ANCORA ALLA CORTE DI GIUSTIZIA I RAPPORTI TRA RICORSO PRINCIPALE E RICORSO INCIDENTALE ESCLUDENTE

Va rimessa alla Corte di giustizia U.E. la questione se l’art. 1, paragrafi 1, comma 3, e 3, della direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989 – che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, come modificata dalla direttiva 2007/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio dell’11 dicembre 2007 – possa essere interpretato nel senso che esso consente che, allorché alla gara abbiano partecipato più imprese e le stesse non siano state evocate in giudizio (e comunque avverso le offerte di talune di queste non sia stata proposta impugnazione), sia rimessa al Giudice, in virtù dell’autonomia processuale riconosciuta agli Stati membri, la valutazione della concretezza dell’interesse dedotto con il ricorso principale da parte del concorrente destinatario di un ricorso incidentale escludente reputato fondato, utilizzando gli strumenti processuali posti a disposizione dell’ordinamento, e rendendo così armonica la tutela di detta posizione soggettiva rispetto ai consolidati principi nazionali in punto di domanda di parte (art. 112 c.p.c.), prova dell’interesse affermato (art. 2697 c.c.), limiti soggettivi del giudicato che si forma soltanto tra le parti processuali e non può riguardare la posizione dei soggetti estranei alla lite (art. 2909 c.c.)

N. 00006/2018 REG.PROV.COLL.

N. 00014/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria)

ha pronunciato la presente

ORDINANZA

sul ricorso numero di registro generale 14 di A.P. del 2017, proposto dalla società Lombardi s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Antonio Brancaccio, Alberto La Gloria, con domicilio eletto presso lo studio Antonio Brancaccio in Roma, via Taranto n. 18;

contro

Comune di Auletta (Sa) non costituito in giudizio;
società Delta Lavori s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Gianni Marco Di Paolo, Pierluigi Piselli, con domicilio eletto presso lo studio Pierluigi Piselli in Roma, via Giuseppe Mercalli n.13;
società Msm Ingegneria s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Antonio Martini, con domicilio eletto presso lo studio Antonio Martini in Roma, corso Trieste n. 109;

nei confronti

Società Robertazzi Costruzioni s.r.l. in proprio e quale capogruppo mandataria del costituendo Rti Giglio Costruzioni s.r.l. non costituitisi in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. per la Campania – Sezione Staccata di Salerno- Sezione I n. 458/2017.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della società Delta Lavori s.p.a. e della società Msm Ingegneria s.r.l.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120, co. 10, cod. proc. amm.;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 14 febbraio 2018 il consigliere Fabio Taormina e uditi per le parti gli avvocati Brancaccio, La Gloria, e Di Paolo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

1. Con la sentenza in epigrafe n. 458 del 16 marzo 2017, qui appellata, il Tribunale amministrativo regionale per la Campania – Sezione Staccata di Salerno, – ha scrutinato il ricorso proposto dalla società odierna appellante Lombardi s.r.l. volto ad ottenere l’annullamento degli atti della procedura di affidamento dell’appalto della progettazione esecutiva e dell’esecuzione di lavori di “risanamento idrogeologico del Centro storico del Comune di Auletta (Sa)”, indetta dal comune con bando di gara n. 2601 del 29.06.2015 e conclusasi con l’aggiudicazione a favore della società Delta Lavori s.p.a., ( la quale aveva indicato come progettista dei lavori la società Msm Ingegneria s.r.l.).

2. La società Lombardi s.r.l. – originaria ricorrente, collocata al terzo posto della graduatoria finale – aveva contestato l’ammissione alla procedura di gara tanto dell’aggiudicataria Delta Lavori s.p.a., quanto della seconda classificata, l’A.T.I. Robertazzi costruzioni s.r.l. – Giglio costruzioni s.r.l., ed in particolare, aveva sostenuto che:

a) quanto alla Delta Lavori s.p.a., avrebbe dovuto disporsene l’esclusione per mancanza da parte del soggetto indicato come progettista – la citata società Msm Ingegneria s.r.l. – dei requisiti richiesti dal disciplinare di gara, falsamente dichiarati, nonché per mancata presentazione della documentazione a corredo della fideiussione per la cauzione provvisoria;

b) quanto alla A.T.I. Robertazzi costruzioni s.r.l. – Giglio costruzioni s.r.l.., avrebbe dovuto disporsene l’esclusione per mancanza dei requisiti di partecipazione in capo alle società ausiliarie delle quali questa aveva dichiarato di avvalersi.

3. La società Delta Lavori s. p. a. e la società MSM Ingegneria s. r. l. si erano costituite in giudizio chiedendo che il gravame venisse respinto; l’aggiudicataria Delta Lavori s.p.a., aveva anche proposto un ricorso incidentale escludente impugnando gli atti della procedura e lamentando la mancata esclusione della società originaria ricorrente Lombardi s.r.l., sostenendo che quest’ultima avesse perduto i requisiti di partecipazione richiesti dal disciplinare di gara in corso di svolgimento della procedura.

4. Il T.a.r. con la sentenza impugnata, dopo avere ripercorso l’iter procedimentale, dato atto di quali fossero le censure proposte, e richiamato il quadro normativo alle stesse sotteso, ha:

a) esaminato prioritariamente il ricorso incidentale escludente, accogliendone il primo motivo ed assorbendo le altre censure, con conseguente declaratoria di illegittimità della procedura nella parte in cui non era stata disposta l’esclusione della società originaria ricorrente Lombardi s.r.l.;

b) dichiarato di conseguenza improcedibile, per sopravvenuto difetto di interesse, il ricorso principale.

5. La sentenza è stata appellata dalla società originaria ricorrente Lombardi s.r.l. rimasta integralmente soccombente, che ha sostenuto che:

a) erroneamente erano stati disattesi (primo motivo di appello) i principi espressi dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea, con la decisione C-689/13 del 5 aprile 2016 (c.d. sentenza Puligienica), in materia di esame del ricorso principale e incidentale proposti all’interno del medesimo giudizio di impugnazione degli atti di una procedura di affidamento di appalto pubblico, in quanto il giudice, anche a ritenere fondato il ricorso incidentale, avrebbe dovuto comunque esaminare anche il ricorso principale, sussistendo un interesse, strumentale e mediato, alla declaratoria dell’illegittimità della mancata esclusione dell’aggiudicataria, in quanto una tale statuizione avrebbe potuto portare l’amministrazione ad intervenire in autotutela annullando la procedura e indicendo una nuova gara;

b) la statuizione con la quale era stato accolto il ricorso incidentale escludente di primo grado nel merito era gravemente erronea (secondo e terzo motivo di appello).

5.1. Nell’ultima parte dell’appello essa ha riproposto tutti i motivi posti a sostegno del proprio ricorso principale di primo grado – ed in tesi erroneamente dichiarati improcedibili dal T.a.r.- con i quali si era lamentata la omessa esclusione dalla gara da parte della stazione appaltante della prima e della seconda graduata.

6. Le originarie controinteressate, vittoriose in primo grado, si sono costituite depositando memorie e chiedendo la reiezione dell’appello.

7. In vista della pubblica udienza del 28 settembre 2017 tutte le parti processuali hanno depositato memorie e repliche ribadendo le proprie difese.

8. Alla pubblica udienza del 28 settembre 2017 la causa è stata trattenuta in decisione e la Quinta Sezione del Consiglio di Stato con l’ ordinanza collegiale n.5103 del 6 novembre 2017, dopo avere richiamato il quadro legislativo applicabile e gli orientamenti della giurisprudenza amministrativa che si erano soffermati sulle questioni controverse e rilevanti ai fini della risoluzione della causa, ha:

a) ravvisato l’esistenza di un contrasto nella giurisprudenza del Consiglio di Stato in relazione all’attuazione della sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea C-689/13 del 5 aprile 2016 (c.d. sentenza Puligienica) in materia di esame del ricorso principale e incidentale;

b) rimesso, ai sensi dell’art. 99 del codice del processo amministrativo, all’Adunanza plenaria la decisione della seguente questione: “se, in un giudizio di impugnazione degli atti di procedura di gara ad evidenza pubblica, il giudice sia tenuto ad esaminare congiuntamente il ricorso principale e il ricorso incidentale escludente proposto dall’aggiudicatario, anche se alla procedura abbiano preso parte altri concorrenti le cui offerte non sono state oggetto di impugnazione e verifichi che i vizi delle offerte prospettati come motivi di ricorso siano propri delle sole offerte contestate”.

9. Tutte le parti processuali in vista della odierna udienza pubblica hanno depositato memorie puntualizzando e ribadendo le rispettive conclusioni.

10. Alla odierna pubblica udienza del 14 febbraio 2017 la causa è stata trattenuta in decisione.

11. Il Collegio ritiene che evidenti ragioni di ordine sistematico ed espositivo inducano in primo luogo ad individuare in modo puntuale il quadro normativo applicabile e a delimitare altresì il thema decidendum.

12. Come è noto, l’affermazione di matrice europea del diritto alla piena ed effettiva concorrenza ha già consentito l’emersione, per via normativa ed anche giurisprudenziale, di istituti estranei alla tradizione giuridica nazionale (in particolare, si ricorda il c.d. “subentro” nel contratto -art. 2-quinquies della direttiva ricorsi 2007/66/CE- e la responsabilità svincolata dalla colpa sul versante risarcitorio -Corte di giustizia CE, sez. III, 30 settembre 2010 in causa C-314/2009).

12.1. Il legislatore nazionale e la giurisprudenza si sono prontamente uniformati a questo fenomeno.

12.2. Al contempo, il recente decreto legislativo n. 50 del 2016 ha introdotto nel sistema due ulteriori istituti, di rilevante spessore, che si inquadrano nella direzione indicata dall’art. 1 della Direttiva 89/665/CEE, siccome modificata dall’articolo 41 della Direttiva del Consiglio n. 50 del 18 giugno 1992 e successivamente sostituito dall’articolo 1 della Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio n. 66 dell’ 11 dicembre 2007 (laddove si richiede che gli Stati Membri prevedano che ”le decisioni prese dalle autorità aggiudicatrici possano essere oggetto di un ricorso efficace e, in particolare, quanto più rapido possibile”).

12.2.1. Va, in primo luogo ricordato il disposto di cui all’art. 211 del d.Lgs. 18 aprile 2016 n. 50 (sia nel testo originario interpolato dal d.Lgs. 19 aprile 2017, n. 56, che in quello vigente, siccome novellato dal d.L. 24 aprile 2017, n. 50): ci si riferisce all’istituto delle raccomandazioni vincolanti dell’Autorità Nazionale Anticorruzione previsto dall’art. 211, comma 2 del d.Lgs. 50/2016 e, dopo la sua abrogazione, della legittimazione dell’ANAC all’impugnazione dei bandi, degli altri atti generali e dei provvedimenti relativi a contratti di rilevante impatto, emessi da qualsiasi stazione appaltante, qualora ritenga che essi violino le norme in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture.

Il riconoscimento della legittimazione processuale straordinaria attribuita all’Anac con riferimento all’impugnazione dei bandi di gara (che pure non rappresenta una assoluta novità nel panorama normativo nazionale: per rimanere nel settore della concorrenza, si ricorda che una analoga legittimazione è attribuita dall’art. 21 bis della legge 10 ottobre 1990 n. 287 all’Autorità garante della concorrenza e del mercato sugli atti amministrativi che determinano distorsioni della concorrenza) è indice della consapevole attenzione riservata dal legislatore nazionale alla “concorrenza per il mercato” quale interesse pubblico di rango costituzionale ed europeo.

L’ attribuzione all’Autorità di vigilanza in materia di poteri “propri” è stata conferita a presidio dell’interesse concorrenziale in senso complessivo.

L’iniziativa impugnatoria in tale senso intrapresa dall’Anac –ove giudicata fondata in sede giurisdizionale- potrà condurre alla immediata espunzione dal sistema di bandi viziati, consentendo che gli stessi vengano emendati immediatamente da eventuali disposizioni illegittime, ancora prima che siano esperite le operazioni affidate al seggio di gara.

12.2.2. Analogo rilievo, va attribuito al nuovo rito c.d. “superaccelerato” di cui ai commi 2 bis e 6 bis dell’ art 120 del c.p.a. introdotto dall’art. 204 comma 1 lett. d) del d.Lgs. n. 50/2016 e volto, nella sua ratio legis, a consentire la pronta definizione del giudizio prima che si giunga al provvedimento di aggiudicazione e, quindi, a definire la platea dei soggetti ammessi alla gara in un momento antecedente all’esame delle offerte e alla conseguente aggiudicazione (Consiglio di Stato, parere n. 855/2016 sul codice dei contratti pubblici).

Il legislatore ha così inteso evitare che con l’impugnazione dell’aggiudicazione possano essere fatti valere vizi attinenti alla fase della verifica dei requisiti di partecipazione alla gara, il cui eventuale accoglimento farebbe regredire il procedimento alla fase di ammissione, con grave spreco di tempo e di energie,oltre che pericolo di perdita di eventuali finanziamenti, il tutto nell’ottica dei principi di efficienza, speditezza ed economicità, oltre che di proporzionalità del procedimento di gara (Consiglio di Stato, parere n. 782/2017 sul decreto correttivo al nuovo codice dei contratti pubblici).

Tale norma pone evidentemente un onere di immediata impugnazione dei provvedimenti in questione, a pena di decadenza, non consentendo di far valere successivamente i vizi inerenti agli atti non impugnati; l’omessa attivazione del rimedio processuale entro il termine preclude al concorrente la possibilità di dedurre le relative censure in sede di impugnazione della successiva aggiudicazione, ovvero di paralizzare, mediante lo strumento del ricorso incidentale, il gravame principale proposto da altro partecipante avverso la sua ammissione alla procedura (cfr. art. 120, comma 2 bis, del c.p.a.: “L’omessa impugnazione preclude la facoltà di far valere l’illegittimità derivata dei successivi atti delle procedure di affidamento, anche con ricorso incidentale”).

La giurisprudenza amministrativa ha chiarito che detto rito speciale in materia di impugnazione contro esclusioni ed ammissioni, previsto dal comma 2-bis dell’art. 120 c.p.a., risponde all’esigenza di definire prontamente la platea dei soggetti ammessi alla gara in un momento antecedente all’esame delle offerte (Cons. St, commissione speciale, parere n. 885 dell’1 aprile 2016), creando un «nuovo modello complessivo di contenzioso a duplice sequenza, disgiunto per fasi successive del procedimento di gara, dove la raggiunta certezza preventiva circa la res controversa della prima è immaginata come presupposto di sicurezza della seconda» (Cons. St., sez.V^, ordinanza n. 1059 del 15 marzo 2017).

Con più stretta aderenza alla tematica oggetto di esame, è poi il caso di precisare che la ratio sottesa al nuovo rito superspeciale come sottolineato dal Consiglio di Stato (parere n. 782/2017 sul decreto correttivo al codice dei contratti pubblici) è anche quella di “neutralizzare per quanto possibile …l’effetto “perverso” del ricorso incidentale”.

12.3. E’ quindi possibile sostenere che, nel sistema giuridico nazionale, per un verso è stato rafforzato il controllo pubblicistico sulle gare pubbliche e che, per altro verso, l’istituto di cui ai commi 2 bis e 6 bis dell’ art 120 del c.p.a. – che pur comporta nella sua quotidiana applicazione un considerevole impegno,anche tenuto conto della brevissima e stringente tempistica ivi delineata – elida in radice (quantomeno con riferimento alle problematiche relative alle ammissioni ed esclusioni dalla gara) le dinamiche poste alla base dei complessi rapporti tra ricorso principale ed incidentale sulle quali di qui a breve ci si soffermerà.

Non è superfluo, poi, sottolineare che una recente ordinanza collegiale del T.a.r. per il Piemonte (n. 88 del 17 gennaio 2018), pur dando atto della meritevolezza della aspirazione legislativa a definire prontamente la platea dei soggetti ammessi alla gara in un momento antecedente all’esame delle offerte, ha rimesso alla Corte di Giustizia UE la questione della compatibilità comunitaria del detto istituto, ritenendo che esso imponga oneri gravosi alle imprese, in una fase in cui non sarebbe ancora certo l’effettivo interesse a proporre impugnazione, in quanto non sarebbe “delineabile in capo ad alcuno dei concorrenti l’utilità finale rappresentata dall’aggiudicazione della gara.

Per il vero, però, la disciplina del rito “superspeciale” di cui al comma 2-bis sembra collocarsi proprio nel solco dell’esigenza di valorizzare l’interesse strumentale del concorrente – delineato dalla più recente giurisprudenza della CGUE – al corretto svolgimento della procedura di gara, in relazione al profilo essenziale della legittimità delle ammissioni e delle esclusioni; e, posto che il diritto dell’UE, come consolidato attraverso gli interventi della CGUE, assicura la tutela dell’interesse strumentale alla “ripetizione” della gara, illegittimamente svolta, l’innovativa disciplina processuale di cui si è detto si risolve in una anticipazione della protezione di tale aspettativa, stabilendo che gli aspetti della procedura di gara riguardanti la “probabilità” di aggiudicazione, in funzione del numero di offerte ammesse alla valutazione comparativa, siano definiti prima dello svolgimento della fase propriamente valutativa delle offerte stesse.

13. Ciò premesso, gli sforzi del legislatore nazionale per adeguarsi alle prescrizioni dei competenti organismi europei ed il dialogo costante della giurisdizione amministrativa con la Corte di Giustizia non hanno del tutto eliso le incertezze degli interpreti su alcune problematiche in materia di pubblici incanti: tra queste, rientra certamente la tematica dei rapporti intercorrenti tra il ricorso principale ed il ricorso incidentale c.d. “escludente”.

L’ordinanza di rimessione, a tal proposito, ha esattamente segnalato che, sebbene su tale questione siano intervenuti numerosi arresti sia dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato che della Corte di giustizia, permangono dubbi di non poco momento in ordine alla latitudine applicativa dei principi ivi declinati, e che tali incertezze si riflettono nella compresenza di orientamenti tra loro contrastanti.

13.1. Le incertezze concernono soprattutto l’interpretazione da fornire all’articolo 1, par. 3 della “Direttiva ricorsi”, secondo cui “gli Stati membri provvedono a rendere accessibili le procedure di ricorso, secondo modalità che gli Stati membri possono determinare, a chiunque abbia o abbia avuto interesse a ottenere l’aggiudicazione di un determinato appalto e sia stato o rischi di essere leso a causa di una presunta violazione” ed in particolare, al riferimento “a chiunque abbia o abbia avuto interesse a ottenere l’aggiudicazione”, nelle ipotesi in cui il concorrente sia stato o avrebbe dovuto essere escluso dalla procedura, ed al riferimento a “un determinato appalto”, laddove il concorrente (che sia stato o avrebbe dovuto essere escluso) aspiri in sostanza a un’utilità mediata rappresentata dall’annullamento (se del caso, in autotutela) dell’intera procedura e alla sua riedizione.

13.2. Senza pretesa di completezza, si può tratteggiare l’evoluzione di questa costante ricerca di uno stabile assetto di interessi, richiamando le principali, più recenti, decisioni intervenute sulla questione in esame:

I) La pronuncia dell’Adunanza plenaria n. 11 del 10 novembre 2008, era pervenuta alla conclusione secondo cui, nel rispetto dei principi processuali sull’interesse e sulla legittimazione a ricorrere, il giudice, qualunque fosse stato il primo ricorso esaminato e ritenuto fondato (principale o incidentale), avrebbe dovuto in ogni caso pronunciarsi su tutti i ricorsi, al fine di garantire la tutela dell’interesse strumentale di ciascuna impresa alla ripetizione della gara (ciò tenendo conto che la Corte di giustizia, pur non approfondendo la tematica dei rapporti tra ricorso principale e ricorso incidentale “escludente” si era espressa, con riferimento alla legittimazione alla proposizione del ricorso, con la sentenza della Sezione VI, 19 giugno 2003 in causa C-249/01 –Hackermüller, affermando il principio secondo il quale doveva ritenersi che la Direttiva ricorsi impedisse “che ad un offerente venga negato l’accesso alle procedure di ricorso previste da detta direttiva per contestare la legittimità della decisione dell’autorità aggiudicatrice di non considerare la sua offerta come la migliore, per il motivo che tale offerta avrebbe dovuto essere preliminarmente esclusa da detta autorità aggiudicatrice per altre ragioni e che, pertanto, egli non è stato o non rischia di essere leso dall’illegittimità da lui denunciata.”);

II) Tale indirizzo è stato uniformemente seguito dalla giurisprudenza amministrativa, sino a che, a seguito di una articolata ordinanza di rimessione che aveva prospettato i possibili, plurimi inconvenienti dell’approdo prima citato ( tra i quali: “il favorirsi, per tal via, di una “litigiosità esasperata”; il non garantire la soddisfazione dell’interesse primario del concorrente all’aggiudicazione dell’appalto; il rendere “estremamente difficoltosa e spesso impossibile -si pensi alla perdita di finanziamenti comunitari- l’esecuzione dell’opera pubblica”) l’Adunanza plenaria, nuovamente investita della medesima questione, con la decisione n. 4 del 7 aprile 2011 è pervenuta alla formulazione della regula iuris secondo cui:

a) l’esame del ricorso incidentale “escludente” deve assumere sempre carattere preliminare, rispetto all’esame del ricorso principale;

b)la fondatezza del ricorso incidentale, implicando l’assenza di una posizione legittimante in capo al concorrente illegittimamente ammesso alla gara che abbia proposto il ricorso principale, determina l’improcedibilità del predetto ricorso principale, anche laddove il ricorrente principale abbia allegato l’interesse strumentale alla rinnovazione dell’intera procedura;

III) Il suindicato principio è stato accolto con qualche riserva critica da parte di alcune voci della dottrina e della giurisprudenza (sul punto, per tutte, si veda Cassazione civile, sez. un n. 10294 del 21 giugno 2012) che rilevavano come, per tal via, al cospetto di due imprese che sollevavano a vicenda la medesima questione, si finiva con il sanzionarne una con l’inammissibilità del ricorso e per favorire l’altra con il mantenimento di un’aggiudicazione (in tesi) illegittima; il T.a.r. per il Piemonte, nel febbraio 2013, ha rimesso alla Corte di giustizia la questione pregiudiziale tendente a conoscere se i principi di parità delle parti, di non discriminazione e di tutela della concorrenza nei pubblici appalti, di cui alla Direttiva n. 1989/665/CEE, quale da ultimo modificata con la Direttiva n. 2007/66/CE, ostino al diritto vivente quale statuito nella decisione dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 4 del 2011; a siffatto quesito la sentenza della Corte di giustizia UE, Sez. X, 4 luglio 2013, C-100/12, Fastweb, ha risposto che “qualora per mezzo di un ricorso incidentale l’aggiudicatario di una procedura di assegnazione di un appalto deduca che l’offerta del ricorrente principale sarebbe stata da escludere dalla gara a causa del mancato rispetto delle specifiche tecniche prescritte dalla stazione appaltante, sì da rendere inammissibile l’impugnazione (a sua volta incentrata sulla non conformità dell’offerta dell’aggiudicatario alle medesime specifiche tecniche) proposta dallo stesso, il diritto dei partecipanti a una gara a una tutela giurisdizionale effettiva delle rispettive ragioni esige che entrambe le domande siano esaminate nel merito da parte del giudice investito della controversia”;

IV) A questo punto, sollecitata ad un nuovo intervento che tenesse conto delle conclusioni alle quali era pervenuta la Corte di giustizia, l’Adunanza plenaria (sentenza n. 9 del 25 febbraio 2014) è ritornata sulla questione ed ha riconosciuto l’obbligo dell’esame (anche) del ricorso principale, pur successivamente alla riconosciuta fondatezza del ricorso incidentale escludente, ma ciò unicamente a condizione che:

a)si versi all’interno del medesimo procedimento;

b)gli operatori rimasti in gara siano soltanto solo due;

c)il vizio che affligge le offerte sia identico per entrambe (c.d. “simmetria invalidante”);

V) L’Ordinanza di rimessione del Consiglio di Giustizia Amministrativa della regione Siciliana n. 848, resa in data 17 ottobre 2013, ha dato occasione alla Corte di giustizia per pronunciarsi nuovamente su tali profili; con la sentenza della Grande Sezione 5 aprile 2016 in causa C-689/13 (Puligienica) è stata segnata una ulteriore tappa di tale percorso interpretativo.

La Corte ha affermato che i princìpi enunciati con la sentenza Fastweb del 2013 risultano applicabili anche nel caso di una gara con più di due concorrenti (“il numero di partecipanti alla procedura di aggiudicazione dell’appalto pubblico di cui trattasi, così come il numero di partecipanti che hanno presentato ricorsi e la divergenza dei motivi dai medesimi dedotti, sono privi di rilevanza ai fini dell’applicazione del principio giurisprudenziale che risulta dalla sentenza Fastweb” – punto 29 della motivazione -) e che l’interesse del ricorrente principale destinatario del ricorso incidentale escludente non deve essere ricollegato all’iniziativa giurisdizionale, bensì all’operato della stessa amministrazione, che potrebbe agire in autotutela, annullando l’intera procedura (“non è escluso che una delle irregolarità che giustificano l’esclusione tanto dell’offerta dell’aggiudicatario quanto di quella dell’offerente che contesta il provvedimento di aggiudicazione dell’amministrazione aggiudicatrice vizi parimenti le altre offerte presentate nell’ambito della gara d’appalto, circostanza che potrebbe comportare la necessità per tale amministrazione di avviare una nuova procedura” – punto 28 della motivazione -);

VI) Successivamente alla sentenza “Puligienica”, la Corte di giustizia è tornata nuovamente sul tema con due recenti pronunce:

a) nell’ultima in ordine cronologico, resa dalla Sezione VIII, il 10 maggio 2017 nella causa C-131/16 (Archus) è stato affermato che la direttiva 92/13 deve essere interpretata nel senso che, nel caso in cui una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico abbia dato luogo alla presentazione di due offerte e all’adozione, da parte dell’amministrazione aggiudicatrice, di due determinazioni che contemporaneamente rigettano l’offerta di uno degli offerenti ed aggiudicano l’appalto all’altro, l’offerente escluso, che ha presentato un ricorso avverso le due determinazioni, deve poter chiedere l’esclusione dell’offerta dell’aggiudicatario, in modo che la nozione di «un determinato appalto», ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 3, della Direttiva 92/13 possa ricomprendere l’eventuale avvio di una nuova procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico: secondo la giurisprudenza nazionale (si veda Cassazione civile, sez. un., 29 dicembre 2017, n. 31226, considerando 3.3.2) in tal modo sarebbe stato “reso ancora più esplicito l’enunciato della sentenza Fastweb relativo alla possibilità che l’amministrazione aggiudicatrice sia indotta a constatare l’impossibilità di procedere alla scelta di un’offerta regolare, spiegando che: “Da un lato, infatti, l’esclusione di un offerente può far sì che un altro offerente ottenga l’appalto direttamente nell’ambito della stessa procedura. D’altro, nell’ipotesi di esclusione di tutti gli offerenti e dell’indizione di una nuova procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico, ciascuno degli offerenti potrebbe parteciparvi e, quindi, ottenere indirettamente l’appalto” (punto 52). Con il che è definitivamente chiarito che basta la mera eventualità del rinnovo della gara a radicare l’interesse del ricorrente a contestare l’aggiudicazione.”;

b) nella sentenza del 21 dicembre 2016, Bietergemeinschaft Technische Gebäudebetreuung und Caverion Österreich (C 355/15 punti da 13 a 16, 31 e 36) la Corte ha, invece, affermato che “ad un offerente la cui offerta era stata esclusa dall’amministrazione aggiudicatrice da una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico poteva essere negato l’accesso a un ricorso avverso la decisione di aggiudicazione di un appalto pubblico in quanto la decisione di esclusione di tale offerente era stata confermata da una decisione che ha acquisito autorità di cosa giudicata prima che il giudice investito del ricorso avverso la decisione di aggiudicazione dell’appalto statuisse, in modo tale che detto offerente doveva essere considerato definitivamente escluso dalla procedura di aggiudicazione dell’appalto pubblico in questione”.

13.3. La giurisprudenza nazionale non è, peraltro, concorde in ordine alle conseguenze da trarre dalle statuizioni della Corte di Giustizia dell’Unione europea citate ai punti V e VI del precedente paragrafo.

13.3.1. Il rilievo attribuito al concetto di “interesse strumentale alla ripetizione della procedura” dalle statuizioni della Corte di Giustizia ha consentito l’affermazione di alcuni punti fermi:

a) nessuno dubita che, nel caso in cui siano rimasti in gara unicamente due concorrenti e gli stessi propongano ricorsi reciprocamente escludenti, si imponga la disamina di ambedue i mezzi di impugnazione dai medesimi proposti, quali che siano i motivi di censura ivi contenuti;

b) parimenti, nessuna perplessità sussiste circa l’esattezza dell’affermazione secondo cui ad analoghe conclusioni deve pervenirsi (anche in presenza di una pluralità di contendenti rimasti in gara), ove il ricorso principale contenga motivi che, se accolti, comporterebbero il rinnovo della procedura in quanto:

I) si censuri la regolarità della posizione – non soltanto dell’aggiudicatario e di tutti gli altri concorrenti rimasti in gara, collocati in posizione migliore della propria ma, anche – dei rimanenti concorrenti collocati in posizione deteriore;

II) ovvero perché siano proposte censure avverso la lex specialis idonee, ove ritenute fondate, ad invalidare l’intera selezione evidenziale;

c) in tali casi, si è raggiunta una piena concordanza di opinioni circa l’obbligatorietà dell’esame del ricorso principale, in quanto dall’accoglimento di quest’ultimo discenderebbe con certezza la caducazione integrale della gara e verrebbe così tutelato il subordinato interesse strumentale alla riedizione della procedura.

13.3.2. Sussiste incertezza, viceversa, nell’evenienza in cui, essendo rimasti in gara una pluralità di contendenti:

a) i ricorsi reciprocamente escludenti non riguardino la posizione di talune delle ditte rimaste in gara di guisa che, anche laddove entrambi i ricorsi (principale ed incidentale) siano scrutinati, e dichiarati fondati, rimarrebbero purtuttavia alcune offerte non “attinte” dai vizi riscontrati;

b) al contempo, il ricorso principale non prospetti censure avverso la lex specialis tese ad invalidare l’intera gara e determinanti –ove accolte- la certa ripetizione della procedura.

13.4. Premesso che – come esposto nella prima parte della presente ordinanza collegiale- l’evenienza descritta è proprio quella che si è verificata nella controversia in oggetto, sul punto, come rappresentato nell’ordinanza di rimessione, sono enucleabili due filoni interpretativi; entrambi muovono dall’identico punto di partenza (dall’accoglimento del ricorso incidentale “escludente” discende l’insussistenza dell’interesse diretto e immediato del ricorrente principale riguardo all’aggiudicazione perché, essendo stato accertato che lo stesso è stato indebitamente ammesso alla gara, questi certamente non può ottenere l’aggiudicazione), ma divergono nelle conclusioni:

a) secondo una prima linea esegetica (Cons. Stato, V, 20 luglio 2017, n. 3593) la sentenza della Grande Sezione 5 aprile 2016 in causa C-689/13- Puligienica imporrebbe anche in simili evenienze la disamina del ricorso principale, pur dopo l’avvenuto accoglimento del ricorso incidentale escludente, non dovendosi tenere conto del numero delle imprese partecipanti (e del fatto che alcune siano rimaste estranee al giudizio) né dei vizi prospettati come motivi di ricorso principale poiché la domanda di tutela può essere evasa soltanto con l’esame di tutti i motivi di ricorso, principale e incidentale: nella descritta situazione non costituirebbe evenienza necessaria l’aggiudicazione del contratto all’impresa successivamente classificata, perché la stazione appaltante potrebbe sempre ritenere opportuno, dinanzi all’esclusione delle prime classificate, riesaminare in autotutela gli atti di ammissione delle altre imprese al fine di verificare se il vizio accertato sia loro comune, di modo che non vi resti spazio effettivo per aggiudicare a un’offerta regolare e si addivenga alla ripetizione della procedura;

b) secondo un altro approccio ermeneutico, viceversa (Consiglio di Stato, sez. III, 26 agosto 2016, n. 3708), nell’evenienza data, l’esame del ricorso principale si imporrebbe soltanto laddove l’accoglimento dello stesso produca come effetto conformativo, un vantaggio, anche mediato e strumentale, per il ricorrente principale, tale dovendosi intendere anche quello al successivo riesame, in via di autotutela, delle offerte affette dal medesimo vizio riscontrato con la sentenza di accoglimento: ma, nel caso di più di due imprese partecipanti alla gara delle quali solo due siano in giudizio, ciò potrebbe avvenire soltanto se fosse rimasto accertato che anche le offerte delle restanti imprese risultino affette dal medesimo vizio che aveva giustificato la statuizione di esclusione dalla procedura dell’offerente parte della controversia.

13.5. E’ bene immediatamente avvertire che nessuna delle due impostazioni ermeneutiche prima esposte è andata esente da critiche, che hanno posto in luce gli inconvenienti alle stesse ascrivibili.

13.5.1. E’ stato acutamente sottolineato infatti, per un verso, che la prima di esse:

a) non terrebbe conto delle “aperture” (contenute nella sentenza CGUE, Sez. 21 dicembre 2016 in causa C-355/15 -Bietergemeinschaft Technische Gebäudebetreuung GsmbH) relative alla possibilità che l’offerente escluso dalla gara con una pronuncia regiudicata non possa più contestare l’esito della gara;

b) non terrebbe in considerazione la circostanza che l’autotutela della stazione appaltante sulle altre offerte rimaste in gara, in simili evenienze, non costituirebbe altro che una mera eventualità ipotetica, rimessa a determinazioni rientranti nella lata discrezionalità della stazione appaltante e che l’interesse (seppure ipotetico) in tal senso prospettato non potrebbe poi essere giustiziabile: in quanto “ soggetto definitivamente escluso” con una pronuncia regiudicata sembra certo che il ricorrente principale non potrebbe impugnare le successive determinazioni della stazione appaltante che, scorrendo la graduatoria, implicitamente non abbia dato corso all’annullamento e ripetizione dell’intera gara;

c) darebbe ingresso ad una nozione di interesse scevra dai predicati di “certezza ed attualità”( e pertanto distonica rispetto ai principi generali del processo amministrativo costantemente affermati dalla giurisprudenza: tra le tante, si veda Consiglio di Stato, sez. V, 23 febbraio 2015 n. 855, Cassazione civile, sez. un.,2 novembre 2007, n. 23031);

d) ciò, in un sistema giuridico che continua a considerare l’autotutela dell’amministrazione, anche per ragioni di garanzia dell’affidamento, meramente facoltativa e peraltro soggetta ai limiti temporali stringenti di cui all’ art. 21 nonies della legge 7agosto 1990, n.241 e che ritiene tali principi praticabili anche laddove l’atto amministrativo puntuale si ritenga illegittimo per contrasto con il diritto comunitario, dovendosi escludere (tranne in casi eccezionali, puntualmente individuati dalla sentenze Corte giust. CE, 13 gennaio 2004, n. 453/00 Kuhne & Heitz, punto 27 e Corte 12 febbraio 2008, C-2/06, Kempter, par. 38) che, a fronte di un atto amministrativo illegittimo per violazione del diritto comunitario, l’amministrazione abbia un obbligo di annullamento d’ufficio o un mero obbligo di riesame, ovvero che il Giudice possa procedere alla disapplicazione del medesimo (tra le tante, si vedano Consiglio di Stato, sez. IV, 21 febbraio 2005, n. 579 Consiglio di Stato, sez. III, 8 settembre 2014, n. 4538).

13.5.2. Quanto alla seconda opzione prospettata, è stato posto in luce che:

a) essa sembrerebbe contrastare con le affermazioni (in tesi incondizionate ed indifferenti al numero delle imprese partecipanti alla procedura ed alla tipologia ed identità dei vizi dedotti) contenute nella sentenza 5 aprile 2016 in causa C-689/13-Puligienica;

b) per altro verso, non terrebbe conto della circostanza che, anche laddove esaminando il ricorso principale e quello incidentale si accertasse che tutte le restanti offerte rimaste in gara (e riferibili ad imprese non evocate in giudizio) presentavano vizi comuni a quelli riscontrati sussistenti, ugualmente resterebbe facoltativo, per l’Amministrazione, agire in autotutela non scorrendo la graduatoria e disponendo la ripetizione della gara, né – stante il principio contenuto nell’art. 112 c.p.c. ed il disposto dell’art. 34 comma II del c.p.a. – il Giudice potrebbe dettare motu proprio una indicazione conformativa in tal senso.

13.5.3. In entrambi i casi, spostando l’accento sul versante processuale, si è poi fatto notare quanto segue.

Dalla motivazione contenuta nella sentenza “Puligienica” emergerebbe che l’obbligo di esaminare il ricorso principale quale che sia il vizio ivi prospettato ed il numero di imprese rimaste in gara trovi fondamento nella necessità di tutelare l’interesse subordinato dell’offerente ad una ripetizione delle operazioni di gara, nella eventualità di una futura azione in autotutela in tal senso da parte dell’Amministrazione (in particolare, considerando 28 e 29).

Senonché in tali ipotesi l’accertamento della “comunanza del vizio” dedotto con il ricorso principale del quale si impone l’esame dovrebbe pur sempre avvenire nei confronti di offerte presentate da imprese non evocate in giudizio; muovendo da tale constatazione, si sostiene che armonicamente con i principi della domanda (art. 112 c.p.c.) e dell’ onere della prova (art. 2697 c.c.) che “governano” il processo amministrativo, spetterebbe pur sempre al ricorrente principale provare che i vizi ipotizzati con il proprio ricorso siano comuni anche alle altre offerte rimaste in gara e che, comunque, la ripetizione della procedura sia una evenienza concretamente ipotizzabile ( esemplificativamente: provando, appunto la sussistenza di motivi di esclusione identici a quelli contestati all’aggiudicatario, ovvero il dichiarato disinteresse allo scorrimento della graduatoria in capo alle ditte rimaste in gara, ovvero ancora l’impossibilità di ulteriore scorrimento, ovvero la dichiarazione dell’amministrazione della volontà di non assegnare l’appalto a concorrenti rimasti in gara per ragioni di non convenienza economica, ecc.) .

Si è quindi auspicato che venisse affidato al Giudice il vaglio sulla concretezza dell’interesse alla riedizione della procedura azionato con il ricorso principale, ricorrendo agli istituti processuali del codice del processo amministrativo per consentire in tali evenienze il dispiegarsi del contraddittorio con le offerenti rimaste in gara e non evocate (armonicamente al principio di cui all’art. 2909 c.c. sui limiti soggettivi del giudicato, che si forma soltanto tra le parti processuali) e, insieme, per rendere effettiva e non ipotetica (in quanto rimessa alla discrezionalità della stazione appaltante) l’evenienza della ripetizione della gara ove le censure contenute nel ricorso principale fossero reputate fondate e, soprattutto, fossero comuni alle offerenti rimaste in gara e potenziali beneficiarie dello scorrimento della graduatoria.

14. Le incertezze interpretative che sono state prima illustrate, suggeriscono a questa Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, in qualità di giudice di ultima istanza, di disporre in via pregiudiziale il rinvio della questione alla Corte di Giustizia, sussistendovi un chiaro obbligo (art. 267, comma 3, TFUE) discendente non solo dalla posizione formalmente di vertice che tale organo occupa nell’ordinamento giudiziario, ma anche dall’impossibilità che avverso le proprie sentenze sia possibile proporre un mezzo ordinario di impugnazione, e tenuto conto che non si rientra in alcuna delle ipotesi di esclusione dell’obbligo di rinvio (cfr. Corte di Giustizia, 6 ottobre 1982, Cilfit, C-283/81; 15 settembre 2005, Intermodal Transports, C-495/03).

14.1. Questa Adunanza plenaria ritiene rilevante la questione interpretativa pregiudiziale di seguito posta, in quanto la medesima – si ribadisce- risulta dirimente ai fini della decisione del ricorso.

Nella controversia in esame, infatti:

a)alla gara hanno partecipato più imprese e numerose di esse (cinque), neppure evocate in giudizio, sono collocate successivamente all’originario ricorrente principale (che ebbe a posizionarsi al terzo posto);

b)qualora all’obbligo di esaminare il ricorso principale dovesse attribuirsi portata assoluta ed incondizionata, anche nel caso in esame si dovrebbe comunque procedere all’esame del ricorso principale; e ad analoghe conclusioni dovrebbe pervenirsi laddove si affermasse che sia sufficiente la semplice seppure ipotetica, possibilità di un intervento in autotutela dell’amministrazione sulla gara, per imporre l’esame del ricorso principale;

c)se invece tale obbligo di esame del ricorso principale andasse correlato ad una eventualità non meramente ipotetica di un intervento in autotutela dell’amministrazione che comporti la ripetizione della intera gara, per stabilire se procedere all’esame congiunto del ricorso principale e del ricorso incidentale si dovrebbe valutare in concreto se i vizi delle offerte prospettati come motivi di ricorso possano, in via astratta, dirsi comuni anche alle altre offerte rimaste estranee al giudizio, di modo che possa figurarsi, in ipotesi, un possibile intervento in autotutela dell’amministrazione idoneo a fondare l’interesse c.d. strumentale del ricorrente alla decisione del ricorso principale; in mancanza assoluta almeno di tale situazione strumentale non sembrerebbe trovare utile e ragionevole applicazione una interpretazione assoluta del diritto europeo sganciato da qualsivoglia interesse.

15. Formulazione dei quesiti.

Sulla base di quanto sino ad ora osservato il Collegio formula il seguente quesito interpretativo: se l’articolo 1, paragrafi 1, terzo comma, e 3, della direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, come modificata dalla direttiva 2007/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio dell’11 dicembre 2007, possa essere interpretato nel senso che esso consente che allorché alla gara abbiano partecipato più imprese e le stesse non siano state evocate in giudizio (e comunque avverso le offerte di talune di queste non sia stata proposta impugnazione) sia rimessa al Giudice, in virtù dell’autonomia processuale riconosciuta agli Stati membri, la valutazione della concretezza dell’interesse dedotto con il ricorso principale da parte del concorrente destinatario di un ricorso incidentale escludente reputato fondato, utilizzando gli strumenti processuali posti a disposizione dell’ordinamento, e rendendo così armonica la tutela di detta posizione soggettiva rispetto ai consolidati principi nazionali in punto di domanda di parte (art. 112 c.p.c.), prova dell’interesse affermato (art. 2697 cc), limiti soggettivi del giudicato che si forma soltanto tra le parti processuali e non può riguardare la posizione dei soggetti estranei alla lite (art. 2909 cc).

16. Richiesta di applicazione del procedimento accelerato.

L’Adunanza plenaria chiede l’applicazione del procedimento accelerato ai sensi dell’art. 105, paragrafo 1, del Regolamento di procedura, alla luce delle sentenze della Corte di giustizia richiamate in motivazione in materia di gare pubbliche, tenuto conto che la questione sottoposta al giudizio della Corte ha natura di questione di principio, e trattasi di problematiche di corrente applicazione; che l’avvenuto deferimento della presente questione generale alla Corte di Giustizia potrebbe indurre i Giudici nazionali a sospendere la disamina delle cause in corso in attesa della decisione della Corte di giustizia con grave nocumento alla celere definizione del contenzioso in materia di appalti; che la procedura di appalto oggetto della controversia è sostanzialmente condizionata dalla decisione della Corte di giustizia.

16.1. In ottemperanza alle prescrizioni contenute ai punti 17 e 34 delle “Raccomandazioni all’attenzione dei giudici nazionali, relative alla presentazione di domande di pronuncia pregiudiziale” (2016/C 439/01, in G.U.U.E del 25 novembre 2016) della Corte di giustizia dell’Unione europea il Collegio rappresenta che il proprio punto di vista sulla questione è il seguente:

a) sarebbe maggiormente armonico con il sistema processuale nazionale e con il principio di autonomia processuale incentrato sull’ iniziativa delle parti (ed in parte qua comune a quello di numerosi Stati-Membri), che venisse precisato che l’interesse del ricorrente principale attinto da un ricorso incidentale escludente, in quanto limitato alla reiterazione della procedura di gara (con esclusione di profili concernenti la “regolarità delle procedure di gara”), dovrebbe essere valutato nella sua concretezza, e non con riferimento a ragioni astratte, dal Giudice adìto;

b) in quest’ottica, sarebbe opportuno che venisse rimesso agli ordinamenti processuali degli Stati Membri, in ossequio all’autonomia processuale loro riconosciuta, il compito di individuare le modalità di dimostrazione della concretezza del detto interesse, garantendo il diritto di difesa delle offerenti rimaste in gara e non evocate nel processo ed in armonia con i principi in materia di interesse concreto e attuale della parte al ricorso e in punto di onere della prova.

In altri e riassuntivi termini, ed in considerazione anche delle recenti pronunce sopra richiamate dalla Corte di giustizia, che sembrano prestare attenzione alle possibili particolarità delle situazioni di fatto, sembra a questa Adunanza plenaria del Consiglio di Stato che il rimettere al Giudice nazionale adito un margine di valutazione in ordine all’accertamento della reale sussistenza in concreto di un interesse sia pure strumentale del ricorrente principale sia maggiormente coerente sia con il rispetto dei principi cardine degli ordinamenti nazionali in materia processuale -e quindi con l’autonomia processuale loro costantemente riconosciuta dalla Corte di giustizia- sia con gli assetti delle giurisdizioni nazionali e della stessa Unione europea, che configurano il ricorso al giudice amministrativo come ricorso nell’interesse di una parte e mai come ricorso volto al rispetto formale delle regole, a prescindere da ogni interesse; salvi i casi, sopra descritti anche con riferimento all’ordinamento italiano, in cui il rispetto delle regole venga demandato ad una autorità pubblica, riconoscendo alla stessa la legittimazione a ricorrere dinanzi al giudice amministrativo.

17. Sospensione del giudizio e disposizioni per la Segreteria.

17.1 Ai sensi delle “Raccomandazioni all’attenzione dei giudici nazionali, relative alla presentazione di domande di pronuncia pregiudiziale” (2016/C 439/01, in G.U.U.E del 25 novembre 2016) della Corte di giustizia dell’Unione europea, si dispone che la Segreteria di questo Tribunale trasmetta alla Cancelleria della Corte di giustizia, mediante plico raccomandato al seguente indirizzo Rue du Fort Niedergrunewald, L-2925 Lussemburgo, copia integrale del fascicolo di causa.

17.2 In applicazione dell’art. 79 cod. proc. amm. e del punto 23 delle Raccomandazioni, il presente giudizio rimane sospeso nelle more della definizione del procedimento incidentale di rinvio e ogni ulteriore decisione, anche in ordine al regolamento delle spese processuali, è riservata alla pronuncia definitiva.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Adunanza plenaria), non definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto:

– dispone la sospensione del giudizio e la rimessione alla Corte di Giustizia dell’Unione europea della questione pregiudiziale indicata in motivazione;

– chiede alla Corte di Giustizia dell’Unione europea di voler disporre la trattazione del relativo giudizio con rito accelerato, ai sensi degli articoli 23 bis dello Statuto della Corte e 105 del relativo Regolamento di procedura;

– manda alla segreteria di provvedere alla comunicazione alla Corte di Giustizia della UE della presente ordinanza e all’invio alla sua cancelleria dell’ordinanza stessa, nonché di tutti gli atti contenuti nel fascicolo di causa.

Spese al definitivo.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 febbraio 2018 con l’intervento dei magistrati:

Alessandro Pajno, Presidente

Filippo Patroni Griffi, Presidente

Sergio Santoro, Presidente

Franco Frattini, Presidente

Giuseppe Severini, Presidente

Roberto Giovagnoli, Consigliere

Claudio Contessa, Consigliere

Fabio Taormina, Consigliere, Estensore

Bernhard Lageder, Consigliere

Umberto Realfonzo, Consigliere

Silvestro Maria Russo, Consigliere

Lydia Ada Orsola Spiezia, Consigliere

Oberdan Forlenza, Consigliere