Ai sensi dell’art. 99, comma 1, c.p.a., va rimessa all’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato la questione del riparto della giurisdizione (anche con riferimento alla validità della clausola contrattuale di deroga alla giurisdizione italiana) sull’atto con cui l’Amministrazione annulla d’ufficio la precedente deliberazione recante l’autorizzazione alla stipulazione di contratti di derivati (cosiddetti swap) e sulla sorte stessa dei contratti in conseguenza di detto annullamento d’ufficio. Occorre, in particolare, stabilire se l’atto di autotutela impugnato possa essere qualificato come provvedimento autoritativo o come atto di recesso negoziale, nel caso in cui alla stipula del contratto si sia giunti senza un procedimento di evidenza pubblica, ma sulla base di una trattativa informale.
N. 04999/2013 REG.PROV.COLL.
N. 01759/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
ORDINANZA DI RIMESSIONE ALL’ADUNANZA PLENARIA
sul ricorso numero di registro generale 1759 del 2013, proposto da:
Regione Piemonte, in persona del presidente in carica, rappresentata e difesa dagli avv. Mauro Renna e Franco Gaetano Scoca, con domicilio eletto presso Franco Gaetano Scoca in Roma, via Giovanni Paisiello 55;
contro
Intesa San Paolo S.p.A. (già Banca Infrastrutture Innovazione e Sviluppo S.p.A.), in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avv. Francesco Cardarelli e Fabio Elefante, con domicilio eletto presso Francesco Cardarelli in Roma, via P.L. da Palestrina, 47;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. PIEMONTE, Sez. I, n. 01389/2012, resa tra le parti, concernente appello avverso sentenza con cui il giudice amministrativo ha dichiarato il difetto di giurisdizione – annullamento in autotutela della sottoscrizione del contratto di swap;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Intesa San Paolo S.p.A. (già Banca Infrastrutture Innovazione e Sviluppo S.p.A.);
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 23 luglio 2013 il Cons. Raffaele Prosperi e uditi per le parti gli avvocati F.G. Scoca, M. Renna, F. Cardarelli e F. Elefante;
1. Con l’appello in epigrafe la Regione Piemonte ha impugnato la sentenza n. 1389 del 21 dicembre 2012, con la quale il TAR del Piemonte ha dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo il ricorso proposto da Intesa San Paolo S.p.A. avverso la decisione della Giunta regionale e le conseguenti determinazioni dirigenziali, con le quali era stata parzialmente annullata d’ufficio, ai sensi dell’art. 21 nonies della L. 7 agosto 1990 n. 241, la precedente deliberazione della stessa Giunta recante l’autorizzazione alla stipulazione di contratti di derivati – cosiddetti swap.
In breve, la Regione aveva emesso nel 2006 due tranches di prestito obbligazionario, l’una del valore nominale di ?. 1.800 milioni riservato ad investitori istituzionali con scadenza trentennale e tasso di interesse variabile, l’altra del valore nominale di ?. 56 milioni, destinata a a fondazioni bancarie italiane, con durata di sette anni e tasso d’interesse fisso; ai sensi della normativa vigente – art. 41, comma 2, L. 28 dicembre 2001 n. 448 – la Regione e gli istituti bancari, selezionati mediante una gara informale per l’organizzazione ed il collocamento sul mercato della prima emissione obbligazionaria, avevano appunto concordato di affiancare ai due prestiti la stipula di contratti derivati al fine di consentire sia l’accantonamento periodico delle somme necessarie al rimborso alla scadenza, sia di disporre delle risorse necessarie a pagare le cedole, proteggendo così sia l’emittente dalle fluttuazioni dei tassi di interesse, sia gli istituti bancari dal rischio di default dello Stato.
Sennonché, nel corso del 2011, la Regione aveva rilevato un’asserita criticità dei contratti derivati, adducendo l’illegittimità di questi per l’inidoneità a realizzare un contenimento del costo dell’indebitamento e quindi a coprire il rischio, l’esistenza di costi impliciti e la violazione da parte delle banche degli obblighi di corretta e completa informazione, nonché l’interesse pubblico ad evitare ulteriori esborsi fortemente lesivi dell’equilibrio finanziario regionale, prevalente sul sacrificio imposto alle banche.
Su dette basi, la Regione procedeva quindi al rammentato annullamento d’ufficio.
Intesa San Paolo S.p.A. impugnava allora gli atti di autotutela davanti al TAR del Piemonte, deducendo una serie di illegittimità ed inoltre la nullità degli atti adottati per carenza assoluta del potere e la loro inidoneità a determinare la caducazione degli effetti contrattuali.
2. Il TAR ha affermato, con riferimento al criterio del petitum sostanziale, che nel caso di specie la “consistenza effettiva” delle situazioni giuridiche delle parti doveva essere individuata quale rapporto di natura prettamente civilistica, derivante da contratti di diritto privato che ponevano le parti in posizioni del tutto paritarie; quindi, i supposti vizi di legittimità non riguardavano il procedimento amministrativo prodromico alla stipulazione, ma in realtà i pretesi vizi genetici o funzionali del sinallagma contrattuale.
Di conseguenza, nella pronuncia di inammissibilità è stato ricompreso il ricorso incidentale proposto dalla Regione con la domanda di dichiarare la caducazione dei contratti derivati e la condanna della ricorrente principale alla restituzione di quanto indebitamente percepito in applicazione di tali contratti.
L’assenza di un procedimento amministrativo finalizzato alla selezione del soggetto con cui contrattare e dei vizi di legittimità di tale procedimento – l’unico procedimento ha riguardato l’individuazione del progettista e collocatore della prima emissione obbligazionaria, mentre la decisione di ricorrere agli swap è stata frutto di successiva negoziazione – rendeva evidente che le eventuali patologie riguardavano la negoziazione contrattuale e che la pretesa autotutela nulla esprimeva altro che la volontà della Regione di sciogliersi unilateralmente da un vincolo contrattuale ritenuto squilibrato.
3. Con una lunga esposizione in fatto e in diritto la Regione Piemonte contestava in appello le statuizioni della sentenza impugnata, sostenendo in sintesi la natura pubblicistica del procedimento di selezione degli istituti bancari chiamati a progettare e collocare il prestito obbligazionario e la ricomprensione all’interno della stessa procedura di gara dell’ipotesi di stipulare i contratti sui derivati; il tutto, del resto, in fedele esecuzione della normativa in materia di contabilità pubblica di cui ai rr.dd. 2440/1923 e 827/1924, i quali impongono l’utilizzo di procedure concorsuali aperte per la selezione dei contraenti in caso di spese a carico dell’erario oppure nel caso di previsioni di entrate nel rispetto dell’art. 19, comma 1, lett. d), del D. Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, il quale ricomprende espressamente i servizi finanziari tra i settori esclusi.
L’autotutela esercitata ha agito non tanto sui rapporti contrattuali in essere, ma sull’originaria fase prodromica, in cui emergevano vizi inerenti il contenimento del costo dell’indebitamento e mancate previsioni sulla struttura dei contratti derivati, elementi che portavano ad oneri finanziari gravosi, non previsti e contrari alla legge.
Quanto al ricorso incidentale, la Regione ribadiva le proprie tesi inerenti la dipendenza dei contratti derivati dall’originaria deliberazione della Giunta che aveva promosso il procedimento di gara e ciò anche ai sensi dell’art. 120 e seguenti del c.p.a., che affidano il giudice amministrativo, in sede di giurisdizione esclusiva, la potestà di dichiarare la caducazione dei contratti pubblici conseguenti a procedure di affidamento.
La Regione Piemonte concludeva per la dichiarazione della giurisdizione del giudice amministrativo e per la rimessione al TAR della causa, con vittoria di spese.
Intesa San Paolo S.p.A. si è costituita in giudizio, eccependo, preliminarmente, la carenza di interesse alle ricorso della Regione, poiché:
a) gli atti adottati in assunto esercizio del potere di autotutela sarebbero inidonei a determinare la caducazione automatica dei contratti derivati;
b) la giurisdizione spetterebbe al giudice inglese.
Intesa San Paolo S.p.A. ha sostenuto, inoltre, l’infondatezza delle tesi sollevate con l’appello in esame e ha chiesto la conferma della sentenza impugnata.
Alla odierna camera di consiglio la causa è passata in decisione.
4. Il Collegio ritiene di rimettere la questione all’esame dell’adunanza plenaria del Consiglio di Stato.
In primo luogo si deve verificare se le determinazioni contrattuali in tema di derivati sono effettivamente scaturite da un procedimento amministrativo, oppure sono frutto diretto di trattative contrattuali che hanno generato obblighi di natura civilistica al di fuori del procedimento – come affermato dal TAR – dai quali la Regione si vuole sciogliere mediante l’utilizzazione indebita di poteri di diritto pubblico.
La verifica di ciò deve passare attraverso l’analisi della deliberazione di Giunta n. 135 – 3655 del 2 agosto 2006 (di revoca anche della precedente delibera di Giunta di affidamento n. 72 – 2946 del 22 maggio 2006), che ha disposto l’affidamento nei confronti di Dexia, Merryl Linch e Banca OPI, ora BIIS, del coordinamento, organizzazione e collaborazione con la Regione del programma di emissione obbligazionaria ed oggetto della delibera di parziale annullamento d’ufficio per supposti vizi di legittimità, ed inoltre degli atti prodromici adottati preliminarmente alla stregua di atti di gara per l’individuazione degli istituti finanziari.
Dapprima la Giunta deliberava il 24 ottobre 2005 di avviare una gara informale per la selezione di un massimo di tre istituti bancari relativamente al collocamento del prestito obbligazionario in parola e successivamente la Direzione Bilanci e Finanze inviava ad undici banche di investimento, all’epoca ritenute tra le massime quanto ad esperienza e solidità, invito a presentare offerta per la selezione di un arranger per operazioni finanziarie. In tale lettera di invito venivano descritti l’oggetto dell’incarico, coordinamento del gruppo di lavoro incaricato della redazione di un programma di Medium Term Notes ed organizzazione e collocamento delle emissioni obbligazionarie sui mercati internazionali dei capitali, i contenuti della proposta che la banca invitata avrebbe dovuto presentare ed i metodi di individuazione dei prescelti secondo un sistema articolato di punteggi su vari requisiti circa la capacità tecnica e l’indicazione delle commissioni richieste per il servizio di arrangement, questo ultimo ai fini della valutazione dell’offerta economica; seguiva il criterio di assegnazione dei punteggi secondo i parametri previsti ed ulteriori specificazioni.
Si deve rilevare il rinvio alle trattative tra le parti per quanto concerne le commissioni di collocamento del prestito e l’indicazione, quanto ai contenuti dell’incarico, dei soli organizzazione e collocamento senza inclusione alcuna dei contratti sui derivati. Per il resto, vista la successiva operazione di apertura delle buste e l’attribuzione dei punteggi con l’individuazione dei soggetti cui affidare l’incarico, si palesa una struttura tipicamente procedimentalizzata.
Con la delibera 22 maggio 2006 n. 72 – 2946 la Giunta conferiva l’incarico ai soggetti prima indicati e quindi si giungeva alla delibera di affidamento ed avvio dell’operazione del 2 agosto 2006, poi oggetto del parziale autoannullamento, con la quale venivano definiti tutti i contenuti e i termini dell’operazione – ivi compreso l’ammontare del prestito – ed inoltre, quanto alle modalità di rimborso, la previsione di stabilire un piano di ammortamento ovvero, se opportuno, l’attivazione di un’operazione in derivati che consentisse alla Regione di ricreare un effetto di ammortamento attraverso la stipula di uno swap ed ancora eventuali operazioni di interest rate swap per la gestione del rischio derivante dall’andamento dei tassi di interesse od altre operazioni che si rendessero opportune per la gestione dei rischi correlati all’operazione.
Nella successiva fase di contrattazione veniva deciso di attivare l’operazione in derivati.
L’individuazione del soggetto incaricato di organizzare l’intera determinazione di emissione delle obbligazioni e di attuarla sui mercati finanziari è stata preceduta innegabilmente da un procedimento amministrativo in cui la Regione si è autovincolata a deliberare secondo criteri predeterminati alla stregua di un ordinario procedimento di gara, mentre nella stessa sede autoritativa il singolo aspetto attinente la stipulazione dei contratti derivati è stato solamente previsto in via alternativa, non è stato oggetto di regole in sede di gara ed è stato definito solamente in sede di trattativa con gli arrangers.
Il Collegio non può a questo punto prescindere dalla pronuncia cardine data in materia da questa Sezione, la sentenza n. 5032 del 7 settembre 2011, emessa su identica questione in seguito ad analogo provvedimento di autotutela della Provincia di Pisa, la quale aveva ritenuto l’illegittimità di un contratto su derivati concluso per proteggere l’Ente pubblico dalle variazioni dei tassi di interesse connessi a propria emissione obbligazionaria.
Anche in questo caso l’organizzatore e collocatore del prestito era stato selezionato con una gara informale, in cui l’offerta tecnica doveva dare la completa misura dell’intera operazione, dunque di tutti i costi ipotizzabili, in conformità alle norme regolatrici del settore, la L. 448/2001, il d.m. 1 dicembre 2003 n. 389, la circolare MEF del 27 maggio 2004; non vi era nel bando o nelle regole di gara la previsione espressa di una negoziabilità di eventuali contratti su derivati, ma vi era stata, così come rilevato dalla Sezione, una mancata valutazione per erroneo ed incolpevole apprezzamento della convenienza economica dei costi impliciti conseguenti al meccanismo finanziario degli swap, derivante dalla mancata informazione, all’interno delle offerte tecniche delle banche aggiudicatarie, di questo aspetto peculiare.
Ora, se nel caso di specie mancava una previsione di futura negoziazione tra Provincia di Pisa e banche incaricate di eventuali derivati, il Collegio ha però ritenuto che comunque tale ipotesi non potesse che essere contenuta nelle proposte degli istituti finanziari, potendosi a questo punto configurare non tanto una violazione delle trattative contrattuali, ma una domanda di partecipazione alla gara incompleta e priva di quei requisiti necessari per legge, la precisa indicazione di tutti i costi o almeno la conoscenza dei possibili oneri derivanti dall’intera operazione.
Quindi, secondo la citata sentenza n. 5032/2011, all’interno della gara dovevano essere valutate tutte le opzioni ed un’impossibilità di tale valutazione aveva condotto l’Ente pubblico ad un affidamento di incarico privo di una serie di elementi inerenti i costi, i quali andavano invece considerati per obbligo di legge.
Nel caso in esame, al contrario, la stipulazione di contratti su derivati è stata solamente ipotizzata in sede di affidamento dell’incarico e dunque la determinazione di stipulare è intervenuta solamente in sede di trattative tra le parti; non essendo stata oggetto diretto del procedimento di aggiudicazione
Così che potrebbe essere corretta la pronuncia appellata che esclude la giurisdizione del giudice amministrativo a favore di quello ordinario e, nella specie, del giudice inglese per espressa attribuzione delle parti. Ciò – in mancanza del previo espletamento di un procedimento amministrativo volto alla selezione del contraente e senza avere riguardo ad alcun vizio di tale procedimento – qualificando l’autotutela esercitata dall’amministrazione come mero atto di recesso che incide sull’esecuzione contrattuale e riguarda vizi genetici o funzionali del sinallagma contrattuale.
5. Tuttavia, potendo configurare la mancata valutazione dei costi eventuali insiti negli swap un’illegittima omessa presa in considerazione dei così detti costi impliciti, l’intera operazione consistente nel ricorso alla finanza derivata consegue pur sempre, anche se non direttamente, alla previa determinazione di affidamento della Regione Piemonte, di cui alla delibera (oggetto di autotutela) n. 135 – 3655 del 2 agosto 2006; con la quale si è approvata l’emissione obbligazionaria mediante possibile ricorso all’operazione in derivati.
Se così è ci si trova nell’ambito di una procedura, seppure informale, finalizzata alla scelta del contraente migliore per l’amministrazione; procedura la quale, anche se vertendosi in tema di “contratti di servizi esclusi” non si applica il codice dei contratti pubblici , deve pur sempre osservare i “principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità”, oltre che le disposizioni sul procedimento amministrativo di cui alla l. n. 241/1990 (art. 27, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 163/2006); ossia si deve seguire una procedura ad evidenza pubblica.
Ne consegue che, in relazione ai procedimenti ad evidenza pubblica per l’affidamento di lavori, servizi e forniture, l’amministrazione conserva il potere di annullare il bando, le singole operazioni di gara e lo stesso provvedimento di aggiudicazione, ancorché definitivo, in presenza di gravi vizi dell’intera procedura, dovendo tener conto delle preminenti ragioni di salvaguardia del pubblico interesse. E il provvedimento di aggiudicazione definitiva, come anche la stipulazione del relativo contratto, non costituiscono ostacolo giuridicamente insormontabile al suo stesso annullamento, anche in autotutela, oltre che all’annullamento degli atti amministrativi che ne costituiscono il presupposto; di fronte all’esercizio del potere di annullamento la situazione del privato è di interesse legittimo, a nulla rilevando che tale esercizio, in ultima analisi, produca effetti indiretti su di un contratto stipulato da cui sono derivati diritti.
Così che, in ordine alle relative controversie, sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo (Cons. Stato, sez. V, 7 settembre 2011, n. 5032).
6.1. Con riguardo alla domanda azionata in primo grado dalla Regione tendente a conseguire la declaratoria dell’inefficacia del contratto, data la stretta conseguenzialità tra l’aggiudicazione della gara pubblica e la stipula del relativo contratto, l’annullamento a seguito di autotutela della procedura amministrativa comporta la caducazione automatica degli effetti negoziali del contratto successivamente stipulato, stante la preordinazione funzionale tra tali atti, con attribuzione delle relative controversie alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
Ciò in virtù della disciplina introdotta dal d.lgs. 20 marzo 2010, n. 53, poi trasfusa nell’art. 122 del c.p.a., imperniata sulle esigenze di semplificazione e concentrazione delle tutele ai fini della loro effettività, dovendo precisarsi al riguardo che le disposizioni contenute negli artt. 121 e 122 del c.p.a., riferiti alle modalità di esercizio di un potere di decisione del giudice, trovano piena applicazione anche in relazione ai contratti stipulati sulla base di aggiudicazioni annullate in epoca anteriore all’entrata in vigore del citato d.lgs. n. 53/2010, purché sia ancora controversa l’efficacia del contratto, stante la loro pacifica natura processuale. Anche nel caso di annullamento d’ufficio dell’aggiudicazione, l’annullamento comporta la caducazione automatica del contratto e le relative controversie sono devolute al giudice amministrativo (Cons. Stato: sez. III, 23 maggio 2013, n. 2802; sez. V: 7 settembre 2011, n. 5032; 14 gennaio 2011, n. 11; 20 ottobre 2010, n. 7578).
Tra l’altro anche la Corte di Cassazione (sez. un., 8 agosto 2012, n. 14260) ha ribadito, in tema di controversie relative a procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici, la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 244 del d.lgs. n. 163/2006 (e ora del c.p.a.), in ordine alle domande di dichiarazione di inefficacia o di nullità del contratto di fornitura alla pubblica amministrazione, nonché di ripetizione di indebito e di arricchimento senza causa, conseguenti all’annullamento in autotutela delle deliberazioni di affidamento, imponendo, tanto il medesimo diritto europeo quanto il vigente sistema interno, la trattazione unitaria delle domande di affidamento dell’appalto e di caducazione del contratto concluso per effetto dell’illegittima aggiudicazione, come anche delle domande restitutorie direttamente connesse alla declaratoria di inefficacia o di nullità del contratto stesso.
6.2. Qualora, invece, si ritenga che la controversia sia rivolta ad accertare le condizioni di validità e di efficacia del contratto e ad ottenerne la conseguente declaratoria, essa spetta al giudice ordinario, posto che ha ad oggetto non già i provvedimenti riguardanti la scelta del contraente ma sostanzialmente il rapporto privatistico discendente dal negozio (Cass., sez. un.: 29 maggio 2012, n. 8515; 5 aprile 2012, n. 5446, ordinanza).
7. Può, inoltre, prospettarsi anche un’ulteriore soluzione, nel caso in cui si ritenga che la controversia sia al di fuori dell’ipotesi in cui l’ordinamento attribuisce espressamente al giudice amministrativo la giurisdizione sulla sorte del contratto che si pone a valle di un procedimento amministrativo viziato, ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. e), n. 1), del c.p.a.; secondo cui sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie “relative a procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi, forniture, svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente o del socio, all’applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale, ivi incluse quelle risarcitorie e con estensione della giurisdizione esclusiva alla dichiarazione di inefficacia del contratto a seguito di annullamento dell’aggiudicazione ed alle sanzioni alternative”.
L’autotutela amministrativa nei confronti di atti prodromici alla conclusione di un contratto costituisce pur sempre esercizio di potere. Nella specie la Regione Piemonte, per ragioni che in questa sede non è consentito sindacare, ha ritenuto l’illegittimità dell’alternativa, precedentemente concessa (con la delibera di Giunta n. 135 – 3655 del 2 agosto 2006 e i successivi atti di esecuzione: tra la gestione di un fondo per l’ammortamento del capitale da rimborsare e la conclusione di uno swap per l’ammortamento del debito), con riguardo alla possibilità (da parte delle tre banche affidatarie) di concludere operazioni in derivati.
Trattandosi di esercizio di potere (di autotutela), che si manifesta con l’emanazione di provvedimenti amministrativi, lo stesso non può che incidere su posizioni di interesse legittimo, con la conseguente giurisdizione (generale di legittimità) del giudice amministrativo.
In tal modo, secondo l’ordinario criterio di riparto, spetta al giudice amministrativo conoscere dei vizi del procedimento e del provvedimento amministrativo, e al giudice ordinario dei vizi del contratto, anche quando si tratti di invalidità derivata dal procedimento amministrativo presupposto dal contratto. Tale riparto di giurisdizione non fa però venire meno l’interesse a impugnare davanti al giudice amministrativo gli atti amministrativi prodromici di un negozio privato, atteso che il loro annullamento produce un effetto viziante del negozio a valle. Con la conseguente possibilità di: azionare rimedi risarcitori, impugnare il negozio davanti al giudice ordinario, chiedere all’amministrazione l’ottemperanza al giudicato amministrativo e, in caso di perdurante inottemperanza, adire il giudice amministrativo che in sede di ottemperanza può intervenire sulla sorte del contratto.
In sostanza, l’annullamento degli atti del procedimento amministrativo non comporta, di regola, l’automatica caducazione del negozio giuridico a valle (così detto effetto caducante), producendo piuttosto un’invalidità derivata (così detto effetto viziante), che deve essere dedotta davanti al giudice avente giurisdizione sull’atto negoziale (Cons. Stato, ad. plen., 3 giugno 2011, n. 10).
Così che sui provvedimenti impugnati in primo grado avrebbe comunque giurisdizione il giudice amministrativo, mentre sulla domanda (della Regione) di accertamento dell’inefficacia dei contratti stipulati dopo l’emanazione dei provvedimenti annullati d’ufficio conoscerebbe il giudice ordinario.
8. Quanto alla clausola contrattuale contenuta nei contratti swap che, derogando alla giurisdizione italiana, assoggetta la loro disciplina alla legge di un altro paese, anche in termini di giurisdizione sulle relative controversie, il Consiglio di Stato (sez. V, 7 settembre 2011, n. 5032) ha affermato che essa non rileva allorquando l’amministrazione abbia revocato i predetti contratti nell’esercizio del potere amministrativo di autotutela e non già mediante l’esercizio di un potere negoziale di risoluzione unilaterale. Infatti, ai sensi dell’art. 4 della l. 31 maggio 1995, n. 218, la deroga alla giurisdizione italiana può riguardare solo le cause vertenti su diritti disponibili e quindi solo le questioni di interpretazione ed esecuzione dell’accordo (agreement), ma non può estendersi fino a comprendere anche il sindacato sul corretto esercizio del potere amministrativo; non potendo ascriversi al novero dei diritti disponibili gli interessi pubblici alla cui cura è finalizzato l’esercizio dei poteri pubblicistici accordati all’amministrazione nell’ambito dei procedimenti di gara. Con la conseguenza che la riconducibilità alla giurisdizione amministrativa della controversia relativa alla legittimità dell’esercizio concreto del potere di autotutela e alla sorte del contratto, in quanto vertente su interessi legittimi e in quanto caratterizzata da un’inestricabile commistione tra interessi pubblici e privati, implica l’irrilevanza della clausola contenuta nel contratto di swap che assoggetta detto contratto alla giurisdizione inglese.
Va rilevato, tuttavia, che il giudice inglese ha già deciso, in senso positivo, sulla validità e sull’efficacia dei contratti di cui trattisi. Così che una soluzione opposta a quella seguita dal primo giudice potrebbe portare a un contrasto di giudicati.
9. Considerato che il punto di diritto in tema di giurisdizione sottoposto all’esame della Sezione può dar luogo a contrasti giurisprudenziali, dati anche la rilevanza (pure economica) della questione e il diffuso ricorso da parte degli enti locali a strumenti di finanza derivata con successivi conseguenti contenziosi, il presente appello viene rimesso all’esame dell’adunanza plenaria del Consiglio di Stato, ai sensi dell’art. 99, co. 1, del c.p.a..
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), non definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, ne dispone la rimessione all’adunanza plenaria del Consiglio di Stato.
Manda alla segreteria della sezione per gli adempimenti di competenza e, in particolare, per la trasmissione del fascicolo di causa e della presente ordinanza al segretario incaricato di assistere all’adunanza plenaria.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 luglio 2013 con l’intervento dei magistrati:
Carmine Volpe, Presidente
Carlo Saltelli, Consigliere
Sabato Malinconico, Consigliere
Paolo Giovanni Nicolo’ Lotti, Consigliere
Raffaele Prosperi, Consigliere, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 14/10/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)