LA TUTELA DEL CONTROINTERESSATO PRETERMESSO NEL PROCESSO AMMINISTRATIVO

FATTO

Il comune di Andria bandiva nel 2012 una gara per l’affidamento dei lavori del secondo stralcio del Programma di Recupero Urbano del quartiere San Valentino.

All’esito della procedura la Edilsalento Strade s.r.l. si classificava al primo posto nella graduatoria provvisoria, seguita al secondo posto dalla CO.N.E.S. s.r.l. -Costruzioni Nazionali Edili Stradali (in prosieguo Cones) ed al terzo posto dalla Costruzioni Memeo s.r.l. (in prosieguo Memeo).

Sennonché, all’esito delle verifiche operate dall’Amministrazione, venivano escluse dalla gara sia la Edilsalento prima classificata che la Cones seconda classificata.

Per quanto interessa in questa sede, la Cones veniva esclusa con provvedimento dirigenziale n. 1475/2013 in ragione di una irregolarità contributiva evidenziata dall’Inail (sede di Barletta), con conseguente sospensione da parte dell’Istituto della regolarità del Durc richiesto dall’Amministrazione.

A seguito dell’anzidetta esclusione, la Stazione appaltante riconvocava i concorrenti in data 19 aprile 2013 per la parziale rinnovazione del procedimento ed in data 2 maggio 2013 procedeva al ricalcolo dell’anomalia ed alla aggiudicazione provvisoria della gara alla Memeo.

Sennonché la Cones, ritenendo illegittimo il provvedimento con cui era stata disposta la sua esclusione, adiva nel frattempo il Tar Puglia con ricorso del 26 aprile 2019, chiedendone l’annullamento.

L’atto introduttivo del giudizio, peraltro, veniva notificato al Comune di Andria ed all’Inail e non anche alla Memeo che, pertanto, non prendeva parte al giudizio stesso.

Con sentenza n. 1497/2013, il Tribunale adito accoglieva il ricorso e, per l’effetto, annullava il provvedimento di esclusione dalla gara della Cones.

Per quanto sopra, l’Amministrazione procedeva ad annullare l’aggiudicazione provvisoria disposta in favore della Memeo, dandone comunicazione all’interessata con nota del 27 novembre 2013.

In tale occasione, la Memeo veniva di conseguenza a conoscenza della richiamata sentenza n.1497 del 2013, con cui il Tar aveva accolto il ricorso proposto dalla Cones.

Avverso detta sentenza, siccome ritenuta pregiudizievole dei suoi interessi, la Memeo ha quindi interposto l’odierno appello chiedendone l’integrale riforma.

Si è costituita in giudizio la Cones intimata, la quale ha eccepito l’inammissibilità del gravame e contestato la sua fondatezza nel merito, chiedendone il rigetto.

Si è altresì costituito in giudizio il Comune di Andria il quale, nella sua asserita qualità di controinteressato, ha viceversa chiesto l’accoglimento dell’appello ritenendo errata la sentenza impugnata.

Si è inoltre costituito in giudizio l’Inps il quale, pur affermando “la sua sostanziale neutralità”, ha comunque chiesto “la conferma dell’accertamento della piena legittimità dell’operato…… e dei provvedimenti emessi dall’Istituto….”, con ciò mostrando di aderire sostanzialmente al ricorso dell’appellante.

Con successive memorie le parti hanno insistito nelle rispettive tesi giuridiche.

Alla pubblica udienza del 4 giugno 2014 la causa è stata quindi trattenuta per la decisione.

 

DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.

2. Ed invero, come esposto nella narrativa in fatto:

– con provvedimento dirigenziale n. 1475 del 22 aprile 2013, l’Amministrazione comunale ha escluso dalla gara la Cones, seconda classificata nella relativa graduatoria, ed a tale data aggiudicataria provvisoria a seguito della pregressa esclusione della società Edilsalento prima classificata;

– in ragione di detta esclusione, l’Amministrazione in data 19 aprile 2013 ha riconvocato i concorrenti per la parziale rinnovazione del procedimento;

– in data 26 aprile 2013, la Cones ha proposto ricorso al Tar Puglia chiedendo l’annullamento del provvedimento n. 1475/2013 con cui è stata disposta la sua esclusione dalla gara;

– nelle more del giudizio la Stazione appaltante, in data 2 maggio 2013, ha ricalcolato l’anomalia ed aggiudicato in via provvisoria la gara alla Memeo, quale terza classificata nella graduatoria originaria;

– con sentenza depositata il 6 novembre 2013, il Tar Puglia ha accolto il ricorso della Cones e, per l’effetto, annullato il provvedimento di esclusione di quest’ultima dalla gara;

– per quanto sopra la Stazione appaltante, in data 26 novembre 2013, ha annullato il ricalcolo e la conseguente aggiudicazione provvisoria disposta in favore della Memeo, dandone comunicazione all’interessata con nota del giorno successivo;

– in tale occasione la Memeo ha preso conoscenza della sentenza del Tar Puglia n. 1497/2013 ed avverso la stessa ha quindi interposto l’odierno appello, nella sua asserita qualità di parte essenziale del giudizio di primo grado non chiamata in causa per errore della ricorrente.

3. Ciò posto in punto di fatto, osserva in via preliminare il collegio come nel caso di specie la Memeo non possa essere considerata controinteressata in senso tecnico nel giudizio di primo grado e, quindi, come la stessa non fosse litisconsorte necessaria pretermessa per errore della Cones ricorrente.

Infatti, rispetto al provvedimento di esclusione da una gara ad evidenza pubblica non sono in linea di principio configurabili, in assenza di aggiudicazione, soggetti controinteressati in senso tecnico, poiché tale qualità presuppone la sussistenza di soggetti nominativamente indicati nel provvedimento impugnato o agevolmente individuabili in base ad esso, titolari di un interesse concreto ed attuale al mantenimento dell’atto impugnato.

Pertanto, nel ricorso presentato dal concorrente escluso dalla gara, l’aggiudicatario provvisorio assume la veste di controinteressato solo quando l’esclusione e l’aggiudicazione provvisoria siano avvenute contestualmente, nella stessa seduta di gara, atteso che solo in tale ipotesi sussiste il qualificato interesse dell’aggiudicatario provvisorio alla conservazione dell’atto di esclusione, per avere egli un interesse opposto a quello dell’escluso già consacrato da una scelta- sia pure provvisoria- dell’Amministrazione.

In questo senso, del resto, si è già espressa più volte la giurisprudenza anche della Sezione, precisando che “l’aggiudicatario provvisorio, assume… la veste di controinteressato nel ricorso proposto dal concorrente escluso, solo quando l’esclusione e l’aggiudicazione siano avvenute contestualmente, ossia senza soluzione di continuità, potendo il soggetto escluso rendersi perfettamente conto che l’impugnativa incide sulla posizione, differenziata e giuridicamente protetta, di altro soggetto privato. Nelle gare di appalto pubblico, invero, il ricorso avverso il provvedimento di esclusione non deve essere notificato ad alcun controinteressato, salvo che lo stesso non sia intervenuto quando la gara si era già conclusa, nel qual caso il gravame deve essere notificato all’impresa aggiudicataria…… per l’ammissibilità del ricorso è sufficiente, sempre che si tratti di provvedimento di esclusione adottato prima dell’aggiudicazione, che il ricorso sia stato notificato alla stazione appaltante, non sussistendo alcun onere per l’impresa esclusa di seguire gli sviluppi del procedimento al quale è ormai estranea ed impugnare gli atti conseguenti, ricercandogli contro interessati successivi, salva la facoltà per questi ultimi di proporre l’opposizione di terzo… ” ( cfr. per tutte Sez. V, 27.05.2011, n. 3193 ).

In buona sostanza, l’impresa che impugna la propria esclusione dalla gara fa valere un interesse legittimo di cui è certamente titolare, mentre tutti coloro che sono stati ammessi alla stessa non rivestono per ciò solo la qualifica formale di controinteressati necessari in senso tecnico, non essendo in linea di principio protetta la loro aspettativa a concorrere, nell’ambito del procedimento ad evidenza pubblica, senza la presenza del soggetto escluso.

Pertanto, fino al momento quanto meno dell’aggiudicazione provvisoria, gli altri concorrenti non hanno alcun apprezzabile interesse a contrastare la domanda di annullamento del provvedimento di esclusione, essendo titolari di una mera aspettativa inidonea di per sé a farli assurgere al rango di controinteressati in senso tecnico, non potendo di certo essere giuridicamente tutelato il generico -ed egoistico- interesse a partecipare ad una gara con meno contendenti.

Conclusivamente, nella specie la Cones ha proposto ricorso avverso il provvedimento con cui è stata disposta la sua esclusione dalla gara prima della formulazione da parte dell’Amministrazione della graduatoria provvisoria in cui la Memeo si è utilmente posizionata e, pertanto, quest’ultima non può essere considerata quale controinteressata in senso tecnico pretermessa nel giudizio di primo grado per errore della ricorrente.

4. Tanto precisato, osserva il collegio come la posizione odiernamente rivestita dalla Memeo debba correttamente essere qualificata come quella di controinteressato “sopravvenuto”.

Infatti, solo a seguito della formulazione della graduatoria provvisoria in cui ha trovato utile collocazione (sopravvenuta giust’appunto alla proposizione del ricorso ) la Memeo è divenuta titolare di uno specifico ed apprezzabile interesse a contrastare la domanda di annullamento del provvedimento di esclusione azionata dalla Cones, nonché la intervenuta pronuncia del Tar Puglia di accoglimento della stessa.

5. Inquadrata nei termini che precedono la posizione soggettiva della Memeo, l’odierno ricorso si appalesa inammissibile siccome proposto come appello dinanzi a questo Consiglio di Stato, invece che con l’opposizione di terzo davanti al Tar Puglia che ha pronunciato la sentenza avversata.

6. Premette in via generale il collegio, come la problematica della legittimazione all’appello da parte del controinteressato pretermesso e del titolare di una posizione giuridica autonoma e incompatibile, che non abbiano partecipato al giudizio di primo grado, sia sempre stata strettamente connessa con quella della latitudine attribuita al rimedio dell’opposizione di terzo in ambito processuale amministrativo.

In tale ambito, infatti, detto rimedio è stato introdotto dalla Corte Costituzionale con la nota sentenza n. 177 del 1995, proprio per sopperire alla lacuna presente nel sistema di giustizia amministrativa, il quale tradizionalmente non prevedeva l’opposizione del terzo sia ordinaria che revocatoria.

Prima dell’intervento della Corte, invero, la tutela del terzo che avesse subìto un apprezzabile pregiudizio dalla sentenza amministrativa, veniva assicurata attraverso vari strumenti processuali affinati in via interpretativa dalla giurisprudenza di questo Consiglio, prevedendosi una nozione estesa della legittimazione ad appellare,1’ampia possibilità di intervento nel giudizio di secondo grado, nonché la possibilità di introdurre nel giudizio amministrativo la chiamata di terzo iussu iudicis.

Peraltro, una volta introdotta nell’ordinamento processuale amministrativo questa impugnazione straordinaria, si è posto il problema di chiarire se il terzo avesse ancora facoltà di esperire il rimedio dell’appello contro la sentenza resa in un giudizio cui fosse rimasto estraneo.

Intervenuto il dictum della Corte Costituzionale, infatti, occorreva delineare compiutamente gli effetti che l’opposizione veniva necessariamente a produrre nei confronti dell’appello del terzo che, fino a quel momento, aveva svolto una chiara funzione di surroga.

Ed al riguardo, sia in dottrina che in giurisprudenza, non si è pervenuti ad una conclusione concordante.

In materia, peraltro, è da ultimo intervenuto il codice del processo amministrativo il quale, com’è noto, ha tra l’altro espressamente disciplinato la legittimazione a proporre appello, ed ha altresì regolato per la prima volta il rimedio straordinario dell’opposizione di terzo.

7. Tanto premesso, ritiene il collegio che a seguito dell’anzidetta codificazione non residui oggettivamente spazio per l’appello del terzo, per ragioni di ordine sia testuale che sistematico.

8. Ed invero, il comma 1 dell’art. 102 del Codice , con previsione tassativa, sancisce ora che “possono proporre appello le parti fra le quali è stata pronunciata la sentenza di primo grado”.

Già sotto il profilo testuale, quindi, il richiamato articolo viene a precludere la possibilità per il litisconsorte pretermesso in primo grado (soggetto che, per definizione, non rientra fra quelli nei cui confronti la decisione di primo grado è stata assunta) di proporre autonomamente appello.

La disposizione codicistica, così, risulta preordinata proprio a superare il pregresso orientamento (invero formatosi nell’assenza di una disposizione normativa così chiara come quella di cui al richiamato art. 102 ) il quale aveva ampliato il novero dei soggetti legittimati alla proposizione dell’appello includendovi inter alia, per quanto qui interessa, anche i controinteressati sopravvenuti.

Di tanto, del resto, si rinviene conferma nella relazione illustrativa al Codice, ove si legge che il legislatore delegato ha inteso riconoscere la legittimazione all’appello soltanto alle parti in senso formale del giudizio di primo grado.

Conseguentemente deve ritenersi che, nella vigenza del Codice del 2010, il controinteressato non evocato in giudizio possa impugnare la sentenza di primo grado soltanto – laddove ne sussistano le condizioni – con il rimedio straordinario dell’opposizione di terzo, che ha trovato giust’appunto regolamentazione per la prima volta nell’ambito del Codice stesso.

9. Sul piano sistematico, poi, va rilevato come l’art. 108 del Codice abbia allineato in via di principio il processo amministrativo a quello civile, prevedendo alla stregua dell’articolo 404 del codice di procedura civile, sia l’opposizione di terzo cosiddetta ordinaria che quella cosiddetta revocatoria.

Allo stesso modo di quanto dispone l’art. 404 c.p.c., invero, anche l’attuale formulazione del richiamato art. 108, comma 1, c.p.a. , dopo le modifiche apportate dal decreto legislativo n.195 del 2011, incentra la legittimazione a proporre opposizione: a) sulla mancata partecipazione al giudizio conclusosi con la sentenza opposta; b) sul pregiudizio che reca la sentenza ad una posizione giuridica di cui l’opponente risulti titolare.

Quanto al primo dei due presupposti, va ribadito che la nozione di terzo va parametrata su quella di parte e – se si tratta di una sentenza che ha deciso su posizioni di interesse legittimo – deve tenere conto della nozione di parte in senso formale nel suo significato riguardante il giudizio amministrativo di legittimità.

Quindi, ai fini dell’opposizione di terzo ordinaria, quale terzo deve ritenersi il litisconsorte necessario pretermesso, ma non anche i successori delle parti a titolo universale o particolare, ovvero i creditori o aventi causa che possono, invece, utilizzare lo strumento della cosiddetta opposizione revocatoria.

Quanto alla delimitazione del secondo dei due presupposti, ossia del “pregiudizio”, mentre nel caso del litisconsorte necessario pretermesso la lesione della sua sfera giuridica deriva direttamente dal riconoscimento stesso della sua condizione processuale e dalla sentenza che abbia annullato l’atto per lui favorevole, la questione richiede maggiori indagini per il caso in cui una sentenza arrechi un pregiudizio ad una posizione giuridica riferibile ad un soggetto non definibile quale controinteressato in senso tecnico e dunque quale litisconsorte necessario pretermesso.

Al riguardo, osserva il collegio che, per pacifica giurisprudenza, per controinteressato in senso tecnico si deve intendere quel soggetto titolare di un interesse alla conservazione dell’atto o alla mancata adozione dell’atto, che il ricorrente intende superare, individuato nell’atto stesso o facilmente individuabile (come chiarito dall’Adunanza Plenaria di questo Consiglio con la decisione 8 maggio 1996, n. 2).

Ebbene, il controinteressato pretermesso nel caso di mancato coinvolgimento in giudizio assume la qualifica di litisconsorte necessario pretermesso e può agire con lo strumento di cui all’art. 108, comma 1, del codice del processo amministrativo.

Accanto a quest’ultima figura, però, l’Adunanza Plenaria – nella pronuncia n. 2 del 2007- ha chiarito che esistono altre tipologie di controinteressato, individuandole nel controinteressato sopravvenuto e nel controinteressato occulto o sostanziale, ossia o in colui che abbia conseguito una utilità da un provvedimento ulteriore conseguente alla conclusione di un procedimento autonomo rispetto a quello presupposto già impugnato, ovvero in colui che sia sostanzialmente un contro interessato, ma non sia facilmente individuabile dalla lettura dell’atto impugnato.

Questi ultimi per proporre l’opposizione di terzo – non avendo la qualità di controinteressato in senso tecnico cui andava notificato il ricorso originario – devono risultare titolari di una posizione giuridica autonoma e incompatibile, come tutte le altre ipotesi nelle quali un terzo pretenda di proporre opposizione.

Così, in primo luogo, l’interesse fatto valere non deve essere un interesse di mero fatto, ma una situazione giuridica soggettiva.

Inoltre la situazione giuridica in questione deve essere autonoma, ossia non deve essere direttamente incisa dalla sentenza opposta, né deve risultare in posizione di derivazione o dipendenza rispetto a quella oggetto di accertamento giudiziale.

Infine, la situazione giuridica deve essere incompatibile, nel senso che l’accertamento giudiziale deve aver prodotto la contemporanea esistenza di poteri e facoltà su di un bene della vita che non possono coesistere, sotto forma di convergenza ovvero di divergenza di interessi.

10. Alla luce di tale rinnovato assetto normativo, ritiene quindi il collegio che l’appello del terzo non possa più trovare utile applicazione.

Come già precisato, infatti, la possibilità da parte del terzo di appellare la sentenza resa in un giudizio a cui sia rimasto estraneo è stata riconosciuta in via giurisprudenziale per assicurare a quest’ultimo una forma di tutela giurisdizionale, attesa l’assenza nell’ordinamento processuale amministrativo del rimedio dell’opposizione di terzo.

In altri termini, in carenza del predetto rimedio straordinario l’appello del terzo ha avuto ragione di essere, attesa la chiara funzione di surroga svolta per sopperire alla lacuna presente nel sistema della giustizia amministrativa.

Pertanto, con l’entrata in vigore del codice del processo amministrativo che ha, da un lato, riconosciuto la legittimazione a proporre appello solo alle parti fra le quali è stata pronunciata la sentenza di primo grado e, dall’altro, disciplinato in via legislativa l’opposizione di terzo, si deve senz’altro ritenere che non residui più giuridicamente spazio per l’appello del terzo.

Anzi, a ben vedere, la sua permanenza risulterebbe non solo non conciliabile con i chiari disposti del Codice, ma altresì foriera di complicazioni per l’attuale sistema delle impugnazioni nell’ambito del diritto processuale amministrativo.

In tale ipotesi, infatti, il terzo disporrebbe di due rimedi giurisdizionali da azionare a suo piacimento, con un plus di tutela che mal si concilia con il principio della parità delle parti.

Riprova ne è, con riguardo al caso di specie, la circostanza dedotta dalla Cones per cui la proposizione dell’odierno appello dinanzi a questo Consiglio, anziché dell’opposizione di terzo dinanzi al Tar, ha impedito alla stessa di proporre ricorso incidentale per far valere le cause di esclusione dalla gara della Memeo.

Ammettere la legittimazione dell’appellante, pertanto, equivarrebbe nella specie a privare la Cones, in conseguenza di una scelta processuale che ha subito, di uno strumento processuale ordinariamente a disposizione di tutte le parti resistenti, con la violazione dei principi del giusto processo.

11. Conclusivamente deve ritenersi che, nella vigenza del Codice del 2010, il soggetto che si assuma controinteressato non evocato in giudizio, possa impugnare la sentenza di primo grado soltanto – laddove ne sussistono le condizioni – nelle forme dell’opposizione di terzo di cui agli articoli 108 e109 del medesimo Codice.

12. Peraltro, anche a voler riqualificare il ricorso proposto dalla Memeo quale opposizione di terzo (sussistendone i requisiti di forma e di sostanza), deve comunque rilevarsi l’irritualità del gravame in tal modo proposto.

Ed infatti, il ricorso non è stato proposto dinanzi al giudice che ha reso la sentenza oggetto di impugnazione, ma direttamente dinanzi al Consiglio di Stato, e tanto in violazione del comma 1 dell’articolo 109 del Codice.

Né sussistono, nel caso di specie, le condizioni per fare applicazione della previsione di cui al comma 2 del richiamato articolo 109 ( e cioè della disposizione secondo cui “se è proposto appello contro la sentenza di primo grado, il terzo deve introdurre la domanda di cui all’articolo 108 intervenendo nel giudizio di appello. Se l’opposizione di terzo è già stata proposta al giudice di primo grado, questo la dichiara improcedibile e, se l’opponente non vi ha ancora provveduto, fissa un termine per l’intervento nel giudizio di appello, ai sensi del periodo precedente”).

Al riguardo, invero, è sufficiente osservare che avverso la sentenza in esame non risultano proposte altre impugnazioni, ragione per cui viene meno in radice la possibilità di fare applicazione della disposizione codicistica da ultimo richiamata.

12. Per le ragioni esposte, il ricorso in esame va dichiarato inammissibile.

13.Attesa la peculiarità della controversia, sussistono giusti motivi per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese di giudizio.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 giugno 2014 con l’intervento dei magistrati: