto il potere di autotutela;
  3. c) l’art. 2, comma 2-bis – prevedendo che “Nei casi in cui il silenzio dell’amministrazione equivale a provvedimento di accoglimento ai sensi del comma 1, fermi restando gli effetti comunque intervenuti del silenzio assenso, l’amministrazione è tenuta, su richiesta del privato, a rilasciare, in via telematica, un’attestazione circa il decorso dei termini del procedimento e pertanto dell’intervenuto accoglimento della domanda ai sensi del presente articolo […]” (analoga, ma non identica, disposizione è contenuta all’ultimo periodo dell’art. 20, comma 8, del d.P.R. n. 380 del 2001) – statuisce, al fine di superare le perduranti incertezze circa il regime di formazione del silenzio-assenso, che il privato ha diritto ad un’attestazione dell’inutile decorso dei termini del procedimento in assenza di richieste di integrazione documentale o istruttorie rimaste inevase e di provvedimenti di diniego tempestivamente intervenuti;
  4. d) l’abrogazione dell’art. 21, comma 2, della legge n. 241 del 1990 che assoggettava a sanzione coloro che avessero dato corso all’attività secondo il modulo del silenzio-assenso, “in mancanza dei requisiti richiesti o, comunque, in contrasto con la normativa vigente”;
  5. e) l’art. 21, comma 1, della legge n. 241 del 1990 – secondo cui “Con la segnalazione o con la domanda di cui agli articoli 19 e 20 l’interessato deve dichiarare la sussistenza dei presupposti e dei requisiti di legge richiesti. In caso di dichiarazioni mendaci o di false attestazioni non è ammessa la conformazione dell’attività e dei suoi effetti a legge o la sanatoria prevista dagli articoli medesimi” […] – da cui si desume che, in caso di dichiarazioni non false, ma semplicemente incomplete, il silenzio-assenso si perfeziona comunque.
  6. – Il silenzio-assenso nei rapporti con i privati e tra Pubbliche Amministrazioni e nella Conferenza di Servizi.

Chiariti, dunque, i presupposti per la configurabilità del silenzio-assenso, può procedersi all’esame della relativa disciplina nella differente prospettiva dei rapporti, da un lato, con i privati e, dall’altro, tra Pubbliche Amministrazioni, onde concentrarsi sui differenti limiti applicativi previsti dalla legge.

Ed invero, nei rapporti con i privati la normativa generale di riferimento è costituita dall’art. 20 L. n. 241/1990 che al co. 4 esclude l’operatività del silenzio assenso in relazione “agli atti e procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico, l’ambiente, la tutela dal rischio idrogeologico, la difesa nazionale, la pubblica sicurezza, l’immigrazione, l’asilo e la cittadinanza, la salute e la pubblica incolumità, ai casi in cui la normativa comunitaria impone l’adozione di provvedimenti amministrativi formali, ai casi in cui la legge qualifica il silenzio dell’amministrazione come rigetto dell’istanza, nonché agli atti e procedimenti individuati con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con i Ministri competenti”.

Nei rapporti, invece, tra Pubbliche Amministrazioni l’art. 17 bis co. 3 L. n. 241/1990 ammette il silenzio-assenso nei casi in cui sia prevista “l’acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati di amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali e della salute dei cittadini, per l’adozione di provvedimenti normativi e amministrativi di competenza di amministrazioni pubbliche”, essendo escluso dal successivo co. 4 soltanto qualora “disposizioni del diritto dell’Unione europea richiedano l’adozione di provvedimenti espressi”.

Esiste, dunque, una chiara diversità di regime poiché se nei rapporti con i privati il coinvolgimento di interessi pubblici “sensibili” come la tutela dell’ambiente esclude l’operatività dell’istituto di semplificazione procedimentale del silenzio-assenso, ad analoghe conclusioni non può pervenirsi nei rapporti tra Pubbliche Amministrazioni, ove l’unico limite è costituito dalle disposizioni del diritto dell’Unione Europea.

Analogo limite all’applicazione del silenzio-assenso è previsto dall’art. 14 bis co. 4 L. n. 241/1990 per la Conferenza di Servizi c.d. semplificata, avendo, infatti, anche in questo caso il Legislatore selezionato tra le plurime ipotesi derogatorie stabilite dall’art. 20, comma 4, L. 241/1990 soltanto quella relativa ai procedimenti soggetti alla disciplina eurounitaria ed essendo, quindi, escluso che si possa ritenere implicitamente consenziente un’Amministrazione invitata ad esprimere una valutazione per la quale il diritto dell’Unione Europea preveda l’adozione di un provvedimento espresso.

VII. – Il silenzio e la Valutazione di Incidenza Ambientale.

VII.1. Occorre, dunque, soffermarsi sulla natura giuridica della Valutazione di Incidenza Ambientale (V.Inc.A.), onde valutarne la compatibilità con l’istituto del silenzio-assenso.

VII.2. La V.Inc.A. è prevista dalla Direttiva “habitat” 92/43/CEE ed è il procedimento al quale va sottoposto ogni intervento pianificatorio o progettuale che interessi il territorio dei siti, o proposti siti, della rete “Natura 2000” quali siti di importanza comunitaria (Sic) e zone di protezione speciale (Zps), onde valutare gli effetti che la realizzazione di piani/progetti può determinare sulla conservazione degli habitat e delle specie ivi presenti.

Lo scopo della V.Inc.A. è l’accertamento dell’assenza di danno al territorio protetto provocato dalla realizzazione delle opere.

La richiamata normativa comunitaria (oggi eurounitaria) è, dunque, preordinata ad assicurare la protezione di aree di particolare rilevanza ambientale, prevedendo all’articolo 6, par. 3, che qualsiasi piano o progetto, “che possa avere incidenze significative” su di un sito di interesse comunitario, sia assoggettato a una “opportuna valutazione dell’incidenza che ha sul sito”.

Al riguardo occorre sottolineare che la precedente direttiva 85/337 si esprimeva nel senso di “impatto ambientale importante” e che la sentenza della Corte di Giustizia del 7 settembre 2004 (C-127/02) attribuisce esplicita valenza normativa al carattere significativo o meno dell’incidenza ambientale, identificandolo con il rischio di compromissione degli obiettivi di conservazione del sito e demandando alle Autorità Nazionali competenti la valutazione di questa soglia minima di incidenza e, al contempo, ai Giudici Nazionali il sindacato sul rispetto dei limiti alla discrezionalità imposti dalla Direttiva in questione.

La richiamata disciplina europea è stata recepita in Italia con il D.P.R. 8 settembre 1997 n. 357, poi novellato dal D.P.R. n. 120 del 2003, prevedendosi all’art. 5 che l’Autorità competente al rilascio dell’approvazione definitiva del piano o dell’intervento acquisisce preventivamente la Valutazione di Incidenza, eventualmente individuando modalità di consultazione del pubblico interessato dalla realizzazione degli stessi (co. 8), e che la Valutazione di Incidenza di piani o di interventi che interessano proposti siti di importanza comunitaria, siti di importanza comunitaria e zone speciali di conservazione ricadenti, interamente o parzialmente, in un’area naturale protetta nazionale, come definita dalla legge 6 dicembre 1991, n. 394, è effettuata sentito l’ente di gestione dell’area stessa (co. 7).

VII.3. Sul piano del diritto interno, il delineato quadro normativo è esplicativo, dunque, della necessità che l’Amministrazione prenda in specifica considerazione l’Incidenza Ambientale dell’intervento sui siti protetti procedendo ad accertare, in prima valutazione, il carattere significativo di siffatta incidenza, in relazione al rischio di compromissione dell’integrità del sito, tenuto conto che un’eventuale Valutazione di Incidenza negativa non assume efficacia vincolante.

Ed invero, qualora, nonostante le conclusioni negative della Valutazione di Incidenza sul sito ed in mancanza di soluzioni alternative possibili, il piano o l’intervento debba essere realizzato per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale ed economica, le amministrazioni competenti adottano ogni misura compensativa necessaria per garantire la coerenza globale della rete “Natura 2000” e ne danno comunicazione al Ministero dell’Ambiente.

Tenuto conto, dunque, che la procedura di V.Inc.A. non ha natura statica, ma si caratterizza per una progressione continua che si arricchisce con l’evoluzione dei dati in ragione delle evenienze che possono agire significativamente sulla Valutazione di Incidenza anche ai fini dell’adozione delle specifiche misure di compensazione, deve ritenersi che il relativo procedimento debba concludersi con un provvedimento espresso adeguatamente motivato in ragione delle complesse valutazioni richieste alle Autorità preposte alla tutela dei siti in questione.

VII.4. Sebbene, infatti, la Direttiva “habitat” 92/43/CE ed il D.P.R. 8 settembre 1997 n. 357 non la prevedano in modo espresso, l’adozione di un provvedimento formale a conclusione del relativo procedimento può egualmente ritenersi doverosa poiché: a) la richiamata disciplina impone un preliminare esame, con conseguente giudizio da parte dell’Autorità preposta alla tutela ambientale in ordine al progetto da realizzare; b) le valutazioni della predetta Autorità sono contraddistinte da una significativa complessità che impone un importante onere motivazionale incompatibile con una pronuncia tacita, tenuto conto della necessità di specificare quali accorgimenti adottare per realizzare il progetto in esame; c) il superamento di una V.Inc.A. negativa è possibile ma impone all’Autorità Amministrativa procedente l’emanazione di un provvedimento adeguatamente motivato sul piano dei motivi imperativi di rilevante interesse pubblico che possano giustificare la realizzazione dell’opera (art. 5 co. 9 e co. 10 D.P.R. n. 357/1997), con conseguente implicito presupposto che la V.Inc.A. in questi casi ostativa si traduca in un provvedimento motivato e, quindi, espresso.

VII.5. Pertanto, la V.Inc.A. soddisfa i requisiti previsti dall’art. 17 bis co. 4 L. n. 241/1990 e dall’art. 14 bis co. 4 L. n. 241/1990 per escludere l’operatività del silenzio-assenso, in quanto istituto di matrice comunitaria (oggi eurounitaria) consistente in un complesso procedimento di valutazione di delicati interessi pubblici da concludersi con un provvedimento espresso ed adeguatamente motivato.

VIII. – I rapporti tra Pubbliche Amministrazioni e la Conferenza di servizi.

VIII.1. Occorre adesso correttamente individuare la disciplina di riferimento applicabile nella fattispecie onde verificare la compatibilità o meno del silenzio-assenso con la V.Inc.A..

VIII.2. Il T.A.R. per la Sicilia, sede di Palermo, ha ritenuto nella fattispecie applicabile l’art. 17 bis L. n. 241/1990, ammettendo l’operatività in astratto ma escludendo la configurabilità in concreto del silenzio-assenso in relazione alla posizione del Comune di Niscemi nell’ambito della Conferenza di Servizi decisoria convocata dal Ministero della Difesa il 20 dicembre 2018 per mancato decorso del termine di 90 giorni all’uopo previsto e, nella circostanza, decorrente dalla data in cui sarebbe stata soddisfatta la richiesta di integrazione documentale formulata dall’Ente locale, ossia a partire dal 26 novembre 2018.

VIII.3. Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, anzitutto, osserva che le discipline contemplate dagli artt. 14 e ss. L. n. 241/1990 e dall’art. 17 bis L. n. 241/1990 sono indicative di due differenti ed autonomi istituti di semplificazione procedimentale nell’ambito dei quali il silenzio-assenso opera secondo regole in parte distinte.

VIII.4. La Conferenza di Servizi, infatti, è preordinata a favorire la celere e coordinata gestione di complessi procedimenti, tanto ufficiosi quanto ad iniziativa di parte, contraddistinti dal coinvolgimento di molteplici Amministrazioni, anche preposte alla tutela di interessi sensibili, come la salute, l’ambiente, il paesaggio, ecc… per la determinazione del provvedimento conclusivo.

VIII.4.1. La procedura è scandita da diverse fasi in cui è garantita alle Amministrazioni interpellate un’adeguata conoscenza della documentazione rilevante ai fini della decisione anche mediante la possibilità di chiarimenti o di un’apposita integrazione documentale da fornire su espressa richiesta.

VIII.4.2. Successivamente le predette Amministrazioni devono pronunciarsi, con la consapevolezza che il loro eventuale silenzio sarà ritenuto quale assenso.

VIII.5. Al riguardo occorre chiarire che l’istituto del silenzio-assenso opera secondo modalità differenti nell’ambito di una Conferenza di Servizi semplificata o “a-sincrona” ex art. 14 bis L. n. 241/1990 ed in quella simultanea o “sincrona” di cui all’art. 14 ter L. n. 241/1990.

VIII.5.1. Ed invero, nel primo caso la Conferenza di Servizi è contraddistinta da termini perentori entro i quali le Amministrazioni interpellate dall’Amministrazione dovranno formulare le eventuali richieste istruttorie o le determinazioni di loro competenza.

VIII.5.1.1. L’art. 14 bis co. 2 lett. c), infatti, prevede che la determinazione dovrà essere resa entro il termine perentorio assegnato e comunque non superiore a 45 giorni o, per le Amministrazioni deputate alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali, o alla tutela della salute dei cittadini, ove non sia diversamente previsto da specifiche disposizioni di legge, entro il termine di 90 giorni dalla ricezione della convocazione, con la precisazione che il silenzio o il dissenso immotivato varrà come assenso senza condizioni.

VIII.5.1.2. Pertanto, nella Conferenza di Servizi semplificata o “a-sincrona” ricorre l’assenso delle Autorità Amministrative interpellate in quattro casi: a) quando sia espresso; b) quando sia opposto un dissenso non motivato; c) quando il termine non superiore a 45 o di 90 giorni decorra senza alcuna determinazione, ricorrendo, dunque, una ipotesi di silenzio-assenso; d) quando le prescrizioni o le condizioni ritenute necessarie per il superamento del dissenso non siano espresse in modo chiaro o analitico o non chiariscano se dipendano da un vincolo derivante da una disposizione normativa o da un atto amministrativo generale ovvero da una scelta discrezionale dell’Amministrazione interpellata preordinata a garantire la migliore tutela dell’interesse pubblico (art. 14 bis co. 4 L. n. 241/1990).

VIII.5.2. Nella Conferenza di Servizi simultanea o “sincrona”, invece, la regola è in parte diversa, poiché le Amministrazioni interpellate sono chiamate a rendere le proprie determinazioni nell’ambito della seduta alla quale sono state convocate dall’Amministrazione procedente e non entro un termine all’uopo assegnato, essendo l’intero procedimento contraddistinto dalla contestualità e dalla immediatezza delle decisioni da acquisire.

VIII.5.2.1. Pertanto, si considera acquisito l’assenso senza condizioni: a) in caso di voto in tal senso espresso; b) in caso di assenza, ossia di omessa partecipazione alla riunione; c) in caso di astensione, ossia di partecipazione alla riunione senza espressione di alcuna posizione; d) in caso di dissenso non motivato; e) in caso di dissenso non pertinente, ossia riferito a questioni non costituenti oggetto della Conferenza di Servizi (art. 14 ter co. 7 L. n. 241/1990).

VIII.5.2.2. Tanto l’assenza quanto l’astensione costituiscono fattispecie di silenzio-assenso.

VIII.6. La disciplina di cui all’art. 17 bis L. n. 241/1990 è similare a quella prevista dall’art. 14 bis L. n. 241/1990 concernente la Conferenza di Servizi semplificata o “a-sincrona” poiché contraddistinta anche in questo caso dall’assegnazione di un termine entro il quale le Amministrazioni interpellate potranno richiedere chiarimenti e dovranno comunicare il proprio assenso, concerto o nulla osta all’Amministrazione procedente.

VIII.6.1. La norma disciplina le modalità di funzionamento del cosiddetto silenzio assenso, prevedendo un termine “generale” di trenta giorni dal ricevimento dello “schema di provvedimento” ed uno “speciale” di novanta giorni per il caso in cui l’assenso, il concerto o il nulla osta debba essere reso da «amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali e della salute dei cittadini» (art. 17 bis co. 2 L. n. 241/1990).

In questi casi il legislatore statale, in considerazione della speciale rilevanza dei beni giuridici coinvolti, ha inteso introdurre un regime che, in ragione delle particolari esigenze di tutela di siffatti beni, estende a novanta giorni il termine per rendere l’assenso, il concerto o il nulla osta (Corte Costituzionale, sentenza 27 dicembre 2018 n. 246).

L’istituto in esame completa un’evoluzione normativa che ha progressivamente semplificato l’azione amministrativa, neutralizzando gli effetti negativi e paralizzanti del silenzio amministrativo, dapprima nei rapporti con i privati e ora anche nei rapporti tra Pubbliche Amministrazioni.

Il nuovo strumento di semplificazione conferma, pertanto, la natura “patologica” che connota il silenzio amministrativo, soprattutto quando maturi nell’ambito di un rapporto orizzontale con un’altra amministrazione co-decidente.

Il meccanismo del silenzio-assenso orizzontale palesa, in altri termini, una contrarietà di fondo del Legislatore nei confronti dell’inerzia amministrativa che viene stigmatizzata al punto tale da ricollegare al silenzio dell’Amministrazione interpellata ad un tempo la più grave delle “sanzioni” ed il più efficace dei “rimedi”, ossia l’equiparazione del silenzio all’assenso con conseguente perdita del potere di dissentire e di impedire la conclusione del procedimento.

Al riguardo, risultano particolarmente significativi le motivazioni del parere del Consiglio di Stato (reso dalla Commissione Speciale all’uopo nominata) del 13 luglio 2016 n. 1640 nella parte in si «ritiene si possa parlare di un ‘nuovo paradigma’: in tutti i casi in cui il procedimento amministrativo è destinato a concludersi con una decisione ‘pluristrutturata’ nel senso che la decisione finale da parte dell’Amministrazione procedente richiede per legge l’assenso vincolante di un’altra Amministrazione il silenzio dell’Amministrazione interpellata, che rimanga inerte non esternando alcuna volontà, non ha più l’effetto di precludere l’adozione del provvedimento finale ma è, al contrario, equiparato ope legis a un atto di assenso e consente all’Amministrazione procedente l’adozione del provvedimento conclusivo. …. il silenzio assenso “orizzontale” previsto dall’art. 17-bis opera, nei rapporti tra Amministrazioni co-decidenti, quale che sia la natura del provvedimento finale che conclude il procedimento, non potendosi sotto tale profilo accogliere la tesi che, prospettando un parallelismo con l’ambito applicativo dell’art. 20 concernente il silenzio assenso nei rapporti tra privati, circoscrive l’operatività del nuovo istituto agli atti che appartengono alla categoria dell’autorizzazione, ovvero che rimuovono un limite all’esercizio di un preesistente diritto. La nuova disposizione, al contrario, si applica a ogni procedimento (anche eventualmente a impulso d’ufficio) che preveda al suo interno una fase co-decisoria necessaria di competenza di altra amministrazione, senza che rilevi la natura del provvedimento finale nei rapporti verticali con il privato destinatario degli effetti dello stesso».

VIII.6.2. Al riguardo occorre precisare che, secondo quanto chiarito dal Consiglio di Stato, l’istituto del silenzio-assenso di cui all’articolo 17 bis L. n. 241/1990 non riguarda la fase istruttoria del procedimento amministrativo, che rimane regolata dalla pertinente disciplina positiva, influendo soltanto sulla fase decisoria, attraverso la formazione di un atto di assenso per silentium con la conseguenza che l’Amministrazione procedente è, comunque, tenuta a condurre un’istruttoria completa e, all’esito, ad elaborare uno “schema di provvedimento” da sottoporre all’assenso dell’Amministrazione co-decidente (Cons. Stato, sez. VI, 14 luglio 2020, n. 4559).

VIII.7. I rapporti tra l’art. 17 bis L. n. 241/1990 e la Conferenza di Servizi costituiscono oggetto di interesse ai fini della decisione poiché inducono l’interprete alla corretta individuazione della disciplina in concreto applicabile.

VIII.7.1. Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana ritiene che i due istituti siano contraddistinti da un ambito di applicazione in parte comune, essendo, infatti, possibile il ricorso alla Conferenza di Servizi nei medesimi casi in cui è consentito avvalersi del silenzio-assenso orizzontale di cui all’art. 17 bis L. n. 241/1990 mentre la Conferenza di Servizi decisoria può essere indetta anche per i procedimenti ad istanza di parte e non soltanto in relazione a quelli d’ufficio che coinvolgano altre Amministrazioni Pubbliche o i gestori di beni o servizi pubblici.

VIII.7.2. Del resto, a sostegno della conclusione per cui le disposizioni di cui agli artt. 14 bis L. n. 241/1990 e 17 bis L. n. 241/1990 sarebbero caratterizzate da un’analoga ragione giustificatrice, merita di essere richiamata la decisione della Corte costituzionale n. 246/2018 ( cfr. par. 4.2.3.1.) nella quale è stato chiarito che l’art. 17 bis L. n. 241/1990, sebbene collocato al di fuori degli articoli espressamente dedicati alla Conferenza di Servizi (artt. 14-14 quinquies L. n. 241/1990), trova applicazione anche nel caso in cui occorra convocare la Conferenza di Servizi in quanto il silenzio assenso di cui all’art. 17 bis L. n. 241/1990 opera sempre e, dunque, anche nel caso in cui siano previsti assensi di più Amministrazioni, con la conseguenza che la sua formazione previene la necessità di convocare la Conferenza di Servizi.

Nel medesimo ordine di idee si era in precedenza espresso anche il richiamato parere del Consiglio di Stato 13 luglio 2016, n. 1640 secondo cui, in alternativa alla tesi che ammette l’applicabilità dell’art. 17 bis L. n. 241/1990 qualora l’Amministrazione procedente debba acquisire l’assenso di una sola Amministrazione (mentre nel caso di assensi da parte di più Amministrazioni sarebbe necessaria l’indizione di una Conferenza di Servizi), tesi che rappresenta il criterio più semplice per la risoluzione dell’apparente sovrapposizione normativa, si potrebbe sostenere che il silenzio-assenso di cui all’art. 17 bis L. n. 241/1990 opera sempre (anche qualora siano previsti assensi di più Amministrazioni) e, se si forma, previene la necessità di convocare la Conferenza di Servizi.

La Conferenza di Servizi, ad avviso del citato parere del Consiglio di Stato, andrebbe convocata, quindi, nei casi in cui il silenzio assenso non si è formato a causa del dissenso espresso dalle Amministrazioni interpellate e avrebbe lo scopo di superare quel dissenso nell’ambito della Conferenza appositamente convocata.

VIII.7.3. Appare, dunque, evidente che la scelta tra la Conferenza di Servizi e l’istituto del silenzio-assenso orizzontale di cui all’art. 17 bis L. n. 241/1990 è rimessa alla discrezionalità della Amministrazione procedente poiché in entrambi i casi è possibile un adeguato contemperamento tra

gli interessi pubblici coinvolti.

VIII.7.4. L’elemento distintivo si coglie sul piano qualitativo più che quantitativo degli interessi pubblici da congiuntamente valutare e da sottoporre ad un giudizio di sintesi poiché se il numero delle Amministrazioni interpellate può non essere dirimente ai fini della scelta tra il silenzio-assenso orizzontale e la Conferenza di Servizi lo è, invece, di certo l’omogeneità o meno degli interessi pubblici da contemperare.

VIII.7.5. L’art. 17 bis L. n. 241/1990, infatti, prevede la comunicazione di uno “schema di provvedimento” che, in quanto atto indicativo di una determinazione a monte dell’Amministrazione procedente ben definita, consentirà alle Amministrazioni interpellate di poter valutare se acconsentire o negare il loro assenso. Sennonché, qualora si verifichi la seconda eventualità l’Amministrazione procedente non può adottare il provvedimento proposto, non potendo autonomamente superare il dissenso espresso anche da una soltanto delle Amministrazioni interpellate.

Il che implica due possibilità: o l’abbandono dell’iniziativa oppure l’instaurazione di un procedimento che consenta il superamento dei dissensi espressi dalle Amministrazioni coinvolte nel processo decisionale, ossia la convocazione di una Conferenza di Servizi decisoria simultanea o “sincrona” o la rimessione della questione alla Presidenza del Consiglio dei Ministri qualora siano coinvolte soltanto Amministrazioni statali.

La prima soluzione (per superare il dissenso) consente il contemperamento degli interessi pubblici coinvolti mediante una valutazione delle “posizioni prevalenti” espresse secondo il metodo del voto ponderato, con conseguente possibilità per l’Amministrazione procedente di superare eventuali dissensi.

La seconda soluzione appare contraddistinta da un ambito soggettivo di operatività piuttosto limitato poiché, pur essendo prevista dall’art. 17 bis co. 2 L. n. 241/1990, consente in caso di mancato accordo tra le Amministrazioni statali coinvolte la possibilità di adire il Presidente del Consiglio dei Ministri affinché, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, decida sulle modifiche da apportare allo “schema di provvedimento”. Trattandosi, infatti, di un rimedio esperibile soltanto in caso di coinvolgimento di Amministrazioni statali, non può operare anche qualora ad essere interpellate siano Regioni ed Enti locali.

VIII.7.6. Pertanto, la scelta discrezionale di avvalersi del silenzio-assenso orizzontale di cui all’art. 17 bis L. n. 241/1990 o di indire una Conferenza di Servizi dipenderà non tanto dal numero di Amministrazioni coinvolte quanto dalla eterogeneità degli interessi pubblici da contemperare e dalla complessità del relativo giudizio di sintesi degli stessi, considerato che la prevedibilità di eventuali motivati dissensi non superabili mediante prescrizioni dovrebbe indurre l’Amministrazione procedente a preferire la seconda delle citate soluzioni, ossia l’indizione di una Conferenza di Servizi inizialmente anche in modalità semplificata o “a-sincrona”, piuttosto che la comunicazione di uno “schema di provvedimento” propedeutico ad acquisire gli assensi, i concerti ed i nulla-osta all’uopo occorrenti anche per silentium, tenuto conto della prospettiva di poter più celermente convocare una Conferenza di Servizi simultanea o “sincrona” e della connessa possibilità di beneficiare della speciale disciplina prevista dall’art. 14 ter L. n. 241/1990 in quanto legittimante un bilanciamento dei contrapposti interessi pubblici secondo il criterio delle “posizioni prevalenti”.

VIII.7.7. I due istituti di semplificazione procedimentale in esame possono tra loro ritenersi concorrenti, in quanto contraddistinti da un rapporto di alternatività univocamente e non reciprocamente escludente. Infatti, se la scelta di avvalersi del silenzio-assenso orizzontale di cui all’art. 17 bis L. n. 241/1990 non preclude la possibilità di indire in un secondo momento una Conferenza di Servizi non è possibile la soluzione inversa, costituendo la decisione di seguire sin da subito le forme e le regole della Conferenza di Servizi una scelta logicamente irreversibile rispetto all’opzione alternativa offerta dall’art. 17 bis L. n. 241/1990.

VIII.7.8. Più precisamente, il rapporto di reciprocità escludente contraddistingue la relazione tra l’art. 14 bis L. n. 241/1990, ed ossia la Conferenza di Servizi decisoria semplificata o “a-sincrona”, e l’art. 17 bis L. n. 241/1990 poiché istituti entrambi accomunati da una struttura procedimentale fondata sull’assegnazione di un termine per l’acquisizione delle determinazioni delle Amministrazioni interpellate e sulla operatività del silenzio-assenso, sebbene vi siano alcune non trascurabili differenze al riguardo.

Ed invero, se il termine c.d. ordinario da assegnare per la manifestazione dell’assenso o del dissenso nell’art. 17 bis co. 1 L. n. 241/1990 è di 30 giorni, nell’art. 14 bis co. 2 lett. c) L. n. 241/1990 è modulabile, essendo previsto soltanto che non potrà essere superiore a 45 giorni; diversamente, il termine “speciale” entro il quale le Amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali, o alla tutela della salute dei cittadini, dovranno pronunciarsi è, in assenza di norme contemplanti un termine diverso, di 90 giorni in entrambi i casi.

Ma il profilo più rilevante si coglie in relazione ai presupposti fattuali previsti per la configurabilità del silenzio-assenso poiché se siffatta evenienza nell’ambito della Conferenza di Servizi decisoria in modalità semplificata o “a-sincrona” è ammissibile, secondo quanto previsto dall’art. 14 bis co. 4 L. n. 241/1990, oltre che in caso di inerzia anche in caso di dissenso non motivato o di dissenso superabile in virtù di prescrizioni o condizioni espresse in modo non chiaro o analitico o delle quali non è chiarito il relativo fondamento riconducibile ad un vincolo derivante da una disposizione normativa o da un atto amministrativo generale ovvero da una scelta discrezionale della Amministrazione interpellata per la migliore tutela dell’interesse pubblico, l’art. 17 bis L. n. 241/1990 l’ammette soltanto nell’ipotesi di condotta inerte, potendo, dunque, anche un solo dissenso immotivato impedire l’adozione del provvedimento proposto dall’Amministrazione procedente.

Infine, occorre precisare che l’art. 17 bis L. n. 241/1990 prevede l’operatività del silenzio-assenso orizzontale non soltanto nei rapporti con le Amministrazioni chiamate ad esprimere le loro determinazioni sullo “schema di provvedimento” ma anche nei rapporti tra l’Amministrazione procedente, ossia competente ad adottare il provvedimento, e l’Amministrazione proponente, quando ovviamente la normativa disciplinante il relativo procedimento esclude la loro coincidenza.

VIII.7.9. Posti in evidenza i menzionati profili discretivi, occorre ribadire che l’art. 14 bis L. n. 241/1990 e l’art. 17 bis L. n. 241/1990 appaiono istituti procedimentali particolarmente simili e, dunque, possono ritenersi contraddistinti da un ambito di operatività parzialmente coincidente in relazione al quale i predetti elementi distintivi orienteranno l’Amministrazione procedente nella scelta.

Diversamente, la disciplina dell’art. 14 ter L. n. 241/1990 non si pone in rapporto di concorrenzialità con l’art. 17 bis L. n. 241/1990, potendo assolvere ad una funzione complementare similare a quella intercorrente con l’art. 14 bis L. n. 241/1990.

La Conferenza di Servizi decisoria simultanea o “sincrona”, infatti, è accessibile all’esito del procedimento tanto di cui all’art. 14 bis L. n. 241/1990 quanto di cui all’art. 17 bis L. n. 241/1990, non essendovi alcuna preclusione normativa in ragione della possibilità prevista dall’art. 14 bis co. 7 L. n. 241/1990 di procedere direttamente ai sensi dell’art. 14 ter L. n. 241/1990 senza dover necessariamente indire una precedente Conferenza di Servizi decisoria semplificata o “a-sincrona”.

In relazione a siffatta prospettiva, tuttavia, l’Amministrazione che abbia indetto una Conferenza di Servizi decisoria semplificata o “a-sincrona” ha un non trascurabile vantaggio sul piano della tempistica, essendo, infatti, più celere l’accesso alla Conferenza di servizi decisoria simultanea o “sincrona” in ragione di quanto previsto dall’art. 14 bis co. 2 lett. d) L. n. 241/1990 che impone l’indicazione della data dell’eventuale riunione in modalità sincrona “da tenersi entro dieci giorni dalla scadenza del termine” assegnato per esprimere il parere in modalità a-sincrona.

VIII.7.10. Chiarite, dunque, le peculiarità dei due istituti procedimentali in esame, deve escludersi qualsivoglia possibile commistione tra le relative discipline, non potendo entrambe applicarsi contemporaneamente.

VIII.8. Nel caso in esame, il Ministero della Difesa, operando in conformità a quanto previsto dall’art. 14 bis co. 7 L. n. 241/1990, ha optato per la Conferenza di Servizi, procedendo alla sua convocazione direttamente in modalità simultanea o “sincrona” in ragione della particolare complessità della determinazione da assumere.

VIII.8.1. Pertanto, la disciplina alla fattispecie applicabile è quella contemplata dall’art. 14 ter L. n. 241/1990 e non quella prevista dall’art. 17 bis L. n. 241/1990 che, in quanto distinta e separata, non può di certo integrarla.

VIII.8.2. L’art. 17 bis L. n. 241/1990 e, del pari, l’art. 14 bis L. n. 241/1990 costituiscono, infatti, procedimenti esplicativi di un contemperamento degli interessi pubblici coinvolti qualitativamente meno intenso ed incisivo rispetto a quello possibile ai sensi dell’art. 14 ter L. n. 241/1990 in ragione del previsto criterio decisionale basato sulle “posizioni prevalenti” che contraddistingue quest’ultimo.

VIII.8.3. Di conseguenza, il T.A.R. per la Sicilia, sede di Palermo, ha erroneamente ritenuto applicabile la disciplina di cui all’art. 17 bis L. n. 241/1990 alla Conferenza di Servizi decisoria convocata dal Ministero della Difesa il 20 dicembre 2018 in modalità simultanea o “sincrona”, non essendo prevista dalla legge l’assegnazione di un termine di 90 giorni decorrente dall’integrazione documentale richiesta prima di esprimere il proprio parere in quanto Autorità preposta alla Valutazione di Incidenza Ambientale.

Secondo quanto, infatti, previsto dall’art. 14 ter co. 2 L. n. 241/1990, i lavori della Conferenza di Servizi si concludono non oltre quarantacinque giorni decorrenti dalla data della prima riunione, con la precisazione che nei casi di cui all’articolo 14 bis co. 7 (ed ossia di convocazione immediata e diretta della Conferenza di Servizi in modalità “sincrona”) qualora siano coinvolte Amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali e della salute dei cittadini, il termine è fissato in novanta giorni, fermo restando, in ogni caso, l’obbligo di rispettare il termine finale di conclusione del procedimento.

La Conferenza di Servizi simultanea o “sincrona” prevista dall’art. 14 ter L. n. 241/1990, invero, è contraddistinta da un unico termine, ossia quello di conclusione del procedimento, e non anche da termini di fase procedimentali per eventuali richieste istruttorie e l’espressione delle determinazioni di competenza da parte delle Amministrazioni interpellate, come nel caso della Conferenza di Servizi semplificata o “a-sincrona” di cui all’art. 14 bis L. n. 241/1990 e del silenzio-assenso orizzontale di cui all’art. 17 bis L. n. 241/1990.

Di conseguenza, eventuali integrazioni istruttorie saranno possibili purché nel rispetto dell’unico termine previsto per la conclusione del procedimento che soltanto qualora la Conferenza di Servizi simultanea o “sincrona” sia disposta in via immediata ai sensi dell’art. 14 bis co. 7 L. n. 241/1990 e coinvolga Autorità preposte alla tutela dell’ambiente, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali e della salute dei cittadini sarà di 90 giorni decorrenti sempre dalla prima riunione. In questi casi, dunque, pur essendo ammissibili in quanto non espressamente escluse, eventuali integrazioni istruttorie potranno essere disposte sempre nel rispetto del predetto termine di conclusione dei lavori che non potrà essere superiore a novanta giorni a decorrere dalla prima riunione.

VIII.8.4. Nella fattispecie, la Conferenza di Servizi è stata indetta dal Ministero della Difesa ai sensi dell’art. 14 bis co. 7 L. n. 241/1990 in modalità “sincrona” e la prima riunione si è tenuta il 24 luglio 2018. Dopo di che sono stati disposti taluni rinvii per esigenze istruttorie, sino a quando i lavori non si sono conclusi con la riunione del 20 dicembre 2018.

Contrariamente a quanto ritenuto dal primo giudice, non occorreva garantire al Comune di Niscemi un intervallo temporale di 90 giorni tra la ricezione, avvenuta il 26 novembre 2018, della documentazione richiesta e la data di convocazione della riunione in cui esprimere le proprie determinazioni, non essendo previsto dalla disciplina in esame un apposito termine di fase.

E poiché l’unico termine, peraltro di natura non perentoria, fissato dalla legge, ossia quello dei 90 giorni previsti dall’art. 14 ter co. 2 L. n. 241/1990 per la conclusione del procedimento a decorrere dalla prima riunione tenutasi il 24 luglio 2018, è stato nell’occasione rispettato, essendo stata adottata la relativa determinazione conclusiva dei lavori ben oltre, la motivazione seguita dall’adito T.A.R. è errata.

VIII.8.5. Né, peraltro, può ritenersi rilevante la disciplina contemplata dall’art. 5 del D.P.R. 8 settembre 1997 n. 357 nella parte in cui al co. 6 prevede che qualora l’Autorità preposta al rilascio della V.Inc.A. richieda “integrazioni dello studio, il termine per la valutazione di incidenza decorre nuovamente dalla data in cui le integrazioni pervengono” all’Autorità medesima, poiché: a) in primo luogo, si tratta di una previsione di natura regolamentare ed antecedente rispetto alla disciplina di rango primario prevista dall’attuale art. 14 ter L. n. 241/1990 che, dunque, in caso di conflitto normativo deve ritenersi prevalente in ossequio al principio di gerarchia delle fonti del diritto di cui all’art. 1 disp. prel. c.c.; b) in secondo luogo, non può addivenirsi ad una differente conclusione neanche rivalutando la sua funzione di norma attuativa dell’art. 6 della Direttiva “habitat” 92/43/CE, poiché quest’ultima non disciplina anche il procedimento della Valutazione di Incidenza Ambientale, rimettendosi la Direttiva alle scelte discrezionali degli Stati membri, con conseguente imputabilità diretta a questi ultimi della sequenza procedimentale da seguire e della tempistica da osservare per l’esercizio della predetta valutazione.

  1. – Il silenzio-assenso nella Conferenza di Servizi simultanea e la V.Inc.A.

IX.1. Occorre, dunque, accertare se il silenzio-assenso di cui all’art. 14 ter co. 7 L. n. 241/1990 operi anche in relazione alla Valutazione di Incidenza Ambientale, ed ossia in un caso in cui le disposizioni del diritto dell’Unione Europea prevedono l’emanazione di un provvedimento espresso.

IX.2. Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana osserva, anzitutto, che l’art. 14 ter L. n. 241/1990 nella sua interezza considerato e, quindi, anche in relazione al suo comma 7 non prevede il predetto limite, essendo quest’ultimo soltanto rinvenibile nell’art. 14 bis co. 4 L. n. 241/1990 disciplinante il diverso procedimento della Conferenza di Servizi semplificata o in modalità “a-sincrona”.

IX.3. Deve, dunque, ritenersi che il predetto limite al silenzio-assenso non operi nell’ambito della Conferenza di Servizi simultanea o in modalità “sincrona”, deponendo in tal senso due concorrenti argomentazioni: l’una letterale e l’altra di natura sistematica.

IX.3.1. Con riguardo alla prima, occorre rilevare che il silenzio-assenso costituisce un istituto generalizzato e, di conseguenza, i relativi limiti ne costituiscono eccezioni, come tali, soggetti a rigorosi criteri di stretta interpretazione, onde non violare il divieto di analogia previsto dall’art. 14 disp. prel. c.c..

Tenuto conto, infatti, sia dell’attitudine del silenzio-assenso ad operare anche in carenza dei presupposti previsti dalla disciplina di riferimento per l’adozione del provvedimento espresso del quale si emulano gli effetti in via tacita, sia della peculiare rilevanza degli interessi tutelati dalla normativa dell’Unione Europea, deve ritenersi che, in virtù del criterio interpretativo letterale, se il Legislatore avesse voluto rendere operativo il predetto limite anche nell’ambito della Conferenza di Servizi decisoria simultanea o “sincrona” lo avrebbe, di certo, previsto.

E poiché nell’ambito dell’art. 14 ter L. n. 241/1990 non ve ne è menzione alcuna, deve ritenersi che il silenzio-assenso ivi previsto al co. 7 operi anche nei casi in cui disposizioni del diritto dell’Unione Europea prevedano l’adozione di provvedimenti espressi.

IX.3.2. A siffatto esito deve pervenirsi anche in ragione di un’interpretazione sistematica degli artt. 14 e ss. L. n. 241/1990.

Ed invero, la Conferenza di Servizi costituisce un modulo di semplificazione procedimentale deputato a favorire la sintesi, mediante il preventivo confronto, degli interessi concorrenti, primari e secondari, pubblici e privati, coinvolti nel procedimento e può essere indetta dall’Amministrazione procedente su iniziativa del privato come di qualsiasi altra Amministrazione titolare di interessi primari all’interno della procedura (art. 14, c. 2, L. n. 241 del 1990).

Il giudizio di sintesi degli interessi coinvolti è contraddistinto da diversi livelli di intensità previsti in ragione del differente grado di resistenza che può caratterizzare l’interesse eventualmente confliggente con quello perseguito dall’Amministrazione procedente.

Con particolare riguardo, infatti, agli interessi pubblici, l’eventuale dissenso manifestato da una delle Amministrazioni interpellate potrebbe essere superabile, in caso di accoglimento delle condizioni e delle prescrizioni indicate dalla medesima Autorità Amministrativa nella determinazione assunta nell’ambito della Conferenza di Servizi, o non superabile, se argomentato sulla base soltanto di ragioni ostative all’adozione del provvedimento di competenza dell’Autorità procedente.

Nel primo caso, occorrerà valutare se le condizioni e le prescrizioni indicate per il superamento del dissenso manifestato siano compatibili o meno con l’adozione del provvedimento del quale si discute, poiché qualora l’Amministrazione procedente le valuti in senso favorevole potrà decretare la conclusione positiva dei lavori ed in conformità ai relativi esiti adottare il provvedimento di sua competenza.

Diversamente, la ritenuta incompatibilità delle prescrizioni e delle condizioni richieste assimila in concreto il dissenso espresso secondo modalità tali da renderlo astrattamente superabile al dissenso, invece, motivato soltanto sulla base di ragioni ostative e, quindi, non consente all’Amministrazione procedente la conclusione positiva dei lavori.

Il quadro descritto attiene a quanto può accadere nell’ambito della Conferenza di Servizi decisoria semplificata o in modalità “a-sincrona”, costituente il c.d. primo livello di sintesi degli interessi pubblici coinvolti in quanto contraddistinto dal criterio del “concerto”, in ragione della necessità di adeguare, entro i limiti in cui si riterrà possibile, l’adozione del provvedimento conclusivo alle posizioni espresse da tutte le Amministrazioni interpellate e, quindi, dell’impossibilità per l’Amministrazione procedente di autonomamente superare gli eventuali dissensi.

Qualora, però, si ritenga di voler egualmente insistere nell’intento originario occorrerà indire una Conferenza di Servizi decisoria simultanea o “sincrona” nell’ambito della quale gli eventuali dissensi delle Amministrazioni interpellate saranno valutati secondo il (diverso) criterio delle “posizioni prevalenti”, che la legge non chiarisce nei suoi contenuti ma che implica un’attenta analisi degli interessi pubblici intercettati dal procedimento.

Il Responsabile Unico del Procedimento dell’Amministrazione procedente, infatti, dovrà, sin dall’indizione della conferenza (in modo da renderli contestabili), correttamente individuare i criteri di ponderazione delle posizioni delle Amministrazioni interpellate in ragione della rilevanza degli interessi pubblici dalle medesime tutelati, onde attribuire un peso specifico alle determinazioni espresse in seno alla Conferenza di Servizi che sia proporzionato alla rilevanza degli interessi coinvolti. In tal senso, si è espresso il Consiglio di Stato (Sez. V, n. 4374 del 27 agosto 2014), affermando che spetta al responsabile del procedimento «[…] esercitare un potere discrezionale bilanciando le ragioni manifestate in seno alla conferenza, verificando in che termini si delinei la prevalenza del soddisfacimento degli interessi in gioco”.

La mancata indicazione dei predetti criteri ingenera, dunque, un’illegittimità della decisione finale per carenza di motivazione nella parte in cui considera il voto di un’Amministrazione prevalente su quello delle altre senza la specificazione preventiva delle ragioni.

Il criterio delle “posizioni prevalenti” sulla base del metodo del “voto ponderato” è indicativo, quindi, di un giudizio di sintesi degli interessi pubblici coinvolti nel procedimento qualitativamente differente rispetto a quello proprio della Conferenza di Servizi decisoria semplificata o “a-sincrona” poiché si traduce in una valutazione complessiva contraddistinta da un bilanciamento orientato dalla predefinita (in virtù del predeterminato riconoscimento di un differente peso specifico) preminente rilevanza di taluni interessi su altri.

Di conseguenza, l’elemento dirimente sarà costituito non dalla maggioranza ma dalla specifica rilevanza dei voti espressi, atteso che la regola operativa incentrata sull’adozione della determinazione motivata di conclusione della Conferenza di Servizi “sulla base delle posizioni prevalenti espresse dalle amministrazioni partecipanti alla conferenza tramite i rispettivi rappresentanti”, di cui all’art. 14 ter, comma 7, l. n. 241/1990 non si ispira ad un criterio di carattere meramente quantitativo, ma è intesa a fissare l’esigenza, tipica del modulo decisorio de quo incentrato sulla valutazione contestuale e condivisa degli interessi pubblici coinvolti, di superare un metodo di gestione “solitaria” e “frammentaria” del procedimento (o dei procedimenti connessi o collegati) e degli interessi pubblici sottesi, sulla scorta di un apprezzamento congiunto degli stessi, indipendentemente dalla relativa imputazione soggettiva, la cui sintesi viene demandata, sulla base appunto delle “posizioni prevalenti” emerse in seno alla Conferenza, al Responsabile Unico del Procedimento (Consiglio di Stato, sez. III, 23/03/2022, n.2127).

Pertanto, il ruolo assunto dall’Amministrazione procedente non è meramente notarile ma di sintesi valutativa delle ragioni emerse, dovendone ponderare l’effettiva rilevanza per come sono state in concreto prospettate, al fine di esprimere un giudizio di prevalenza.

Nell’ambito di questo peculiare procedimento di sintesi le Amministrazioni interessate sono tenute, ancor più, a comportarsi secondo buona fede, assumendo un atteggiamento collaborativo nel reciproco rispetto delle posizioni assunte. Il che implica un dovere di partecipazione attiva al procedimento, onde garantire quel dialogo istituzionale necessario per assicurare una corretta e ponderata valutazione di tutti gli interessi pubblici coinvolti.

Il che spiega la ragione del silenzio-assenso previsto dall’art. 14 co. 7 L. n.241/1990 tenuto conto della sua funzione, ad un tempo, di sanzione e rimedio rispetto ad una condotta inerte potenzialmente idonea a compromettere il buon esito del procedimento e la corretta cura degli interessi pubblici tutelati da ciascuna delle Amministrazioni interpellate.

Il che giustifica l’applicabilità del silenzio-assenso a qualsiasi Amministrazione ed in relazione a qualsiasi interesse coinvolto, costituendo precipua responsabilità dell’Autorità Amministrativa preposta alla sua tutela partecipare alla Conferenza di Servizi simultanea o in modalità “sincrona” al fine di esprimere il proprio eventuale motivato dissenso.

Costituendo, dunque, la sede in cui la sintesi degli interessi pubblici coinvolti si traduce in un giudizio qualitativamente diverso e più intenso rispetto a quello proprio della Conferenza di Servizi decisoria semplificata o in modalità “a-sincrona”, le regole di quest’ultima non possono essere estese analogicamente anche alla Conferenza di Servizi decisoria simultanea o in modalità “sincrona” e, pertanto, non è estensibile all’art. 14 ter L. n. 241/1990 la disciplina contemplata dall’art. 14 bis co. 4 L. n. 241/1990 nella parte in cui esclude l’operatività del silenzio-assenso nei casi in cui disposizioni del diritto dell’Unione europea richiedano l’adozione di provvedimenti espressi.

IX.4. Occorre, allora, verificare se la disciplina nazionale, così interpretata, sia conforme alla normativa eurounitaria interessata, ossia se l’art. 14 ter co. 7 L. n. 241/1990 sia compatibile o meno con l’art. 6 della Direttiva “habitat” 92/43/CE.

IX.4.1. Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana osserva che la normativa disciplinante la Valutazione di Incidenza Ambientale richiede la sottoposizione all’Autorità preposta del progetto di intervento potenzialmente idoneo ad incidere in senso negativo sulla zona interessata.

L’art. 6 della Direttiva “habitat” 92/43/CE, infatti, prevede che “Qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di una opportuna valutazione dell’incidenza che ha sul sito”.

A sua volta, l’art. 5 del D.P.R. 8 settembre 1997 n. 357 (ed ossia del regolamento adottato in attuazione della predetta Direttiva) prevede che “I proponenti di interventi non direttamente connessi e necessari al mantenimento in uno stato di conservazione soddisfacente delle specie e degli habitat presenti nel sito, ma che possono avere incidenze significative sul sito stesso, singolarmente o congiuntamente ad altri interventi, presentano, ai fini della valutazione di incidenza, uno studio volto ad individuare e valutare, secondo gli indirizzi espressi nell’ allegato G , i principali effetti che detti interventi possono avere sul proposto sito di importanza comunitaria, sul sito di importanza comunitaria o sulla zona speciale di conservazione, tenuto conto degli obiettivi di conservazione dei medesimi” (co. 3), precisandosi che “La valutazione di incidenza di piani o di interventi che interessano proposti siti di importanza comunitaria, siti di importanza comunitaria e zone speciali di conservazione ricadenti, interamente o parzialmente, in un’area naturale protetta nazionale, come definita dalla legge 6 dicembre 1991, n. 394, è effettuata sentito l’ente di gestione dell’area stessa” (co. 7).

In ragione, dunque, di quanto chiarito al punto VII.4., la V.Inc.A. richiede l’adozione di un provvedimento espresso ed il silenzio-assenso nella circostanza prevista dall’art. 14 ter co. 7 L. n. 241/1990 si pone in potenziale conflitto con l’art. 6 della Direttiva “habitat” 92/43 /CE poiché considera esistente una valutazione positiva in realtà mai avvenuta, privando, al contempo, l’Autorità Amministrativa preposta della possibilità di pronunciarsi dopo il consenso tacitamente formatosi.

IX.4.2. Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana ritiene che il contrasto sia superabile sul piano ermeneutico mediante un’interpretazione comunitariamente orientata dell’art. 14 ter co. 7 L. n.241/1990 implicante l’esclusione del silenzio-assenso ogniqualvolta, come nella fattispecie, le disposizioni dell’Unione Europea richiedano l’adozione di provvedimenti espressi.

Come noto, la Corte di Giustizia, già con la sentenza Marleasing del 13 novembre 1990, aveva ritenuto che il giudice nazionale, a prescindere dal fatto che si tratti di norme precedenti o successive alla Direttiva, è tenuto ad interpretare ed applicare il proprio diritto interno alla luce della lettera e dello scopo della Direttiva onde conseguire il risultato perseguito da quest’ultima e conformarsi pertanto all’art. 189, terzo comma, del Trattato. Ed invero, «l’obbligo posto dall’art. 5 del trattato CEE, che si impone a tutti gli organi degli Stati membri, implica che il giudice nazionale deve interpretare il diritto interno alla luce della lettera e dello scopo delle direttive al fine di assicurare – conformemente all’art. 189, comma 3, del trattato – il raggiungimento del risultato da esse perseguito» (Corte giustizia UE, sez. VI, 13/11/1990, n. 106, Marleasing).

La Corte Costituzionale ha recepito siffatto indirizzo nel 2000, ed ossia qualche anno dopo avere affermato l’obbligo dell’interpretazione costituzionalmente orientata delle norme interne.

Con la sentenza 22 ottobre 1996 n.356, infatti, la Corte Costituzionale ha chiarito che le leggi non si dichiarano costituzionalmente illegittime perché è possibile darne interpretazioni incostituzionali, ma perché è impossibile darne interpretazioni costituzionali. Donde, l’obbligo per il giudice di sollevare la questione di legittimità costituzionale soltanto allorché non sia possibile un’interpretazione costituzionalmente orientata della legge.

Con la sentenza 13 giugno 2000 n. 190 la Corte Costituzionale adatta il medesimo principio ai rapporti tra ordinamento comunitario ed ordinamento interno, affermando che, così come l’interpretazione conforme a Costituzione deve essere privilegiata per evitare il vizio di incostituzionalità della norma interpretata, analogamente l’interpretazione non contrastante con le norme comunitarie vincolanti per l’ordinamento interno deve essere preferita, dovendosi evitare che lo Stato italiano si ritrovi inadempiente agli obblighi comunitari.

Nella fattispecie la Direttiva “habitat” 92/43/CE è stata recepita nel nostro ordinamento giuridico con il D.P.R. 8 settembre 1997 n. 357, ossia con un regolamento che, come noto, costituisce fonte subordinata rispetto alla legge e, quindi, all’art. 14 ter L. n. 241/1990.

Pertanto, il rilevato contrasto con la citata Direttiva prospetterebbe in astratto la necessità di sollevare una questione di legittimità costituzionale dell’art. 14 ter co. 7 L. n. 241/1990 nella parte in cui prevede l’operatività del silenzio-assenso anche qualora disposizioni del diritto dell’Unione Europea prevedano l’adozione di provvedimenti espressi, non potendosi procedere alla disapplicazione della citata normativa per contrasto con una Direttiva non self executive che è stata recepita con un regolamento che costituisce fonte subordinata alla legge.

Sennonché, in ossequio ai richiamati orientamenti, il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana ritiene di poter fornire un’interpretazione comunitariamente orientata della legge italiana superando i limiti in cui è ammissibile nel nostro ordinamento l’analogia, mediante la disapplicazione dell’art. 14 disp. prel. c.c. per contrasto con l’art. 4 del T.U.E. nella parte in cui sancisce il dovere per gli Stati membri di adottare ogni misura di carattere generale o particolare atta ad assicurare l’esecuzione degli obblighi derivanti dai trattati o conseguenti agli atti delle Istituzioni dell’Unione Europea.

Ed invero, la necessità di ricercare un’interpretazione comunitariamente orientata può giustificare, come nella circostanza, il superamento dei limiti entro i quali è consentita nel nostro ordinamento l’analogia tra norme del diritto interno, al punto da ritenersi ammissibile l’applicazione analogica di una norma interna conforme al diritto dell’Unione Europea che, pur essendo eccezionale in quanto derogatoria rispetto alla regola generale del silenzio-assenso, può garantire, la conformità al diritto dell’Unione Europea di altre norme nazionali.

Di conseguenza, la necessità di garantire il rispetto degli impegni assunti dall’Italia con la partecipazione all’Unione Europea consente un’interpretazione comunitariamente orientata delle norme del diritto nazionale, utilizzando l’istituto dell’analogia in un caso in cui di regola non sarebbe applicabile.

Considerato, dunque, che la disciplina eurounitaria prevede l’adozione di un provvedimento espresso, ossia la V.Inc.A., e che il silenzio-assenso non può ritenersi compatibile in quanto esclude le valutazioni di competenza dell’Autorità Amministrativa all’uopo preposta, deve ritenersi operante nell’ambito della Conferenza di Servizi simultanea o “sincrona” il medesimo limite già previsto nell’ambito della Conferenza di Servizi semplificata o “a-sincrona”, con conseguente estensione in via ermeneutica in coda all’ultimo periodo dell’art. 14 ter co. 7 L. n. 241/1990 della clausola di esclusione (“Fatti salvi i casi in cui disposizioni del diritto dell’Unione europea richiedono l’adozione di provvedimento espressi”) prevista dall’art. 14 bis co. 4 L. n. 241/1990, a siffatto esito pervenendosi mediante la disapplicazione dell’art. 14 disp. prel. c.c. per rilevato contrasto con l’art. 4 del T.U.E..

IX.5. Il che implica, nella circostanza, l’impossibilità di ritenere tacitamente acquisita una V.Inc.A. positiva in ragione dell’omessa partecipazione del Comune di Niscemi alla Conferenza di Servizi simultanea o “sincrona” tenutasi il 20 dicembre 2018.

IX.6. Tuttavia, siffatta conclusione non comprova la fondatezza del motivo di illegittimità proposto dal Comune di Niscemi.

Se, infatti, non può operare nella circostanza l’istituto del silenzio-assenso per le ragioni anzidette non può, però, ritenersi che la condotta omissiva dell’Autorità preposta all’adozione di un provvedimento che il diritto dell’Unione Europea vuole sia formalizzato in modo espresso possa, di per sé, determinare l’arresto della Conferenza di Servizi decisoria simultanea o “sincrona”, dovendosi anche salvaguardare il principio di buon andamento della Pubblica Amministrazione di cui all’art. 97 Cost. alla quale sono ispirati tutti gli istituti di semplificazione amministrativa.

Ed invero, la Conferenza di Servizi costituisce il modulo procedimentale in cui la collaborazione tra le Pubbliche Amministrazioni coinvolte è rafforzata dall’esigenza di assicurare la celere definizione di procedimenti complessi in quanto contraddistinti dalla necessità di contemperare i molteplici e rilevanti interessi pubblici intercettati.

Di conseguenza, le Amministrazioni interpellate sono tenute a garantire una partecipazione attiva ai lavori della Conferenza di Servizi al fine di consentire una rapida e adeguatamente ponderata valutazione congiunta di tutti gli interessi pubblici coinvolti, in tal senso deponendo il dovere di collaborazione istituzionale all’osservanza del quale ciascun Ente pubblico è tenuto nelle relazioni con altri Enti pubblici. Questo dovere di collaborazione costituisce, da un lato, declinazione del principio di imparzialità e buon andamento della Pubblica Amministrazione di cui all’art. 97 Cost. , e, dall’altro, proiezione applicativa dei principi di solidarietà e buona fede.

Se, infatti, l’art. 1 co. 2 bis L. n. 241/1990 impone all’Amministrazione nei rapporti verticali con il cittadino l’osservanza dei principi di collaborazione e di buona fede deve, a maggior ragione, ritenersi che lo stesso valga anche nei rapporti orizzontali tra Amministrazioni.

La collaborazione istituzionale costituisce, dunque, un valore a tutela del migliore soddisfacimento dell’interesse pubblico perseguito dalle pubbliche amministrazioni.

Il che implica il dovere per gli Enti interpellati di partecipare alla Conferenza di Servizi alla quale siano stati convocati, non essendo tollerabili dall’ordinamento, in quanto contrari all’art. 97 Cost. ed a buona fede, condotte omissive od ostruzionistiche in ragione della loro attitudine a rallentare o, peggio, impedire la celere prosecuzione e definizione del procedimento.

Per queste ragioni il legislatore nazionale ha ampliato sempre più l’istituto del silenzio-assenso anche nell’ambito della Conferenza di Servizi decisoria, con l’unico limite, come già detto, dei casi in cui il diritto dell’Unione Europea imponga l’adozione di provvedimenti espressi.

Sennonché, in siffatte ipotesi sia il silenzio serbato sia la mancata partecipazione alla Conferenza di Servizi da parte delle Autorità preposte all’adozione di provvedimenti che, in base al diritto dell’Unione Europea, devono essere formalizzati in modo espresso non possono ritenersi idonei a determinare sempre e comunque un arresto procedimentale dei lavori, poiché, diversamente opinando, essendo in astratto superabili soltanto mediante la proposizione di un apposito ricorso ai sensi dell’art. 117 c.p.a. da parte dell’Amministrazione procedente, si legittimerebbero condotte dilatorie ed ostruzionistiche inammissibili, in quanto contrarie ai principi di cui all’art. 97 Cost..

Né, peraltro, a diverso esito può pervenirsi rivalutando quale elemento indicativo della natura “a-significativa” del silenzio in questione il potere sostitutivo riconosciuto dall’art. 1 co. 3 secondo periodo della L.R. 8 maggio 2007 n. 13 all’Assessorato Regionale del Territorio e dell’Ambiente nei casi in cui il Comune non si sia pronunciato sulla Valutazione di Incidenza Ambientale entro il termine ivi previsto di 60 giorni, poiché la peculiare disciplina contemplata dall’art. 14 ter L. n. 241/1990 deve ritenersi preminente rispetto alla richiamata normativa regionale disciplinante il procedimento ordinario di acquisizione della Valutazione di Incidenza Ambientale.

Peraltro, va osservato che nella circostanza l’Autorità Amministrativa competente all’esercizio del predetto potere in via sostitutiva, ossia l’Assessorato Regionale del Territorio e dell’Ambiente, era stata convocata e, al pari del Comune di Niscemi, non ha partecipato alla Conferenza di Servizi indetta per il 20 dicembre 2018. Di conseguenza, il tema della condotta omissiva ostativa alla prosecuzione dei lavori in Conferenza di Servizi continuerebbe ad essere egualmente rilevante.

Pertanto, sia nel caso di silenzio sia nel caso di astensione dalla partecipazione ai lavori si impone l’esigenza di ascrivere un significato alla condotta omissiva serbata dalle Autorità Amministrative interpellate, interpretando in senso costituzionalmente orientato, l’art. 14 ter co. 7 L. n. 241/1990 onde pervenire alla conclusione che il suddetto comportamento, se per le ragioni anzidette non può valere quale atto di assenso, debba assumere nei rapporti tra Pubbliche Amministrazioni la diversa valenza di un dissenso, ossia di un diniego totale alla conclusione positiva dei lavori della Conferenza di Servizi decisoria simultanea o “sincrona”.

Considerato, infatti, che nell’ambito della Conferenza di Servizi decisoria le condotte omissive sono superate dall’applicazione della regola del silenzio-assenso e che, quindi, l’ordinamento interno non tollera atteggiamenti non collaborativi da parte delle Amministrazioni interpellate, deve ritenersi che qualora la predetta regola non possa operare in ragione di quanto previsto dalle disposizioni del diritto dell’Unione Europea il silenzio non possa ritenersi quale condotta neutra o “a-significativa”, dovendo assumere un significato che consenta all’Amministrazione procedente di valutarlo ai fini della conclusione dei lavori.

Nel caso in esame l’unico significato compatibile con la disciplina eurounitaria di riferimento nella circostanza è quello del diniego.

Invero, l’art. 6 della Direttiva “habitat” 92/43/CE e l’art. 5 del D.P.R. 8 settembre 1997 n. 357 postulano l’esigenza di un provvedimento espresso poiché la peculiare rilevanza riconosciuta alla tutela del bene ambiente presuppone che l’eventuale giudizio positivo sia manifestato da parte dell’Autorità preposta alla valutazione di incidenza ambientale in modo chiaro, tanto più nella prospettiva che possa essere condizionato all’adozione di talune prescrizioni.

In sostanza, il dato del quale il diritto dell’Unione Europea intende avere certezza è che la compatibilità di una certa opera con il rispetto dell’ambiente sia affermata in modo espresso dall’Autorità competente.

Di conseguenza, ad essere contraria al diritto dell’Unione Europea è soltanto la prospettiva del silenzio-assenso, in quanto determinante gli effetti di un giudizio positivo che l’Autorità preposta alla valutazione di incidenza ambientale potrebbe non condividere o neanche avere valutato, mentre non lo è la differente prospettiva del silenzio-dissenso in quanto, replicando gli effetti di una valutazione ostativa alla modifica delle condizioni attuali dei luoghi interessati dalla realizzazione di determinate opere, assume la valenza di una decisione comunque protettiva del bene ambiente.

Pertanto, considerata la sua compatibilità con l’art. 6 della Direttiva “habitat” 92/43/CE, alla mancata partecipazione del Comune di Niscemi alla Conferenza di Servizi decisoria simultanea o “sincrona” deve ascriversi il significato di silenzio-dissenso, anche tenuto conto delle ragioni che ne hanno motivato l’assenza.

Ed invero, l’attesa del parere dell’Ente Gestore della Riserva Naturale Orientata della Sughereta di Niscemi costituiva ragione sufficiente ad esprimere una motivata valutazione di incidenza ambientale negativa, quanto meno allo stato.

Pertanto, i doveri di collaborazione istituzionale imponevano al Comune di Niscemi di partecipare alla Conferenza di Servizi del 20 dicembre 2018 ed in quella sede esprimere il proprio dissenso motivato a tutela del bene ambiente.

Donde, la piena simmetria e compatibilità del silenzio-dissenso presunto dall’assenza nella Conferenza di Servizi del Comune di Niscemi con la condotta procedimentale che sarebbe stato doveroso tenere ai sensi dell’art. 97 Cost. e dei principi di collaborazione e buona fede.

Il dissenso del Comune non costituiva però un limite insuperabile all’adozione della determinazione conclusiva dei lavori in senso favorevole, poiché, secondo quanto previsto dall’art. 5 co. 9 e co. 10 del D.P.R. n. 357/1997 in conformità all’art. 6 co. 4 della Direttiva “habitat” 92/43/CE : “9. Qualora, nonostante le conclusioni negative della valutazione di incidenza sul sito ed in mancanza di soluzioni alternative possibili, il piano o l’intervento debba essere realizzato per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale ed economica, le amministrazioni competenti adottano ogni misura compensativa necessaria per garantire la coerenza globale della rete “Natura 2000” e ne danno comunicazione al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio per le finalità di cui all’ articolo 13”; ed, inoltre: “10. Qualora nei siti ricadano tipi di habitat naturali e specie prioritari, il piano o l’intervento di cui sia stata valutata l’incidenza negativa sul sito di importanza comunitaria, può essere realizzato soltanto con riferimento ad esigenze connesse alla salute dell’uomo e alla sicurezza pubblica o ad esigenze di primaria importanza per l’ambiente, ovvero, previo parere della Commissione europea, per altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico”.

Con riguardo al caso in esame le opere deliberate in seno alla Conferenza di Servizi decisoria simultanea o in modalità “sincrona” erano necessarie per eliminare i rilevati rischi alla sicurezza e, quindi, alla salute del personale operante nelle infrastrutture in questione che si protraevano ormai da tempo.

Inoltre, deve rilevarsi che, secondo gli studi di incidenza condotti, la realizzazione dei progetti approvati “potrebbe comportare incidenze di bassa entità che, qualora effettivamente si manifestassero in sede di cantiere, verranno comunque prevenute/minimizzate con l’ausilio della presenta di un botanico in situ e degli accorgimenti operativi indicati nei suddetti Studi, con particolare riferimento alle eventuali interferenze che potrebbero interessare i residui tre individui arborei di Quercus Suber (rispetto ai ventisei individui eventualmente interferiti nelle ipotesi più conservative assunte) e che si cercherà comunque di scongiurare” (pag. 4 del verbale della Conferenza di Servizi del 20 dicembre 2018).

Anche il profilo della salute della popolazione è stato adeguatamente esaminato, essendo stato approntato un sistema di continuo monitoraggio dei campi elettromagnetici da parte della U.S. Navy su indicazione dell’A.R.P.A. Sicilia che ha rilevato dati ben inferiori rispetto ai limiti previsti dalla vigente normativa italiana. L’A.R.P.A. ha, inoltre, manifestato al Comune di Niscemi la disponibilità su richiesta ad incrementare il numero dei punti di misura, anche includendo eventuali siti considerati sensibili all’interno della zona residenziale comunale.

Peraltro, è stato precisato che le antenne del MUOS sono dotate di un sistema di blocco meccanico ed elettromagnetico al di sotto di un angolo limite che previene l’eventuale indirizzamento del fascio verso aree sensibili civili ubicate nelle immediate vicinanze delle antenne stesse, “dal momento che l’orografia della zona impedisce in ogni caso l’indirizzamento del fascio verso aree più lontane e, comunque, verso l’abitato del Comune di Niscemi” (pag. 3 del verbale della Conferenza di Servizi del 20 dicembre 2018).

Pertanto, considerato che la Direttiva “habitat” 92/43/CE e la relativa disciplina nazionale di recepimento contemplata dall’art. 5 del D.P.R. 357/1997 ammettono il superamento della Valutazione di Incidenza Ambientale negativa allorché la realizzazione dell’opera sia giustificata da motivi imperativi di rilevante interesse pubblico e nei siti in cui ricadano tipi di habitat naturali e specie prioritari soltanto in ragione di esigenze connesse alla salute dell’uomo e alla sicurezza pubblica o ad esigenze di primaria importanza per l’ambiente, ovvero, previo parere della Commissione europea, per altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico e considerato che nella fattispecie l’improcrastinabilità dei lavori deliberati era motivata dall’esigenza di eliminare il protrarsi di un rischio “alla sicurezza del personale operante” addetto alle infrastrutture in questione e, dunque, in ragione della necessità di salvaguardare la salute dell’uomo, la delibera approvata in seno alla Conferenza di Servizi decisoria del 20 dicembre 2018 è pienamente conforme alla richiamata disciplina contemplata dalla predetta Direttiva e dal D.P.R. emanato in recepimento della stessa.

Peraltro, nella fattispecie in esame non occorre una motivazione particolareggiata ed approfondita. Infatti, l’omessa partecipazione alla predetta Conferenza di Servizi da parte del Comune di Niscemi e la considerazione dell’assenza quale condotta indicativa di una contrarietà all’approvazione dei lavori in discussione alla stregua di un vero e proprio silenzio-dissenso attenuano l’onere motivazionale che deve contraddistinguere la delibera di approvazione delle opere in presenza di una Valutazione di Incidenza Ambientale negativa espressa.

Invero, in mancanza di un provvedimento espresso l’Amministrazione procedente non ha l’onere di confutare le ragioni del dissenso ed è sufficiente la chiara ed univoca indicazione di motivi di ordine imperativo idonei a giustificare la decisione adottata, secondo quanto previsto dalla Direttiva “habitat” 92/43/CE e dal D.P.R. n. 357/1997.

  1. – Conclusioni.

X.1. L’appello, pertanto, è fondato e giustifica la riforma della sentenza impugnata ed il rigetto del ricorso di primo grado proposto dal Comune di Niscemi.

  1. – Le spese processuali.

XI.1. La peculiare complessità delle questioni di diritto esaminate giustifica l’integrale compensazione delle spese processuali del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, sezione giurisdizionale, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, riforma la sentenza impugnata e rigetta il ricorso di primo grado.

Compensa per intero le spese processuali tra le parti del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 17 gennaio 2024 con l’intervento dei magistrati: