I RAPPORTI TRA CONTROLLO GIUDIZIARIO A RICHIESTA E INTERDITTIVA ANTIMAFIA AL VAGLIO DELL’ADUNANZA PLENARIA

Consiglio di Stato, Sez. III, 6 giugno 2022, n. 4578

Vanno sottoposti all’Adunanza plenaria i seguenti quesiti:

a) se la proposizione della domanda per controllo giudiziario c.d. volontario e la successiva ammissione dell’operatore economico a tale misura di prevenzione patrimoniale, prevista dall’art. 34-bis, comma 6, del d. lgs. n. 159 del 2011, determinino o meno, oltre alla sospensione degli effetti interdittivi dell’informazione antimafia prevista espressamente dal comma 7 dell’art. 34-bis, anche la sospensione necessaria, ai sensi dell’art. 79, comma 1, c.p.a. e dell’art. 295 c.p.c., del giudizio amministrativo, avente ad oggetto l’impugnazione dell’informazione antimafia stessa, per la necessità di attendere che, all’esito della misura concessa dal giudice della prevenzione sulla base di una prognosi favorevole, il Prefetto rivaluti, in sede di aggiornamento ai sensi dell’art. 91, comma 5, del d. lgs. n. 159 del 2011, la situazione dell’operatore economico ai fini antimafia per adottare, se del caso, un’informativa liberatoria, che determinerebbe nel giudizio amministrativo la cessazione della materia del contendere, quantomeno ai fini impugnatori;

b) se la proposizione della domanda per controllo giudiziario c.d. volontario e la successiva ammissione dell’operatore economico a tale misura di prevenzione patrimoniale, prevista dall’art. 34-bis, comma 6, del d. lgs. n. 159 del 2011, determinino o meno, ai sensi dell’art. 79, comma 1, c.p.a. e dell’art. 295 c.p.c., la sospensione necessaria del giudizio amministrativo, avente ad oggetto l’impugnazione delle misure adottate dal Prefetto ai sensi dell’art. 32, comma 10, del d.l. n. 90 del 2014, conv. con mod. in l. n. 114 del 2014, oltre che per le ragioni di cui al punto a), laddove si contesti la legittimità dell’informativa antimafia presupposta, anche per la necessità di garantire, comunque, la prevalenza del controllo giudiziario rispetto a tali misure amministrative, cedevoli rispetto alla vigilanza prescrittiva disposta dal giudice della prevenzione;

c) se la mancata sospensione del giudizio amministrativo da parte del giudice di primo grado nelle ipotesi di cui sub a) e sub b), una volta dedotta in appello contro la sentenza che abbia pronunciato nel merito, costituisca un error in procedendo tale da imporre la rimessione della causa al primo giudice, ai sensi dell’art. 105, comma 1, c.p.a., o invece determini solo la necessità, per lo stesso giudice d’appello, di sospendere direttamente il giudizio ai sensi dell’art. 79, comma 1, c.p.a. e dell’art. 295 c.p.c.

 

ORDINANZA

sul ricorso numero di registro generale 9414 del 2019, proposto da -OMISSIS-in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocato Alessandro Lucchetti, con domicilio eletto presso lo studio dell’Avvocato Aristide Police in Roma, viale Liegi, n. 32;

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, e Ufficio Territoriale del Governo – Prefettura di Fermo, in persona del Prefetto pro tempore, entrambi rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici sono domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

nei confronti

-OMISSIS-non costituita in giudizio;
-OMISSIS-, non costituito in giudizio;
-OMISSIS-non costituita in giudizio;

sul ricorso numero di registro generale 9422 del 2019, proposto da -OMISSIS-in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocato Alessandro Lucchetti, con domicilio eletto presso lo studio dell’Avvocato Aristide Police in Roma, viale Liegi, n. 32;

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, e Ufficio Territoriale del Governo – Prefettura di Fermo, in persona del Prefetto pro tempore, entrambi rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici sono domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

per la riforma

quanto al ricorso R.G. n. 9414 del 2019:

della sentenza n. -OMISSIS-del Tribunale amministrativo regionale per le Marche, sez. I, resa tra le parti, che ha respinto il ricorso, integrato da motivi aggiunti, di -OMISSIS-odierna appellante, contro l’informativa antimafia ad effetti interdittivi emessa dall’Ufficio Territoriale del Governo – Prefettura di Fermo, prot. n. -OMISSIS- e notificata il giorno successivo, nei confronti della stessa appellante.

quanto al ricorso R.G. n. 9422 del 2019:

per la riforma della sentenza n. -OMISSIS-dello stesso Tribunale amministrativo regionale per le Marche, sez. I, resa tra le parti, che ha respinto il ricorso proposto dall’odierna appellante, -OMISSIS-avverso la nota prot. n. -OMISSIS-, con cui l’Ufficio Territoriale del Governo – Prefettura di Fermo ha disposto la gestione straordinaria e temporanea di -OMISSIS-ai sensi dell’art. 32, comma 10, del d.l. n. 90 del 2014, conv. con mod. in l. n. 114 del 2014, con riferimento alla prosecuzione del contratto di appalto per i servizi di igiene urbana nonché per la prosecuzione di tutti gli ulteriori contratti pubblici in corso di esecuzione.

visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell’Interno e dell’Ufficio Territoriale del Governo – Prefettura di Fermo;

visti tutti gli atti della causa;

relatore nell’udienza pubblica del giorno 26 maggio 2022 il Consigliere Massimiliano Noccelli e uditi per l’odierna appellante, -OMISSIS-l’Avvocato Alessandro Lucchetti e per le amministrazioni appellate l’Avvocato dello Stato Tito Varrone;

viste le conclusioni delle parti come da verbale;

1. L’odierna appellante, -OMISSIS-è un’impresa da anni attiva a livello nazionale nel settore della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti e si è vista nel tempo aggiudicare svariati appalti da Comuni anche di grandi dimensioni.

1.1. Nel luglio del 2015 l’Ufficio Territoriale del Governo – Prefettura di Fermo, territorialmente competente in quanto -OMISSIS- aveva dislocato la propria sede legale nel territorio del predetto capoluogo di provincia, a fronte di richiesta di certificazione antimafia concernente la predetta società, ha appreso del coinvolgimento dell’amministratore della stessa, -OMISSIS-, in un procedimento penale per reati di notevole gravità pendente dinanzi al Tribunale di Macerata e ha adottato un’informativa antimafia a carattere interdittivo nei confronti della stessa -OMISSIS-

1.2. L’informativa in questione è stata oggetto di immediata impugnazione dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche – di qui in avanti, per brevità, solo “il Tribunale” – che dapprima, con l’ordinanza n. -OMISSIS-, ne ha sospeso l’esecutività in pendenza del giudizio.

1.3. Il proovvedimento interdittivo è stato, poi, annullato in via di autotutela dalla Prefettura di Fermo, con la conseguenza che il ricorso in origine proposto da Senesi s.p..a è stato poi dichiarato improcedibile con la sentenza n. -OMISSIS-dallo stesso Tribunale.

1.4. A distanza di poco più di due anni, a seguito di accertamenti effettuati per valutare se confermare o meno l’iscrizione predetta società nell’elenco di cui all’art. 1, comma 53, della l. n. 190 del 2012 (c.d. “white list”) istituito presso di essa, la Prefettura di Fermo ha appreso del coinvolgimento della predetta società e del suo amministratore (sempre il Briganti) in un procedimento penale scaturito da indagini della Direzione Distrettuale Antimafia di Catania concernente anche le vicende che avevano costellato appalto di raccolta e smaltimento rifiuti urbani affidatole da Comune sito nella provincia catanese e che, nel contesto di tale procedimento penale, era intervenuta un’ordinanza del G.U.P. presso il Tribunale di Catania, con la quale per un verso era stata disposta misura custodiale nei confronti del -OMISSIS-e, per altro verso, il sequestro giudiziario di -OMISSIS-

1.5. In ragione di tali notizie e di quanto in quel momento era dato di conoscere riguardo alle risultanze delle indagini, che avevano condotto all’emissione della predetta ordinanza, la Prefettura di Fermo ha adottato il 27 novembre 2017 una nuova informativa a carattere interdittivo nei confronti dell’odierna appellante, -OMISSIS-

1.6. Anche tale informativa è stata oggetto di immediata impugnazione dinanzi al Tribunale da parte di -OMISSIS-

1.7. Nella pendenza del presente giudizio la Prefettura di Fermo è venuta a conoscenza degli immediati sviluppi del procedimento penale di cui sopra e, cioè, le ordinanze del Tribunale del Riesame di Catania, con le quali sono state annullate sia la misura custodiale disposta dal G.U.P. presso il predetto Tribunale di Catania nei confronti dell’allora amministratore della -OMISSIS- sia il sequestro riguardante quest’ultima, e ha ritenuto di dover rivalutare la situazione riguardante la predetta società, disponendo la sospensione degli effetti interdittivi, con il provvedimento prot. n. -OMISSIS-, proprio per via di tali immediati sviluppi in sede penale.

1.8. All’esito di ulteriori approfondimenti, aventi ad oggetto sia quanto era fino ad allora emerso nell’ambito del procedimento penale, di cui si è detto, sia la documentazione varia fatta pervenire dalla -OMISSIS-la Prefettura di Fermo, con il provvedimento prot. n. 0-OMISSIS-, si è determinata nel senso di dare atto, per un verso, del venir meno della sospensione della precedente informativa, sospensione disposta con provvedimento del 14 dicembre 2017 prot. -OMISSIS-proprio perché gli immediati sviluppi del procedimento penale avevano sin da subito denotato la necessità di rivalutare la situazione di -OMISSIS-e, per altro verso, che nei confronti della predetta società permaneva «un quadro complessivo di elementi indiziari tali da far permanere molto attendibile l’esistenza di un probabile condizionamento da parte della criminalità organizzata nei confronti della medesima società».

2. La misura prefettizia in questione è stata oggetto di immediata impugnativa da parte di -OMISSIS- dinanzi al Tribunale con il ricorso, rubricato al R.G. n. -OMISSIS-, e incentrato su tre motivi, con i quali è stato chiesto l’annullamento, previa sospensione, del provvedimento interdittivo, in una con tutti gli atti connessi, prodromici e consequenziali.

2.1. Con il primo di questi tre motivi la ricorrente in prime cure ha lamentato l’illegittimità della nuova (terza) informativa a carattere interdittivo che aveva colpito -OMISSIS- per essere la Prefettura di Fermo incorsa nella violazione e falsa applicazione dell’art. 84, commi 3 e 4, nonché dell’art. 91, commi 5 e 6, e infine dell’art. 93 del d. lgs. n. 159 del 2011, anche in combinato disposto con il punto 3 della Circolare dell’Ufficio II “Ordine e Sicurezza Pubblica” del Ministero dell’Interno n°1101/119/20(6) dell’8 febbraio 2013 rubricato “Valutazione delle situazioni indizianti” in ordine alla radicale insussistenza dei presupposti tipizzati dalla legge da cui siano dati desumersi i c.d. “tentativi di infiltrazione mafiosa” suscettibili di dar luogo all’adozione dell’informazione antimafia a carattere interdittivo e per essere il suo operato inficiato da eccesso di potere nella figura sintomatica del difetto di motivazione come conseguenza del difetto di attività istruttoria.

2.2. Con il secondo motivo -OMISSIS- ha addotto che la nuova informativa era illegittima per essere la Prefettura di Fermo incorsa nella violazione degli art. 93, commi 1, 4 e 7 del d. lgs. n. 159 del 2011 in relazione all’art. 84, comma 4 del predetto decreto legislativo appunto da esso richiamato e per essere il suo operato inficiato da eccesso di potere per difetto di motivazione, di attività istruttoria e sviamento.

2.3. Infine con il terzo motivo, -OMISSIS- ha censurato in prime cure l’informativa oggetto d’impugnazione per essere la Prefettura di Fermo incorsa nella violazione dell’art. 93, comma 4, del d. lgs. n. 159 del 2011, così come interpretato dalla circolare ministeriale del M.I. n° 11001/119/20(6) dell’8 febbraio 13, punto 3, pag. 5, in punto di onere di adeguata e rigorosa motivazione e dell’art. 3 della l. 241 del 1990 e per essere il suo operato inficiato da eccesso di potere dovuto a difetto di motivazione come conseguenza del difetto di attività istruttoria con specifico riferimento all’omessa verifica ed indicazione degli elementi esatti concreti ed oggettivamente significativi della ritenuta infiltrazione mafiosa.

2.4. Nel primo grado del giudizio si sono costituiti il Ministero dell’Interno e la Prefettura di Fermo, nel convincimento della correttezza e legittimità del proprio operato, e si sono opposti all’accoglimento del ricorso.

2.5. All’esito della camera di consiglio del 21 febbraio 2018 il Tribunale, reputando sussistente il periculum in mora, limitatamente agli effetti che l’impugnata informativa era idonea a produrre in relazione alle 10 procedure ad evidenza pubblica in cui la ricorrente era risultata aggiudicataria nel recente passato e a quelle attualmente in svolgimento, mentre per gli appalti in corso di esecuzione si escludeva che la Società istante poteva subire pregiudizi poiché nel frattempo la Prefettura Ufficio Territoriale del Governo di Fermo ne aveva disposto il Commissariamento ex art. 32 del d.l. 90/2014), con l’ordinanza n. -OMISSIS-ha disposto che la Prefettura di Fermo dovesse «rideterminarsi, prendendo in esame le misure di rigenerazione adottate dall’impresa ricorrente (con particolare riguardo al modello societario di gestione e all’Organismo di Vigilanza) e verificando tutte le altre circostanze che i rappresentanti della ditta saranno in grado di esporre in sede di audizione personale» entro quindici giorni dalla notifica o dalla comunicazione della stessa.

2.6. A questa prima ordinanza è seguita, in primo grado, una lunga ed articolata fase cautelare, scandita da diverse ordinanze del Tribunale (in particolare, l’ordinanza n. -OMISSIS-), all’esito delle quali la Prefettura di Fermo ha svolto il richiesto riesame, confermando il provvedimento interdittivo con ulteriori determinazioni e note, che sono stati oggetto di motivi aggiunti proposti in primo grado da parte di -OMISSIS-la quale ha contro di esse reiterato, in sintesi, le medesime censure che aveva proposto contro il primo provvedimento.

2.7. L’udienza pubblica per l’esame del merito, ravvisandosi all’esito di tale fase cautelare, comunque, la necessità di definire il giudizio con la massima celerità, è stata frattanto fissata dal Tribunale per la data del 6 febbraio 2019.

2.8. Infine, all’esito del giudizio, il Tribunale, con la sentenza n. -OMISSIS-, ha respinto il ricorso e i motivi aggiunti proposti da -OMISSIS-

3. Il primo giudice, a conclusione di una complessa disamina dei plurimi elementi posti a base del provvedimento interdittivo adottato dal Prefetto di Fermo nonché della davvero copiosa documentazione versata in atti dalla ricorrente, ha ritenuto, in sintesi, che il Prefetto stesso, non essendo tenuto ex lege a provare l’avvenuta commissione di reati e/o la violazione di specifiche norme di legge, non abbia violato i principî desumibili dalla normativa di settore e dalla giurisprudenza consolidata da questo Consiglio di Stato in materia, perché ha accertato che il coinvolgimento di -OMISSIS- in numerosi procedimenti penali, relativi ai cc.dd. delitti spia, unito al fatto che le misure di rigenerazione sino a quel momento poste in essere da -OMISSIS- non hanno reciso il legame tra lo stesso -OMISSIS- e -OMISSIS-costituisca ragione sufficiente per l’adozione e la conferma dell’informativa antimafia.

3.1. Più in particolare, secondo il Tribunale, è certamente vero che -OMISSIS- ha:

a) licenziato i lavoratori menzionati nell’informativa del novembre 2017, anche se molti di essi, come segnalato dalla ricorrente nel corso della discussione orale avanti allo stesso Tribunale, hanno nel frattempo ottenuto la reintegrazione da parte del giudice del lavoro;

b) nominato un nuovo consiglio di amministrazione e un organismo di vigilanza, ai sensi del d. lgs. n. 231 del 2011, e adottato un nuovo modello organizzativo e gestionale;

c) nella persona dell’azionista unico, costituito in favore di un terzo un diritto di usufrutto sulle proprie quote societarie.

3.2. E tuttavia sarebbe altrettanto vero che:

a) -OMISSIS- ha conservato all’interno dell’azienda rilevanti poteri operativi, essendo ancora il responsabile tecnico e, a questo riguardo, va sottolineata anche la relazione presentata a suo tempo dal dimissionario commissario prof. -OMISSIS-, in cui si giudicava criticamente la struttura fortemente accentrata dell’azienda (e tale giudizio critico è stato poi confermato anche dagli attuali commissari -OMISSIS-, nominati dal Prefetto ai sensi dell’art. 32, comma 10, del d.l. n. 90 del 2014, conv. con mod. in l. n. 114 del 2014);

b) il diritto di usufrutto è stato costituito (e per la durata di 12 mesi) in favore di un soggetto che faceva parte del precedente consiglio di amministrazione della società e che ha forti e risalenti legami con -OMISSIS-, essendo il suo commercialista da molti anni;

c) come risulta dal verbale del 29 giugno 2018 del nuovo consiglio di amministrazione dell’organismo di vigilanza fa parte un ex componente del precedente consiglio di amministrazione (avv. Carano).

3.3. Risulterebbe chiaro, dunque, che, se il soggetto che per la Prefettura costituisce il possibile trait d’union con organizzazioni malavitose è l’azionista unico della ditta ricorrente, le predette misure di rigenerazione sono insufficienti.

3.4. Con il provvedimento impugnato con il ricorso introduttivo, il Prefetto ha adottato una nuova interdittiva la quale, come ritenuto dal Tribunale nell’ordinanza n. 14 del 2018, sostituisce quella del novembre 2017, visto che essa è intervenuta in un momento in cui sono mutati alcuni assetti societari e che dunque la stessa si fonda su una rinnovata istruttoria, a fondamento della quale sono stati posti:

– in parte, alcuni degli elementi già valorizzati nel precedente provvedimento;

– in parte, la valutazione negativa dell’efficacia delle misure di rigenerazione adottate dalla ditta Senesi.

3.5. Questo sintetico excursus è funzionale, secondo la sentenza impugnata, a chiarire il fatto che i procedimenti di cui al libro II del d. lgs. n. 159 del 2011 sono sempre aperti, ovviamente fino a che non intervenga una sentenza penale che faccia definitiva chiarezza – in senso favorevole al soggetto interessato – circa l’assenza di pericoli di infiltrazione mafiosa, sicché non può negarsi alle forze di polizia e al Prefetto di continuare a monitorare aziende e imprenditori sui quali siano emersi in passato sospetti in tal senso, fatto salvo il caso in cui una precedente interdittiva non sia stata annullata per assoluta carenza.

3.6. Nel caso di specie, come si è detto, l’informazione antimafia del 2015 è stata annullata in autotutela non perché vi fosse assoluta carenza dei presupposti di fatto, essendo indiscutibile che il sig. -OMISSIS-fosse all’epoca imputato per un c.d. reato spia), ma perché tali presupposti sono stati ritenuti sia dal Tribunale – limitatamente alla fase cautelare – che dalla stessa Prefettura – in sede di riesame – ancora insufficienti a sorreggere da soli un provvedimento di tale gravità quale è l’informazione antimafia.

3.7. Ma, ha così concluso il Tribunale, la Prefettura di Fermo, nell’informazione antimafia del 22 gennaio 2018, ha inoltre rilevato che Rofolfo -OMISSIS-è indagato a Catania per reati contro la pubblica amministrazione di una certa gravità e che tale situazione permane pur dopo i provvedimenti favorevoli adottati dal Tribunale del riesame, sicché non è di per sé sintomo di eccesso di potere il fatto che il Prefetto, non essendo tenuto a circoscrivere il campo di indagine solo ai fatti oggetto di un processo penale, esprima un giudizio di pericolosità a carico di un soggetto anche se, sul medesimo soggetto, l’autorità giudiziaria penale abbia espresso un giudizio differente.

3.8. L’autorità prefettizia ha quindi giudicato non rilevanti, se paragonate al quadro indiziario complessivo, le misure adottate medio tempore da -OMISSIS- e, in particolare:

a) l’allontanamento dei dipendenti menzionati nella prima interdittiva e che nel novembre 2017 erano ancora in organico all’azienda;

b) la redazione di un nuovo modello organizzativo e gestionale e la designazione di un organismo di vigilanza e controllo, in quanto risulta per tabulas che i componenti designati a far parte dell’organismo di vigilanza hanno accettato la nomina il 24 gennaio 2018, sicché è oggettivamente comprovato quanto affermato dal Prefetto nel provvedimento impugnato e, cioè. che nella data in cui si è svolto l’incontro finalizzato ad esaminare le misure di rigenerazione l’organismo di vigilanza non era in concreto operante.

3.9. Infine il Tribunale ha osservato che, in realtà, nemmeno il processo penale a suo tempo pendente davanti al Tribunale di Ancona per il reato di cui all’art. 260 del d. lgs. n. 152 del 2006 (e in seguito trasferito per competenza a Macerata) si è concluso in senso completamente favorevole per -OMISSIS-, atteso che, come emerge dalla sentenza depositata in giudizio (v. doc. allegato n. 163 ai secondi motivi aggiunti), i reati in questione sono stati dichiarati estinti per prescrizione e, quindi, non è intervenuta alcuna assoluzione nel merito.

4. Avverso tale sentenza, che ha respinto le censure proposte in primo grado con il ricorso e i motivi aggiunti, ha proposto appello -OMISSIS- con ricorso rubricato al R.G. n. 9414/2019, articolando cinque motivi di censura, qui di seguito riassunti, e ne ha chiesto, previa sospensione dell’esecutività in via cautelare, la integrale riforma, con il conseguente accoglimento del ricorso e dei motivi aggiunti proposti in primo grado.

4.1. Con il primo motivo (pp. 9-14 del ricorso), anzitutto, -OMISSIS- ha censurato la mancata sospensione necessaria del giudizio, in violazione dell’art. 79 c.p.a. e dell’art. 295 c.p.c., da parte del primo giudice, che avrebbe omesso di considerare che -OMISSIS- aveva formulato l’istanza di sospensione per avere presentato ricorso per l’ammissione al c.d. controllo giudiziario volontario, ai sensi dell’art. 34-bis, comma 6, del d. lgs. n. 159 del 2011.

4.2. Con il secondo motivo (pp. 14-24 del ricorso), ancora, -OMISSIS- ha denunciato la carenza di attività istruttoria e l’assenza di motivazione nei provvedimenti impugnati, che invece il primo giudice avrebbe ritenuto, erroneamente, sorretti sia da una sufficiente attività istruttoria che da un’adeguata motivazione.

4.3. Con il terzo motivo (pp. 24-26 del ricorso) l’appellante ha lamentato la violazione dell’art. 93 del d. lgs. n. 159 del 2011 per l’affermato travisamento della censura inerente al difetto di istruttoria, dedotto sotto tale profilo sempre in prime cure.

4.4. Con il quarto motivo (pp. 26-34 del ricorso), ancora, -OMISSIS- ha dedotto che il difetto di istruttoria si sarebbe riverberato, anche nell’analisi degli elementi indiziari condotta dal primo giudice, in un erroneo apprezzamento del loro valore sintomatico ai fini antimafia, soprattutto nello svalutare la portate sanante delle misure di rigenerazione spontaneamente adottate da -OMISSIS- per superare qualsivoglia sospetto di infiltrazione mafiosa.

4.5. Con il quinto motivo (pp. 35-51 del ricorso), infine, l’appellante ha dedotto anche in questa sede la violazione e la falsa applicazione dell’art. 84, commi 3 e 4, nonché dell’art. 91, commi 5 e 6, del d. lgs. n. 159 del 2011 in ordine alla radicale insussistenza dei presupposti, a torto ritenuti integrati dal primo giudice nel caso di specie, dai quali desumere il pericolo di infiltrazione mafiosa.

4.6. L’appellante ha così chiesto che questo Consiglio di Stato:

a) in via preliminare, voglia sospendere l’esecutività della sentenza impugnata, ai sensi dell’art. 98 c.p.a., ovvero altra misura idonea a cautelare la situazione giuridica soggettiva azionata ovvero pronunciare sentenza in forma semplificata, ai sensi dell’art. 60 c.p.a., con riferimento alla mancata sospensione del processo in primo grado in ragione della pendenza del ricorso di cui all’art. 34-bis, comma 6, del d. lgs. n. 159 del 2011;

b) in rito, riformi il capo che ha rigettato l’istanza di sospensione, di cui all’art. 295 c.p.c., per la pendenza di cui all’art. 34-bis, comma 6, del d. lgs. n. 159 del 2011 e, per l’effetto, di annullare la sentenza impugnata, sospendendo il procedimento fino all’esito del giudizio, di cui al citato art. 34-bis, e rimettere così il giudizio, ai sensi dell’art. 105, comma 1, c.p.a., in primo grado, nello stesso stato e nella stessa fase in cui si trovava al momento in cui è stata formulata l’istanza;

c) nel merito, riformi la sentenza impugnata e accolgo le domande tutte articolate in primo grado con il ricorso originario e i molteplici motivi aggiunti.

4.7. Si sono costituiti avanti a questo Consiglio di Stato sia il Ministero dell’Interno che la Prefettura di Fermo, quale sua articolazione territorialmente competente, per chiedere la reiezione dell’appello, depositando peraltro l’11 maggio 2020 un’articolata memoria difensiva, in cui hanno chiesto la reiezione di tutte le censure proposte dall’appellante -OMISSIS-

4.8. Nella camera di consiglio del 12 dicembre 2019, fissata per l’esame della domanda sospensiva proposta dall’appellante ai sensi dell’art. 98 c.p.a., il Collegio, sull’accordo dei difensori, ha rinviato la causa, per il sollecito esame dell’udienza pubblica, infine differita – dopo due istanze di rinvio proposte dall’appellante – all’udienza pubblica del 26 maggio 2022.

4.9. Nella memoria depositata il 23 aprile 2022 – come anche nella successiva memoria di replica depositata il 5 maggio 2022 – -OMISSIS-che nel frattempo è stata ammessa con ordinanza n. 2 del 2021 dalla Corte d’Appello di Perugia, sezione penale, alla misura del controllo giudiziario volontario di cui all’art. 34-bis, comma 6, del d. lgs. n. 159 del 2011, ha insistito nella richiesta, in via principale di rito, che il presente giudizio sia sospeso, per pregiudizialità ai sensi e per gli effetti del combinato disposto degli art. 79 c.p.a. e 295 c.p.c. in relazione alla perdurante pendenza del procedimento di cui all’art. 34-bis, nonché, in via subordinata, il differimento dell’udienza di trattazione, mentre l’Avvocatura Generale dello Stato, nella memoria di replica, depositata il 5 maggio 2022, ha evidenziato alla Sezione la necessità di un intervento chiarificatore di codesto Consiglio anche alla luce delle recenti modifiche normative che, a dispetto di quanto affermato dalla giurisprudenza di primo grado (v. T.A.R. per la Sicilia, sez. stacc. di Catania, sez. IV, 1° maggio 2022, n. 1219), depongono nel senso che l’adozione della misura di cui all’art. 34-bis, comma 6, del d. lgs. n. 159 del 2011 impone la sospensione del giudizio avente ad oggetto l’informativa, tanto più nell’ambito del giudizio in questione che, come l’Avvocatura ha più volte sostenuto, presenta peculiarità proprie in conseguenza dei vari passaggi attraverso i quali si è arrivati al pronunciamento del Tribunale qui impugnato.

5. Contestualmente al giudizio inerente all’informativa antimafia incardinato avanti al Tribunale e poi proseguito avanti a questo giudice d’appello, di cui si è dato sin qui sintetico ragguaglio, con il separato ricorso R.G. n. -OMISSIS-, proposto sempre avanti al Tribunale, l’odierna appellante ha impugnato i provvedimenti con cui il Prefetto di Fermo ha proceduto, ai sensi dell’art. 32, comma 10, del d.l. n. 90 del 2014, conv. con mod. in l. n. 114/2014, alla straordinaria e temporanea gestione di -OMISSIS- e, dunque, alla nomina di tre commissari incaricati della gestione di alcuni contratti di appalto che l’odierna appellante ha in corso di esecuzione in varie località del Sud Italia.

5.1. Per la precisione, con il provvedimento prot. n. 5551 del 19 febbraio 2018 è stato nominato il commissario prof. -OMISSIS-, il quale ha in seguito rassegnato le dimissioni dall’incarico per divergenza di vedute con la Prefettura, mentre con il provvedimento prot. n. -OMISSIS-sono stati nominati i commissari -OMISSIS-.

5.2. A ciò la Prefettura di Fermo si è determinata, dopo aver acquisito anche il parere del presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione – ANAC (di qui in avanti, per brevità, l’ANAC), in ragione del fatto che a carico dell’impresa ricorrente sono state emesse due interdittive antimafia, la prima il 27 novembre 2017 e la seconda il 22 gennaio 2018, impugnate nel separato giudizio di cui si è detto.

5.3. -OMISSIS- ha censurato avanti al Tribunale i suddetti provvedimenti per i seguenti motivi:

1) l’invalidità derivata da quella della interdittiva antimafia del 22 gennaio 2018, impugnata con il coevo ricorso R.G. n. -OMISSIS-, di cui la ricorrente ha ritrascritto i motivi;

2) la violazione di legge per falsa applicazione dell’art. 32, comma 1, lett. a) e b), e comma 10, del d.l. n. 90 del 2014, conv. con mod. in l. n. 114 del 2014, la violazione delle Linee guida ANAC del 24 luglio 2014 e del 27 gennaio 2015 in materia di applicazione delle predette disposizioni ed in materia di gradualità delle misure applicabili, la violazione di legge in relazione all’art. 32, comma 8, e 32, comma 1, lett. a) e b), del d.l. n. 90 del 2014 in tema di graduazione degli interventi ammissibili, la violazione di legge in relazione all’art. 3 della l. n. 241/1990, anche per mancata indicazione delle specifiche ragioni che hanno indotto la pubblica amministrazione a disattendere le difese della parte privata come espresse nella memoria di cui all’art. 10 della l. n. 241 del 1990 e relativa documentazione allegata, l’eccesso di potere nella figura sintomatica del difetto di proporzionalità della misura prescelta alla effettiva situazione dell’operatore economico, l’eccesso di potere nella figura sintomatica del difetto di attività istruttoria, l’eccesso di potere nella figura sintomatica dello sviamento;

3) la violazione di legge in relazione all’art. 1, comma 1, della l. n. 241/1990 nonché in relazione all’art. 97 Cost. in tema di economicità ed efficacia dell’azione amministrativa nella parte in cui la pubblica amministrazione intimata ha omesso di considerare la pendenza del procedimento giurisdizionale avente ad oggetto l’impugnazione della informativa antimafia anche con specifico riguardo alla fase cautelare del medesimo procedimento, conclusasi con misura di accoglimento pronunciata dal Tribunale con l’ordinanza n. 52 del 2018, sopra citata, e l’ulteriore violazione di legge in relazione agli artt. 7 e 3 della medesima l. n. 241 del 1990 nonché anche in relazione agli artt. 21-octies, comma 2, della medesima l. n. 241 del 1990 e degli artt. 94-95 del d. lgs. n. 159 del 2011, nella parte in cui la pubblica amministrazione intimata, sulla base della ritenuta vincolatività degli atti adottati, ha omesso di intraprendere apposito contraddittorio procedimentale con la odierna ricorrente in ordine alle iniziative di impugnazione in sede giurisdizionale della citata informativa antimafia ed altresì nella parte in cui la medesima amministrazione ha conseguentemente omesso di prendere in considerazione ogni ipotesi di modulazione dei tempi dell’adozione degli atti e provvedimenti conseguenti alla informativa antimafia in questione rispetto alle iniziativa di tutela giurisdizionale intrapresa dalla odierna ricorrente.

5.4. Si sono costituiti nel primo grado del giudizio il Ministero dell’Interno e la Prefettura di Fermo, chiedendo il rigetto del ricorso.

5.5. Con l’ordinanza n. 145 del 2018 il Tribunale aveva fissato per il 19 dicembre 2018 l’udienza di trattazione del merito, fissando nel contempo la camera di consiglio del 3 ottobre 2018 in ragione dell’esigenza rappresentata dalla Prefettura di esaminare le misure di rigenerazione adottate nelle more dalla società ricorrente.

5.6. Poiché tale situazione era comune anche al giudizio di cui al citato ricorso R.G. n. -OMISSIS-, da quel momento le due cause hanno proceduto “in parallelo” avanti al primo giudice, sicché, essendo stati proposti motivi aggiunti al ricorso R.G. n. -OMISSIS-, l’udienza di trattazione di entrambi i ricorsi è stata differita al 6 febbraio 2019.

5.7. Infine, all’esito di tale udienza, con la sentenza n. -OMISSIS-, il Tribunale ha respinto anche tale ricorso.

6. Secondo il primo giudice, in sintesi, il primo motivo di ricorso è infondato perché il Tribunale, con la sentenza n. -OMISSIS-di cui si è ampiamente detto, ha respinto tutte le censure proposte contro il provvedimento interdittivo antimafia.

6.1. Quanto al secondo motivo di ricorso, ancora, secondo il Tribunale, è vero che l’art. 32, comma 10, del d.l. n. 90 del 2014, richiamando senza eccezioni i commi precedenti e menzionando anche le indicazioni degli esperti nominati ai sensi del comma 8, farebbe pensare che anche in presenza di un’informativa antimafia trovi applicazione sempre e comunque lo strumentario di misure previste nei commi 1-9 dell’art. 32 (con conseguente necessità di operare una graduazione fra le stesse), ma è altrettanto vero che la presenza di un’interdittiva antimafia implica una valutazione che riguarda l’impresa nel suo complesso (specie se, come detto, le criticità vengono rilevate in capo agli organi di vertice societario), per cui già questo elemento distingue la presente vicenda dai casi in cui l’art. 32 viene applicato in relazione alla possibile commissione di singoli reati o a singole condotte che appaiano prima facie illecite.

6.2. Nella specie rileverebbe poi il collegamento che esiste fra la presente vicenda e quella oggetto del coevo ricorso R.G. n. -OMISSIS-, in particolare per quanto concerne le misure di rigenerazione che -OMISSIS- ha adottato per tentare di superare l’informativa antimafia.

6.3. In sostanza, la ricorrente addebita alla Prefettura di non aver adottato, come prima opzione, la meno incisiva misura dell’ordine di sostituzione degli organi societari di vertice, ossia la stessa misura che la ditta, sia pure attraverso un percorso abbastanza tortuoso, ha posto in essere spontaneamente a fronte dell’informativa antimafia del 22 gennaio 2018 e che la Prefettura, come emerge dal coevo giudizio di cui al ricorso R.G. n. -OMISSIS-, ha ritenuto insufficiente allo scopo, ma, poiché nella specie i provvedimenti impugnati si fondano sull’avvenuta adozione di un’informativa antimafia, ne consegue che non rileva il fatto che il commissariamento riguarda tutti i contratti che -OMISSIS- ha in corso di esecuzione, visto che:

a) il comma 10 dell’art. 32, con formulazione non irreprensibile, prende in esame la fattispecie più ordinaria, ossia quella in cui la ditta colpita da interdittiva ha in corso di esecuzione un solo contratto;

b) peraltro, una volta accertato che sussistono i presupposti per l’adozione dell’informativa, è ovvio che le esigenze cautelari a cui obbedisce la misura del commissariamento non possono che estendersi a tutti i contratti pubblici che l’impresa ha in corso di esecuzione.

6.4. Infine, con riferimento al terzo motivo, il Tribunale l’ha respinto perché dovrebbe escludersi, a suo avviso, che – in applicazione dei principi di buon andamento, efficienza ed economicità dell’azione amministrativo – la Prefettura di Fermo fosse tenuta a «sospendere ogni atto, quanto meno fino all’esito della fase cautelare del ricorso proposto avverso l’interdittiva fatta presupposto dei provvedimenti impugnati», secondo l’assunto di -OMISSIS-

6.5. Nemmeno si può ritenere che la Prefettura fosse tenuta ad avviare un contraddittorio procedimentale con -OMISSIS- in merito all’andamento del coevo giudizio incardinato con il ricorso R.G. n. -OMISSIS- avanti al Tribunale e, quanto, poi, all’affermazione secondo cui la Prefettura avrebbe attribuito natura vincolata ai provvedimenti con i quali si dispone il commissariamento ai sensi dell’art. 32, comma 10, del d.l. n. 90 del 2014, si tratterebbe di assunto apodittico e smentito per tabulas, come del resto sarebbe confermato dal fatto che il Prefetto ha ritenuto di chiedere il parere dell’ANAC.

7. Avverso tale sentenza, che ha respinto le tre censure formulate in primo grado, ha proposto appello avanti a questo Consiglio di Stato -OMISSIS-con ricorso rubricato al R.G. n. 9422/2019, chiedendone la riforma sulla base di tre motivi di doglianza.

7.1. Con il primo motivo (pp. 6-8 del ricorso), anzitutto, l’appellante lamenta che erroneamente il primo giudice avrebbe rigettato il primo motivo del ricorso, relativo all’invalidità derivata delle misure per illegittimità della presupposta informativa antimafia, facendo richiamo alle motivazioni della coeva sentenza n. -OMISSIS-del 2019, che è stata impugnata dalla stessa -OMISSIS- con i motivi – fra i quali, il primo, relativo alla mancata sospensione del giudizio ai sensi dell’art. 295 c.p.c. per la proposizione del ricorso per controllo giudiziario volontario – che essa ha espressamente e integralmente riproposto con il motivo in esame.

7.2. Con il secondo motivo (pp. 8-15 del ricorso), ancora, -OMISSIS- ha impugnato la sentenza per avere violato l’art. 32 del d.l. n. 90 del 2014 e le Linee guida ANAC del 24 luglio 14 e del 27 gennaio 2015 in materia di applicazione delle predette disposizioni ed in materia di gradualità delle misure applicabili, in quanto la Prefettura di Fermo avrebbe dovuto applicare misure meno incisive a -OMISSIS-che sono state invece ritenute inapplicabili dal primo giudice sulla scorta di un’erronea interpretazione dello stesso art. 32 del d.l. n. 90 del 2014 e delle citate Linee guida.

7.3. Con il terzo motivo (pp. 15-18 del ricorso), infine, l’appellante ha lamentato la violazione di legge in relazione all’art. 1, comma 1, della l. n. 241 del 1990 nonché in relazione all’art. 97 Cost. in tema di economicità ed efficacia dell’azione amministrativa nella parte in cui la pubblica amministrazione intimata ha omesso di considerare la pendenza del procedimento giurisdizionale, avente ad oggetto l’impugnazione della informativa antimafia anche con specifico riguardo alla fase cautelare del medesimo procedimento – conclusasi effettivamente con misura di accoglimento pronunciata dal Tribunale con la già più volte citata ordinanza n. 52 del 2018 – ed ulteriore violazione di legge in relazione agli artt. 7 e 3 della medesima l. n. 241 del 1990 – nonché anche in relazione agli artt. 21-octies, comma 2, della stessa l. n. 241 del 1990 e degli artt. 94-95 del d. lgs. n. 159 del 20211 – nella parte in cui la Prefettura di Fermo, sulla base della ritenuta vincolatività degli atti addottati, avrebbe omesso di intraprendere un apposito contraddittorio procedimentale con l’odierna appellante, -OMISSIS-in ordine alle iniziative di impugnazione in sede giurisdizionale della citata informativa antimafia ed altresì nella parte in cui la stessa Prefettura ha, conseguentemente, omesso di prendere in considerazione ogni ipotesi di modulazione dei tempi dell’adozione degli atti e provvedimenti conseguenti alla informativa antimafia in questione rispetto alle iniziativa di tutela giurisdizionale dalla parte odierna ricorrente intrapresa.

7.4. L’appellante ha quindi che questo Consiglio voglia:

a) in via preliminare, accogliere l’istanza di sospensione della sentenza, proposta ai sensi dell’art. 98 c.p.a., o in subordine adottare altra misura idonea a cautelare la situazione giuridica soggettiva fatta valere da -OMISSIS-;

b) nel merito, previa sospensione ai sensi dell’art. 295 c.p.c. del giudizio per la pendenza del ricorso di cui all’art. 34-bis, comma 6, del d. lgs. n. 159 del 2011, e in accoglimento dell’appello, riforma o comunque annullare la sentenza impugnata, annullando tutti gli atti gravati in prime cure.

7.5. Si sono costituiti anche nel presente grado del giudizio il Ministero dell’Interno e la Prefettura di Fermo per chiedere la reiezione dell’appello.

7.6. Analogamente a quanto verificatosi nel parallelo giudizio R.G. n. 9414/2019 relativo all’impugnazione dell’informativa antimafia (v., supra, § 4.8.), nella camera di consiglio del 12 dicembre 2019, fissata per l’esame della domanda sospensiva proposta dall’appellante ai sensi dell’art. 98 c.p.a., il Collegio, sull’accordo dei difensori, ha rinviato la causa, per il sollecito esame dell’udienza pubblica, infine differita – dopo due istanze di rinvio proposte dall’appellante – all’udienza pubblica del 26 maggio 2022.

8. Entrambi i giudizi R.G. n. 9414/2019 e R.G. n. 9422/2019 sono stati chiamati alla pubblica udienza del 26 maggio 2022, fissata per l’esame, nel merito, di entrambi gli appelli, e il Collegio, sentiti i difensori delle parti e dopo aver rappresentato la possibilità di rimettere le questioni all’Adunanza plenaria, soprattutto in relazione al profilo della mancata sospensione dei giudizi, ai sensi dell’art. 295 c.p.c., in presenza di una istanza, poi, accolta, di controllo giudiziario di cui all’art. 34-bis, comma 6, del d. lgs. n. 159 del 2011, ha trattenuto la causa in decisione.

9. Questo Collegio, rilevando che il punto di diritto, relativo alla mancata sospensione del giudizio amministrativo in pendenza del procedimento di controllo giudiziario, richiesto volontariamente dall’impresa ai sensi dell’art. 34-bis, comma 6, del d. lgs. n. 159 del 2011, ha dato luogo, come si dirà meglio in seguito, e comunque potrebbe dare luogo, anche in futuro, a contrasti giurisprudenziali forieri di gravi incertezze non solo nel rapporto tra la giurisdizione amministrativa e quella ordinaria, ma nella stessa armonica, razionale, coordinata applicazione della normativa antimafia e degli istituti da essa previsti a presidio della legalità nell’esercizio dell’iniziativa economica imprenditoriale, ritiene di dovere, con la presente ordinanza, rimettere entrambi i ricorsi, quello R.G. n. 9414/2019 e R.G. n. 9422/2019, all’esame dell’Adunanza plenaria ai sensi dell’art. 99, comma 1, c.p.a., per le ragioni che ora si esporranno in dettaglio.

10. Preliminarmente, e proprio anzitutto a tal fine, deve essere disposta la riunione dei due appelli aventi R.G. n. 9414/2019 e R.G. n. 9422/2019, in quanto, pur essendo stati proposti contro due sentenze distinte – la n. -OMISSIS-e la n. -OMISSIS-– che hanno respinto, rispettivamente, il ricorso e i motivi aggiunti proposti contro il provvedimento interdittivo e il ricorso contro le misure adottate dal Prefetto ai sensi dell’art. 32, comma 10, del d.l. n. 90 del 2014, esiste un’intima, inscindibile, connessione tra le due controversie ove si consideri che l’eventuale annullamento dell’informativa antimafia determinerebbe l’invalidità derivata anche delle seconde misure e, non a caso, con il primo motivo di appello, proposto nel giudizio R.G. n. 9422/2022, -OMISSIS- ha dedotto tutti i motivi di appello già articolati nel giudizio R.G. n. 9414/2022, relativo alla legittimità della presupposta informativa antimafia, e tra questi – in primis – quello inerente alla mancata sospensione del giudizio amministrativo per la pendenza del controllo giudiziario di cui all’art. 34-bis, comma 6, del d. lgs. n. 159 del 2011.

10.1. Non va nemmeno trascurato, per quanto ora si esporrà, che le questioni sottoposte al giudizio dell’Adunanza plenaria meritano una trattazione congiunta, nel simultaneus processus, in quanto si tratta di accertare, nel presente giudizio, quale sia il rapporto tra impugnazione dell’informazione antimafia, controllo giudiziario ai sensi dell’art. 34-bis, comma 6, del d. lgs. n. 159 del 2011 e, appunto, le eventuali misure adottate dal Prefetto, come è avvenuto nel caso qui in esame, ai sensi dell’art. 32, comma 10, del d.l. n. 90 del 2014, conv. con mod. in l. n. 114 del 2014.

11. Ciò premesso in ordine alla riunione degli appelli, dunque, ritiene il Collegio che debba essere sottoposta all’Adunanza plenaria la fondamentale questione del rapporto tra l’impugnazione dell’informazione antimafia e il giudizio per l’ammissione dell’impresa al controllo giudiziario c.d. volontario al fine di chiarire quali siano, una volta richiesta e – come nel caso di specie – ottenuta dal giudice della prevenzione la misura del controllo giudiziario, sia la sorte del giudizio amministrativo, proposto contro l’informazione antimafia, sia la sorte delle misure adottate dal Prefetto ai sensi del citato art. 32, comma 10, del d.l. n. 90 del 2014, conv. con mod. in l. n. 114 del 2014.

11.1. È questo il thema decidendum posto dal primo motivo di appello, formulato da -OMISSIS-la quale ha insistito per l’annullamento con rinvio ai sensi dell’art. 105, comma 1, c.p.a., sul punto, della sentenza gravata, che ha invece ritenuto di non dover sospendere il giudizio amministrativo, nonostante la proposizione del ricorso per il controllo giudiziario di cui all’art. 34-bis, comma 6, del d. lgs. n. 159 del 2011, riferendosi, in particolare, «alla cospicua documentazione relativa al procedimento per l’applicazione della misura di prevenzione, il cui esito – così si legge nella sentenza impugnata – non è nemmeno pregiudiziale alla presente sentenza, di talché va anche respinta l’istanza di sospensione del giudizio ex art. 295 c.p.c., avanzata da parte ricorrente nel corso della discussione orale».

11.2. L’appellante, anche da ultimo nella memoria di replica depositata il 5 maggio 2022, ha espressamente ribadito di aver intrapreso il percorso dell’ammissione a controllo giudiziario per poter rimuovere qualsivoglia sospetto di infiltrazione ed appunto confida, per sua espressa ammissione, che – da tale controllo – non potranno emergere che conclusioni coerenti alla affermazione di assenza di esposizione al rischio di infiltrazioni, tesi, questa, sostenuta fin dal principio del presente giudizio, avanti al Tribunale, e ribadita del resto con gli altri quattro motivi di appello, di cui si è dato sintetico ragguaglio (v., supra, §§ 4.2.-4.5.).

11.3. La mancata sospensione del giudizio amministrativo da parte del Tribunale, nonostante la Corte d’Appello di Perugia, con l’ordinanza n. -OMISSIS-, dopo l’annullamento con rinvio disposto dalla Cass., sez. VI pen., con la sentenza del -OMISSIS-, abbia poi ammesso -OMISSIS- al controllo giudiziario per la durata di due anni, non consentirebbe all’appellante di poter fruire della misura di prevenzione patrimoniale, introdotta dalla l. n. 161 del 2017 nel codice antimafia proprio per consentire il recupero dell’impresa, colpita da informativa antimafia, nelle ipotesi, meno gravi e “occasionali”, di infiltrazione mafiosa.

11.4. Anche il Ministero dell’Interno e la Prefettura di Fermo, nella memoria di cui all’art. 73 c.p.a. depositata il 22 aprile 2022, convengono che il presente giudizio debba essere sospeso, seppure sulla base di argomentazioni più articolate e differenziate rispetto a quelle prospettate dall’appellante, e richiamano a conforto di tale assunto la consolidata e prevalente – per quanto, come meglio ora si dirà, non univoca – giurisprudenza di questa Sezione che, sin dalle prime occasioni in cui si è dovuta occupare delle questioni correlate all’adozione del controllo giudiziario da parte del giudice della prevenzione, a cominciare da quella avente ad oggetto la ricostruzione dei rapporti fra il giudizio avente ad oggetto l’applicazione della predetta misura e quello avente ad oggetto l’informativa antimafia, ha ritenuto che la sospensione degli effetti dell’informativa antimafia, in conseguenza dell’ammissione al controllo giudiziario dell’impresa dalla stessa colpita, comporti in via diretta ed automatica anche la sospensione del giudizio avente ad oggetto la legittimità (o meno) della misura prefettizia «in quanto l’eventuale conferma di tale provvedimento, da parte del giudice amministrativo, renderebbe definitivi gli effetti di detto provvedimento e, quindi, vanificherebbe la previsione del medesimo art. 34-bis, comma 7, d.lgs. n. 159 del 2011, che contempla una pur temporanea sospensione di tali effetti, e la ratio stessa del controllo giudiziario, volto a consentire alle imprese colpite da informazione antimafia, che l’abbiano impugnata, di potere nelle more del giudizio amministrativo proseguire nella propria attività, a determinate condizioni, sotto il controllo del Tribunale della prevenzione, che nomina un amministratore a tal fine» (Cons. St., sez. III, ord., 5 luglio 2021, n. 5134).

11.5. La giurisprudenza di questa Sezione è pervenuta al convincimento secondo cui, in altri termini, «considerato che, una volta disposto il controllo giudiziario, la sospensione degli effetti interdittivi conseguenti all’informazione antimafia deve operare indefettibilmente per tutto il tempo della misura del controllo giudiziario adottata dal Tribunale in sede di prevenzione, ai sensi dell’art. 34-bis, comma 7, d.lgs. n. 159 del 2011, anche il giudizio amministrativo relativo all’informazione antimafia debba essere sospeso o, comunque, ne deve essere rinviata la trattazione del merito, salva ulteriore prosecuzione all’esito della misura, sino a quando la sospensione degli effetti interdittivi non abbia esaurito il proprio corso (Cons. St., sez. III, ord., 23 febbraio 2021, n. 1557)» (così ancora, testualmente, Cons. St., sez. III, ord., 5 luglio 2021, n. 5134 nonché, ex plurimis, Cons. St., sez. III, ord., 20 ottobre 2021, n. 7039, Cons. St., sez. III, ord., 23 febbraio 2021, n. 1557, Cons. St., sez. III, ord., 10 luglio 2019, n. 4873, Cons. St., sez. III, ord., 31 luglio 2018, n. 4719).

11.6. Questa conclusione non è condivisa da tutta la giurisprudenza amministrativa, soprattutto in primo grado e, come si è accennato, per quel che rileva nel presente giudizio non è condivisa dalla sentenza impugnata che, seppure senza un particolare impegno motivazionale sul punto specifico, ha escluso laconicamente che nel caso di specie sussistesse il nesso di pregiudizialità-dipendenza, richiesto dall’art. 295 c.p.c. per la sospensione necessaria del giudizio (v., per la definizione di questo nesso, ad esempio Cons. St., sez. VI, 12 novembre 2019, n. 7773), e ha così definito la controversia nel merito, respingendo, come si è avuto modo di vedere, il ricorso di -OMISSIS-

11.7. Si vedranno tra breve e più diffusamente quali siano le argomentazioni e, soprattutto, gli effetti di quegli orientamenti interpretativi difformi rispetto alla giurisprudenza della Sezione, a loro volta non univoci, che muovono dal presupposto, comune a tutti, che non sia ravvisabile una ipotesi di sospensione necessaria del giudizio amministrativo concernente l’informativa antimafia in pendenza del procedimento, ad istanza di parte, per l’ammissione al controllo giudiziario di cui all’art. 34-bis, comma 6, del d. lgs. n. 159 del 2011.

12. Il Collegio ritiene infatti indispensabile, e imprescindibile, per comprendere quale sia la ratio dell’uno e degli altri orientamenti, dapprima e anzitutto soffermarsi sull’istituto del controllo giudiziario c.d. volontario o ad istanza di parte, proprio nel modo in cui viene inquadrato, nel “diritto vivente”, dalla giurisprudenza della Cassazione e, ancor di più, nel modo in cui è stato applicato dalla stessa Cassazione proprio all’odierna appellante.

12.1. Nella vicenda che interessa l’odierna appellante -OMISSIS-la VI sezione penale della Corte di Cassazione, con la citata sentenza n. 1590 del 14 gennaio 2021 che ha annullato l’originario decreto della Corte d’Appello di Perugia reiettivo della domanda di ammissione al controllo, nel ricostruire in modo approfondito la ratio del controllo giudiziario c.d. volontario, introdotto dalla legge 17 ottobre 2017, n. 161 il cui art. 11 ha inserito nel codice antimafia l’art. 34-bis, ha sottolineato che anche la domanda formulata dalla parte privata, ai sensi dell’art. 34-bis, comma 6, rappresenta una richiesta di applicazione di una misura di prevenzione patrimoniale.

12.2. L’azienda che sino a quel momento ha operato liberamente sul mercato, a fronte della notifica dell’informativa antimafia, può infatti decidere di affidarsi al tribunale della prevenzione, consapevole che, se da un lato, l’eventuale accoglimento della domanda rimuove le inibizioni alla prosecuzione dell’attività (art. 34-bis, comma 7), dall’altro ciò apre una fase di monitoraggio – o “vigilanza prescrittiva” – dell’azienda, da parte del commissario nominato dal Tribunale, in ordine al corretto adempimento degli specifici obblighi di compliance dall’autorità giudiziaria che, in caso di inottemperanza, può disporre l’applicazione di una più gravosa misura.

12.3. Il controllo giudiziario a richiesta della parte privata, come ben mette in rilievo la Corte di Cassazione, non costituisce dunque un beneficio, bensì una vera e propria misura di prevenzione, dotata di una sua efficacia preventiva e coerentemente connessa alla vicenda del provvedimento interdittivo prefettizio.

12.4. Le Sezioni Unite della Cassazione – nell’ormai nota pronunciata n. 46898 del 26 settembre 2019, Ricchiuto – hanno indicato chiaramente la necessità, per il giudice della prevenzione, che la valutazione relativa alla sussistenza o meno di un’infiltrazione connotata da occasionalità non sia finalizzata all’acquisizione di un dato statico – consistente nella cristallizzazione della realtà preesistente o, per usare l’icastica espressione del supremo giudice penale, “una mera fotografia del passato” – bensì alla argomentata formulazione di un giudizio prognostico circa l’emendabilità della situazione rilevata, connotata da condizionamento e/o agevolazione di soggetti o associazioni criminali, mediante l’intera gamma degli strumenti previsti dall’art. 34-bis, ivi compresi gli obblighi informativi e gestionali previsti dal comma 3, a ciò non ostando l’evidente mancanza, in capo al giudice della prevenzione, di un potere di sindacato sulla legittimità dell’informativa antimafia adottata dal Prefetto.

12.5. Tanto, ha ribadito la Suprema Corte, in coerenza con il primario obiettivo della riforma del 2017, che la Commissione ministeriale proponente ha indicato come finalizzata a «promuovere il recupero delle imprese infiltrate dalle organizzazioni, nel quadro di una ammodernata disciplina tendente a bilanciare in maniera più equilibrata le diverse aspettative ed esigenze oggi in gioco in questo campo», affidando alla misura del controllo giudiziario a richiesta della parte privata il compito di «fungere da adeguato strumento per consentire la prosecuzione dell’attività di impresa nei casi in cui le aziende vengano raggiunte da interdittiva prefettizia, garantendo così nel contempo il prevalente interesse alla realizzazione di opere di rilevanza pubblica».

12.6. La misura in esame, caratterizzata da «un approccio meno deflagrante» rispetto a quella dell’amministrazione giudiziaria, deve ritenersi insomma lo strumento preventivo d’elezione in ogni situazione in cui si manifesti anche la mera possibilità che quella forma di vigilanza impositiva, certamente cogente per l’impresa, possa fungere da incubatrice di un «nuovo corso della gestione della azienda, finalizzato ad un suo recupero alla libera concorrenza, una volta affrancata dalle infiltrazioni mafiose che ne avevano condizionato l’attività».

12.7. Centrale, nell’applicazione dell’istituto, è quella necessaria dimensione prognostica del giudizio, affidato al giudice della prevenzione anche in presenza del concomitante controllo di legittimità del giudice amministrativo sull’informativa prefettizia, avente ad oggetto la possibilità di emenda delle rilevate infiltrazioni mafiose non solo grazie alla compliance dell’impresa, che si sottopone al controllo, ma soprattutto mediante tutti gli strumenti di “vigilanza prescrittiva” attivabili nell’ambito del controllo giudiziario richiesto dalla parte privata.

12.8. Questa possibilità di emenda, garantita dalla vigilanza prescrittiva tipica del controllo giudiziario volontario, rischia tuttavia di essere vanificata se il giudice amministrativo, indifferente rispetto alle sorti del controllo giudiziario, definisce il giudizio in ordine all’informativa antimafia, che costituisce condizione di ammissibilità al controllo giudiziario, senza attendere l’esito della misura di prevenzione richiesta volontariamente dall’impresa e consentita dal giudice della prevenzione non certo in modo automatico, a semplice istanza di parte, ma sulla base del ridetto giudizio prognostico favorevole all’impresa.

13. La conseguenza dell’ammissione al controllo giudiziario e, cioè, la sospensione ex lege degli effetti interdittivi di cui all’art. 94 del d. lgs. n. 159 del 2011 scaturenti dall’informativa antimafia (art. 34-bis, comma 7, del d. lgs. n. 159 del 2011), è soltanto temporanea poiché la sospensione è, per definizione, una misura provvisoria, strutturalmente temporanea e funzionale ad un accertamento definitivo, destinata a durare se e soltanto finché penda il giudizio di impugnazione contro la presupposta informativa antimafia.

13.1. La volontà del legislatore è stata, infatti, quella di condizionare espressamente l’ammissibilità del controllo giudiziario, disposto dal giudice della prevenzione, alla pendenza del giudizio amministrativo contro l’informativa antimafia per dare la possibilità all’impresa, in pendenza di tale giudizio, di emendarsi da ogni elemento di infiltrazione mafiosa grazie alla già evidenziata vigilanza prescrittiva.

13.2. Se il giudice amministrativo annulla l’informativa antimafia, infatti, vengono meno radicalmente gli effetti interdittivi e, con essi, anche la misura del controllo giudiziario, non potendo essere più sospesi, ai sensi dell’art. 34-bis, comma 7, del d. lgs. n. 159 del 2011, gli effetti di un provvedimento che è stato definitivamente annullato, mentre se il giudice amministrativo respinge definitivamente il ricorso contro l’informazione antimafia, quegli effetti interdittivi si consolidano e non sono più suscettibili di sospensione per effetto di un provvedimento provvisorio, adottato dal giudice della prevenzione.

13.3. Così, ad esempio, la Cassazione non ha ritenuto ostativa all’ammissibilità del controllo la circostanza che sul provvedimento interdittivo antimafia si fosse pronunciato il Tribunale amministrativo regionale con sentenza, in quanto contro tale sentenza era stata proposta impugnazione ed essa non poteva considerarsi allo stato definitiva e, come tale, preclusiva della richiesta di applicazione del controllo giudiziario ai sensi dell’art. 34-bis, comma 6, del d. lgs. n. 159 del 2011 (Cass., sez. VI pen., 2 luglio 2021, dep. 1° ottobre 2021, n. 35951).

13.4. Esiste, come evidenzia costantemente nella sua giurisprudenza la Corte di Cassazione (v., per tutte, Cass., sez. II, ud. 22 marzo 2019, dep. 24 giugno 2019, n. 27856), un collegamento funzionale inscindibile tra l’impugnazione e la pendenza del procedimento instaurato di fronte al giudice amministrativo e l’accesso all’istituto del controllo giudiziario di cui al predetto art. 34-bis.

13.5. A tal proposito, infatti, si è acutamente osservato in quella giurisprudenza che proprio la stessa sospensione degli effetti della informativa antimafia, conseguente alla adozione del provvedimento e prevista dal comma 7 del medesimo art. 34-bis, lascia necessariamente supporre che il procedimento in sede amministrativa sia ancora pendente.

13.6. È stato inoltre segnalato che la possibilità di accedere all’istituto anche nel caso di provvedimenti interdittivi impugnati ma, nel frattempo, divenuti irrevocabili e definitivi per mancata loro impugnazione, comporterebbe un irragionevole disparità di trattamento con la ipotesi, che sottintende una situazione di fatto sostanzialmente analoga, in cui detto provvedimento sia divenuto irrevocabile per essere stato definitivamente rigettato il ricorso amministrativo.

14. Si deve in definitiva ritenere che l’accesso all’istituto sia, come la Cassazione ha sottolineato, “fisiologicamente” ed inscindibilmente connesso alla pendenza di un ricorso avverso l’informativa, essendo la sua ratio quella di consentire, a mezzo di specifiche prescrizioni e con l’ausilio di un controllore nominato dal Tribunale, la prosecuzione dell’attività di impresa nelle more della definizione del giudizio amministrativo al fine di evitare, in tale lasso di tempo, la decozione dell’impresa che, privata di commesse pubbliche e/o di autorizzazioni essenziali per la prosecuzione della propria attività, potrebbe subire conseguenze irreparabili a causa della “pendenza” del provvedimento prefettizio.

14.1. Si è anche segnalato che, pur considerando che la durata della misura del controllo giudiziario potrebbe non essere in linea con i tempi del processo amministrativo, la chiara dizione letterale dell’art. 34-bis non lascia adito a dubbi sul fatto che l’istituto del comma 6 ha natura provvisoria ed e finalizzato, in un adeguato bilanciamento di interessi, a consentire la continuità delle attività di impresa e a salvaguardare anche le esigenze occupazionali fintanto che non intervenga una pronuncia giudiziale definitiva, proprio nel periodo in cui l’interessato può ancora contestare la legittimità del provvedimento amministrativo.

14.2. A sostegno della tesi dell’interdipendenza tra il procedimento innanzi al Tribunale della prevenzione e quello in sede amministrativa è stato ancora evidenziato che il procedimento in sede di prevenzione ha una propria autonomia in quanto il Tribunale può accogliere la richiesta solo «ove ne ricorrano i presupposti», non potendo vagliare la “legittimità” dell’informativa antimafia e, cioè, la correttezza dell’impianto che la sorregge, sindacato quest’ultimo rimesso in via esclusiva al Prefetto e al giudice amministrativo, mentre, per altro verso, è evidente che il legislatore non ha voluto riconoscere al privato uno strumento alternativo al ricorso in sede amministrativa attraverso il quale dolersi delle valutazioni del Prefetto.

14.3. In definitiva, dunque, si è in presenza di una provvedimento di prosecuzione “controllata” dell’attività di impresa mediante l’adozione di provvedimenti utili a neutralizzare per il futuro i pericoli di infiltrazione e di condizionamento alla base dell’informativa e previa sospensione degli effetti di quest’ultima e che, come pure si è giustamente sottolineato nella giurisprudenza della Cassazione, non può certo avere la conseguenza di vanificare un’informativa ormai definitiva sospendendone di fatto tutti gli effetti e configurandosi, nella sostanza, come uno strumento alternativo di impugnazione.

15. Ciò spiega perché la pronuncia definitiva del giudice amministrativo, non suscettibile più di alcuna impugnazione o non impugnata, determini con il passaggio in giudicato la cessazione della misura provvisoria del controllo giudiziario, i cui effetti sospensivi, appunto, sono finalizzati a garantire la sopravvivenza e, come si è detto, l’emenda dell’impresa in pendenza del giudizio amministrativo contro l’informativa antimafia e non possono in alcun modo sopravvivere all’esito di questo giudizio.

16. L’art. 34-bis, commi 6 e 7, del d. lgs. n. 159 del 2011, anche nella formulazione successiva alla recente riforma del d.l. n. 152 del 2021, conv. con mod. in l. n. 133 del 2021, non reca alcuna norma di coordinamento tra il giudizio amministrativo e il controllo giudiziario, ma prevede solo che il controllo giudiziario ad istanza di parte possa essere richiesto dall’impresa che ha impugnato avanti al giudice amministrativo l’informativa antimafia («le imprese destinatarie di informazione antimafia interdittiva ai sensi dell’articolo 84, comma 4, che abbiano proposto l’impugnazione del relativo provvedimento del prefetto, possono richiedere al tribunale competente per le misure di prevenzione l’applicazione del controllo giudiziario di cui alla lettera b) del comma 2 del presente articolo»).

16.1. L’assenza di una espressa previsione di coordinamento, dovuto ad una difettosa tecnica legislativa non sanata nemmeno con la recente novella, pone al giudice amministrativo la difficoltà di determinare l’ambito della propria cognizione, una volta che l’impresa si risolva a chiedere la misura del controllo giudiziario.

16.2. Se si può convenire con l’obiezione di chi sostiene che non esista, propriamente, un rapporto di pregiudizialità-dipendenza, ai sensi dell’art. 295 c.p.c. (richiamato espressamente dall’art. 79 c.p.a.), tra il controllo giudiziario e il giudizio amministrativo sull’informativa antimafia, tale da imporre la sospensione di quest’ultimo, perché anzi è il giudizio amministrativo pregiudiziale rispetto al controllo giudiziario, la cui ammissibilità dipende nell’intentio legis dalla pendenza di questo, quest’obiezione può essere capovolta e tale rapporto di pregiudizialità, a ben vedere, si inverte laddove si allarghi lo spettro dell’analisi non già al mero rapporto tra impugnazione dell’informazione antimafia e richiesta di controllo, ma si estenda al doveroso coordinamento tra gli istituti, previsti dalla legislazione antimafia, e si si consideri in un’ottica sistematica, rispettosa del bilanciamento tra i valori costituzionali voluto dal legislatore, che la proposizione e l’ammissione del controllo giudiziario aprono una nuova fase, in quella stessa vicenda amministrativa generata dal provvedimento interdittivo, di cui l’informativa antimafia, impugnata avanti al giudice amministrativo, costituisce il prologo, invero, ma non certo l’epilogo.

16.3. La sospensione ex lege degli effetti interdittivi, dovuta all’ammissione dell’impresa al controllo giudiziario, consente a questa, in pendenza del giudizio amministrativo, di proseguire la propria attività economica, sotto la vigilanza prescrittiva del Tribunale della prevenzione, e di sterilizzare ogni elemento inquinante, da parte della criminalità mafiosa, in modo da poter fruire, una volta terminato il periodo del controllo giudiziario, di una rinnovata valutazione, da parte dell’autorità prefettizia, che in sede di aggiornamento ai sensi dell’art. 91, comma 5, del d. lgs. n. 159 del 2011, constatato il superamento degli elementi critici riscontrati in sede di prima valutazione, potrebbe finalmente emettere un’informativa liberatoria.

16.4. Il dialogo che si instaura tra impresa, giudice della prevenzione e organi da questo nominati, autorità prefettizia e, infine, giudice amministrativo nel fluire di questa complessa vicenda amministrativa, tesa al recupero dell’impresa che abbia solo occasionali legami di infiltrazione mafiosa, verrebbe ad essere drasticamente e, si direbbe, irragionevolmente interrotto e spezzato se il giudice amministrativo si pronunciasse sulla legittimità del provvedimento interdittivo presupposto senza attendere non solo la valutazione prognostica, da parte del giudice della prevenzione, sull’istanza di controllo giudiziario presentata dall’impresa in pendenza del giudizio amministrativo, ma nemmeno – e soprattutto – la rinnovata valutazione del pericolo infiltrativo da parte dell’autorità prefettizia, ai sensi del già richiamato art. 91, comma 5, del d. lgs. n. 159 del 2011 in sede di aggiornamento, una volta concluso e chiuso il controllo giudiziario.

16.5. Non a caso, a suggello di questo dialogo e di questa stretta compenetrazione tra tutte le autorità, amministrative e giurisdizionali, coinvolte, l’art. 34-bis, comma 7, del d. lgs. n. 159 del 2011 – anche nella formulazione attuale, successiva all’art. 47, comma 1, lett. c), del d. lgs. n. 152 del 2021, conv. con mod. in l. n. 233 del 2021 – prevede che l’ammissione al controllo giudiziario, oltre a sospendere gli effetti interdittivi di cui all’art. 94, sospende anche il termine, previsto dall’art. 92, comma 2, per il rilascio dell’informazione antimafia.

16.6. Non a caso, ancora, lo stesso provvedimento è comunicato dalla cancelleria del tribunale al Prefetto della provincia in cui ha sede legale l’impresa, ai fini dell’aggiornamento della Banca dati nazionale unica della documentazione antimafia di cui all’art. 96, ed è valutato anche ai fini dell’applicazione delle misure di cui all’art. 94-bis nei successivi cinque anni.

16.7. In sede di aggiornamento, infatti, la Prefettura, secondo la c.d. prevenzione collaborativa introdotta dal d.l. n. 152 del 2021 e nello spirito di una più intensa partecipazione procedimentale dell’impresa al procedimento antimafia (la cui importanza anche questa stessa Adunanza plenaria, nella sentenza del 18 gennaio 2022, n. 3, ha rilevato in un passaggio motivazionale assai significativo), deve oggi tenere conto del periodo di controllo giudiziario, anche per prescrivere le misure previste dall’art. 94-bis, e può emettere infine una informazione liberatoria, che fa cessare la materia del contendere nel giudizio amministrativo, per il venir meno di ogni pericolo infiltrativo.

16.8. Il percorso virtuoso intrapreso con la sottoposizione volontaria al controllo giudiziario, insomma, non è una circostanza irrilevante anche per il giudizio amministrativo, ma centrale per lo stesso giudice amministrativo, perché apre una fase nuova, ma decisiva, della medesima vicenda amministrativa, portata al vaglio del giudice amministrativo, vicenda amministrativa che si concluderà solo con una nuova valutazione, liberatoria o interdittiva, da parte dell’autorità prefettizia.

17. Non vi è dubbio infatti che il Prefetto, all’esito del controllo giudiziario, debba d’ufficio, o su iniziativa della stessa parte, rivalutare il pericolo infiltrativo e, una volta effettuata tale rivalutazione in sede di aggiornamento, procedere ad emettere un provvedimento liberatorio, con conseguente cessazione della materia del contendere nel giudizio amministrativo (salvo quanto si specificherà per eventuali profili risarcitori connessi alla prima informazione antimafia), o un nuovo provvedimento interdittivo, che dovrà essere impugnato con motivi aggiunti dall’impresa, laddove ritenga che la nuova valutazione del Prefetto, anche (e soprattutto, si direbbe) all’esito del controllo giudiziario, sia illegittima.

17.1. Il giudizio amministrativo, in pendenza della richiesta del controllo giudiziario, non può e non deve dunque esaurirsi, in una visione unicamente retrospettiva, al solo esame dell’informativa antimafia originariamente impugnata, ma deve aprirsi ad una considerazione più ampia e complessa della disciplina antimafia che, nel contemperamento degli interessi in gioco voluto dal legislatore e nel “dialogo” tra i vari attori della medesima e unitaria vicenda amministrativa in fieri, è per sua stessa natura, e si fa di necessità, dinamica e non statica, perché attende – rectius: deve attendere – una seconda manifestazione del potere valutativo da parte del Prefetto, all’esito del controllo giudiziario.

17.2. Una pronuncia del giudice amministrativo che definisse il giudizio senza attendere l’esito del controllo giudiziario, richiesto e poi disposto, spezzerebbe una vicenda che è, nella astratta e generale considerazione del legislatore, ma soprattutto deve restare, in concreto, unitaria proprio per consentire al controllo giudiziario di svolgere la sua funzione e, cioè, quella di “emendare” l’impresa infiltrata, e di consentirle di ottenere il bene della vita finale, oggetto del giudizio amministrativo, e cioè la cessazione – definitiva – di ogni effetto interdittivo conseguente all’assenza – o, comunque, al venir meno – di ogni pericolo di infiltrazione mafiosa.

17.3. L’impresa che volontariamente si assoggetta al controllo giudiziario conosce bene, quando la chiede, e chiede – e con ciò stesso accetta – la possibilità che gli effetti interdittivi dell’informativa siano solo sospesi, nel tempo necessario al controllo giudiziario, per affrancarsi totalmente dal pericolo di infiltrazione mafiosa rimovendo tutti gli elementi di contiguità con il mondo della criminalità organizzata sotto la vigilanza prescrittiva del tribunale della prevenzione.

17.4. Al contrario, e diversamente ritenendo, la bonifica dell’impresa, una volta sopraggiunto il giudicato amministrativo di rigetto, dovrebbe passare attraverso altre strade e ricominciare ex novo in via amministrativa, anche mediante le misure di cui all’art. 94-bis del d. lgs. n. 159 del 2011, senza poter fruire dell’efficacia risanatrice offerta dallo strumento del controllo giudiziario, sotto la vigilanza prescrittiva del tribunale, strumento che ha proprio nell’impugnazione dell’informativa il suo presupposto sicché, e paradossalmente, l’impresa dovrebbe prima impugnare l’informativa per ottenerlo e poi perderlo per avere impugnato l’informativa in un giudizio inesorabilmente destinato a concludersi a discapito di ogni controllo giudiziario, richiesto e/o concesso.

17.5. La conferma definitiva del provvedimento interdittivo, per il disallineamento dei tempi tra il giudizio amministrativo e il procedimento del controllo giudiziario, priverebbe l’impresa di questa possibilità, che invece il legislatore ha previsto per consentire all’impresa di emendarsi sponte sua.

17.6. È chiaro, dunque, che il giudice amministrativo, in una lettura logico-sistematica e costituzionalmente orientata del codice antimafia, non possa e non debba restare indifferente alla richiesta di controllo giudiziario, proposta dall’impresa nelle more del giudizio, e debba farsi carico di una interpretazione che consenta, anziché impedisca, all’istituto del controllo giudiziario, per come è stato congegnato – in modo, a dire il vero, non del tutto impeccabile – dal legislatore, di operare concretamente, nonostante la mancanza – per l’imperfetta tecnica legislativa – di una previsione relativa al doveroso coordinamento tra i due giudizi, in una visione moderna del processo amministrativo “sul rapporto”, per usare una formula sin troppo nota, o comunque non angusta, non atomistica né solamente retrospettiva, ma ampia, aperta alle decisioni del giudice della prevenzione e, soprattutto, proiettata nel futuro.

17.7. In un rapporto di circolarità – e non invece, per così dire, di corto circuito – tra le giurisdizioni, infatti, come il tribunale della prevenzione deve considerare il presupposto dell’informativa antimafia e dell’occasionalità dell’agevolazione mafiosa, nell’acconsentire al controllo giudiziario, non già per sindacare i presupposti dell’informativa, ma per formulare un giudizio prognostico sulla recuperabilità dell’impresa, così il giudice amministrativo per parte sua deve considerare questo giudizio prognostico non già per anticiparne gli esiti, ma per attendere la rinnovata valutazione dell’autorità prefettizia in ordine al recupero dell’impresa, all’esito della misura di prevenzione patrimoniale del controllo giudiziario, disposta dal giudice della prevenzione.

17.8. Ciò comporta, evidentemente, la necessità di attendere l’esito di questa rinnovata valutazione, una volta richiesta e concessa la misura in esame, per l’impossibilità, da parte del giudice amministrativo, di pronunciarsi su un potere non ancora esercitato (art. 34, comma 2, c.p.a.) e, cioè, la nuova valutazione del pericolo infiltrativo, da parte del Prefetto, in sede di aggiornamento ai sensi dell’art. 91, comma 5, del d. lgs. n. 159 del 2011, dopo l’esaurimento del controllo giudiziario.

18. La sospensione necessaria degli effetti processuali, oltre che sostanziali, connessi all’impugnazione dell’informativa – ancorché non prevista espressamente dal legislatore con una omissione alla quale occorrerebbe porre rimedio quanto prima – e dunque la sospensione necessaria del giudizio amministrativo ai sensi dell’art. 79, comma 1, c.p.a. e dell’art. 295 c.p.c., in pendenza del controllo giudiziario ad istanza di parte, pare a questo Collegio l’unica via interpretativa che consenta ragionevolmente all’istituto di trovare applicazione e al giudizio amministrativo, inteso quale giudizio vertente sulla posizione dinamica dell’impresa a fini antimafia, secondo una prospettiva, per dire così, diacronica e non meramente sincronica, di allinearsi con gli esiti dello stesso controllo giudiziario e, infine, con la rinnovata, necessaria, rivalutazione del Prefetto.

18.1. Questo Collegio non ignora che, come ha chiarito la stessa Adunanza plenaria nella sentenza n. 23 del 26 ottobre 2020, il legislatore antimafia ha introdotto in questa materia, a presidio della legalità, «un sistema di estremo rigore, onde evitare che le pubbliche amministrazioni (o, più precisamente, i soggetti indicati all’art. 83, co. 1 e 2 del D.Lgs. n. 159 del 2011) possano entrare in contatto con soggetti colpiti da cause di decadenza, di sospensione o di divieto, di cui al’’art. 67, ovvero che siano destinatari di un tentativo di infiltrazione mafiosa; e ciò al fine di evitare che tali soggetti possano condizionare le scelte e gli indirizzi delle amministrazioni pubbliche, ledendo i principi di legalità, imparzialità e buon andamento riconosciuti dall’art. 97 Cost., ovvero possano incidere sul leale e corretto svolgimento della concorrenza tra imprese ovvero ancora possano appropriarsi a qualunque titolo di risorse pubbliche (beni, danaro o altre utilità)», ma nondimeno deve evidenziare che lo stesso legislatore, nell’ottica di un ragionevole bilanciamento con l’interesse a salvaguardare l’iniziativa economica sana o “sanabile”, ha voluto introdurre, con l’art. 34-bis, comma 6, una misura che intende preservare la possibilità di recuperare al circuito dell’economia legale le imprese solo debolmente influenzate dalle consorterie mafiose per via del loro legame “occasionale” con esse.

19. È alla luce di queste doverose considerazioni, dunque, che – ad avviso del Collegio – deve essere letta e chiarita l’affermazione costante della giurisprudenza di questa Sezione, secondo cui il giudizio amministrativo, in pendenza del controllo giudiziario, deve essere sospeso, ai sensi dell’art. 295 c.p.c., in vista di una vicenda, giudiziale e amministrativa, ma sostanzialmente unitaria, tutta da definire solo all’esito dell’aggiornamento, liberatorio o ancora una volta interdittivo, da parte del Prefetto, e non già per un nesso di pregiudizialità-dipendenza, invero inesistente, tra la pendenza del controllo giudiziario e il giudizio sulla presupposta informativa antimafia, che – come si è già detto – certamente, se si guarda alla mera consecuzione temporale degli atti (informativa-impugnazione-richiesta di controllo) o al nudo nesso di presupposizione, costituisce esso invece il prius logico-giuridico dell’intera vicenda.

19.2. La prospettiva, per le ragioni che si sono esposte, deve invece rovesciata se si tiene presente l’iter complesso, e complessivo, che scandisce le vicende dell’impresa, destinataria dell’informativa impugnata, ammessa al controllo giudiziario, di cui il processo amministrativo non può che essere specchio fedele.

19.3. La sospensione del giudizio amministrativo non costituisce, dunque, in questa ipotesi un arretramento della giurisdizione amministrativa o, ancor peggio, un’abdicazione alla tutela giurisdizionale piena ed effettiva, bensì una doverosa, costituzionalmente necessaria, misura di adeguamento alla realtà fattuale, ancora non definita, della res controversa e dunque, a dispetto di ogni apparenza, un potenziamento e un inveramento della funzione giurisdizionale affidata al giudice amministrativo.

19.4. D’altro canto, sul piano squisitamente processuale, è noto che l’art. 295 c.p.c. e l’art. 337, comma secondo, c.p.c. – applicabili al processo amministrativo per il rinvio dell’art. 79, comma 1, c.p.a. (cfr. Cons. St., sez. IV, 4 dicembre 2018, n. 5185) – fanno riferimento al caso in cui tra due giudizi esista un nesso di pregiudizialità-dipendenza per il quale l’esito di uno (giudizio pregiudiziale) è in grado di condizionare l’esito dell’altro (giudizio pregiudicato) (Cons. St., sez. V, 25 marzo 2021, n. 2531) e, nel caso in esame, questo nesso di pregiudizialità-dipendenza in senso tecnico, e non solo meramente logica, è ravvisabile se si considera che, come si è detto, il controllo giudiziario, una volta ammesso dal giudice della prevenzione sulla scorta di in giudizio prognostico favorevole, apre una fase che, sospendendo ex lege gli effetti del provvedimento interdittivo, richiede necessariamente, al suo esito, un nuovo provvedimento dell’autorità prefettizia che, in base ad una nuova attività istruttoria che prenda in esame i risultati della vigilanza prescrittiva, sostituirà integralmente il provvedimento interdittivo impugnato, con effetti – ciò è innegabile – che direttamente e inevitabilmente incideranno sul giudizio amministrativo.

19.4. La sospensione degli effetti interdittivi, il nuovo “corso” impresso dal controllo giudiziario, la necessità di una nuova valutazione prefettizia impongono al giudice amministrativo di attendere gli esiti di questa fase, che si è aperta con l’impugnativa dell’informazione antimafia e deve chiudersi con una pronuncia sull’intera vicenda amministrativa, che culminerà con l’emissione del nuovo provvedimento prefettizio.

20. Si è già accennato – v., supra, § 11.4.-11.5. – che la consolidata – per quanto non unanime – giurisprudenza di questa Sezione, considerando tale dirimente circostanza, si è orientata, almeno sino a tempi più recenti, nel senso di sospendere il giudizio amministrativo contro l’informativa, una volta chiesto ed ottenuto il controllo giudiziario volontario, per consentire all’impresa di poter avvalersi di questo fondamentale strumento che ne consenta il ritorno al circuito dell’economia legale.

20.1. Si è altrettanto chiarito, tuttavia, che altri orientamenti, nel negare che ricorra propriamente, stricto sensu, un’ipotesi di pregiudizialità, ai sensi dell’art. 295 c.p.c. (v. in questo senso, anche la sentenza n. 7294 del 28 dicembre 2018 di questa Sezione, secondo cui «nessuna norma […] milita nel senso che il giudizio predetto debba risultare sospeso sino alla decisione sull’istanza presentata dall’impresa medesima ed anzi, la sollecita definizione della controversia in sede giurisdizionale comporta il venir meno delle stesse esigenze sottese all’istituto»), ritengono invece che il giudizio amministrativo non sia vincolato, sul piano processuale, all’esito del controllo giudiziario, ma debba seguire il proprio corso.

20.2. Ma, come pure si è accennato (v., supra, § 11.7.) da questa osservazione, secondo cui non vi sarebbe la causa della sospensione necessaria ai sensi dell’art. 295 c.p.c., la giurisprudenza amministrativa, in primo e in secondo grado, ha fatto discendere le più varie conseguenze sul piano processuale.

21. Secondo un primo orientamento, infatti, la trattazione dell’udienza di discussione della causa avente ad oggetto l’annullamento dell’informativa antimafia deve essere rinviata a data successiva alla cessazione della eventuale misura di prevenzione del controllo giudiziario di cui all’art. 34-bis del d. lgs. n. 159 del 2011, per non porre nel nulla gli effetti di possibile legalizzazione di imprese marginalmente inquinate (v., ad esempio, T.A.R. per la Calabria, sede di Catanzaro, ord., 2 aprile 2019, n. 658).

21.1. Lo strumento processuale del rinvio ben si presterebbe, difatti, a garantire e non compromettere l’auspicato percorso di “redenzione” dell’impresa ed è inoltre è rimesso al discrezionale e ponderato uso del potere di direzione del procedimento (v. artt. 175 c.p.c. e 39 c.p.a.) da parte del Tribunale, il quale potrebbe negarlo ove risultino circostanze che richiedano la necessità di decisione del merito (come, ad esempio, nell’ipotesi di revoca del controllo).

21.2. Il rinvio potrà essere altresì valutato, secondo tale orientamento, solo in caso di ammissione dell’impresa al controllo e non in ipotesi di mera presentazione dell’istanza.

21.3. E tuttavia, si deve osservare, questo orientamento pretorio, benché sia mosso da un ragionevole intento pratico e abbia il pregio di “attendere” l’esito del controllo giudiziario coordinandosi con la previsione di questo istituto, rimette alla discrezionalità del singolo giudice la sospensione del giudizio amministrativo, mediante la tecnica di un rinvio nella sostanza dei fatti sine die, e si pone ora in contrasto con la nuova previsione del comma 1-bis dell’art. 73 c.p.a., inserito dal d.l. n. 80 del 2021, conv. con mod. in l. n. 113 del 2021, secondo cui il rinvio della trattazione della causa è disposto solo per «casi eccezionali», che sono riportati nel verbale di udienza (v., sul punto, anche Cons. St., sez. III, 19 maggio 2022, n. 3973, in part. § 6.2., proprio per caso analogo a quello esaminato), sicché il controllo giudiziario dovrebbe assurgere a caso eccezionale per consentire, nell’attuale ordinamento processuale, un rinvio della causa motivato.

21.4. Tra l’altro questo orientamento nega che la mera proposizione dell’istanza possa indurre il giudice amministrativo al rinvio, ciò che contraddice, invece, la stessa previsione dell’art. 34-bis, comma 6, del d. lgs. n. 159 del 2011, la quale dà all’impresa colpita informativa il diritto di chiedere – anche, se come detto, non di ottenere in via automatica – il controllo giudiziario c.d. volontario, sicché è chiaro che, di fronte alla proposizione della domanda di controllo giudiziario, il giudice amministrativo dovrebbe, ragionevolmente, almeno attendere che essa sia esaminata – ed eventualmente rigettata, difettandone i presupposti – dal giudice della prevenzione.

22. Secondo altro, e opposto, orientamento, invece, il giudice amministrativo, non sussistendo alcun vincolo di pregiudizialità ai sensi dell’art. 295 c.p.c., ha il dovere di definire il giudizio, indipendentemente dall’esito del controllo giudiziario, stante anche l’interesse pubblico ad ottenere una pronuncia definitiva in ordine alla legittimità del potere amministrativo in concreto esercitato con il rilascio dell’informazione antimafia a carattere interdittivo da parte dell’autorità prefettizia.

22.1. A questo orientamento è ascrivibile, oltre a numerose pronunce di diversi Tribunali amministrativi regionali che ritengono di dover definire il giudizio nel merito senza sospenderlo non individuando alcuna disposizione né alcuna ragione che ciò impedisca, anche una recente pronuncia – la sentenza n. 3973 del 19 maggio 2022 – di questa Sezione, che è pervenuta a siffatta conclusione, non diversamente dalla già citata sentenza n. 7294 del 2018 di questa Sezione (anche se quest’ultima nega, a dire il vero, che il controllo giudiziario possa “sopravvivere” al giudicato amministrativo).

22.2. Secondo la sentenza n. 3973, infatti, che «se la sussistenza di entrambi i requisiti legittimanti ex lege la misura sarebbe indispensabile nel momento applicativo della stessa, a diversa conclusione deve pervenirsi nella fase funzionale della sua vigenza, prestandosi essa ad assolvere alla sua funzione preventivo-risanatrice anche laddove il giudizio amministrativo di impugnazione si sia risolto in senso negativo per l’impresa ricorrente».

22.3. Alla stregua di questo orientamento che segue anche un indirizzo di pensiero sostenuto da autorevole dottrina, dunque, la pendenza del giudizio amministrativo non assurgerebbe a condizione risolutiva espressa della misura, dovendosi escludere che la caducazione della misura costituisca una conseguenza immediata ed ineluttabile dell’eventuale esito negativo del giudizio annullatorio proposto contro il provvedimento interdittivo.

22.4. La sentenza n. 3793 del 2022 di questa Sezione, richiamando la natura anfibologica del controllo giudiziario che, avrebbe, da un lato, funzione cautelare e, dall’altro, finalità riabilitativo-risanatrice, evidenzia che l’art. 34-bis, comma 6, del d. lgs. n. 159 del 2011, limita la correlazione tra il giudizio impugnatorio e la misura di prevenzione esclusivamente al momento genetico-applicativo di quest’ultima, senza espressamente condizionarne la vigenza alla perdurante pendenza del primo.

22.5. E tuttavia, si deve qui osservare alla luce di quanto sin qui si è detto richiamando la giurisprudenza della Cassazione in ordine all’applicazione del controllo giudiziario, ben difficile sembra ipotizzare, già sul piano dell’interpretazione letterale, che la temporanea sospensione degli effetti interdittivi, prevista dall’art. 34-bis, comma 7, del d. lgs. n. 159 del 2011 possa sopravvivere alla definitività degli effetti, stabilizzata dall’eventuale giudicato amministrativo di rigetto, proprio perché essa è misura provvisoria strutturalmente legata alla pendenza del giudizio amministrativo, come evidenzia in modo costante la già richiamata giurisprudenza della Cassazione, mentre sul piano dell’interpretazione teleologica questo indirizzo, nell’evidenziare la natura ancipite della misura, sembra trascurare o svalutare eccessivamente, se non negare, la ratio unitaria, e inscindibile, di questa complessa misura di prevenzione patrimoniale, che ha per presupposto – certo anomalo – la contestazione dell’informativa stessa e, dunque, la non definitività dei suoi effetti interdittivi, ancora sub iudice, per consentire all’impresa di affrancarsi da qualsivoglia rischio infiltrativo, anche minimo ed occasionale, sotto la vigilanza del Tribunale e dei suoi organi.

22.6. Né sembra che la nuova previsione dell’art. 94-bis del d. lgs. n. 159 del 2011 offra appigli per affermare, come presuppone la pronuncia citata, che la riforma del d.l. n. 152 del 2021 abbia inteso “sganciare” la funzione delle misure amministrative di prevenzione collaborativa dalla matrice processuale di ordine cautelare, tipica del controllo giudiziario, ed esaltarne la valenza amministrativo-preventiva, istituendo una contrapposizione tra le due misure, quelle di matrice processuale e quelle di matrice amministrativa, che non si rinviene nella nuova previsione, la quale – come meglio si dirà tra breve – anzi, ben lungi dal rimarcarne una irriducibile alterità, ne evidenzia una sostanziale contiguità se non, addirittura, fungibilità, dato che, secondo il comma 3, «le misure di cui al presente articolo cessano di essere applicate se il tribunale dispone il controllo giudiziario di cui all’articolo 34-bis, comma 2, lettera b» e «del periodo di loro esecuzione può tenersi conto ai fini della determinazione della durata del controllo giudiziario».

22.7. La sentenza n. 3973 del 2022 pone l’accento sull’interesse pubblico a definire prontamente la controversia amministrativa sulla legittimità dell’informazione antimafia, «la cui astratta pendenza incide sull’esigenza di certezza dell’assetto di interessi costituito con il provvedimento impugnato», ma questa esigenza – che nel caso esaminato da quella sentenza concerneva un giudizio di revocazione contro una sentenza del Consiglio di Stato – deve misurarsi, e contemperarsi, con l’opposta esigenza, privilegiata dal legislatore addirittura con la sospensione degli effetti interdittivi, di garantire il risanamento dell’impresa mediante il controllo giudiziario.

22.8. L’argomento secondo cui il giudice amministrativo dovrebbe privilegiare questo pur fondamentale interesse pubblico alla stabilità delle situazioni giuridiche soggettive, che deve essere sempre doverosamente ponderato in un giudizio che investe, per definizione, il legittimo esercizio del potere, prova dunque troppo perché deve misurarsi, prima di giungere a siffatta conclusione (in sé, astrattamente considerata, del tutto condivisibile), con il dato positivo della legislazione antimafia e, in particolare, con la ricostruzione sistematica di un assetto normativo, che tenga conto dell’opposto interesse dell’impresa ammessa dal giudice della prevenzione al controllo giudiziario sulla base di un giudizio prognostico favorevole, con effetti sospensivi immediati sul provvedimento interdittivo.

22.9. Di qui la necessità, ancora una volta, che questa Adunanza plenaria dissipi i dubbi e i contrasti interpretativi circa la portata del giudizio amministrativo sull’informativa antimafia, laddove l’impresa proponga istanza di controllo giudiziario, e in particolare se esso sia o rimanga un giudizio chiuso, e limitato, al solo vaglio dell’informativa antimafia o non debba invece “aprirsi”, in una prospettiva diacronica, ad una considerazione più ampia della res controversa, che vede maturare la prospettiva di una riabilitazione dell’impresa e di un nuovo provvedimento amministrativo, liberatorio di ogni effetto interdittivo.

23. Anche la stessa natura dell’interesse legittimo, azionato nel giudizio amministrativo dall’impresa che abbia richiesto volontariamente il controllo giudiziario a differenza di quella che a questa misura non abbia voluto sottoporsi, non sembra più configurarsi, in questa prospettiva, come meramente oppositivo, ma assumere una natura mista, oppositiva-pretensiva, in vista del futuro, agognato, provvedimento liberatorio, da parte del Prefetto.

23.1. Proprio quest’ultima considerazione induce qui a ricordare l’ultimo indirizzo pretorio, da ultimo emerso in questa materia, e in particolare la già citata sentenza n. -OMISSIS-del Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, sez. stacc. di Catania, secondo cui l’ammissione al controllo giudiziario farebbe perdere automaticamente efficacia al provvedimento interdittivo antimafia, con la conseguente declaratoria di improcedibilità dell’originario ricorso proposto contro tale provvedimento.

23.2. Ritiene questo Collegio che anche questo indirizzo non sia, tuttavia, esente da critica perché postula un automatismo caducatorio, che non è previsto dalla legge e nemmeno è ipotizzabile sulla scorta della natura temporanea dell’informativa, ribadita anche dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 57 del 26 marzo 2020 «per scongiurare il rischio della persistenza di una misura non più giustificata», dato che spetta solo al Prefetto rivalutare il pericolo di inquinamento mafioso, all’esito del controllo giudiziario, e sino a quel momento il provvedimento interdittivo in origine impugnato non perde efficacia in ragione della sola ammissione al controllo giudiziario, sussistendo interesse dell’impresa ad ottenere l’eventuale annullamento del provvedimento interdittivo sino a che non sopraggiunga, in sede di aggiornamento, una informazione antimafia a carattere liberatorio.

23.3. Né sembra potersi sostenere che questo interesse non residui anche a livello risarcitorio, ai sensi dell’art. 34, comma 3, c.p.a., per il solo fatto che l’impresa, essendosi volontariamente sottoposta a controllo giudiziario, avrebbe “accettato” la legittimità del provvedimento interdittivo, dato che la proposizione del controllo giudiziario non implica alcun riconoscimento, nemmeno implicito, di questa legittimità e non esclude in radice l’esistenza del fatto illecito eventualmente compiuto dall’amministrazione nel cattivo esercizio del potere valutativo circa i presupposti infiltrativi.

23.4. Dovrebbe essere invece il giudice amministrativo, una volta sopraggiunto il nuovo provvedimento del Prefetto, a valutare se sia cessata del tutto la materia del contendere, dopo l’eventuale informativa liberatoria, o se, invece, non sussista l’interesse all’esame della domanda, quantomeno sotto il profilo risarcitorio, ai sensi dell’art. 34, comma 3, c.p.a., salvo poi valutare la risarcibilità del danno secondo tutti i criteri stabiliti anche dal codice del processo amministrativo.

24. Anche su tali delicati aspetti si rimettono all’Adunanza plenaria le opportune determinazioni, in presenza di un panorama interpretativo, anche recente, piuttosto composito ed eterogeneo nelle soluzioni, per l’auspicato esercizio della funzione nomofilattica.

25. Infine, con riferimento alle questioni poste dal ricorso R.G. n. 9422/2019, è necessario, coerentemente, deferire all’Adunanza plenaria anche la questione se debba essere sospeso o meno ai sensi dell’art. 79, comma 1, c.p.a. e dell’art. 295 c.p.c., a fronte del controllo giudiziario richiesto dall’impresa ai sensi del più volte richiamato art. 34-bis, comma 6, il giudizio relativo alle misure adottate dal Prefetto ai sensi dell’art. 32, comma 10, del d.l. n. 90 del 2014, conv. con mod. in l. n. 114 del 2014.

25.1. La giurisprudenza di questo Consiglio di Stato è costante nell’affermare che l’art. 32 del d.l. n. 90 del 2014 si propone l’ambizioso obiettivo di contemperare due opposte esigenze: garantire la completa esecuzione degli appalti e neutralizzare il rischio derivante dall’infiltrazione criminale nelle imprese, introducendo un originale e innovativo meccanismo di commissariamento.

25.2. Più in particolare, la gestione commissariale – espressamente qualificata come attività di pubblica utilità, poiché essa risponde, primariamente, all’interesse generale di assicurare la realizzazione dell’opera (così Cons. St., sez. III, 28 aprile 2016 n. 1630 e, ancor prima, Cons. St. sez. III, 24 luglio 2015 n. 3653) – è volta, attraverso l’intervento del Prefetto, non soltanto a garantire l’interesse pubblico alla completa esecuzione dell’appalto, ma anche a sterilizzare la gestione del contratto «oggetto del procedimento penale» dal pericolo di acquisizione delle utilità illecitamente captate in danno della pubblica amministrazione.

25.3. E non si è mancato di sottolineare che, sotto tale profilo, l’istituto si manifesta come uno strumento di autotutela contrattuale previsto direttamente dalla legge.

25.4. In altri termini, questa speciale forma di commissariamento riguarda soltanto il contratto (e la sua attuazione) e non la governance dell’impresa in quanto tale ed in ciò si distingue dalle misure di prevenzione patrimoniali disposte ai sensi del d. lgs. n. 159 del 2011 (Cons. St., sez. III, 10 gennaio 2018, n. 93).

25.5. In tal senso depone lo stesso tenore letterale della norma laddove si afferma che il commissariamento ha luogo «limitatamente alla completa esecuzione del contratto o della concessione».

25.6. Il legislatore non ha invero definito quale sia il rapporto tra tale misura, prevista dal d.l. n. 90 del 2014, e il controllo giudiziario, introdotto nel 2017, come non si è mancato di rilevare in dottrina, e si è sostenuto, da parte di autorevoli studiosi, che il controllo giudiziario, sospendendo l’efficacia dell’informativa antimafia ai sensi dell’art. 34-bis, comma 7, già citato, fa anche necessariamente venir meno la misura del commissariamento prefettizio, mentre il Ministero dell’Interno, nella circolare n. 11001/119/20(8)-A del 22 marzo 2018 ha espresso l’avviso che, qualora il controllo giudiziario venga disposto dal magistrato perché ritenuto adeguato alle rilevate esigenze di prevenzione in relazione alla totalità dei rapporti economici facenti capo all’azienda, ciò «determini il venir meno della misura ex art. 32, del decreto-legge 90/2014, analogamente a quanto previsto dal comma 5 della medesima norma per il caso in cui siano applicate le confisca, il sequestro o l’amministrazione giudiziaria dell’impresa».

25.7. Siffatta interpretazione, secondo il Ministero dell’Interno, è avvalorata dalla circostanza che quello riservato al Prefetto è un potere conformativo e limitativo della libertà di iniziativa economica che deve essere esercitato secondo canoni rispettosi del principio di proporzionalità, con la conseguenza che, se nella scala degli interventi astrattamente possibili in ragione della gravità della situazione riscontrata a carico dell’operatore economico, il Tribunale ritiene percorribile la strada del controllo giudiziario, non sembra possibile giustificare ulteriormente il mantenimento di una gestione separata “ad contractum”.

25.8. Indici normativi di tale prevalenza del controllo giudiziario o, se si preferisce, di tale cedevolezza, nella scala degli interventi possibili, delle misure amministrative, adottate dal Prefetto, si traggono ora anche dal già citato art. 94-bis, comma 3, del d. lgs. n. 159 del 2011, introdotto dal d.l. n. 152 del 2021, secondo cui le misure amministrative di prevenzione collaborativa «cessano di essere applicate se il tribunale dispone il controllo giudiziario di cui all’articolo 34-bis, comma 2, lettera b)».

25.9. Anche il giudice amministrativo, dunque, dovrebbe sospendere il giudizio relativo alle legittimità di tali misure, a fronte della richiesta di controllo giudiziario che, una volta accolta, “congela” gli effetti di queste per un effetto, per così dire, “a cascata” (sospensione degli effetti dell’informativa, che è a sua volta presupposto applicativo delle stesse misure prefettizie), fino al termine del controllo stesso, salvo poi verificare se, all’esito del controllo, residui un margine applicativo di dette misure per i contratti ancora in corso e anche in questo caso finché, ovviamente, il Prefetto non si determini, in sede di aggiornamento, ad emettere una informativa liberatoria, che farebbe venire meno radicalmente il presupposto applicativo delle misure previste dal citato art. 32, comma 10, del d.l. n. 90 del 2014, il quale prevede, infatti, che «le stesse misure sono revocate e cessano comunque di produrre effetti in caso di passaggio in giudicato di sentenza di annullamento dell’informazione antimafia interdittiva, di ordinanza che dispone, in via definitiva, l’accoglimento dell’istanza cautelare eventualmente proposta ovvero di aggiornamento dell’esito della predetta informazione ai sensi dell’articolo 91, comma 5, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, e successive modificazioni, anche a seguito dell’adeguamento dell’impresa alle indicazioni degli esperti».

26. Da ultimo, il Collegio ritiene di sottoporre all’Adunanza l’ulteriore questione, che pure -OMISSIS- pone con il primo motivo di appello, se la mancata sospensione del giudizio, da parte del Tribunale, comporti o meno la regressione del giudizio al primo grado, ai sensi dell’art. 105, comma 1, c.p.a., come sostiene l’appellante nella propria censura e ha, da ultimo, ribadito anche nei propri scritti difensivi.

26.1. Invero la mancata sospensione del giudizio ai sensi dell’art. 295 c.p.a. da parte del primo giudice – ammesso che, per tutte le ragioni esposte o per altre a suo avviso rilevanti, la Plenaria ravvisi una ipotesi di sospensione necessaria nella vicenda controversa – non rientra tra le ipotesi di rimessione della causa al Tribunale, ai sensi dell’art. 105, comma 1, c.p.a., in quanto l’annullamento con rinvio può avvenire soltanto se l’error in procedendo abbia determinato la mancanza del contraddittorio, la violazione del diritto di difesa o un caso di nullità della sentenza, come prescrive l’art. 105 cristallizzando gli orientamenti giurisprudenziali formatisi anteriormente all’entrata in vigore del codice del processo amministrativo (v., comunque, su tali complesse questioni le fondamentali pronunce di Cons. St., Ad. plen., 30 luglio 2018, n. 11 e Cons. St., Ad. plen., 5 settembre 2018, n. 14, Cons. St., Ad. plen., 28 settembre 2018, n. 15).

26.2. L’accoglimento del motivo di appello, con il quale la parte lamenti che il primo giudice non abbia sospeso il giudizio, ai sensi dell’art. 295 c.p.c., decidendo nel merito, non determinerebbe dunque, come sostiene -OMISSIS-l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio della causa al primo giudice, ma soltanto la sospensione del giudizio, ai sensi dell’art. 295 c.p.a., da parte del giudice d’appello, conformemente, del resto, alla costante giurisprudenza di questa Sezione, che si è pronunciata con molteplici ordinanze, alcune delle quali sopra ricordate (v., supra, § 11.5.), sospendendo il giudizio amministrativo, a fronte della pendenza del ricorso per il controllo giudiziario.

26.3. In ogni caso, a fini nomofilattici, si ritiene opportuno sottoporre anche tale quesito all’Adunanza plenaria non fosse altro perché, essendo appellabili, secondo l’art. 79, comma 3, c.p.a., le ordinanze di sospensione emesse dai Tribunali amministrativi regionali ai sensi dell’art. 295 c.p.c., sarebbe prevedibile, in virtù di quanto stabilità l’Adunanza plenaria, l’esito di eventuali appelli contro le ordinanze dei Tribunali stessi che, ravvisando l’esistenza di una pregiudizialità ai sensi dell’art. 295 c.p.a., abbiano sospeso il giudizio amministrativo in pendenza del controllo giudiziario.

26.4. L’affermazione del principio di diritto, sul piano processuale, assume anche per tale aspetto carattere di particolare importanza, ad avviso di questo Collegio, anche ai sensi e per gli effetti dell’art. 99, comma 5, c.p.a., non meno che per le altre questioni, sopra evidenziate, per la certezza del diritto.

27. In conclusione, riassumendo le questioni sin qui poste, si ritiene di porre all’Adunanza plenaria i seguenti quesiti:

a) se la proposizione della domanda per controllo giudiziario c.d. volontario e la successiva ammissione dell’operatore economico a tale misura di prevenzione patrimoniale, prevista dall’art. 34-bis, comma 6, del d. lgs. n. 159 del 2011, determinino o meno, oltre alla sospensione degli effetti interdittivi dell’informazione antimafia prevista espressamente dal comma 7 dell’art. 34-bis, anche la sospensione necessaria, ai sensi dell’art. 79, comma 1, c.p.a. e dell’art. 295 c.p.c., del giudizio amministrativo, avente ad oggetto l’impugnazione dell’informazione antimafia stessa, per la necessità di attendere che, all’esito della misura concessa dal giudice della prevenzione sulla base di una prognosi favorevole, il Prefetto rivaluti, in sede di aggiornamento ai sensi dell’art. 91, comma 5, del d. lgs. n. 159 del 2011, la situazione dell’operatore economico ai fini antimafia per adottare, se del caso, un’informativa liberatoria, che determinerebbe nel giudizio amministrativo la cessazione della materia del contendere, quantomeno ai fini impugnatori;

b) se la proposizione della domanda per controllo giudiziario c.d. volontario e la successiva ammissione dell’operatore economico a tale misura di prevenzione patrimoniale, prevista dall’art. 34-bis, comma 6, del d. lgs. n. 159 del 2011, determinino o meno, ai sensi dell’art. 79, comma 1, c.p.a. e dell’art. 295 c.p.c., la sospensione necessaria del giudizio amministrativo, avente ad oggetto l’impugnazione delle misure adottate dal Prefetto ai sensi dell’art. 32, comma 10, del d.l. n. 90 del 2014, conv. con mod. in l. n. 114 del 2014, oltre che per le ragioni di cui al punto a), laddove si contesti la legittimità dell’informativa antimafia presupposta, anche per la necessità di garantire, comunque, la prevalenza del controllo giudiziario rispetto a tali misure amministrative, cedevoli rispetto alla vigilanza prescrittiva disposta dal giudice della prevenzione;

c) se la mancata sospensione del giudizio amministrativo da parte del giudice di primo grado nelle ipotesi di cui sub a) e sub b), una volta dedotta in appello contro la sentenza che abbia pronunciato nel merito, costituisca un error in procedendo tale da imporre la rimessione della causa al primo giudice, ai sensi dell’art. 105, comma 1, c.p.a., o invece determini solo la necessità, per lo stesso giudice d’appello, di sospendere direttamente il giudizio ai sensi dell’art. 79, comma 1, c.p.a. e dell’art. 295 c.p.c.

28. Si rimettono all’Adunanza plenaria anche tutte le ulteriori determinazioni in ordine agli ulteriori motivi di appello, proposti da -OMISSIS-e sulle questioni di merito dibattute nel presente giudizio, laddove – non ravvisando la necessità di sospendere il giudizio – voglia addivenire ad una pronuncia nel merito, nonché alle spese del giudizio, salvo che l’Adunanza stessa ritenga di enunciare il principio di diritto e restituire per il resto gli appelli qui riuniti a questa Sezione remittente ai sensi dell’art. 99, comma 4, c.p.a.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), previa riunione degli appelli in epigrafe indicati, rimette il giudizio così riunito all’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato.

Manda alla Segreteria per gli adempimenti di competenza.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli artt. 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità di -OMISSIS- e di -OMISSIS- e di tutti gli altri soggetti citati nella presente ordinanza.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 26 maggio 2022, con l’intervento dei magistrati: