E’ legittima la clausola, contenuta in atti di indizione di procedure di affidamento di appalti pubblici, che preveda l’escussione della cauzione provvisoria anche nei confronti di imprese non risultate aggiudicatarie, ma solo concorrenti, in caso di riscontrata assenza del possesso dei requisiti di carattere generale di cui all’art. 38 del codice dei contratti pubblici.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 27 di A.P. del 2014, proposto da:
Comune di Erice, rappresentato e difeso dall’avv. Salvatore Ciaravino, con domicilio eletto presso Segreteria Sezionale del Consiglio di Stato, in Roma, piazza Capo di Ferro, 13;
contro
Scs Costruzioni Edili Srl, rappresentato e difeso dall’avv. Pietro De Luca, con domicilio eletto presso Segreteria Sezionale del Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro, 13;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. SICILIA PALERMO: SEZIONE III n. 00637/2013, resa tra le parti, concernente rimessione all’adunanza plenaria con sentenza non definitiva n.508/2014 del Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione Sicilia- in relazione ad atti relativi all’ affidamento di lavori urgenti per la manutenzione e il rifacimento di condotte idriche
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Scs Costruzioni Edili Srl;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 novembre 2014 il Cons. Sergio De Felice e udito per le parti l’ avvocato Ciaravino;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso in appello proposto al Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione Siciliana, il Comune di Erice impugnava la sentenza n.637 del 2013, con la quale il T.a.r. per la Sicilia, sede di Palermo, sez. III, aveva accolto, nei limiti di cui in motivazione, il ricorso, promosso in primo grado dalla S.C.S. costruzioni edili s.r.l. (d’ora in poi: SCS) avverso il provvedimento, prot. n. 39705, del 10 ottobre 2012, di comunicazione dell’esclusione dalla gara di appalto e della determinazione dirigenziale n. 366 dell’8 ottobre 2012, con la quale si era stabilito di provvedere alla escussione della cauzione provvisoria, di euro 12.360,00, versata dalla stessa partecipante SCS a corredo dell’offerta e gli atti presupposti.
La società SCS aveva partecipato a una gara indetta dal Comune di Erice per l’affidamento dei lavori urgenti di manutenzione e rifacimento delle condotte idriche di Casa Santa e Pizzolungo di Erice; il termine di presentazione delle offerte, da far pervenire all’Ufficio regionale per l’espletamento delle gare di appalto (U.R.E.G.A.) servizio provinciale di Trapani, era stato stabilito nel giorno 5 luglio 2012.
A seguito di una segnalazione del Comune di Erice in data 19 settembre 2012, inerente ad una presunta non veridicità delle dichiarazioni di regolarità contributiva prodotte da alcune imprese concorrenti, tra le quali anche la SCS (v. il verbale di seduta n. 6 del giorno 8 ottobre 2012), la commissione di gara insediata presso l’U.RE.G.A. aveva disposto la rinnovazione degli atti di gara e la conseguente esclusione di taluni operatori economici, compresa la SCS; l’esclusione era stata motivata facendosi riferimento all’assenza di regolarità contributiva e alla discrasia tra la situazione reale (d.u.r.c. non regolare) e la dichiarazione resa, da dette imprese, in sede di partecipazione alla gara; con determinazione dirigenziale n. 366 del 10 ottobre 2012, il Comune di Erice aveva aggiudicato in via definitiva la gara ad altra impresa (la NA.SA. costruzioni s.r.l.), con contestuale escussione, nei confronti delle concorrenti escluse, della cauzione provvisoria (nella misura del 2% del valore dell’appalto esitato) prodotta con le modalità fissate dalla lex specialis della procedura, oltre a segnalare l’accaduto all’Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici di lavori, servizi e forniture ai fini dell’eventuale inserimento nel casellario informatico, e all’Autorità Giudiziaria, in merito alle dichiarazioni non veritiere rese in sede di partecipazione alla gara.
La SCS aveva proposto ricorso al T.a.r. onde ottenere l’annullamento delle surrichiamate determinazioni con le quali il Comune di Erice aveva disposto l’esclusione dalla gara indetta e l’incameramento della garanzia provvisoria.
Il giudice di primo grado aveva respinto il motivo con cui la ricorrente aveva dedotto che l’asserita assenza di regolarità contributiva fosse il frutto di violazioni non gravi e comunque non definitivamente accertate e che la dichiarazione di regolarità contributiva, da essa prodotta ai fini della partecipazione alla gara, era corredata dal d.u.r.c. (regolare) rilasciato dalla Cassa edile di Catania in data 5 giugno 2012, versato in copia agli atti del giudizio; secondo la sentenza di primo grado era da escludere, ai fini della legittima partecipazione ad una gara, l’effetto sanante di una successiva regolarizzazione dei pagamenti.
Veniva invece accolto il secondo motivo dell’originario ricorso, diretto contro l’incameramento della garanzia provvisoria prestata ai sensi degli artt. 75 e 113 del sunnominato D.Lgs. n. 163/2006, in quanto, secondo il giudice di prime cure, in tema di gare per l’affidamento di appalti di lavori pubblici, l’art. 48 d.lgs. 12 aprile 2006, n.163, ammette l’escussione della garanzia provvisoria nei confronti di un’impresa partecipante alla gara e non risultata aggiudicataria soltanto quando, in sede di controllo a campione circa il possesso dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa (c.d. requisiti speciali), il concorrente non confermi o non comprovi quanto dichiarato all’atto dell’offerta in ordine ai suddetti requisiti; mentre nessuna disposizione consente di sanzionare con l’incameramento della garanzia i soggetti non aggiudicatari, come la ricorrente, che hanno reso una dichiarazione ex art. 38, d.lgs. n.163 del 2006, non veridica e che sono risultati privi dei correlati requisiti di ordine generale.
Nel caso di specie, peraltro, l’operato dell’Amministrazione non poteva neanche dirsi agganciato alla littera legis del disciplinare di gara (peraltro impugnato) il quale, ad una lettura improntata al rispetto del principio di buona fede oggettiva che deve governare anche l’interpretazione degli atti amministrativi, non prescriveva chiaramente l’obbligo di escutere la garanzia in capo ai soggetti non aggiudicatari della gara.
Avverso la sentenza di primo grado proponeva appello il Comune di Erice, contestando le statuizioni aventi ad oggetto, rispettivamente, l’accoglimento del secondo motivo di appello e la compensazione delle spese processuali del primo grado di giudizio, sviluppando, in sostanza, un unico articolato motivo, rubricato “violazione e falsa applicazione degli artt. 38, 48, 49 e 75 del D.Lgs. n. 163/2006, nonché dei principi generali in materia di incameramento della cauzione provvisoria; violazione e falsa applicazione dell’art. 40 del D.Lgs. n. 104/2010, n. 104; illogicità, contraddittorietà e carenza della motivazione”.
Secondo il mezzo di gravame riassumibile la pronuncia gravata sarebbe ingiusta ed errata, in quanto l’escussione della cauzione a seguito di false dichiarazioni, seppur relative ai requisiti di carattere generale, era prevista dal disciplinare di gara, laddove, con riferimento alla «procedura di aggiudicazione» testualmente si disponeva che la Commissione procedesse “a) all’esclusione dalla gara dei concorrenti per i quali non risulti confermato il possesso dei requisiti generali…;…
c) alla comunicazione di quanto avvenuto agli uffici della Amministrazione appaltante cui spetta di provvedere all’escussione della cauzione provvisoria, alla segnalazione, ai sensi dell’art. 48 D.L.vo n. 163/2006 e all’art. 8, comma 1, del D.P.R. n. 207/2010, del fatto all’Autorità per la Vigilanza sui contratti pubblici e all’Osservatorio Regionale dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture ai fini dell’adozione da parte della stessa dei provvedimenti di competenza, nonché all’eventuale applicazione delle norme vigenti in materia di false dichiarazioni“.
La lex specialis della procedura prevedeva, dunque, secondo l’appello in modo chiaro ed espresso diversamente, quindi, da quanto opinato al riguardo dal Tribunale che l’escussione della cauzione dovesse far seguito all’esclusione dalla gara dei concorrenti per i quali non fosse stato confermato il possesso dei requisiti generali.
Tale clausola sarebbe stata inserita proprio allo scopo di evitare l’insorgere di un eventuale contenzioso nell’ipotesi in cui l’esclusione fosse stata disposta, come avvenuto nella fattispecie, a fronte dell’insussistenza, non già di un requisito tecnico-economico, bensì di un requisito di carattere generale: tanto al fine di disincentivare i comportamenti quanto meno superficiali dei concorrenti nel rendere le dichiarazioni, ivi incluse quelle relative ai requisiti di ordine generale, e il correlato rischio di dover ripetere le operazioni di gara (come verificatosi nel caso in esame).
Della circostanza era, peraltro, ben edotta la SCS che, non casualmente, aveva anche impugnato, per sua maggior cautela, anche il disciplinare di gara.
Secondo il motivo di appello il Tribunale avrebbe dovuto giudicare inammissibile il ricorso di primo grado, nella parte in cui recava l’impugnativa del disciplinare, stante la violazione della regola di specificità dei motivi, dell’art. 40 c.p.a.; l’impugnativa, invero, oltre a non contenere un’esatta individuazione della clausola gravata, risultava limitata ad una mera formula di stile (“per l’annullamento: …di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale, ivi compresi, ove occorra, il disciplinare di gara, nonché, qualora medio tempore emessa, la comunicazione dell’esclusione da parte del Comune di Erice all’Autorità di Vigilanza sui Contratti Pubblici“), non sorretta dalla corrispondente deduzione di alcuna doglianza.
In ogni caso, anche a ritenere efficacemente impugnata la lex specialis della gara, nondimeno il Tribunale avrebbe dovuto comunque respingere il secondo motivo del ricorso promosso dalla SCS, considerata la piena legittimità della previsione che autovincolava la stazione appaltante all’escussione della cauzione anche nel caso di accertata carenza di requisiti generali dichiarati dai concorrenti in sede di partecipazione; in tal modo, difatti, non è stata introdotta una clausola di esclusione non prevista dalla legge, ma è stato soltanto prescritto conformemente alla legge l’incameramento della cauzione conseguente alla falsa dichiarazione.
Il Comune, lamentando inconvenienti amministrativi, richiamava in termini anche la sentenza del Consiglio di Stato, sez. V, n. 2232 del 18 aprile 2012, rappresentando di aver subìto un danno e un aggravamento della procedura a causa del comportamento superficiale della SCS, atteso che la commissione, nella seduta del 30 luglio 2012, sulla scorta delle domande avanzate dai concorrenti e non escluse per difetti od omissioni, aveva dapprima disposto l’aggiudicazione provvisoria a favore dell’impresa Ferraro Ignazio, che aveva formulato il ribasso del 26,4453% e che, poi, a seguito della verifica e delle conseguenti esclusioni (tra cui quella della SCS), nella seduta di gara dell’8 ottobre 2012, aveva dovuto rideterminare la soglia percentuale di anomalia, revocando l’aggiudicazione provvisoria adottata in data 30 luglio 2012.
Si costituiva la SCS deducendo di avere ritualmente impugnato la lex specialis; sulla vicenda la stessa Autorità di Vigilanza dei Contrati Pubblici avrebbe riconosciuto il comportamento di piena buona fede della SCS, archiviando il procedimento sanzionatorio ex art. 6, comma 11, D.Lgs. n. 163/06, giusta provvedimento n. 89 del 23 e del 24 aprile 2013 (acquisito in via istruttoria e nel quale l’A.V.C.P. riteneva che, nel caso della SCS, potesse ricorrere la fattispecie della colpa lieve nel redigere la infedele dichiarazione, e disponeva, in via consequenziale, l’archiviazione della segnalazione, senza applicazione di sanzioni, pur restando impregiudicata l’esclusione dalla gara); nel merito, l’appellata deduceva la tesi opposta a quella avversaria, in quanto l’espressione “la garanzia copre la mancata sottoscrizione del contratto per fatto dell’affidatario” (di cui all’art. 75, comma 6, D.Lgs n. 163/2006) muoverebbe dall’indefettibile presupposto della qualità di aggiudicatario, qualità soggettiva quest’ultima non rinvenibile nei confronti delle imprese che, in difetto di uno o più requisiti di ordine generale, siano, per legge, escluse dalla gara, senza avere accesso alle ulteriori fasi della procedura; l’art. 48, comma 1, del Codice dei contratti pubblici disciplina, espressamente, per il controllo a campione sui requisiti speciali, l’unica ipotesi in cui l’incameramento della cauzione può essere disposto anche nei confronti di imprese non aggiudicatarie.
Il Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione Sicilia, con sentenza non definitiva, si pronunciava nel senso di respingere il motivo di appello del Comune di Erice con cui si deduceva l’inammissibilità del primitivo ricorso poiché asseritamente non diretto contro il disciplinare di gara, essendo invece lo stesso espressamente menzionato tra gli atti impugnati, dei quali la SCS richiese l’annullamento (seppure con la clausola “ove occorra”); secondo il giudice di appello, il secondo motivo, accolto dal T.a.r., ben si attagliava sia alla determinazione dirigenziale n. 366 dell’8 ottobre 2012 sia al presupposto disciplinare di gara; la mancanza di una diffusa argomentazione, nel corpo del ricorso, rivolta nei confronti del disciplinare, non è circostanza in grado di oscurare il senso complessivo della doglianza, la quale mira indiscutibilmente ad ottenere una pronunzia caducatoria (anche) della previsione della lex specialis della procedura; l’indicazione dell’atto impugnato, nella specie il disciplinare di gara, nella parte di esso riferita all’escussione della cauzione, era quindi sufficiente ai fini dell’ammissibilità dell’impugnativa e della specificità dei motivi.
Il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Sicilia aggiungeva di condividere le considerazioni svolte dal Comune di Erice in ordine all’assenza di interferenze tra le questioni dedotte in contenzioso e il provvedimento di archiviazione dell’A.V.C.P., non comportando questo alcuna inefficacia del provvedimento di escussione della garanzia.
Respinto quindi parzialmente l’appello, il C.G.A.R.S. riteneva di investire questa Adunanza plenaria ai sensi dell’art. 99, comma 1 c.p.a. ravvisandosi l’esistenza di un contrasto giurisprudenziale su un punto di diritto, relativo alla valutazione della legittimità di atti di indizione di procedure di affidamento di appalti pubblici che contengano clausole recanti la comminazione dell’escussione della cauzione provvisoria anche nei confronti di a) imprese non risultate aggiudicatarie e, b) per le quali sia stato accertata la carenza del possesso di requisiti di carattere generale di cui all’art. 38 del D.Lgs. n. 163/2006.
In sintesi, la sentenza non definitiva così provvedeva: non definitivamente pronunciando, respingeva in parte l’impugnazione interposta dal Comune di Erice nei limiti indicati in motivazione e, per il resto, disponeva trasmettersi l’appello e tutti gli atti della causa all’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato a norma dell’art. 99, comma 1, c.p.a., formulando (a pagina 22 nel dispositivo della sentenza non definitiva) il seguente quesito: “se una stazione appaltante possa disporre l’incameramento della cauzione provvisoria soltanto nelle ipotesi specificamente previste dall’art. 48 del D.Lgs. n. 163/2006, relativa alla riscontrata carenza dei c.d. requisiti speciali, ovvero anche nei casi, come quello di specie, in cui un’impresa non aggiudicataria abbia omesso o reso in maniera difforme rispetto a quanto prescritto, una o più dichiarazioni circa il possesso dei requisiti di ordine generale di cui all’art. 38 del medesimo decreto.”.
In realtà, nel corpo del provvedimento di rimessione, al punto 12 il C.G.A.R.S. così si esprime: “ravvisandosi l’esistenza di un contrasto giurisprudenziale su un punto di diritto. In particolare, il contrasto ravvisato riguarda la valutazione della legittimità, o no, di atti di indizione di procedure di affidamento di appalti pubblici che contengano clausole recanti la comminazione dell’escussione della cauzione provvisoria anche nei confronti di a) imprese non risultate aggiudicatarie e, b) per le quali sia stata accertata la carenza del possesso di requisiti di carattere generale di cui all’art. 38 del D.Lgs. n.163/2006”.
Nella rimessione, la remittente esponeva i contrapposti indirizzi, precisando che il primo, proprio del giudice di primo grado, è condiviso soprattutto da varia e richiamata giurisprudenza amministrativa di primo grado (tra gli altri, T.a.r. per la Sicilia, sez. III, 15 novembre 2013, n. 2188; T.a.r. per la Sicilia, sez. III, 27 dicembre 2010, n. 14395; T.a.r. per il Piemonte, 21 dicembre 2009, n. 3699; T.a.r. per la Toscana, sez. I, 23 settembre 2009, n. 1473; T.a.r. per il Veneto, sez. I, 13 marzo 2009, n. 608; T.a.r. per la Campania, Napoli, sez. VIII, 8 agosto 2008, n. 9943), ma anche di secondo grado (come Consiglio di Stato, sez. V, dell’11 gennaio 2012, n. 80, secondo cui l’art. 48 del D.Lgs. n. 163/2006 prevede l’escussione della cauzione provvisoria soltanto con riferimento alla mancanza del possesso dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa richiesti dal bando di gara, così che, a tale disposizione, in considerazione della sua funzione sanzionatoria, deve attribuirsi carattere tassativo e, pertanto, la stessa non può essere estesa a ipotesi diverse e, in particolare, alle fattispecie previste dall’art. 38 del medesimo codice; in termini, peraltro, anche Cons. Stato, sez. sez. VI, 28 agosto 2006, n. 5009, sebbene relativa al previgente regime risultante dalla Legge Merloni) ed è volto a valorizzare la valenza sanzionatoria dell’escussione della garanzia.
Gli argomenti a favore dell’indirizzo più restrittivo, volto cioè ad escludere la possibilità di un’escussione della cauzione al di fuori dei casi tassativamente determinati dalla legge, sono i seguenti: a) l’art. 75, comma 6, del D.Lgs. n. 163/2006 presuppone la qualità di affidatario e siffatta qualità non è rinvenibile nei confronti delle imprese le quali, in difetto di uno o più requisiti di ordine generale, siano state escluse dalla gara e che, dunque, non abbiano potuto avere accesso alle ulteriori fasi della procedura; il “fatto dell’affidatario” è unicamente quello proprio dell’impresa che, una volta definitivamente ammessa alla gara, sia divenuta aggiudicataria e che, successivamente, per fatto proprio, non consenta la stipulazione del contratto; b) l’art. 48 del D.Lgs. n. 163/2006 si riferisce solamente all’ipotesi dell’accertata assenza dei requisiti di ordine speciale; una diversa lettura del dato positivo contrasterebbe con l’interesse primario dell’amministrazione pubblica alla massima partecipazione alle procedure di affidamento, posto che i potenziali concorrenti potrebbero essere scoraggiati dalla possibilità di vedersi irrogata una sanzione patrimoniale non prevista dalla legge per la fase di mera ammissione alla gara, nonché per violazioni di ordine dichiarativo già sanzionate con l’estromissione dalla procedura, oltreché, in ipotesi di falsità, in sede penale; c) varrebbe il principio di tassatività e stretta legalità delle sanzioni.
Il contrapposto orientamento sostiene che l’incameramento della cauzione provvisoria potrebbe essere disposto, invece, anche a fronte di dichiarazioni non veritiere rese a norma dell’art. 38 del D.Lgs. n. 163/2006, dovendosi privilegiare l’altra funzione della cauzione, intesa come garanzia del rispetto dell’ampio patto d’integrità cui si vincola chi partecipa a gare pubbliche.
Di tale opinione, viene citata, tra le recenti la sentenza n. 2232 del 18 aprile 2012, Quinta Sezione del Consiglio di Stato, che, tra l’altro, afferma che: l’escussione della cauzione provvisoria non presuppone in via esclusiva il fatto dell’aggiudicatario ovvero la falsità delle dichiarazioni concernenti i soli requisiti generali o speciali di partecipazione alla procedura; essa, al contrario, trova spazio applicativo anche quando il concorrente, pur se non aggiudicatario, dichiari il falso in occasione della rappresentazione di elementi costitutivi dell’offerta; è legittima la previsione del bando di gara che ammette l’escussione della garanzia per qualsivoglia ipotesi di falsità nelle dichiarazioni ovvero anche nei confronti della concorrente non aggiudicataria e, addirittura, in caso di mancato adempimento di ogni altro obbligo derivante dalla partecipazione alla gara. La cauzione provvisoria costituisce parte integrante dell’offerta e non mero elemento di corredo della stessa; la finalità della cauzione è quella di responsabilizzare i partecipanti in ordine alle dichiarazioni rese, di garantire la serietà e l’affidabilità dell’offerta, nonché di escludere da subito i soggetti privi delle richieste qualità volute dal bando; l’escussione costituisce conseguenza della violazione dell’obbligo di diligenza gravante sull’offerente.
La remittente provvedeva anche a richiamare, a favore della tesi più ampliativa, l’art. 49, commi 2, lett. b), e 3, del D.Lgs. n. 163/2006 che, pur se in materia di avvalimento, prevede l’esclusione del concorrente e l’escussione della cauzione provvisoria anche per il caso di mendace dichiarazione in ordine ai requisiti generali.
La remittente osservava la sussistenza degli estremi per rinviare la questione all’Adunanza plenaria, atteso che i “contrasti giurisprudenziali” che possono giustificare la rimessione di cui all’art. 99, comma 1, c.p.a. in assenza di difformi indicazioni ricavabili dalla citata previsione processuale e secondo una lettura estesa della previsione volta a valorizzare massimamente la funzione nomofilattica della Plenaria (nella direzione di detta estensione semantica del campo applicativo dell’art. 99 c.p.a., seppure sotto altro profilo, v. anche il precedente di questo Consiglio del 10 maggio 2013, n. 464) possono essere anche quelli relativi all’interpretazione fornita (soprattutto ma non solo) dai giudici di primo grado, qualora quest’ultima si presenti disallineata rispetto a quella espressa da quello d’appello, non imponendo la norma che il conflitto esegetico rilevante sia unicamente quello tra sezioni di tale secondo giudice; la sentenza non definitiva precisava, tuttavia, che la tesi, più rigorosa, della quale si è dato sopra conto (seguita in prevalenza dai Tribunali di primo grado), era stata condivisa anche dal Consiglio di Stato, sez. V, dell’11 gennaio 2012, n. 80, secondo cui l’art. 48 del D.Lgs. n. 163/2006 prevede l’escussione della cauzione provvisoria soltanto con riferimento alla mancanza del possesso dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa richiesti dal bando di gara, così che, a tale disposizione, in considerazione della sua funzione sanzionatoria, deve attribuirsi carattere tassativo e, pertanto, la stessa non può essere estesa a ipotesi diverse e, in particolare, alle fattispecie previste dall’art. 38 del medesimo codice (in termini, come detto, anche Cons. Stato, sez. VI, 28 agosto 2006, n. 5009, sebbene relativa al previgente regime risultante dalla Legge Merloni).
La società SCS Costruzioni Edili s.r.l. ha depositato memoria difensiva per l’udienza pubblica, nella quale ha ribadito le sue difese, chiedendo il rigetto dell’appello.
Alla udienza di discussione del 19 novembre 2014 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Il deferimento all’Adunanza Plenaria risulta giustificato dalla esistenza di contrasti giurisprudenziali evidenziati dalla sentenza non definitiva di rimessione, in ordine alla legittimità della clausola contenuta nell’atto di indizione, che consenta l’incameramento della cauzione provvisoria nei confronti dei concorrenti anche in caso non corrispondenza al vero di dichiarazioni riguardanti i requisiti generali di cui all’art. 38 del codice dei contratti pubblici.
Nel processo amministrativo le ipotesi di deferimento della causa all’Adunanza Plenaria sono due: quella facoltativa di cui all’art. 99, comma 1 c.p.a., che ricorre quando la sezione riscontri un contrasto di giurisprudenza reale o potenziale e non intende seguire l’indirizzo consolidato; quella obbligatoria di cui all’art. 99, comma 3, c.p.a., quando la sezione intende rimettere in discussione un principio di diritto già enunciato dall’Adunanza Plenaria (così, Cons. Stato, V, 31 ottobre 2013, n.5246).
Nella specie, si tratta di ipotesi del primo tipo.
Tale contrasto emerge dalle opposte conclusioni alle quali sono pervenute rispettivamente: nel senso della legittimità dell’operato dell’amministrazione appaltante, Consiglio di Stato sezione quinta n.2232 del 18 aprile 2012, ma anche, ex plurimis, Consiglio di Stato, VI, 4 agosto 2009, n.4905, sezione V, 12 febbraio 2007, n.554, sezione IV, 7 settembre 2004, n.5792; nel senso della illegittimità, Consiglio di Stato, sezione quinta, n.80 dell’11 gennaio 2012 e prima ancora, sezione sesta, 28 agosto 2006, n.5009, anche se relativamente al regime precedente al Codice dei contratti pubblici.
In tale ultimo senso, al fine di evitare il protrarsi di contrasti giurisprudenziali ai sensi del primo comma dell’art. 99 del c.p.a., milita l’osservazione che estesa parte della giurisprudenza di primo grado si esprima per la tesi più restrittiva.
Questa Adunanza Plenaria non può fare a meno di osservare che, certamente in senso diverso rispetto alla tesi più restrittiva, si era già espressa questa stessa Adunanza Plenaria (sentenza n.8 del 4 maggio 2012) affermando, sia pure in un contesto più ampio, dedicato in modo centrale alla questione della gravità delle irregolarità contributive, che la possibilità di incamerare la cauzione provvisoria(che discende direttamente dall’art. 75 codice contratti pubblici) riguarda tutte le ipotesi di mancata sottoscrizione del contratto per fatto dell’affidatario, intendendosi per fatto dell’affidatario qualunque ostacolo alla stipulazione a lui riconducibile; dunque non solo il rifiuto di stipulare o il difetto di requisiti speciali, ma anche il difetto di requisiti generali di cui all’art. 38 codice citato.
La affermazione della sentenza n. 8 del 2012 di questa Adunanza Plenaria, nel senso sopra riportato, costituisce oramai un dato acquisito della giurisprudenza di secondo grado (da ultimo, sentenza n.5283 del 27 ottobre 2014 della quinta sezione del Consiglio di Stato).
2.In considerazione della pronuncia resa dalla sentenza non definitiva, la presente controversia parte dal dato del passaggio in giudicato (oggetto della sentenza parziale di appello resa dal C.G.A.R.S.) in relazione al primo motivo di appello del Comune di Erice, sulla sufficienza del ricorso, ai fini della impugnativa, da parte della ricorrente di primo grado, nei confronti del disciplinare di gara, che contiene la clausola relativa all’incameramento della cauzione provvisoria; la sentenza parziale aggiungeva di ritenere assenti interferenze tra l’archiviazione pronunciata dall’AVCP e la controversia in esame.
3.La questione da esaminare attiene, quindi, a quanto posto dal quesito finale, integrato con quanto la sentenza non definitiva di rimessione individua quale contrasto di giurisprudenza e cioè: <>.
Una volta che la sentenza non definitiva di rimessione si è pronunciata respingendo il primo motivo di appello sulla ammissibilità della impugnativa proposta avverso il disciplinare di gara, contenente la comminatoria dell’incameramento della cauzione provvisoria, compito di questo Organo giudicante è di pronunciarsi in ordine alla legittimità, nel suo contenuto, del disciplinare di gara e della più volte menzionata clausola.
Ad opinione di questa Adunanza Plenaria, la risposta al quesito deve essere di tipo positivo, sulla base delle seguenti argomentazioni, che riprendono le affermazioni già contenute nella sentenza n. 8 del 2012 dell’Ad. Pl. su citata (e anche Adunanza Plenaria n.8 del 4 ottobre 2005, che afferma il possibile incameramento della cauzione provvisoria per gli inadempimenti contrattuali di tutti i concorrenti).
La cauzione provvisoria assolve la funzione di garanzia del mantenimento dell’offerta in un duplice senso, giacché, per un verso, essa presidia la serietà dell’offerta e il mantenimento di questa da parte di tutti partecipanti alla gara fino al momento dell’aggiudicazione; per altro verso, essa garantisce la stipula del contratto da parte della offerente che risulti, all’esito della procedura, aggiudicataria.
In questo senso, l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, nella decisione n. 8 del 2005, ha affermato che la cauzione provvisoria, oltre ad indennizzare la stazione appaltante dall’eventuale mancata sottoscrizione del contratto da parte dell’aggiudicatario (funzione indennitaria), svolge (può svolgere) altresì una funzione sanzionatoria verso altri possibili inadempimenti contrattuali dei concorrenti.
Per quanto concerne le norme di riferimento vanno richiamati gli artt. 48, comma 1, e 75, commi 1 e 6, del D.Lgs. n. 163/2006 i quali, rispettivamente, dispongono per quanto d’interesse, quanto segue.
L’art. 48 prevede che “Le stazioni appaltanti prima di procedere all’apertura delle buste delle offerte presentate, richiedono ad un numero di offerenti non inferiore al 10 per cento delle offerte presentate, arrotondato all’unità superiore, scelti con sorteggio pubblico, di comprovare, entro dieci giorni dalla data della richiesta medesima, il possesso dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa, eventualmente richiesti nel bando di gara, presentando la documentazione indicata in detto bando o nella lettera di invito. … Quando tale prova non sia fornita, ovvero non confermi le dichiarazioni contenute nella domanda di partecipazione o nell’offerta, le stazioni appaltanti procedono all’esclusione del concorrente dalla gara, all’escussione della relativa cauzione provvisoria e alla segnalazione del fatto all’Autorità per i provvedimenti di cui all’articolo 6 comma 11.” .
L’art. 75 al comma 1 prevede che “L’offerta è corredata da una garanzia, pari al due per cento del prezzo base indicato nel bando o nell’invito, sotto forma di cauzione o di fideiussione, a scelta dell’offerente. …”; al comma 6 prevede che :” La garanzia copre la mancata sottoscrizione del contratto per fatto dell’affidatario, ed è svincolata automaticamente al momento della sottoscrizione del contratto medesimo.”.
La prima disposizione si riferisce all’ipotesi di un controllo a campione che abbia sortito un esito negativo circa il possesso dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa (ossia dei c.d. “requisiti speciali”) dichiarati dal concorrente all’atto dell’offerta.
La seconda previsione concerne invece il caso del contratto che non venga sottoscritto per fatto dell’aggiudicatario.
Riprendendo nuovamente la prima disposizione di legge (perché riprodotta nella sostanza della regola dal disciplinare di gara) secondo il tenore testuale dell’art. 48, co. 1, secondo periodo, qualora l’impresa concorrente, in sede di controllo a campione <>.
Il disciplinare di gara, come ha chiarito la sentenza non definitiva di rimessione, a differenza di quanto ritenuto dal giudice di primo grado, prevedeva in modo chiaro ed espresso, che l’escussione della cauzione dovesse fare seguito alla esclusione dalla gara dei concorrenti per i quali non fosse stato confermato il possesso dei requisiti generali.
Il disciplinare disponeva che “a) all’esclusione dalla gara dei concorrenti per i quali non risulti confermato il possesso dei requisiti generali….; c) alla comunicazione di quanto avvenuto agli uffici della Amministrazione appaltante cui spetta di provvedere all’escussione della cauzione provvisoria”.
Emerge evidente che, nella fattispecie, dalla disciplina di gara, tratta dal combinato disposto della norma primaria e della sua integrazione a mezzo del disciplinare, l’escussione della cauzione non presupponga in via esclusiva il fatto dell’aggiudicatario né si limita alle dichiarazioni sui requisiti speciali; essa, al contrario, trova spazio applicativo anche quando (come verificatosi nel caso di specie), per il concorrente (pur se non aggiudicatario), risulti non corrispondente al vero quanto dichiarato in occasione della rappresentazione di requisiti generali (in tal senso, i principi già affermati da Ad.Plen. su citata n.8 del 4 maggio 2012).
Le conclusioni alle quali si perviene risultano inoltre giustificate, se non imposte, sia dalla funzione della cauzione provvisoria e dalla previsione del suo incameramento, che dalla sua natura giuridica.
Secondo i principi elaborati dalla giurisprudenza e dall’Autorità di settore (cfr. Corte cost., 13 luglio 2011, n. 211/ord.; Cons. St., sez. V, 24 novembre 2011, n. 6239; sez. V, 9 novembre 2010, n. 7963; sez. V, 5 agosto 2011, n. 4712; sez. V, 12 giugno 2009, n. 3746; sez. V, 8 settembre 2008, n. 4267; sez. V, 9 dicembre 2002, n. 6768; Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, determinazione n. 1 del 2010) strutturalmente la cauzione costituisce parte integrante dell’offerta e non mero elemento di corredo della stessa (che la stazione possa liberamente richiedere e quantificare).
L’escussione della cauzione provvisoria si profila come garanzia del rispetto dell’ampio patto di integrità cui si vincola chi partecipa ad una gara pubblica.
La sua finalità è quella di responsabilizzare i partecipanti in ordine alle dichiarazioni rese, di garantire la serietà e l’affidabilità dell’offerta, nonché di escludere da subito i soggetti privi delle richieste qualità volute dal bando.
La presenza di dichiarazioni non corrispondenti al vero altera di per sé la gara quantomeno per un aggravio di lavoro della stazione appaltante, chiamata a vagliare anche concorrenti inidonei o offerte prive di tutte le qualità promesse, con le relative questioni successivamente innescabili (come verificatosi nel caso di specie, con esigenze di ricalcolo e nuovo aggiudicatario).
L’escussione costituisce conseguenza della violazione dell’obbligo di diligenza gravante sull’offerente, tenuto conto che gli operatori economici, con la domanda di partecipazione, sottoscrivono e si impegnano ad osservare le regole della relativa procedura delle quali hanno piena contezza.
Si tratta di una misura autonoma ed ulteriore (rispetto alla esclusione dalla gara ed alla segnalazione all’Autorità di vigilanza), che costituisce, mediante l’anticipata liquidazione dei danni subiti dall’amministrazione, un distinto rapporto giuridico fra quest’ultima e l’imprenditore (tanto che si ammette l’impugnabilità della sola escussione se ritenuta realmente ed esclusivamente lesiva dell’interesse dell’impresa).
Sotto il profilo della natura giuridica, si ritiene (tra varie, Cons. Stato, VI, 3 marzo 2004, n. 1058 e Cons. Stato, V, 15 aprile 2013, n.2016) che ferma restando la generale distinzione fra l’istituto della clausola penale (1383 c.c.) avente funzione di liquidazione anticipata del danno da inadempimento e della caparra confirmatoria (art. 1385 c.c.) avente la funzione di dimostrare la serietà dell’intento di stipulare il contratto sin dal momento delle trattative o del perfezionamento dello stesso, l’istituto della cauzione provvisoria debba ricondursi alla caparra confirmatoria, sia perché è finalizzata a confermare la serietà di un impegno da assumere in futuro, sia perché tale qualificazione risulta la più coerente con l’esigenza, rilevante contabilmente, di non vulnerare l’amministrazione costringendola a pretendere il maggior danno (per altra giurisprudenza, si veda in tal senso, Cons. Stato, V, 11 dicembre 2007, n.6362, la cauzione provvisoria svolge la funzione della clausola penale, diretta a predeterminare la liquidazione forfettaria del danno, tanto che non viene prevista la possibilità del danno eventualmente non coperto dalla cauzione incamerata).
In definitiva e in sostanza, si tratta di una misura di indole patrimoniale, priva di carattere sanzionatorio amministrativo nel senso proprio, che costituisce l’automatica conseguenza della violazione di regole e doveri contrattuali espressamente accettati.
Per replicare alle obiezioni sollevate dalla tesi più restrittiva, si ritiene di osservare che l’invocato principio di legalità riguarda le sanzioni in senso proprio e non già le misure di indole patrimoniale liberamente contenute negli atti di indizione, accettate dai concorrenti, non irragionevoli né illogiche, rispondenti all’autonomia patrimoniale delle parti, non contrarie a norme imperative e anzi agganciate alla ratio rinvenibile nelle disposizioni del codice.
Il principio di tassatività è, allo stesso modo, male invocato, essendo lo stesso riferibile alle sole cause di esclusione dalla gara (nel senso della legittimità della previsione di adempimenti a pena di esclusione, ma purchè conformi ai casi tassativi indicati dall’articolo 46 del codice dei contratti pubblici, Consiglio di Stato, ad.plen. 25 febbraio 2014, n.9) e non già ad altre misure di tipo patrimoniale contenute in clausole degli atti di indizione e riferibili a doveri di correttezza contrattuale.
Si aggiunga che oltre ad una lettura evolutiva dell’art. 75 nel senso sopra riportato di far riferimento anche ai concorrenti e non solo all’aggiudicatario e non solo ai requisiti speciali di cui all’art. 48 ma anche ai requisiti generali di cui all’art. 38 porta e concludere nel senso sostenuto anche la previsione contenuta nell’art. 49, che, sia pure nell’ambito della disciplina dell’avvalimento, ma con valenza sistematica (ai sensi degli articoli 1362 e seguenti codice civile) dal punto di vista interpretativo, al comma 3 prevede che “nel caso di dichiarazioni mendaci, ferma restando l’applicazione dell’articolo 38, lettera h nei confronti dei sottoscrittori, la stazione appaltante esclude il concorrente (non già il solo aggiudicatario) e escute la garanzia”.
Per completezza, si deve rilevare che il recente inserimento, all’articolo 38, del comma 2-bis, (inserito dall’art. 39, comma 1, del D.L. 24 giugno 2014, n.90, convertito, con modificazioni, dalla Legge 11 agosto 2014, n.114) prevede che la mancanza, incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e delle dichiarazioni sostitutive di cui al comma 2 obbliga il concorrente che vi ha dato causa al pagamento, in favore della stazione appaltante, della sanzione pecuniaria stabilita dal bando di gara, in misura non inferiore all’uno per mille e non superiore all’uno per cento del valore della gara e comunque non superiore a 50.000 euro, il cui versamento è garantito dalla cauzione provvisoria (assegnando termine per regolarizzare e prevedendo altresì che le irregolarità non essenziali non rilevino). In caso di inutile decorso del termine il concorrente è escluso dalla gara.
Il legislatore, inoltre, proprio al fine di evitare gli inconvenienti determinati da “mancanze, falsità o incompletezze delle dichiarazioni”, prevede, in modo innovativo, che ogni variazione che intervenga, anche in conseguenza di una pronuncia giurisdizionale, successivamente alla fase di ammissione, regolarizzazione o esclusione delle offerte, non debba rilevare ai fini del calcolo di medie nella procedura, né per la individuazione della soglia di anomalia delle offerte.
Al di là della irrilevanza ratione temporis, in virtù della disposizione intertemporale del comma 3 del su menzionato art. 39 (per il quale le nuove disposizioni si applicano solo alle procedure di affidamento indette successivamente al 24 giugno 2014), ciò che rileva per l’interprete, ove mai ve ne fosse bisogno, è la conferma della legittimità (della previsione nei bandi della “sanzione”) dell’incameramento della cauzione provvisoria in caso di mancanze relative ai requisiti generali di cui all’art. 38, riferibili a tutti i concorrenti e non al solo aggiudicatario.
4.Ai sensi dell’art. 99, comma 4 c.p.a., l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, investita di una questione oggetto di contrasto giurisprudenziale, in omaggio al principio di economia processuale e per esigenze di celerità, di regola decide la controversia anche nel merito, salva la presenza di ulteriori esigenze istruttorie, nel caso di specie insussistenti (così Consiglio di Stato, ad.plen., 13 giugno 2012, n.22).
Ritenendo pertanto di decidere nel merito per intero la controversia sottoposta all’esame, sulla base delle sopra esposte considerazioni, va accolto ai sensi di cui in motivazione il ricorso in appello proposto dal Comune di Erice e, in riforma dell’appellata sentenza, va respinto il ricorso originario, con la enunciazione dei seguenti principi di diritto:
<>.
Sussistono giustificati motivi per disporre la compensazione delle spese del doppio grado di giudizio, a causa delle contrastanti indicazioni della giurisprudenza, che hanno reso, finora, non del tutto prevedibile il diritto giurisprudenziale vivente.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria) definitivamente pronunciando sull’appello del Comune di Erice, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, in riforma dell’appellata sentenza, respinge il ricorso originario.
Spese del doppio grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 novembre 2014 con l’intervento dei magistrati:
Giorgio Giovannini, Presidente
Riccardo Virgilio, Presidente
Pier Giorgio Lignani, Presidente
Stefano Baccarini, Presidente
Alessandro Pajno, Presidente
Marco Lipari, Presidente
Marzio Branca, Consigliere
Vito Poli, Consigliere
Francesco Caringella, Consigliere
Carlo Deodato, Consigliere
Nicola Russo, Consigliere
Salvatore Cacace, Consigliere
Gabriele Carlotti, Consigliere
Sergio De Felice, Consigliere, Estensore
Claudio Contessa, Consigliere