ANNULLAMENTO (IN AUTOTUTELA) DELL’AGGIUDICAZIONE E SORTE DEL CONTRATTO: IL CONTRATTO È NULLO PER DIFETTO DI CAUSA E LA GIURISDIZIONE È DEL G.A.

Non sussiste una preclusione per il giudice amministrativo a pronunciarsi in ordine agli effetti di un contratto stipulato sulla base di una aggiudicazione annullata in via di autotutela: anche in questo caso la declaratoria di efficacia o inefficacia del contratto deve ritenersi sottratta alla disponibilità delle parti e quindi necessita una pronuncia giudiziale.

Non sussiste una preclusione per il giudice amministrativo a pronunciarsi su una simile domanda nell’ambito di un giudizio diverso di quello che ha ad oggetto la legittimità degli atti di gara, o di annullamento degli stessi in autotutela: ancorché tale evenienza sia certamente quella auspicata dal legislatore, non può perdersi di vista il fatto che la definizione della sorte del contratto nullo costituisce la tappa finale e necessaria di un percorso che il legislatore ha inteso, sia prima che dopo l’entrata in vigore del D. L.vo 53/2010, affidare ad un giudice, al quale non si può quindi precludere l’esercizio di funzioni doverose.

La sentenza in esame, che si segnala per l’ampia e approfondita motivazione, contiene una raffinata ricostruzione della patologia che colpisce il contratto in seguito all’annullamento (sia in sede giurisdizionale sia in autotutela) dell’aggiudicazione.
Secondo il T.a.r. l’inefficacia descritta dagli artt. 121 e 122 c.p.a. costituisce, in realtà, una ipotesi speciale di nullità sopravvenuta per difetto di causa, una nullità sottratta alla dispospinibilità delle parti e riservata alla dichiarazione giudiziale.

Questi, in sintesi, i principali passaggi motivazionali.

A) La patologia  che colpisce il contratto in seguito all’annullamento (in sede giurisdizionale o in autotutela) dell’aggiudicazione, descritta dagli artt. 121 e 122 c.p.a. in termini di inefficacia, costituisce, in realtà,  una speciale ipotesi di nullità sopravvenuta per difetto di causa: l’aggiudicazione rappresenta, infatti, la causa esterna del contratto e proprio tale constatazione spiega perché l’aggiudicazione ed il contratto “simul stabunt simul cadent”. perché l’annullamento della aggiudicazione determina, ipso facto, la nullità del contratto per mancanza di causa, essendo irrilevante, a tali fini, il fatto che l’annullamento della aggiudicazione intervenga in via giurisdizionale o a seguito di autotutela.

B) Il fatto che il contratto stipulato sulla base di una aggiudicazione annullata possa esplicare effetti, quantomeno fintantoché non intervenga il giudice ad accertare il contrario, non costituisce un elemento indicativo di una patologia del contratto diversa dalla nullità. Sia nel codice civile (art. 799, 2126, 2332 c.c.) sia nella legislazione speciale di matrice europea, si rinvengono ipotesi di nullità non incompatibili con una provvisoria efficacia del contratto o rispetto alle quali il legislatore privilegia l’esigenza di conservazione del contratto, riservando al solo contraente debole la legittimazione a farle valere. Il quadro legislativo che emerge dalla analisi tali norme, spesso chiaramente e direttamente influenzati dal diritto europeo, conduce dunque alla constatazione che il legislatore non esita a ricorrere alla patologia più grave, cioè alla nullità, per proteggere interessi che solo apparentemente hanno natura circoscritta. Il trattamento giuridico riservato a tali contratti, sia sul piano sostanziale che sul versante delle invalidità, sebbene frammentario e disomogeneo, e quindi di difficile collocazione sistematica, consente comunque di affermare che  la nullità, quale patologia del contratto, non è ritenuta dal legislatore necessariamente incompatibile con l’esplicazione di effetti da parte del contratto affetto da nullità.

C) Non ha alcun fondamento l’affermazione secondo la quale la declaratoria di efficacia o inefficacia del contratto potrebbe essere pronunciata solo contestualmente all’annullamento della aggiudicazione, in difetto di che la relativa domanda sarebbe inammissibile. La ratio degli artt. 121 e 122 c.p.a. è quella che si addivenga il più presto possibile ad una definizione della sorte del contratto: se ciò, per qualsiasi motivo, non accade nell’ambito del giudizio che ha annullato l’aggiudicazione, ciò non significa che non possa accadere nell’ambito di un separato giudizio compulsato da una delle parti, risultando anzi tale iniziativa coerente con l’intento del legislatore di addivenire ad una definizione giudiziale della sorte del contratto.

D) Non v’è poi motivo di ritenere che il trattamento giuridico della nullità del contratto stipulato a seguito di aggiudicazione annullata, disegnato dalla novella del 2010, possa trovare applicazione solo ai casi di annullamento in via giurisdizionale: ciò per la ragione che  tale novella non ha solo portata processuale ma anche sostanziale, andando ad incidere direttamente sul regime giuridico della nullità del contratto stipulato sulla base di una aggiudicazione annullata. Poiché anche l’annullamento della aggiudicazione in via di autotutela incide sulla causa del susseguente contratto determinandone la nullità, la novella del 2010 troverà applicazione anche a tali situazioni. Con l’ulteriore precisazione che alla declaratoria di efficacia o inefficacia del contratto il giudice potrà pervenire sia nel caso in cui gli venga pregiudizialmente sollecitato anche un controllo giudiziario sulla legittimità dell’atto di annullamento della aggiudicazione in via di autotutela, nel qual caso la pronuncia può prescindere da una specifica domanda di parte; sia nel caso in cui tale atto non venga posto in discussione dalle parti, una delle quali invochi l’intervento giudiziale al solo scopo di ottenere una decisione sulla sorte del contratto.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 869 del 2011, proposto da:
Azienda Ospedaliera Nazionale Ss. Antonio e Biagio e C. Arrigo di Alessandria, rappresentato e difeso dall’avv. Roberto Cavallo Perin, con domicilio eletto presso Roberto Cavallo Perin in Torino, via Bogino, 9;
contro
D.A.S. S.r.l., rappresentata e difesa dagli avv. Filippo Pingue, Paolo Scaparone, Massimo Lo Conte, con domicilio eletto presso Paolo Scaparone in Torino, via S. Francesco D’Assisi, 14;
per la declaratoria::
– dell’inefficacia ex tunc, o nullità, del contratto di fornitura del sistema robotico “Da Vinci” stipulato il 23 febbraio 2006 tra l’Azienda Ospedaliera e D.A.S. s.r.l., quale effetto dell’annullamento in via di autotutela delle deliberazioni d’affidamento senza gara del contratto medesimo;
– per la condanna di D.A.S. s.r.l. alla restituzione all’Azienda Ospedaliera a titolo ripetizione dell’indebito della complessiva somma di E. 1.321.992,46, oltre interessi moratori e rivalutazione monetaria;
– oppure, in subordine al capo che precede, per l’accertamento del quantum dovuto dall’Azienda Ospedaliera a D.A.S. s.r.l. a titolo di arricchimento senza causa, condannando per l’effetto la condanna di D.A.S. s.r.l. a restituire all’Azienda Ospedaliera – a titolo di ripetizione dell’indebito – la somma di danaro ricevuta in eccesso rispetto al dovuto, oltre ad interessi e rivalutazione monetaria;

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di D.A.S. S.r.l.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 ottobre 2014 la dott.ssa Roberta Ravasio e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
1. Con delibera n. 531 del 27/07/2005 la Azienda Ospedaliera Santi Antonio e Biagio e Cesare Arrigo di Alessandria, odierna ricorrente, addiveniva alla determinazione di affidare alla D.A.S. s.r.l. la fornitura del robot chirurgico “Da Vinci”, fabbricato negli Stati Uniti dalla Intuitive Surgical Inc., distribuito in Italia dalla licenziataria ufficiale AB Medica SpA di Milano, della quale essa D.A.S. s.r.l. è distributrice esclusiva in Piemonte.. Tale delibera, in particolare, recepiva una offerta formulata dalla .D.A.S. s.r.l. e prevedeva che questa mettesse a disposizione della Azienda Ospedaliera l’apparecchiatura per un periodo di sei anni, garantendone l’installazione e la manutenzione, contro l’impegno della Amministrazione di corrispondere, per ogni intervento chirurgico, un canone di Euro 3.900,00 + IVA comprensivo sia del diritto di utilizzare il macchinario, sia del costo del kit di strumentazione chirurgica necessario ad eseguire ciascun intervento. La delibera di affidamento prevedeva inoltre l’impegno della Azienda di corrispondere detto canone per un numero minimo annuo garantito di interventi chirurgici  50 per l’anno 2006 e 150 per gli anni 2007-2011 -, oltre i quali il canone si sarebbe ridotto ad Euro 2.000,00 + IVA per ciascun intervento. Al termine del contratto sarebbe stata data alla Azienda Ospedaliera la possibilità di riscattare il macchinario ad un prezzo irrisorio.
2. L’affidamento veniva deliberato in via diretta, senza previo esperimento di gara e senza pubblicazione di avvisi di sorta, sul rilievo che il macchinario in questione, denominato dalla casa produttrice “Da Vinci”, costituiva l’unico robot per interventi chirurgici presente sul mercato mondiale, ed inoltre sul rilievo che l’art. 16 bis della L.R. 8/95 consentiva alle amministrazioni di procedere con affidamento diretto per l’ “acquisto di cose la cui produzione è garantita da privativa industriale o per la cui natura non è possibile promuovere il concorso di pubbliche offerte”.
3. Con successiva delibera n. 818 del 17/11/2005 venivano modificate alcune condizioni dell’affidamento: il canone da corrispondere per ciascun intervento avrebbe compreso solo il costo di un “kit base”; ulteriore materiale di consumo specialistico, necessario in relazione alla tipologia del singolo intervento, sarebbe stato acquistato e pagato a parte dalla Azienda Ospedaliera, la quale si impegnava tuttavia ad acquistarlo dalla .D.A.S. s.r.l.., che a sua volta si impegnava a praticare sugli stessi dei prezzi costanti nel tempo.
3. Il 23/02/2006 veniva così stipulato tra la Azienda Ospedaliera ricorrente e la D.A.S. s.r.l. un contratto il cui contenuto rispecchiava le delibere di affidamento sopra menzionate e che, conseguentemente, impegnava la Azienda ricorrente a sostenere un onere economico quantificabile in non meno di Euro 3.900,00 + IVA per un numero minimo garantito di 800 interventi complessivamente: il mancato raggiungimento di tale numero di interventi, infatti, obbligava l’Azienda a corrispondere comunque il canone convenuto.
4. Nel gennaio 2007, subentrando un nuovo Direttore Generale della Azienda Ospedaliera, si avviavano trattative per l’eventuale acquisto del macchinario, con correlativa risoluzione del contratto, ma in esito alle stesse le parti non raggiungevano l’accordo.
5. Con nota del 9/08/2007 la Azienda Ospedaliera comunicava a D.A.S. s.r.l. l’avvio del procedimento finalizzato all’annullamento o alla revoca dell’atto di affidamento : ivi si faceva rilevare che il fatto che D.A.S. s.r.l. fosse – su licenza della azienda AB Medica SpA, importatrice esclusiva per l’Italia  l’unica distributrice del robot chirurgico “Da Vinci” autorizzata a venderlo in Piemonte non appariva argomento dirimente ai fini di escludere l’obbligo di esperimento della gara, posto che detta esclusiva conseguiva da atti negoziali aventi rilevanza meramente interna e considerato anche il fatto che il robot in questione avrebbe anche potuto essere acquisito legittimamente da altro operatore dello spazio UE o EFTA. Nella nota del 9/08/2007 si prospettava, pertanto, l’illegittimità dell’intero procedimento di affidamento e la conseguente nullità ex art. 1418 c.c. del contratto 23/02/2006; oltre a ciò si faceva rilevare l’antieconomicità della intera operazione, derivante dal fatto che la Azienda Ospedaliera di realtà non aveva la necessità di utilizzare il robot per il numero minimo di interventi indicato in contratto, con il risultato che la spesa annua pattuita (pari a Euro 3.900,00 + IVA x 150 interventi annui), distribuita su un numero di interventi minori, finiva per incidere su ciascuno di essi in maniera sproporzionata.
6. Il procedimento si concludeva con delibera del Direttore Generale della Azienda ospedaliera n. 939 del 7/11/2007 con la quale si disponeva: a) l’annullamento delle delibere del Direttore Generale nn. 531 e 818 del 2005; b) la revoca a far data dall’1/01/2008 delle delibere medesime, con fissazione, a favore di D.A.S. s.r.l., di un indennizzo di Euro 5.000,00 ex art. 21 quinquies L. 241/90 ; c) la presa d’atto “della conseguente inefficacia a far data  al più tardi  dal 1° gennaio 2008 del contratto 23 febbraio 2006 stipulato da questa Azienda ospedaliera con la DAS  Distributore Articoli Sanitari s.r.l., con conseguenza comunicazione alla DAS s.r.l. della messa a disposizione del sistema robotico dal 1° gennaio 2008”; d) la cessazione, con effetto dall’1/01/2008, “di ogni ulteriore pagamento dei corrispettivi contrattuali, considerando quelli effettuati sino a tale data come acconti o maggiore somma sul dovuto da questa amministrazione almeno a titolo di arricchimento senza causa, o di indennizzo o di corrispettivo contrattuale”.
7. La delibera del 7/11/2007 veniva ritualmente impugnata dalla D.A.S. s.r.l. avanti questo TAR, il quale con ordinanza del 25/01/2008 respingeva l’istanza di sospensione della stessa, e con sentenza definitiva n. 2880 del 29/10/2008 respingeva il ricorso accertando, per quanto di interesse nel presente giudizio: a) che la delibera del 7/11/2007 doveva correttamente qualificarsi come annullamento d’ufficio di provvedimenti amministrativi ab origine illegittimi; b) che i rilievi svolti dalla Amministrazione in punto necessità del previo esperimento della gara erano corretti; c) che la D.A.S. s.r.l. non aveva articolato alcuna censura avverso il capo della deliberazione impugnata con cui si disponeva l’inefficacia del contratto, statuizione questa che, pertanto, esulava dall’oggetto del giudizio. Detta pronuncia passava in giudicato per mancata impugnazione.
8. Anche dopo aver adottato la delibera del 7/11/2007, l’Azienda Ospedaliera ricorreva alla utilizzazione del robot ed all’utilizzo del relativo materiale di consumo in occasione dell’intervento chirurgico programmato nei giorni 19-20/12/2007.
9. In data 3/04/2008 la D.A.S. s.r.l. ritirava il robot chirurgico.
10. Con lettera del 12/06/08, la D.A.S. s.r.l.. tramite il proprio legale, formulava richiesta di pagamento di una fattura risalente all’anno 2006, relativa alla sostituzione di alcune parti del robot, nonché dei 150 interventi minimi garantiti per l’anno 2007, interventi da fatturare alla tariffa di E. 3.900,00 + IVA ciascuno, e dei quali solo 123 effettivamente realizzati. Tale missiva veniva riscontrata dal legale della Azienda Ospedaliera, che ribadiva che il contratto doveva ritenersi invalido, che ciò non escludeva il diritto della DAS di pretendere un riconoscimento economico a titolo di arricchimento senza causa, per ottenere il quale avrebbe dovuto dimostrare l’esistenza dei requisiti giuridici necessari, e che pertanto quanto sino a quel momento corrisposto dalla Azienda Ospedaliera alla D.A.S. s.r.l. doveva considerarsi mero acconto sul corrispettivo o sull’indennizzo eventualmente dovuto.
11. L’Azienda Ospedaliera provvedeva al pagamento degli interventi effettivamente realizzati dall’inizio del contratto sino al 31/12/2007, sostenendo un onere di complessive E. 972.960,00 IVA compresa, riferite a 242 interventi, 80 dei quali fatturati ad E. 2.000,00 + IVA ciascuno ed i restanti ad E. 3.900,00 + IVA ciascuno. La stessa provvedeva inoltre al pagamento di fatture relative all’acquisto di materiali necessari agli interventi non compresi nel kit di base, corrispondendo per tale voce complessive E. 349.342,46, IVA compresa.
12. Con bando pubblicato il 14/12/2009 la Azienda Ospedaliera ricorrente lanciava una gara pubblica per ““L’acquisto, comprensivo di assistenza tecnica, del robot chirurgico “Da Vinci Si-HD(R”) e fornitura del relativo materiale di consumo””: come si desume dall’avviso di aggiudicazione pubblicato l’8/03/2010 la gara vedeva la partecipazione di un solo candidato e si concludeva con l’aggiudicazione dell’appalto a favore di AB Medica SpA, che  come già precisato  è la distributrice esclusiva per l’Italia della azienda fabbricante, Intuitive Surgical Inc.
13. Con lettera del 31/07/2010 la DAS s.r.l. insisteva nel chiedere il pagamento di E. 123.360,00 IVA compresa, quale differenza tra le somme già corrisposte per l’anno 2007 dalla Azienda Ospedaliera e quanto dovuto per i 150 interventi minimi garantiti da contratto in relazione al medesimo anno solare. Chiedeva inoltre il pagamento: di Euro 4.680,00 + IVA per il kit relativo all’intervento effettuato il 19/12/2007; di Euro 79.553,99, IVA compresa, quale prezzo per ottiche del sistema robotico sostituite nel corso del rapporto; di E. 13.298,25, IVA compresa, quale valore dei kit costituiti in deposito a mente del contratto; di tutte le fatture emesse nel 2008 e nel 2009, scadute e rimaste insolute, ammontanti a complessive E. 470.498,36; degli interessi maturati sul ritardato pagamento delle fatture emesse nel corso degli anni, pari a complessive Euro 135.589,17.
14. Con ricorso passato a notifica il 28/06/2011 la Azienda Ospedaliera , premesso che il contratto stipulato inter partes doveva ritenersi privo di efficacia ab origine e che l’utilizzo del robot “Da Vinci” non aveva apportato alcun arricchimento alla Azienda Ospedaliera, che per poterlo utilizzare era anzi andata incontro a spese di molto superiori a quelle usuali; asserendo inoltre di non aver riconosciuto l’utilitas delle prestazioni rese da D.A.S.. s.r.l., la Azienda Ospedaliera ha rassegnato le conclusioni di cui in epigrafe, chiedendo in via istruttoria che fosse ordinato alla D.A.S. s.r.l. di produrre il contratto che le aveva consentito di acquisire la disponibilità del robot “Da Vinci” e che fosse, inoltre, ammessa consulenza tecnica d’ufficio finalizzata ad accertare i costi effettivamente sostenuti da D.A.S. s.r.l. in relazione ai 242 interventi effettuati dalla Azienda ospedaliera con il robot ed il correlativo arricchimento della Azienda Ospedaliera. Nel ricorso la Azienda Ospedaliera affrontava anche il problema afferente la giurisdizione sulle domande come sopra articolate.
15. La D.A.S.. s.r.l. si costituiva in giudizio contestando le avverse pretese ed articolando, con memoria passata a notifica il 28/07/2011, domanda riconvenzionale. Con tali atti, in particolare, la D.A.S. s.r.l.: a) eccepiva il difetto di giurisdizione del Giudice Amministrativo sulle domande proposte dalla ricorrente; b) deduceva che a seguito del provvedimento del 7/11/2007 il contratto aveva cessato di avere efficacia al 31/12/2007¸c) affermava sussistere una responsabilità contrattuale o extracontrattuale della Azienda Ospedaliera in relazione al danno cagionato ad essa D.A.S. s.r.l., che aveva senza colpa aveva confidato nella validità del contratto: tale situazione aveva cagionato una perdita netta di E. 264.620,00 derivante dall’acquisto del sistema robotico e dalla successiva rivendita di esso a terzi ad un prezzo di molto inferiore. Con il ricorso per domanda riconvenzionale depositato il 10/08/2011, pertanto, la D.A.S. s.r.l. chiedeva, in via pregiudiziale, di dichiarare il difetto di giurisdizione del Giudice Amministrativo e nel merito: a) di accertare l’infondatezza del ricorso; b) di condannare l’ Azienda Ospedaliera a corrispondere a D.A.S. s.r.l. le somme dovute a saldo per l’anno 2007 per complessive E. 220.892,13, IVA compresa, maggiorate di interessi dal dovuto al saldo; c) di condannare la Azienda Ospedaliera a risarcire a D.A.S. s.r.l., ai sensi degli artt. 1175, 1337, 1338, 1375 e 2043 c.c., il danno subito , danno da quantificarsi in E. 264.620,00, ovvero nella diversa somma maggiore o minore ritenuta di giustizia, oltre interessi legali dall’accertamento al saldo effettivo.
16. In data 22/11/2011 la Azienda Ospedaliera proponeva ricorso preventivo di giurisdizione dinanzi alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione: per l’effetto il Collegio, con ordinanza pronunciata alla camera di consiglio del 14/12/2011, sospendeva il giudizio.
17. Con ordinanza n. 14260 depositata l’8/08/2012, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione dichiravano la giurisdizione del Giudice Amministrativo.
18. In limine alla pubblica udienza le parti scambiavano memorie e documenti. Con memoria depositata il 7/10/14 la D.A.S. s.r.l., in particolare, eccepiva, per la prima volta, l’inammissibilità della domanda formulata in principalità dalla ricorrente, tendente ad ottenere la declaratoria di inefficacia del contratto con effetto ex tunc. Rilevava la resistente che ai sensi degli artt. 121 e 122 c.p.a. l’ inefficacia del contratto può essere pronunciata solo dal giudice “che annulla l’aggiudicazione” e, quindi, solo a seguito di contestuale proposizione, nell’ambito di un unico giudizio, sia della domanda di annullamento della aggiudicazione e sia della domanda di inefficacia del contratto nel frattempo stipulato. Il fatto, poi, che nella specie la domanda tendente alla declaratoria di inefficacia del contratto fosse stata proposta autonomamente, determinava  secondo la D.A.S. s.r.l.  anche il venir meno della giurisdizione esclusiva del Giudice Amministrativo, giurisdizione la cui estensione oltre i limiti dell’interesse legittimo si giustificherebbe solo in presenza della necessità di esaminare congiuntamente più domande, aventi ad oggetto diritti soggettivi ed interessi legittimi. In ogni caso l’inefficacia del contratto potrebbe essere pronunciata solo a seguito di annullamento della aggiudicazione in via giurisdizionale: ove tale inefficacia conseguisse anche all’annullamento della aggiudicazione pronunciato in autotutela, questo ultimo rischierebbe  sempre secondo la resistente – di trasformarsi in un indebito strumento di privazione unilaterale degli effetti del contratto.
19. Il ricorso veniva introitato a decisione alla pubblica udienza del 22/10/2014, allorché, a domanda del Collegio, il difensore della Azienda Ospedaliera dichiarava di non contestare il valore di E. 264.620,00 quale differenza tra il prezzo pagato dalla D.A.S. s.r.l. per l’acquisto del robot Da Vinci ed il prezzo dalla medesima incassato per rivenderlo a terzi.

 

DIRITTO
20. Preliminarmente il Collegio ritiene opportuno precisare che il presente ricorso non ha ad oggetto domande che debbano essere trattate secondo il rito degli appalti. Nel caso di specie, infatti, le questioni concernenti la procedura di affidamento, ivi compresa la legittimità dell’atto con cui la Amministrazione ricorrente ha annullato in autotutela l’affidamento della fornitura per cui è causa, sono state tutte definite in separato giudizio, sicché vengono ora in considerazione solo domande strettamente conseguenti all’annullamento dell’affidamento, ma non la procedura di affidamento in sé.
21. Sempre in via preliminare deve procedersi all’esame delle eccezioni di rito sollevate dalla resistente D.A.S. s.r.l. con memoria del 7/10/2014.
21.1. In punto giurisdizione sulla domanda tendente alla declaratoria di inefficacia del contratto formulata in via autonoma ed in conseguenza di annullamento della aggiudicazione in via di autotutela, il Collegio osserva che la questione è già stata risolta dalla ordinanza con la quale le Sezioni Unite della Corte di Cassazione si sono pronunciate sul regolamento preventivo di giurisdizione proposto dalla odierna ricorrente.
21.1.1. Dopo aver dato atto della evoluzione subita dalla giurisprudenza in punto giurisdizione sulle domande aventi ad oggetto la sorte del contratto stipulato a seguito di illegittima aggiudicazione di appalto pubblico, la Suprema Corte si è specificamente interrogata, con l’ordinanza in esame, sulla possibilità di applicare i medesimi principi “anche nell’ipotesi in cui sia stata chiesta la declaratoria di inefficacia o di nullità del contratto di fornitura, quale effetto dell’annullamento in autotutela delle precedenti deliberazioni con le quali – nel caso in esame, era stata affidata, senza gara, all’odierna resistente la fornitura del sistema robotico “Da Vinci”; con le conseguenti domande di ripetizione di indebito e di arricchimento senza causa formulate dalla stessa azienda ospedaliera; e con le domande riconvenzionali di condanna al pagamento delle somme dovute – come precisato in atti  e di risarcimento dei danni”: tale inciso evidenzia che la Corte ha inteso esaminare le problematiche afferenti la giurisdizione con riferimento a tutte le domande introdotte nel giudizio dalle parti, e che ciò ha inteso fare esattamente sul presupposto che l’annullamento dell’atto di affidamento del contratto era stato disposto in via di autotutela, e non in via giurisdizionale. Si legge, infatti, a pagina 8 dell’ordinanza in esame che “In definitiva il diritto comunitario incide nel sistema giurisdizionale interno anche retroattivamente, esigendo la trattazione unitaria delle domande di affidamento dell’appalto e di caducazione del contratto concluso per effetto dell’illegittima aggiudicazione; ciò che avviene, per le ragioni già dette, anche nell’ipotesi in cui la richiesta di caducazione degli effetti del contratto (concluso senza gara) consegua al provvedimento emesso in autotutela dalla pubblica amministrazione e confermato in sede giurisdizionale.”. Tale affermazione, fondata sulla necessità di trattare congiuntamente la questione della invalidità della procedura di affidamento e quella connessa alla privazione degli effetti del contratto concluso, in vista di assicurare il rispetto dei principi di concentrazione, effettività e ragionevole durata del processo, porta la Corte a statuire subito dopo, a mo’ di principio generale, che “Conclusivamente, va affermata la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo sulla domanda di dichiarazione di inefficacia o nullità del contratto, ai sensi dell’art. 244 D. L.vo 12 aprile 2006 n. 163.”. Ed ancora, prosegue la Corte, l’affermata giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo sulla domanda di dichiarazione di inefficacia o nullità del contratto “postula inevitabilmente che le domande conseguenti ad una tale declaratoria debbano essere conosciute dallo stesso giudice al quale è riconosciuta la giurisdizione sul contratto. Le domande di ripetizione di indebito o di arricchimento senza causa, infatti, si presentano come effetti restitutori conseguenti alla declaratoria di inefficacia (o nullità) del contratto di fornitura. E se le controversie di natura risarcitoria rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell’art. 133 comma 1 lett. e) del d. lgs. N. 104 del 2010, a maggior ragione un tale riconoscimento meritano quelle restitutorie che, non solo sono connesse ma sono strettamente conseguenti alla declaratoria di inefficacia del contratto. D’altra parte, la soluzione del problema deriva da un evidente argomento logico (c.d. argomento a fortiori): se la giurisdizione esclusiva si applica alle questioni legate da connessione indiretta ed eventuale alla declaratoria di inefficacia del contratto, a maggior ragione deve applicarsi a quelle connesse direttamente, cioè conseguenti.”.
21.1.2. Secondo le Sezioni Unite, insomma, la giurisdizione non è determinata solo dalla esigenza di assicurare la concentrazione e la speditezza del processo. Anche argomenti di ordine sistematico  si potrebbe dire: ragioni di coerenza interna – militano a favore della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo su tutte le questioni connesse alla invalidazione di una gara ed alla conseguente caducazione del contratto stipulato in base a quella: la Corte rammenta, del resto, che il giudice amministrativo “è l’organo indipendente dalla amministrazione (indicato dalla Direttiva) che ha, nell’ordinamento interno, il potere di pronunciare l’annullamento della aggiudicazione”, e proprio per tale ragione deve essere anche tributario di una giurisdizione esclusiva su tutte le vicende che da tale annullamento possono conseguire. Si spiega così la ragione per cui la Corte, precisando ulteriormente il proprio pensiero in uno dei passaggi finali della ordinanza, afferma esplicitamente che “deve dissentirsi dall’affermazione per cui la giurisdizione del giudice amministrativo possa riconoscersi soltanto in ipotesi di proposizione congiunta della domanda di invalidità della aggiudicazione e di privazione degli effetti del contratto concluso”: se la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di appalti deve estendersi, per ragioni di coerenza, a tutte le questioni connesse e conseguenti all’annullamento di una decisione di aggiudicazione, allora non v’è ragione per negare tale giurisdizione per il solo fatto che vengano in considerazione domande proposte separatamente da quella avente ad oggetto l’annullamento della aggiudicazione.
21.1.3. Conclusivamente: il fatto che la declaratoria di inefficacia di un contratto a seguito di illegittima aggiudicazione sia chiesta in via autonoma o consegua ad annullamento della aggiudicazione pronunciato in autotutela non è idoneo a spostare la giurisdizione, che permane in capo al Giudice Amministrativo.
21.2. Quanto alle ulteriori eccezioni di inammissibilità della domanda, formulata nel ricorso introduttivo, tendente alla declaratoria di inefficacia ab origine del contratto stipulato inter partes, la loro disamina richiede, a parere del Collegio, una preliminare indagine sulla natura del potere di dichiarare/non dichiarare l’inefficacia del contratto stipulato sulla base di aggiudicazione annullata in via giurisdizionale, potere attribuito al Giudice Amministrativo con gli artt. 9 e 10 del D. L.vo 53/2010 – con cui venne data attuazione alla Direttiva 2007/66/CE – , poi trasfusi negli artt. 121 e 122 c.p.a. Tale riflessione, impegnando in realtà l’interprete ad individuare le possibili cause di questa inefficacia del contratto affidata alle cure del Giudice Amministrativo, porta inevitabilmente l’indagine sulla questione relativa a quale sia la patologia che colpisce il contratto stipulato sulla base di una aggiudicazione annullata, la quale giustifichi la declaratoria di inefficacia di esso.
21.2.1. Il Collegio ritiene utile precisare che non prendendo le pocanzi menzionate disposizioni esplicita posizione al riguardo  constatazione questa che ha mosso taluni ad elevare una critica al legislatore per non aver colto l’occasione per chiarire la questione, oggetto di dibattito pluriennale – la riflessione deve essere condotta partendo dal presupposto che se ed in quanto possibile dovrebbe essere preferita una interpretazione delle norme di cui sopra che consenta di rinvenire l’esistenza di una linea di continuità tra l’assetto preesistente alla entrata in vigore delle previsioni di che trattasi e quello successivo a tale momento: ciò per la ragione che, pur essendo il legislatore evidentemente libero di “rompere” con il passato introducendo norme idonee a stravolgere istituti e concezioni di risalente tradizione giuridica ovvero consolidati orientamenti giurisprudenziali, non si può presumere una simile volontà “di rottura” in norme che non prendano una posizione esplicita, manifestando chiaramente l’intento del legislatore di cambiare direzione rispetto ad un certo passato, a maggior ragione quando vengano in considerazione norme che si pretendano applicabili anche a situazioni venute ad esistenza prima della di loro entrata in vigore. Trasposte nella disputa relativa alla sorte del contratto stipulato sulla base di una aggiudicazione annullata, le considerazioni che precedono inducono allora a verificare se sia possibile trovare un punto di conciliazione tra la patologia che, in base all’orientamento formatosi anteriormente alla entrata in vigore del D. L.vo 53/2010, si riteneva inficiare il contratto, e la patologia che inficia il contratto medesimo in base ai principi attualmente vigenti, patologia, questa seconda, da individuarsi evidentemente anche tenendo conto dei poteri noviter attribuiti al Giudice Amministrativo.
21.2.2. Ebbene, è noto che in passato al problema di cui sopra sono state date differenti soluzioni. Da taluni è stato sostenuto che il contratto d’appalto pubblico stipulato sulla base di una aggiudicazione annullata fosse, a sua volta, annullabile ai sensi dell’art. 1425 c.c., dovendosi in tal caso riscontrare la sussistenza di un vizio nel processo di formazione della volontà della stazione appaltante: tale soluzione non implicava l’automatica inefficacia del contratto, che pertanto poteva  secondo tale impostazione – continuare ad esplicare effetti ed essere portato ad esecuzione, salvo che intervenisse una pronuncia giudiziale di annullamento a seguito di domanda proposta dalla stazione appaltante. La limitata legittimazione ad agire in annullamento, che in ossequio ai principi generali valevoli in materia di contratto annullabile avrebbe potuto riconoscersi alla sola stazione appaltante, ha però determinato la scarsa fortuna di questo orientamento, che non si dimostrava idoneo a tutelare adeguatamente gli interessi del terzo lesi dalla aggiudicazione illegittima. Un secondo orientamento, che sembra essere tuttora preferito dalla Corte di Cassazione, ha invece posto in rilievo la violazione delle norme di evidenza pubblica testimoniata dall’annullamento della aggiudicazione , sostenendo di conseguenza la nullità del contratto per contrarietà e norme imperative, con retroattiva inefficacia di esso e possibilità di far valere tale nullità da chiunque vi abbia interesse. L’inefficacia ab origine del contratto è stata ugualmente affermata quale effetto di una caducazione automatica originata vuoi dal venir meno di una condizione di efficacia del contratto (CdS sez. VI, n. 2332 del 5/05/2003; CdS sez. V, n. 3465 del 28/05/2004; VdS sez. V, n. 490 del 12/02/2008, CdS sez. V, n. 3133 del 7/06/2013), vuoi dal venir meno di un requisito di legittimazione a contrarre in capo alla stazione appaltante (CdS sez. VI, n. 2992 del 30/05/2003). Negli anni più recenti, tuttavia, si è consolidato – sempre con riferimento all’assetto legislativo antecedente l’entrata in vigore del D. L.vo 53/2010  l’orientamento in base al quale “..in virtù della stretta consequenzialità tra l’aggiudicazione della gara pubblica e la stipula del relativo contratto, l’annullamento giurisdizionale ovvero l’annullamento a seguito di autotutela della procedura amministrativa comporta la caducazione automatica degli effetti negoziali del contratto successivamente stipulato, stante la preordinazione funzionale tra tali atti” (ex plurimis: CdS, sez. VI, n. 6374 del 12/12/2012, che richiama altri precedenti)¸ e tale orientamento risulta ancor oggi affermato in recenti pronunce, con riferimento alle procedure di gara espletate prima della entrata in vigore del D. L.vo 53/2010 e con l’ulteriore precisazione che gli effetti caducanti conseguivano anche a seguito di annullamento della aggiudicazione a seguito di autotutela amministrativa (C.d.S. sez. II, n. 2802 del 23/05/2013).
21.2.3. Il Collegio, che è chiamato in questa sede a prendere posizione sulla questione, non vede motivo per discostarsi dal dianzi indicato, e peraltro consolidato, orientamento, il quale, mettendo in luce il collegamento funzionale tra la procedura di aggiudicazione ed il contratto, disvela che l’annullamento della aggiudicazione, che ha effetto retroattivo, agisce in realtà sulla causa del contratto facendola venir meno. Lo stretto collegamento funzionale tra la procedura di aggiudicazione ed il susseguente contratto risulta evidente sol che si pensi che la prima non è finalizzata soltanto ad individuare il contraente, ma anche a definire le principali obbligazioni contrattuali, che devono essere riprodotte nel contratto; inoltre l’aggiudicazione, fintantoché non sia annullata, vincola la stazione appaltante alla stipula del contratto, che diventa lo strumento tramite il quale viene portato ad esecuzione il progetto posto a base della procedura di aggiudicazione. Questa ultima rappresenta, in definitiva, la causa esterna del contratto e proprio tale constatazione spiega perché l’aggiudicazione ed il contratto “simul stabunt simul cadunt”: perché l’annullamento della aggiudicazione determina, ipso facto, la nullità del contratto per mancanza di causa, essendo irrilevante, a tali fini, il fatto che l’annullamento della aggiudicazione intervenga in via giurisdizionale o a seguito di autotutela.
21.2.4. Quanto sopra non toglie che nei casi in esame sia dato riscontrare anche una violazione di norme – quelle sulla evidenza pubblica – che possono considerarsi imperative perché tutte poste a tutela di interessi indisponibili: l’imparzialità e legalità della azione amministrativa e la tutela del libero mercato. La violazione di queste norme integra pertanto una autonoma e concomitante causa di nullità del contratto, che tuttavia assume rilevanza solo nel momento in cui viene pronunciato l’annullamento della aggiudicazione, ché in difetto essa continua ad esplicare efficacia. La patologia derivante dalla violazione delle norme sulla evidenza pubblica finisce quindi per diluirsi, se non per perdersi, nella ben più diretta nullità connessa al venir meno della causa del contratto conseguente all’annullamento, giurisdizionale o in autotutela, della aggiudicazione.
21.2.5. L’indisponibilità degli interessi tutelati dalle norme sulla evidenza pubblica conferma, tuttavia, che la nullità del contratto conseguente all’annullamento della aggiudicazione doveva considerarsi, nell’assetto legislativo anteriore al D. L.vo 53/2010, la reazione più consona al vizio rilevato. Al riguardo si rammenta che secondo la dottrina più evoluta la ratio che ispira la differenza tra la nullità – caratterizzata dalla assoluta inidoneità a produrre effetti, dalla rilevabilità d’ufficio, dalla assolutezza della legittimazione, dalla imprescrittibilità della azione e dalla non sanabilità – e la annullabilità  caratterizzata invece da una idoneità a produrre effetti seppure precaria, dalla non rilevabilità d’ufficio, dalla limitata legittimazione a farla valere, dalla prescrittibilità della relativa azione e dalla possibilità di sanare il vizio mediante convalida  sarebbe proprio da individuare nella portata degli interessi alla cui protezione è preposta la patologia: particolari, nel caso della annullabilità e generali ed indisponibili nel caso della nullità.
21.2.6. Né, infine, un ostacolo a configurare l’annullamento della aggiudicazione quale causa di nullità del contratto può essere rinvenuto nella circostanza che l’annullamento non sia coevo alla pattuizione: è vero che la improduttività di effetti tipica del contratto nullo deriva dal fatto che la patologia affetta il negozio nel momento genetico, ma nel caso dell’annullamento della aggiudicazione tale impostazione viene rispettata in ragione dell’effetto retroattivo tipico dell’annullamento dell’atto amministrativo. Di guisa che al caso di specie pare potersi pienamente adattare il concetto di nullità sopravvenuta, elaborato dalla dottrina sia con riferimento alla sopravvenienza di circostanze che determinino il venir meno dei requisiti del contratto, sia con riferimento alla sopravvenienza di disposizioni normative dirette ad escludere o limitare l’autonomia dei privati: ebbene, la configurabilità della nullità sopravvenuta è stata criticata per la ragione che normalmente le circostanze sopravvenute, proprio perché tali, trovano l’atto interamente e validamente formato all’origine, ragione per cui nelle predette situazioni si prospetterebbe piuttosto un fenomeno di inefficacia successiva, e non di invalidità; ma tale critica non si adatta al caso del contratto stipulato sulla base di una aggiudicazione annullata, stante che la retroattività dell’annullamento porta ad affermare, sia pure in esito ad un giudizio ex post, che al momento della stipula del contratto questo non era già più sorretto dalla causa.
21.2.7. A questo punto è necessario verificare se questa ricostruzione dei rapporti tra aggiudicazione annullata e susseguente contratto possa dirsi confermata alla luce delle norme introdotte nell’ordinamento dal D. L.vo 53/2010 o se, al contrario, queste ultime, avendo introdotto misure incompatibili con tale ricostruzione, sottendano che essa non sia corretta e vada quindi riveduta anche con riferimento alle situazioni pregresse e non ancora definite (oltre che, evidentemente, con riferimento alle situazioni a venire). Il dubbio sorge perché il Consiglio di Stato, interpretando gli artt. 121 e 122 c.p.a, ha più volte affermato che le citate norme, attribuendo al giudice “che annulla l’aggiudicazione” il potere di dichiarare o non l’inefficacia del contratto, presuppongono che il contratto non diventa automaticamente inefficace per effetto dell’annullamento della aggiudicazione; che l’inefficacia del contratto, con relativa privazione di effetti, può conseguire solo ad una espressa pronuncia giurisdizionale e solo a seguito di esplicita domanda della parte interessata a subentrare nel contratto; che tali norme hanno natura pacificamente processuale; (ex plurimis: C.d.S. sez. III, n. 3437 del 25/06/2013; C.d.S. seez. IV, n. 5725 del 2/12/2013; C.d.S. sez. V, n. 5591 del 5/11/2012; C.d.S. sez. III, n. 6638 del 19/12/2011; C.d. sez. VI, n. 4425 dell’08/08/2014): orbene, è evidente che i dianzi indicati effetti che, oggi vengono riconosciuti al contratto stipulato sulla base di una aggiudicazione annullata, mal si conciliano con la qualificazione del contratto medesimo in termini di contratto nullo, o comunque inefficace ab origine, sembrando meglio adattarsi ad una ipotesi di contratto meramente annullabile, se non addirittura ad una ipotesi di risoluzione del contratto. Una tale annullabilità, o risoluzione, dovrebbe allora riconoscersi solo ai contratti stipulati dopo l’entrata in vigore del D. L.vo 53/2010 o anche a quelli precedenti?
21.2.8. Ebbene, il Collegio non crede che le innovazioni introdotte dagli articoli 9 e 10 del D. L.vo 53/2010, trasfuse negli articoli 121 e 122 c.p.a., manifestino l’intendimento del legislatore di sanzionare il contratto stipulato sulla base di una aggiudicazione annullata con una patologia diversa dalla nullità.
21.2.8.1. La migliore dottrina non ha mancato di rilevare che già nel codice del 1942 è dato rinvenire fattispecie di contratto dichiaratamente nullo al quale, tuttavia, vengono annessi degli effetti. Tali, ad esempio, la donazione nulla, la quale, ex art. 799 c.c., non può essere fatta valere dagli eredi che. dopo la morte del donatore, vi abbiano dato volontaria esecuzione; ovvero il contratto di lavoro nullo, che, ex art. 2126 c.c., produce effetti per il tempo in cui il rapporto ha avuto esecuzione; ed ancora, il caso del contratto di società nullo che, ex art. 2332 c.c., non pregiudica l’efficacia degli atti compiuti in nome della società dopo l’iscrizione nel registro delle imprese. Ebbene, in tali fattispecie la dottrina ha ravvisato, e ravvisa, una deroga alla regola della radicale ed assoluta inefficacia del contratto nullo – regola che peraltro non è scritta e che è invece smentita a più tratti dalla disciplina positiva -; e tale deroga, attuata mediante una attività di conferma, integrerebbe un più generale fenomeno di “recupero” del contratto nullo.
21.2.8.2. In tempi più recenti si è assistito ad interventi legislativi aventi lo scopo di proteggere classi o categorie di contraenti ritenuti deboli (consumatori, utenti di servizi finanziari, clienti di banche, etc.). in settori specifici del mercato, spesso in attuazione a direttive comunitarie. Il diritto dei contratti è stato particolarmente toccato da tali interventi, che hanno introdotto significativi limiti alla autonomia contrattuale e, sul versante della invalidità, nuove ipotesi di nullità assolute o relative, che sono state definite “speciali” o “di protezione”. Tali ipotesi di nullità, accomunate dal fatto di svolgere un ruolo di protezione di interessi seriali o di categoria, presentano sensibili elementi di deviazione dallo schema tipico della nullità rinvenibile dagli artt. 1418-1424 c.c., in particolare laddove dimostrano la volontà del legislatore di privilegiare la conservazione del contratto riservando al solo contrante debole la legittimazione a farle valere. La dottrina si è domandata se tale legittimazione “riservata” non valga ad attribuire al contraente debole un potere di convalida del contratto o della clausola nulla: al quesito ha tuttavia dato una risposta per lo più negativa, osservando che proprio il ruolo protettivo di queste nullità deve portare ad escludere la convalidabilità del contratto o della clausola nulla, lasciando sempre aperta la contestazione della pattuizione, al fine di evitare che il contraente debole sia assoggettato a pressioni finalizzate a fargli esercitare il diritto di convalida. Una convalida del contratto o della clausola nulla, inoltre, mal si concilierebbe con la natura degli interessi coinvolti normalmente in questi contratti, laddove si constata un intreccio tra interessi particolari del singolo contraente ed interessi generali ed indisponibili della categoria protetta. La dottrina, pertanto, anche con riferimento alle c.d. “nullità di protezione” si è orientata nel senso di intravvedervi non la possibilità di convalidare una pattuizione nulla, bensì una deroga al principio della radicale ed assoluta inefficacia del negozio nullo.
21.2.8.3. Il quadro legislativo che emerge dalla analisi di alcuni settori normativi, spesso chiaramente e direttamente influenzati dal diritto europeo, conduce dunque alla constatazione che il legislatore non esita a ricorrere alla patologia più grave, cioè alla nullità, per proteggere interessi che solo apparentemente hanno natura circoscritta. Il trattamento giuridico riservato a tali contratti, sia sul piano sostanziale che sul versante delle invalidità, sebbene frammentario e disomogeneo, e quindi di difficile collocazione sistematica, consente comunque di affermare che all’attualità la nullità, quale patologia del contratto, non è ritenuta dal legislatore necessariamente incompatibile con l’esplicazione di effetti da parte del contratto affetto da nullità.
21.2.8.4. Se quanto sopra esposto è corretto il fatto che il contratto stipulato sulla base di una aggiudicazione annullata possa esplicare effetti, quantomeno fintantoché non intervenga il giudice ad accertare il contrario, non costituisce un elemento indicativo di una patologia del contratto diversa dalla nullità. Del resto, altri elementi suffragano l’ipotesi che di nullità si possa parlare anche dopo l’entrata in vigore del D. L.vo 53/2010. Si allude anzitutto al fatto gli artt. 121 e 122 c.p.a., nell’affermare che il giudice “che annulla l’aggiudicazione definitiva” dichiara l’inefficacia del contratto nei casi di gravi violazione e stabilisce se dichiararla negli altri casi, non annettono l’esercizio di tale potere ad una specifica domanda di parte. Le norme in esame, dunque, contemplano una funzione giudiziale officiosa e doverosa, che sottrae alle parti la disponibilità della azione avente ad oggetto la declaratoria di inefficacia del contratto, rispondendo in ciò all’esigenza di assicurare che, una volta sollecitato un controllo giudiziario sulla legittimità degli atti di una gara, si addivenga ad una decisione immediata anche relativamente agli effetti del contratto stipulato sulla base della aggiudicazione annullata: tale soluzione pare, al Collegio, coerente con la nullità del contratto medesimo, che a sua volta si spiega con la indisponibilità dei superiori interessi coinvolti nella materia degli appalti pubblici. Dipoi, anche la natura delle valutazioni che il giudice è chiamato ad effettuare ai fini della pronuncia di efficacia o inefficacia del contratto ( con una discrezionalità peraltro assai ridotta nei casi di gravi violazioni) denota che il legislatore ha inteso sottrarre la questione alle parti, affidandola di converso al giudice, quale terzo garante di superiori interessi, per la tutela dei quali può rivelarsi opportuno mantenere in vita il contratto stipulato a seguito della aggiudicazione annullata e, conseguentemente, non privarlo di effetti automaticamente a seguito di questa ultima.
21.2.8.5. Le considerazioni sopra esposte inducono dunque il Collegio a ritenere che la novella del 2010, in linea di continuità con i principi desumibili dall’ordinamento giuridico precedente, sottende la nullità quale patologia che colpisce il contratto stipulato sulla base di una aggiudicazione annullata. Il punto di innovazione sta nel trattamento giuridico sostanziale che il legislatore ha inteso riservare a tale nullità, evidentemente sulla constatazione che privare il contratto degli effetti ex tunc sempre ed in ogni situazione può rilevarsi inopportuno: da qui la necessità, prima di tutto, di non annettere conseguenze automatiche all’annullamento della aggiudicazione; poi di accettare la possibilità di recuperare, in tutto o in parte, il contratto nullo; quindi di affidare la decisione relativa alla sorte del contratto ad un terzo imparziale, e cioè il giudice al quale è stato sollecitato il controllo sugli atti della gara. In questa prospettiva l’eventuale decisione del giudice di mantenere fermi gli effetti del contratto, per un tempo o per tutta la durata inizialmente prevista, diventa il mezzo mediante il quale si attua una operazione di “salvataggio” del contratto nullo, “salvataggio” che prima della entrata in vigore della novella giammai avrebbe potuto aver luogo: si ricorda, al proposito, che l’art. 1423 c.c. vieta la convalida del contratto nullo, salvo che la legge non disponga altrimenti; e che la conversione ex art. 1424 c.c. richiede il riscontro della volontà delle parti di stipulare, sin dall’origine, un diverso contratto in relazione al quale sussistano tutti i requisiti di validità, ipotesi questa la cui ricorrenza deve escludersi a priori nel caso del contratto d’appalto stipulato sulla scorta di una aggiudicazione annullata. La pronuncia giudiziale con cui viene dichiarata l’efficacia parziale o totale del contratto, ai sensi degli artt. 121 e 122 c.p.a., può quindi essere riguardata come uno di quei casi particolari, cui rinvia l’art. 1423 c.c., nei quali è ammessa la convalida del contratto nullo.
21.2.9. Quanto sopra dimostra che le norme che qui si sta esaminando non hanno natura meramente processuale: modificando, in un caso particolare, il trattamento giuridico riservato alla nullità del contratto esse producono modificazioni di natura sostanziale, tra l’altro di portata estremamente significativa in quanto attribuiscono ad un terzo il potere di incidere sugli effetti negoziali prodotti dal contratto. Di conseguenza ad avviso del Collegio questo regime particolare può trovare applicazione solo ai contratti stipulati dopo l’entrata in vigore del D. L.vo 53/2010: ai contratti stipulati in data anteriore deve invece essere riservato il trattamento previsto dall’ordinamento previgente e cioé, per le ragioni esplicitate nei precedenti paragrafi 21.2.2  21.2.6, il regime della nullità, dal quale consegue la automatica privazione degli effetti del contratto ex tunc.
21.2.10. Quanto sopra detto dimostra, altresì, che gli artt. 121 e 122 c.p.a., laddove attribuiscono al “giudice che annulla l’aggiudicazione definitiva” il dovere di pronunciarsi in ordine alla efficacia o inefficacia del susseguente contratto, non intendono individuare una competenza o una particolare sede processuale.
21.2.10.1. Come si è visto le norme in questione, omettendo qualsiasi riferimento alla necessità di una esplicita domanda di parte, tendono piuttosto ad affermare l’officiosità della pronuncia giudiziale inerente la sorte del contratto, sul presupposto che si tratta di una questione che non tollera di rimanere sospesa, dati gli evidenti scompensi che l’incertezza può cagionare (ed il caso portato oggi all’attenzione del Tribunale nell’odierno giudizio ne è un chiaro esempio): sul punto le valutazioni del Collegio divergono da quelle cui è pervenuto l’orientamento del Consiglio di Stato sopra ricordato, a mente del quale sarebbe sempre necessario che una delle parti richieda al giudice di pronunciare l’inefficacia o l’efficacia del contratto. Il Collegio non ritiene di poter condividere tale orientamento, che, oltre a quanto già rilevato, potrebbe in taluni casi determinare effetti assolutamente indesiderati: si allude, in particolare, alla dichiarazione di inefficacia del contratto nei casi di gravi violazioni, inefficacia che paradossalmente il giudice non potrebbe pronunciare in mancanza di domanda di parte, ciò che certamente costituirebbe un risultato non voluto dal legislatore europeo e da quello italiano, che al primo deve adeguarsi. Dovendo quindi escludersi che nei casi di gravi violazioni le valutazioni sulla sorte del contratto siano nella disponibilità delle parti, e non sussistendo un valido motivo per ritenere che il legislatore abbia voluto deviare dal principio dispositivo solo nei casi di gravi violazioni ex art. 121 c.p.a. (dal momento che anche l’art. 122 c.p.c. non fa alcun riferimento alla necessità di una richiesta di parte e stante che anche in tali casi è auspicabile che la sorte del contratto venga definita celermente), tanto premesso il Collegio è dell’avviso che sia nei casi di cui all’art. 121 che nei casi di cui all’art. 122 c.p.a. la pronuncia relativa alla efficacia o inefficacia del contratto costituisce un atto dovuto da parte del giudice e che la ratio di tali disposizioni, laddove attribuiscono tale potere/dovere al “giudice che annulla l’aggiudicazione definitiva” non è quella di individuare la sede processuale in cui ciò può avvenire, bensì quella di chiarire la doverosità e la officiosità di tale pronuncia quale effetto dell’annullamento della aggiudicazione definitiva.
21.2.10.2. Ma se è così è non ha alcun fondamento l’affermazione secondo la quale la declaratoria di efficacia o inefficacia del contratto potrebbe essere pronunciata solo contestualmente all’annullamento della aggiudicazione, in difetto di che la relativa domanda sarebbe inammissibile. La ratio degli artt. 121 e 122 c.p.a. è quella che si addivenga il più presto possibile ad una definizione della sorte del contratto: se ciò, per qualsiasi motivo, non accade nell’ambito del giudizio che ha annullato l’aggiudicazione, ciò non significa che non possa accadere nell’ambito di un separato giudizio compulsato da una delle parti, risultando anzi tale iniziativa coerente con l’intento del legislatore di addivenire ad una definizione giudiziale della sorte del contratto.
21.2.11. A parere del Collegio non v’è poi motivo di ritenere che il trattamento giuridico della nullità del contratto stipulato a seguito di aggiudicazione annullata, disegnato dalla novella del 2010, possa trovare applicazione solo ai casi di annullamento in via giurisdizionale: ciò per la ragione che  come già precisato  tale novella non ha solo portata processuale ma anche sostanziale, andando ad incidere direttamente sul regime giuridico della nullità del contratto stipulato sulla base di una aggiudicazione annullata. Poiché anche l’annullamento della aggiudicazione in via di autotutela incide sulla causa del susseguente contratto determinandone la nullità, la novella del 2010 troverà applicazione anche a tali situazioni, sempre che vengano in considerazione contratti stipulati dopo l’entrata in vigore del D. Lvo 53/2010. Si ha, pertanto, che: da una parte il contratto non perde efficacia automaticamente per effetto dell’annullamento in via di autotutela della aggiudicazione; d’altro canto si deve ritenere sottratta alla disponibilità delle parti la decisione relativa alla sorte del contratto, la quale decisione diventa oggetto di una necessaria pronuncia giudiziale che può sfociare in un recupero parziale o totale del contratto. Con l’ulteriore precisazione che alla declaratoria di efficacia o inefficacia del contratto il giudice potrà pervenire sia nel caso in cui gli venga pregiudizialmente sollecitato anche un controllo giudiziario sulla legittimità dell’atto di annullamento della aggiudicazione in via di autotutela, nel qual caso la pronuncia può prescindere da una specifica domanda di parte; sia nel caso in cui tale atto non venga posto in discussione dalle parti, una delle quali invochi l’intervento giudiziale al solo scopo di ottenere una decisione sulla sorte del contratto.
21.2.12. Nel caso oggetto del presente giudizio, tuttavia, venendo in considerazione un contratto stipulato prima della entrata in vigore del D. L.vo 53/2010, la relativa disciplina sostanziale non trova applicazione. La necessità di una specifica pronuncia giudiziale avente ad oggetto gli effetti del contratto, e quindi la ammissibilità della relativa domanda, discendono allora dalla semplice constatazione che comunque in generale la nullità necessita (come l’usucapione) di transitare attraverso un giudizio, destinato a chiudersi con una sentenza dichiarativa: le parti, cioè, non potendo disporre degli effetti del contratto nullo, non possono mettersi d’accordo nel dichiararlo nullo o nel convenire che la nullità debba essere solo parziale o che possa farsi luogo a conversione del contratto; e simili accordi, sebbene vincolanti inter partes, non precludono l’operatività delle regole sulla nullità del contratto, con relativa possibilità da parte di chiunque sia interessato di farla valere. Da qui la necessità e la ammissibilità della domanda con la quale, in separato giudizio, si faccia valere la nullità di un contratto stipulato, ante D. Lv.o 53/2010, sulla base di una aggiudicazione annullata in autotutela, o anche in via giurisdizionale.
21.3. Si può concludere l’esame delle eccezioni preliminari di rito sollevate dalla D.A.S. s.r.l. affermando che esse vanno respinte in quanto: a) non sussiste una preclusione per il giudice a pronunciarsi in ordine agli effetti di un contratto stipulato sulla base di una aggiudicazione annullata in via di autotutela: anche in questo caso la declaratoria di efficacia o inefficacia del contratto deve ritenersi sottratta alla disponibilità delle parti e quindi necessita una pronuncia giudiziale; b) non sussiste una preclusione per il giudice a pronunciarsi su una simile domanda nell’ambito di un giudizio diverso di quello che ha ad oggetto la legittimità degli atti di gara, o di annullamento degli stessi in autotutela: ancorché tale evenienza sia certamente quella auspicata dal legislatore, non può perdersi di vista il fatto che la definizione della sorte del contratto nullo costituisce la tappa finale e necessaria di un percorso che il legislatore ha inteso, sia prima che dopo l’entrata in vigore del D. L.vo 53/2010, affidare ad un giudice, al quale non si può quindi precludere l’esercizio di funzioni doverose.
22. Si può ora passare ad esaminare il merito delle domande formulate dalle parti.
23. Con la domanda formulata in via principale, la ricorrente chiede pronunciarsi l’inefficacia ex tunc, o la nullità, del contratto di fornitura del sistema robotico “Da Vinci” stipulato il 23 febbraio 2006 tra l’Azienda Ospedaliera e D.A.S. s.r.l., quale effetto dell’annullamento in via di autotutela delle deliberazioni d’affidamento senza gara del contratto medesimo.
23.1. Ricordato che viene in considerazione, nell’odierno giudizio, un contratto stipulato nell’anno 2006 sulla scorta di un atto di affidamento diretto adottato dalla Azienda Ospedaliera ricorrente nel 2005, e dalla stessa annullato in autotutela nell’anno 2007, il Collegio ritiene che gli effetti di tale contratto debbano essere valutati e decisi applicando la normativa sostanziale anteriore alla entrata in vigore del D. L.vo 53/2010. Per le ragioni specificamente esposte ai paragrafi 21.2.2  21.2.6 il contratto stipulato inter partes deve quindi ritenersi affetto da nullità insanabile, esplicante effetti ex tunc. Richiamato quanto esposto ai paragrafi 21.2.8  21.2.10, il Collegio ritiene di essere impossibilitato a valutare la possibilità di tenere fermi gli effetti del contratto anche solo sino al 31/12/2007, stante che tale possibilità è strettamente connessa, ed è esplicazione, del regime giuridico sostanziale entrato in vigore solo con il D. L.vo 53/2010. La pretesa della D.A.S. s.r.l. di tenere fermi gli effetti del contratto quantomeno sino al 31/12/2007, se non fino al momento in cui la stessa ha ritirato il robot Da Vinci, sulla base di un accordo di risoluzione consensuale non può neppure essere presa in considerazione per quanto esposto al paragrafo 21.2.12.: le parti non hanno, degli effetti del contratto nullo, alcuna disponibilità. Pertanto, così come non possono accordarsi nel dichiararlo nullo, tanto meno possono accordarsi nel tenerne fermi gli effetti per un limitato periodo di tempo, ciò che equivarrebbe ad una non ammissibile convalida, oltre tutto parziale: e la nullità di tale accordo di risoluzione consensuale, seppure ravvisabile, dovrebbe essere rilevata d’ufficio dal Collegio. Peraltro è evidente che non si è mai perfezionato tra le parti un accordo di tal sorta, come si desume dal fatto che nella delibera di annullamento in autotutela del 7/11/2007 l’Azienda Ospedaliera non ha preso posizione specifica sulla causale delle somme corrisposte nel frattempo alla D.A.S. s.r.l., lasciando aperte varie possibilità.
24. In secondo luogo l’Azienda Ospedaliera ricorrente chiede la condanna di D.A.S. s.r.l. alla restituzione all’Azienda, a titolo ripetizione dell’indebito, della complessiva somma di E. 1.321.992,46, oltre interessi moratori e rivalutazione monetaria.
24.1. La domanda è certamente accoglibile nell’an e per la quota capitale, quale conseguenza diretta della inidoneità del contratto stipulato inter partes a produrre effetti. L’importo del quale viene richiesta la restituzione è provato dal documento n. 13 di parte ricorrente, e peraltro non è neppure contestato dalla D.A.S. s.r.l. Più in dettaglio questa ultima è tenuta a restituire alla Azienda Ospedaliera ricorrente: a) la somma di E. 810.800,00 oltre IVA al 20% (per complessive E. 972.960,00) , per canoni comprensivi di noleggio macchinario e kit di base utilizzati durante gli interventi; b) Euro 290.860,38 oltre IVA al 20% (per complessive E. 349.032,46), per costo materiali non compresi nel kit base e fatturati separatamente. Trattandosi di debito di valuta e non di valore, la somma da restituire non può essere assoggettata a rivalutazione. Né può essere gravata di interessi, stante che le somme da restituirsi a titolo di indebito oggettivo possono essere maggiorate degli interessi legali solo nel caso di mala fede dell’accipiens e nel caso di specie tale mala fede non è provata: osserva al proposito il Collegio che anche a voler considerare che a far tempo dall’avvio del procedimento finalizzato all’annullamento in autotutela dell’affidamento avrebbe dovuto sorgere nella D.A.S. s.r.l. il dubbio sulla validità del contratto, non v’è prova che tale dubbio si sia trasformato, anche dopo il provvedimento del 7/11/2007, nella consapevolezza di percepire indebitamente le somme. Gli interessi legali sulle somme da restituire dovranno pertanto essere conteggiati dalla data della domanda giudiziale, ossia dal 29/06/2011.
25. La ricorrente in via subordinata ha anche chiesto al Tribunale di accertare le somme dovute dalla Azienda ospedaliera alla DAS s.r.l. a titolo di arricchimento senza causa, chiedendo la condanna della resistente a restituire ad essa Azienda la differenza tra quanto dovuto dalla D.A.S. s.r.l. a titolo di indebito oggettivo e quanto dovuto dalla Azienda a titolo di indebito arricchimento.
25.1. Il Collegio ritiene di non poter decidere la domanda di accertamento ex art. 2041 c.c. formulata dalla ricorrente, per difetto di interesse ad agire: la Azienda Ospedaliera, invero, non ha alcun interesse alla decisione su una domanda che può soltanto comportare una riduzione significativa di quanto alla stessa deve essere restituito a titolo di indebito oggettivo. Si potrebbe obiettare che l’Azienda ricorrente ha interesse a definire ogni pendenza con la D.A.S. s.r.l., onde togliere di mezzo ogni fonte di incertezza; ma quando si considera che la domanda in esame potrebbe portare ad una significativa riduzione dell’importo che deve esserle restituito, e fors’anche ad annullarlo, si comprende che questo interesse non è sufficientemente concreto e, come tale, non è idoneo ad integrare l’interesse ad agire richiesto dall’art. 100 c.p.c. (si veda al proposito la pronuncia del TAR del Lazio – Roma, sez. I, n. 3663 del 3/04/2014). La domanda, inoltre, non è stata formulata dalla D.A.S. s.r.l., che invece ne aveva interesse. Da qui la preclusione, per il Collegio, a decidere una domanda ex art. 2041 c.c.
25.2. Peraltro non è inutile sottolineare che da ambo le parti l’istruttoria della domanda in esame è stata completamente trascurata: in particolare in punto valorizzazione dell’arricchimento che l’Azienda ospedaliera ha conseguito per effetto della utilizzazione del robot. La difesa di parte ricorrente ha svolto un suggestivo ragionamento finalizzato a dimostrare che l’intera operazione si sarebbe risolta in una perdita per la Azienda, la quale avrebbe sostenuto costi maggiori di quanto alla stessa è stato rimborsato dalla ASL in base alle tariffe a D.R.G. (Diagnostic Related Groups). Ttrattasi però di ragionamento fallace, per la ragione che al fine di determinare l’entità dell’arricchimento l’Azienda avrebbe dovuto quantificare il risparmio di costi indotto dall’uso del robot ( quali, ad esempio, il risparmio afferente ai costi, non sostenuti, derivanti dal ricorso alle tecniche di intervento tradizionali, come anche il risparmio dei costi relativi alle giornate di degenza ospedaliera evitate dal paziente, stante che l’uso del robot sembrerebbe effettivamente in grado di accorciare la degenza postoperatoria), eventualmente compensando tale risparmio con i maggiori costi indotti dall’uso del robot medesimo (ad esempio in ragione di un uso della sala operatoria più lungo rispetto all’intervento effettuato con tecnica tradizionale). L’Azienda Ospedaliera, invece, ha effettuato un erroneo bilanciamento tra il rimborso percepito dalla ASL per i 242 interventi chirurgici effettuati con l’ausilio del robot, rimborso che attiene solo ai rapporti tra l’Azienda e la ASL, ed i costi complessivamente sostenuti comprendendo tra di essi anche gli esborsi corrisposti alla D.A.S. s.r.l., che invece non avrebbero dovuto rientrare in detto conteggio in quanto soggetti all’obbligo di restituzione a titolo di indebito. In conseguenza di ciò mentre è possibile affermare che la Azienda ospedaliera ha certamente beneficiato di un indebito arricchimento, risulta totalmente impossibile al Collegio quantificare detto arricchimento, ragione per cui la domanda ex art. 2041 c.c. , seppure in ipotesi ammissibile, avrebbe comunque dovuto essere respinta per mancanza di prova sul quantum, rappresentando l’entità dell’arricchimento uno dei parametri di quantificazione dell’indennizzo ex art. 2041 c.c.
26. Si può ora passare ad esaminare le domande formulata dalla D.A.S. r.l.s. in via riconvenzionale.
27. Con una prima domanda parte resistente chiede la condanna della stazione appaltante all’esatto adempimento del contratto stipulato inter partes , da ritenersi efficace quantomeno sino al 31/12/200, con conseguente obbligo della Azienda Ospedaliera di corrispondere E. 220.892,13 a saldo delle prestazioni effettuate da D.A.S. s.r.l. a tutto il 2007: la domanda deve essere respinta sulla base di quanto già esposto al precedente paragrafo 24, e cioè in ragione della nullità del contratto, nullità che non avrebbe potuto essere superata da un successivo accordo delle parti, peraltro mai perfezionatosi.
28. Con ulteriore domanda D.A.S. s.r.l. ha chiesto che la Azienda Ospedaliera fosse tenuta responsabile ai sensi degli artt. 1337, 1338. 117 e 1375 c.c. in relazione al danno risentito da essa D.A.S. s.r.l. per aver confidato nella validità del contratto; conseguentemente ha chiesto la condanna della ricorrente a pagarle la somma di E. 264.620,00 quale costo del robot “Da Vinci” non recuperato, ovvero nella diversa somma ritenuta di giustizia, oltre agli interessi legali dall’accertamento al soddisfo. La domanda può essere accolta nei limiti di cui si dirà, sussistendo tutti gli elementi costitutivi della responsabilità per colpa in contraendo contemplata all’art. 1338 c.c.
28.1. Va in primo luogo precisato che, come chiarito dalla giurisprudenza (Cass. Civ. sez. I n. 12629 del 26/05/2006; C.d.S. sez. III n. 279 del 18/01/2013) la responsabilità per colpa in contraendo della Pubblica Amministrazione, ai sensi dell’art. 1338 c.c., è ravvisabile non solo in caso di mancata aggiudicazione, ma anche nel caso in cui questa sia stata pronunciata e sia stata poi annullata, con conseguente caducazione del contratto: infatti in tale evenienza l’appaltatore (non più tale) risente un danno per aver riposto un affidamento nella validità del contratto, affidamento che l’Amministrazione non ha tutelato tramite una corretta informazione né astenendosi dallo stipulare il contratto. Sussistendo gli ulteriori elementi costitutivi di tale responsabilità – e cioè l’elemento soggettivo a carico dell’agente, un condotta posta in essere in violazione di una norma giuridica, un danno ingiusto ed un nesso di causalità tra questo ultimo e la condotta colposa o dolosa, allora si può far luogo a declaratoria di responsabilità a carico della Amministrazione.
28.2. Nel caso di specie, va anzitutto rilevato che non si può ragionevolmente elevare un rimprovero a D.A.S. s.r.l. per aver confidato nella validità del contratto a per avervi dato esecuzione. Sul punto deve essere rilevato che l’annullamento dell’affidamento non è stato determinato da una diversa ricostruzione dei fatti storici posti a base di esso, bensì da una diversa qualificazione giuridica della fattispecie. Invero, diversamente da quanto affermato dalla Azienda Ospedaliera, non è mai stata dimostrata la falsità della affermazione secondo la quale il robot chirurgico “Da Vinci” costituirebbe l’unico robot chirurgico presente sul mercato mondiale, affermazione che costituiva il motivo per il quale era stato disposto l’affidamento diretto: è sufficiente compulsare su Wikipedia o in internet, la voce “chirurgia robotica” per rendersi conto che essa evoca immediatamente il “robot Da Vinci”, nelle sue varie versioni, robot che costituisce un prodotto della americana Intuitive Surgical Inc. e che è protetto da marchio registrato (come si evince dal sito web ufficiale della Intuitive Surgical). Il robot “Da Vinci”, insomma, é stato il primo robot chirurgico esistente al mondo, per lungo tempo è stato l’unico prodotto esistente al mondo, tanto da essere diffuso a livello planetario, e per quanto è dato sapere è ancor oggi l’unico prodotto del genere esistente. Prova indiretta di tale circostanza si trae dalla lettura del bando che nel 2009 la Azienda Ospedaliera ha pubblicato per procacciarsi un nuovo robot: ivi si fa riferimento non ad un generico robot chirurgico, né ad un robot “tipo Da Vinci o equivalente”; si fa invece espresso e specifico riferimento al “robot chirurgico “Da Vinci Si-HD® “, locuzione questa che indica chiaramente l’esistenza di un marchio registrato e che se non fosse per l’esistenza di tale privativa industriale renderebbe illegittima la gara per discriminazione nell’oggetto. La gara  si ricorda  non a caso ha visto quale unica partecipante la licenziataria ufficiale per l’Italia della casa produttrice, che è divenuta poi anche aggiudicataria.
28.3. L’annullamento dell’atto di affidamento, dunque, non riposa su fatti diversi e sopravvenuti rispetto a quelli sopra riportati, bensì su motivazioni di stretto diritto, e precisamente: a) sulla circostanza che il prodotto avrebbe potuto, teoricamente, essere legittimamente acquistato ad un minor prezzo sul mercato UE o EFTA; b) sulla natura strettamente privatistica dei rapporti intercorrenti tra la casa produttrice Intuitive Surgical Inc. e la licenziataria ufficiale per l’Italia, AB Medica s.p.a.. Con riferimento a questa seconda ragione il Collegio osserva che il relativo significato non è molto chiaro, sembrando lasciar intendere l’inesistenza di un diritto di privativa industriale ufficialmente riconosciuto, che invece esiste. La prima delle ragioni dianzi indicate, invece, è piuttosto tecnica e non è evidente come la regola che ivi si enuncia (quella, cioè, secondo la quale la possibilità di ottenere lo stesso bene da terzi che potrebbero averlo importato legalmente nel mercato UE o EFTA) si coniughi con il principio per cui è ammesso l’affidamento diretto per l’acquisto di prodotti protetti da privativa industriale. Trattasi, insomma, in entrambi i casi, di motivazioni tecnico-giuridiche la cui cognizione e comprensione non è a portata di chiunque non sia esperto nella materia degli appalti pubblici e che perciò, a maggior ragione, richiedeva un intervento chiarificatore della stazione appaltante perché se ne potesse cogliere la portata e rilevanza. A ciò si aggiunga che non risulta, dagli atti di causa, che altri nosocomi italiani o piemontesi avessero in precedenza effettuato l’acquisto del robot “Da Vinci” previa gara pubblica. Sicché il Collegio non dispone di elementi concreti per affermare che D.A.S. s.r.l. avrebbe dovuto dubitare della necessità del previo esperimento di una gara pubblica e della conseguente invalidità del contratto stipulato sulla base di un affidamento diretto. Non è insomma ravvisabile nella resistente una colpa per essere addivenuta alla stipula del contratto ed avervi dato esecuzione, sostenendo dei costi.
28.4. Per quanto riguarda la condotta della Azienda Ospedaliera , il Collegio osserva che essa solo con la nota del 9/08/2007 esprimeva per la prima volta dubbi sulla legittimità dell’affidamento e sulla validità del contratto, nonostante tali dubbi non si fondassero, come già precisato, sulla sopravvenuta conoscenza di fatti nuovi e diversi. Non si comprende, pertanto, per quale motivo la ricorrente non abbia sollevato il problema anzitempo, se non supponendo che la istruttoria iniziale sia stata frettolosa e forse anche influenzata da indebite pressioni dei dirigenti dei reparti chirurgici interessati: al proposito è interessante notare che gli atti di affidamento danno atto, in premessa, delle richieste pervenute dai Direttori delle Strutture Operative Complesse di Chirurgia, Oncologia, Cardiochirurgia, Chirurgia Pediatrica, Urologia, Ostetricia e Ginecologia, Chirurgia Vascolare, i quali tutti insistevano nell’acquisto del robot chirurgico, che poi, però, é rimasto incomprensibilmente sottoutilizzato, determinando un aumento sproporzionato dei costi di ciascun intervento eseguito con l’assistenza del robot: tutto ciò conferma, ad avviso del Collegio che l’istruttoria che ha preceduto la decisione di accettare la proposta della D.A.S. s.r.l. non è stata sufficientemente istruita e meditata, tanto dal punto di vista economico che giuridico, e si è tradotta in una determinazione assunta con leggerezza. In ciò si è concretizzato un comportamento della Azienda Ospedaliera contrario a correttezza e buona fede, tenuto conto del fatto che le Amministrazioni pubbliche, per l’affidamento che generano le loro decisioni, sono tenute ad osservare una particolare diligenza nel loro agire, a maggior ragione quando si rapportano con terzi.
28.5. D.A.S. s.r.l. ha certamente subito un danno ingiusto per effetto della stipula del contratto invalido. Essa si è infatti indotta ad acquistare il robot, che ha messo a disposizione della Azienda Ospedaliera, nonché il materiale di consumo compreso nei kit di base e quello venduto separatamente. Tali costi sono risarcibili ai sensi dell’art. 1338 c.c.: anche il Consiglio di Stato, nel sopra ricordato precedente, ha ritenuto che detta fattispecie di responsabilità consenta il risarcimento delle spese contratte durante e per causa delle trattative, del danno connesso alla perdita di altre occasioni di contratto, ed infine anche dei costi incontrati per avviare l’esecuzione del contratto, questi tuttavia limitatamente al periodo di esecuzione. In ordine alle prime due voci la resistente nulla ha dedotto e pertanto nulla può essere liquidato a titolo di risarcimento. Sono invece risarcibili i costi sopportati per l’acquisto dei beni utilizzati nel corso della esecuzione. Relativamente al robot, esso è stato rivenuto a terzi ad una cifra che però non è stata sufficiente a coprire l’esborso iniziale: lo sbilancio passivo di tale operazione è stato quantificato da D.A.S. s.r.l. in E. 264.620,00 e tale importo è stato dato per ammesso dalla ricorrente. Per quanto riguarda invece il costo dei materiali di consumo, premesso e ricordato che può essere tenuto in considerazione solo il costo del materiale effettivamente utilizzato nella esecuzione del contratto e quindi solo il materiale utilizzato nel corso dei 242 interventi effettuati con l’assistenza del robot, il relativo ammontare emerge dal documento n. 13 di parte ricorrente ed è quantificabile in E. 483.333,33 + IVA al 20% (complessivamente Euro 580.000,00) quanto ai materiali compresi nei kit di base, ed Euro 290.860,38 + IVA al 20% (complessivamente Euro 349.032,46), quanto ai materiali acquistati separatamente. Il Collegio ritiene tuttavia che tale importo, che corrisponde a quello fatturato da D.A.S. s.r.l. alla Azienda Ospedaliera, non rappresenti l’effettiva spesa sostenuta da D.A.S. s.r.l. per procurarselo, spesa che è stata verosimilmente ricaricata di una certa percentuale: il Collegio, in mancanza di elementi certi, ritiene di poter determinare detto ricarico, secondo una massima di comune esperienza, nel 20%. Dedotta tale percentuale dal costo complessivo in linea capitale, che è di E. 774.193,71, IVA esclusa, risulta che il danno risentito da D.A.S. s.r.l. per l’acquisto dei materiali di consumo forniti alla ricorrente ammonta ad Euro 645.161,43 netto IVA.
28.6. Il lucro cessante, cioè l’utile che D.A.S. s.r.l. si riprometteva di conseguire dalla intera operazione, non può invece essere risarcito stante che la responsabilità ex art. 1338, per consolidato orientamento di giurisprudenza, costituisce una forma di responsabilità extracontrattuale che genera, una obbligazione risarcitoria circoscritta al solo interesse negativo.
28.7 Complessivamente il danno liquidabile a favore di D.A.S. s.r.l. ai sensi dell’art. 1338 c.c. ammonta ad Euro 264.620,00 + 645.161,43 cioè complessive E. 909.781,43. Detto importo, avente natura risarcitoria, è esente da IVA ai sensi dell’art. 15 del D.P.R. 633/72. Trattandosi di debito di valore esso è invece soggetto a rivalutazione monetaria dal 1/01/2008, momento al quale si riferisce la liquidazione del danno di cui sopra, al 22/10/2014, giorno della decisione. Sulla medesima somma, rivalutata di anno in anno dal 1/01/2008 al 22/10/2014, spettano inoltre gli interessi legali. Dal 23/10/2014 al soddisfo sono dovuti, invece, i soli interessi legali.
29. IL collegio ritiene conclusivamente di dover precisare che, qualora D.A.S. s.r.l. chiedesse alla Azienda Ospedaliera, in separato giudizio, l’indennizzo ex art. 2041 c.c., le somme liquidate come sopra a favore di D.A.S. s.r.l. a titolo di risarcimento ex art. 1338 c.c., dovranno comunque essere dedotte in ossequio al principio della compensatio lucri cum damno, stante che detto risarcimento, come l’indennizzo ex art. 2041 c.c., finisce per svolgere una funzione parzialmente reintegratoria del patrimonio di D.A.S. s.r.l., danneggiato dalla vicenda oggetto del presente giudizio.
30. Le spese del giudizio possono compensarsi in ragione della complessità delle questioni trattate e della reciproca soccombenza.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, ogni diversa istanza, domanda ed eccezione respinta, così provvede:
– accerta e dichiara che il contratto stipulato tra la Azienda Ospedaliera Nazionale Ss. Antonio e Biagio e C. Arrigo di Alessandria e la D.A.S. s.r.l. il 23/02/2006 , per la fornitura del sistema robotico “Da Vinci”,è nullo ed improduttivo di effetti con effetto retroattivo;
– accerta e dichiara l’obbligo di D.A.S. s.r.l. di restituire alla Azienda Ospedaliera, a titolo di indebito oggettivo, la somma complessiva di E. 1.321.992,46 (euro unmilionetrecentoventunomilanovecentonovantadue/46), delle quali E. 220.332,08 (euro duecentoventimilatrecentotrentadue/08) a titolo di IVA, oltre agli interessi legali dal 29/06/2011 al soddisfo; per l’effetto condanna D.A.S. s.r.l. al pagamento, in favore della ricorrente, della somma di cui alla causale che precede;
– accerta e dichiara l’obbligo della Azienda Ospedaliera Nazionale Ss. Antonio e Biagio e C. Arrigo di Alessandria di corrispondere a D.A.S. s.r.l., a titolo di risarcimento del danno ex art. 1338 c.c., la somma complessiva di E. 909.781,43 (euro novecentonovemilasettecentoottantuno/43), somma questa da rivalutarsi secondo gli indici ISTAT dal 1/01/2008 al 22/10/2014 e da maggiorarsi, relativamente allo stesso periodo di tempo, degli interessi legali sulla somma rivalutata di anno in anno, e con la maggiorazione dei soli interessi legali a far tempo dal 23/10/2014 al saldo effettivo; per l’effetto condanna la predetta Azienda Ospedaliera al pagamento, a favore di D.A.S. s.r.l., delle somme di cui alla causale che precede.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

 

Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 22 ottobre 2014 con l’intervento dei magistrati:
Vincenzo Salamone, Presidente
Roberta Ravasio, Primo Referendario, Estensore
Ofelia Fratamico, Primo Referendario