TUTELA DELLA CONCORRENZA: SUI RAPPORTI TRA PUBLIC E PRIVATE ENFORCEMENT E SULL’ISTITUTO DEI C.D. IMPEGNI

In materia di tutela della concorrenza, public enforcement e private enforcement non vanno sovrapposti, essendone diverse sia la natura, sia la finalità perseguita. Gli strumenti di public enforcement svolgono una funzione tipicamente “punitiva” ed “afflittiva” e sono finalizzati primariamente a garantire l’interesse pubblico ad un assetto concorrenziale dei mercati. La pretesa del privato al corretto esercizio di tale funzione “punitiva”, per quanto costituisca, come anche la giurisprudenza amministrativa ha avuto modo di evidenziare, un interesse giuridicamente rilevante, non ha, tuttavia, la consistenza e la pienezza del diritto soggettivo che il privato vittima di specifiche condotte anticoncorrenziali può far valere, con l’azione di risarcimento del danno, dinanzi al giudice civile, attivando, appunto, gli strumenti di private enforcement.

Proprio in nome di tale autonomia, non è possibile stabilire, una sorta di “preferenza” a favore dei rimedi di public enforcement rispetto a quelli di private enforcement, anche solo nel senso di ritenere che la sede privilegiata per l’accertamento dell’infrazione sia, comunque, quella del procedimento amministrativo affidato all’AGCM. Con la conseguenza ulteriore che l’accertamento dell’infrazione dovrebbe, comunque, essere compiuto in sede amministrativa (da parte dell’AGCM, appunto), pure nei casi in cui il suo effetto sarebbe solo quello di “precostituire” una prova destinata ad essere spesa nel giudizio civile di risarcimento del danno.

La valutazione dell’AGCM sull’idoneità degli impegni presentati rappresenta espressione di un potere ampiamente discrezionale, in cui vengono in rilievo profili di opportunità e di c.d. “discrezionalità economica” sottratti, in linea di principio, al sindacato giurisdizionale di legittimità, perché rientrati nel merito della decisione amministrativa. Seguendo gli insegnamenti della Corte di Giustizia (Corte di giustizia, nel caso Alrosa (sentenza 29 giugno 2010, C-441/07, Commissione c. Alrosa) va rimarcata la differenza esistente, proprio sotto il profilo dell’intensità del sindacato giurisdizionale, tra le decisioni di accertamento dell’infrazione (ai sensi dell’art. 7 del reg. n. 1/2003) e quelle di accettazione degli impegni adottate ai sensi dell’art. 9 del medesimo regolamento: le prime mirano ad accertare, attraverso un completo approfondimento istruttorio, l’esistenza di una infrazione e porvi fine; le seconde, invece, sono ispirate da considerazioni di economia processuale e mirano a fornire una soluzione più rapida alle preoccupazioni concorrenziali identificate dalla Commissione o dall’ANC attraverso una valutazione preliminare.

Il termine previsto dall’art. 14 ter legge n. 287 del 1990 per le a presentazione degli impegni non ha carattere perentorio, ma meramente ordinatorio e sollecitatorio. La tesi della perentorietà del termine è in grado, infatti, di determinare rilevanti distorsioni capaci di minare l’effettività della procedura stessa. Le imprese sarebbero indotte ad affrettarsi a presentare gli impegni (e, simmetricamente, l’Autorità ad accettarli), senza un’adeguata conoscenza del caso ed in assenza di un’attività istruttoria tale da consentire un’appropriata comprensione delle preoccupazioni concorrenziali ai fini della presentazione di impegni idonei. Le esigenza di celerità e di economia procedurale andrebbero quindi a scapito di quelle di effettiva e coerente applicazione delle regole di concorrenza, con il duplice rischio, da una parte, che gli impegni, prematuramente presentati, si rivelino alla prova dei fatti ultronei o, al contrario, insufficienti rispetto ai problemi concorrenziali individuati, o d’altra parte, che siano definiti con accettazione degli impegni anche procedimenti che, alla luce di una pur limitata attività istruttoria, potrebbero rivelarsi invece meritevoli di archiviazione. La tempestività della presentazione degli impegni non va valutata, quindi, in base al rigido sbarramento dei tre mesi, ma va rapportata di volta in volta alle fattispecie concrete.

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7705 del 2011, proposto da: 
Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
Conto Tv s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Francesco Cardarelli e Filippo Lattanzi, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Filippo Lattanzi in Roma, via Pierluigi da Palestrina,47;
nei confronti di
Sky Italia s.r.l.;

sul ricorso numero di registro generale 7735 del 2011, proposto da: 
Sky Italia s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Giuseppe Franco Ferrari e Mario Siragusa, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Giuseppe Franco Ferrari in Roma, via di Ripetta, 142;
contro
Conto Tv s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Filippo Lattanzi e Francesco Cardarelli, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Filippo Lattanzi in Roma, via Pierluigi da Palestrina,47; 
Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12; 
Adiconsum- Associazione Difesa Consumatori e Ambiente, Mediaset s.p.a.;
per la riforma
quanto al ricorso n. 7705 del 2011:
della sentenza del T.a.r. Lazio – Roma: Sezione I n. 03964/2011, resa tra l parti, concernente chiusura procedimento di valutazione impegni senza accertamento infrazione
quanto al ricorso n. 7735 del 2011:
della sentenza del T.a.r. Lazio – Roma: Sezione I n. 03964/2011, resa tra le parti, concernente chiusura procedimento di valutazione impegni senza accertamento infrazione

 

Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Conto Tv s.r.l. e dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato;
Visto gli appelli incidentali proposti da Conto TV s.r.l.
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 5 giugno 2014 il consigliere Roberto Giovagnoli e uditi per le parti l’avvocato dello Stato Pio Marrone, l’avvocato Lattanzi e l’avvocato Ferrari;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
1. Con sentenza 9 maggio 2011, n. 3964, il T.a.r. Lazio, accogliendo il ricorso proposto da Conto TV s.r.l., ha annullato la delibera dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (di seguito anche solo AGCM o l’Autorità) adottata il 7 luglio 2010, resa nel procedimento A407, con la quale l’Autorità ha stabilito di: a) rendere obbligatori per la società Sky Italia s.r.l. gli impegni presentati, ai sensi dell’art. 14 ter, comma , legge n. 287 del 1990, nei termini decritti nel provvedimento; b) chiudere il procedimento nei confronti della società Sky Italia s.r.l., senza accertare l’infrazione, ai sensi dell’art. 14 ter, comma 1, legge n. 287 del 1990.
2. Il procedimento istruttorio conclusosi con la delibera oggetto del presente giudizio nasce da una denuncia presentata all’AGCM da Conto TV (con nota del 26 maggio 2008, integrata il 24 giugno 2008), diretta a contestare la violazione da parte di Sky Italia s.r.l. (di seguito anche solo Sky) dell’art. 82 del Trattato CE (ora art. 102 TFUE).
Conto TV, in particolare, lamentava che le condizioni economiche praticate da Sky nei suoi confronti erano discriminatorie, in quanto Sky praticava a terzi, e, soprattutto, alle proprie divisioni commerciali, prezzo molti più vantaggiosi per i medesimi servizi di accesso alla propria piattaforma satellitare, rendendo così impossibile qualsiasi tipo di competizione per l’acquisto di alcuni eventi o programmi pay-tv.
3. In seguito alla denuncia ricevuta, l’Autorità, in data 2 ottobre 2008, avviava, ai sensi dell’articolo 14 della legge n. 287/90, un’istruttoria nei confronti della società Sky Italia S.r.l. (di seguito “Sky”) per accertare se le condotte da essa adottate nella fornitura dei servizi (wholesale) di accesso alla propria piattaforma tecnica satellitare configurassero una violazione dell’articolo 82 del Trattato CE (ora articolo 102 TFUE).
L’Autorità rilevava, anzitutto, che Sky, operatore dominante nel mercato della pay-TV in Italia, ovvero nel mercato complessivo dei servizi televisivi a pagamento, fornisce ad operatori televisivi terzi servizi all’ingrosso di accesso alla propria piattaforma satellitare. Secondo l’AGCM, l’accesso wholesale alla piattaforma satellitare configurerebbe un mercato rilevante a sé stante, di dimensione nazionale, all’interno del quale sarebbe ulteriormente individuabile una posizione dominante in capo a Sky.
Per la fornitura dei servizi di accesso wholesale alla propria piattaforma tecnica, Sky richiede alle emittenti satellitari interessate il pagamento sia di tariffe una tantum che di corrispettivi periodici. Tra questi ultimi figura anche la “contribuzione ai costi comuni della piattaforma satellitare”, corrispettivo richiesto al fine di ripartire i costi comuni della piattaforma tra tutti gli operatori che ne fanno uso per offrire servizi di pay-TV, inclusa la stessa Sky.
Secondo quanto ipotizzato nel provvedimento di avvio dell’istruttoria, le condizioni economiche praticate da Sky a Conto TV per i servizi di accesso alla propria piattaforma, e in particolare la contribuzione ai costi comuni, sarebbero state discriminatorie rispetto alle condizioni che Sky avrebbe riservato alle proprie divisioni interne. Inoltre, Sky avrebbe reso possibile all’emittente Rete Tele Brescia di accedere di fatto alla piattaforma satellitare, al fine di trasmettere eventi calcistici in pay-per-view, a condizioni economiche migliorative rispetto a quelle “regolamentate” richieste a Conto TV, discriminandola così a svantaggio di quest’ultima.
La discriminazione posta in essere da Sky avrebbe ridotto la capacità di Conto TV di formulare offerte competitive per l’acquisizione di contenuti di particolare rilievo strategico e commerciale, con un effetto di preclusione anticoncorrenziale nel mercato a valle della pay-TV.
Nel provvedimento di avvio si rilevava come i suddetti comportamenti di Sky investissero mercati nazionali e fossero, dunque, idonei a pregiudicare il commercio tra gli Stati membri. Si era, pertanto, ritenuto che le condotte di Sky potessero dar luogo ad una violazione dell’articolo 82 del Trattato CE (ora articolo 102 TFUE). i.
4. In data 22 gennaio 2010, Sky ha presentato impegni, ai sensi dell’articolo 14-ter della legge n. 287/90, che sono stati pubblicati sul sito internet dell’Autorità in data 5 febbraio 2010. Gli impegni, sottoposti a market test, si articolavano sinteticamente come segue: a) impegno AGCM n. 1 − Dettaglio nella contabilità regolatoria delle condizioni economiche di accesso alla
piattaforma imputate alla divisione operativa DisCo14 di Sky secondo quanto indicato nella Delibera n. 233/09/CONS dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni e sue eventuali modificazioni; b) impegno AGCM n. 2 − Obblighi di informativa sul diritto di accesso nel corso delle negoziazioni con gli editori di canali; c) impegno AGCM n. 3 − Definizione di una procedura standard per la gestione delle richieste di accesso alla piattaforma; d) impegno AGCM n. 4 − Predisposizione di un rapporto periodico sull’ottemperanza dell’Impegno AGCM n. 3.
Nel corso del market-test sono pervenute osservazioni sugli Impegni da parte di tre soggetti − Conto TV, Adiconsum e Mediaset − i quali, nel complesso, hanno formulato considerazioni attinenti a tre principali profili: i) la tardività degli Impegni; ii) l’inidoneità degli Impegni a far venir meno i profili anticoncorrenziali oggetto di’istruttoria; iii) l’assenza di elementi innovativi negli Impegni rispetto al quadro regolamentare esistente.
5. Con comunicazione del 31 marzo 2010, Sky, alla luce dei commenti risultanti dal market test ed in risposta alle osservazioni formulate, ha proposto alcune modifiche accessorie degli impegni, consistenti in una estensione della loro durata e in una diversa formulazione dell’impegno AGCM n. 2.
Con riferimento al primo aspetto, Sky ha prolungato il periodo di vigenza degli impegni presentati, fissando la nuova scadenza alla data del 31 marzo 2012 e chiarendo che, per il periodo successivo al 1° gennaio 2012, gli impegni, e in particolare quelli nn. 1 e 2, saranno applicati tenendo conto che le condizioni economiche praticate da Sky per l’accesso alla propria piattaforma e da essa pubblicate non saranno vincolate dalla delibera n. 233/09/CONS e sue modificazioni. Per quanto riguarda il periodo dal 1° gennaio 2012 al 31 marzo 2012, pertanto, ogni rinvio alla delibera dell’AGCom e sue modificazioni è da intendersi come un rinvio alle condizioni di accesso applicate in quel periodo da Sky, nel rispetto dei generali principi regolamentari vigenti.
Con riferimento agli obblighi di trasparenza di cui all’impegno AGCM n. 2, la modifica accessoria di Sky comportava, in luogo della fornitura alle controparti delle informative sull’accesso alla piattaforma nel corso di specifici negoziati, la loro pubblicazione in una sezione dedicata ai rapporti con gli operatori terzi creata sul proprio sito internet.
In particolare, Sky si impegnava ad indicare i principali corrispettivi una tantum di attivazione, i principali corrispettivi periodici nonché i corrispettivi previsti su base giornaliera per le offerte in modalità pay-TV e pay-per-view, indicandoli, ove necessario, mediante l’impiego di intervalli di riferimento.
6. Con provvedimento del 7 luglio 2010, n. 21316, l’AGCM, acquisito il parere favorevole dell’AGCom, ha ritenuto che il complesso degli impegni presentati da Sky, in forza anche delle modifiche apportate volte a rispondere alle osservazioni formulate nell’ambito del market test¸ risultasse idoneo a risolvere i profili anticoncorrenziali oggetto del procedimento.
7. Tale provvedimento è stato impugnato da Conto TV innanzi al T.a.r. Lazio, che, con la sentenza in questa sede appellata, ne ha disposto l’annullamento.
8. Il T.a.r., in particolare, rilevato che la condotta contestata a Sky in sede di avvio del procedimento aveva medio tempore certamente prodotto effetti pregiudizievoli ai fini della libertà di concorrenza, ha accolto il motivo con cui la ricorrente ha sostenuto che gli impegni non potevano essere presentati ed accettati a fronte di condotte che avevano, appunto, già consumato i loro effetti a meno che, rispetto ad esse, non siano in grado di rimuovere questi ultimi con efficacia retroattiva.
Il T.a.r. ha rilevato che, a prescindere dalla idoneità degli impegni a far venire meno per il futuro i profili anticoncorrenziali, gli impegni presentati ed accettati dall’AGCM non fossero idonei a fa venire meno gli eventuali effetti pregiudizievoli già prodotti, né ad incidere sui rapporti contrattuali in essere alla data di adozione della delibera.
A sostengo di tale conclusione  che si compendia nel principio secondo cui la presenza di effetti concorrenziali irreversibilmente prodotti preclude la presentazione e l’accettazione di impegni ed obbliga l’AGCM a concludere il procedimento accertando l’eventuale sussistenza dell’infrazione  il T.a.r. richiama l’importanza dell’eventuale valenza probatoria che tale accertamento, compiuto dall’Autorità istituzionalmente competente, potrebbe avere in un contenzioso civile di risarcimento del danno.
Ciò, in quanto, secondo la sentenza impugnata, in presenza di un’Autorità indipendente istituita con la specifica funzione di tutelare la concorrenza ed il mercato ed accertare lesioni alla libertà di concorrenza, non sarebbe possibile ritenere che  sussistendo effetti irreversibili prodotti dalla condotta sospetta, destinati a permanere anche a seguito degli impegni presentati  la stessa Autorità possa legittimamente abdicare alla propria funzione istituzionale, interrompendo il procedimento volto al’accertamento di un abuso di posizione dominante, e che debba essere lo stesso giudice civile a verificare incidentalmente se vi sia stato un abuso di posizione dominante al fine di decidere sulla controversia in esame.
9. Il T.a.r. ha, invece, respinto le censure dirette a contestare, sotto il profilo della legittimità del procedimento seguito dall’AGCM: a) la tardività degli impegni presentati e della relativa accettazione (per la violazione del termine di tre mesi previsto dall’art. 14 ter legge n. 287/1990); b) la mancata sottoposizione al c.d. market test dell’integrazione degli impegni presentata da Sky in data 30 marzo 2010; c) la modalità concordata e negoziale degli impegni di Sky, accettati dall’AGCM in assenza di contraddittorio.
10. Il T.a.r. ha, infine, ritenuto di assorbire l’ulteriore censura di merito proposta da Conto TV diretta a contestare l’idoneità degli impegni a far venire meno anche per il futuro i profili anticoncorrenziali.
11. Per ottenere la riforma della citata sentenza hanno proposto appello sia l’AGCM sia Sky Italia, entrambe deducendone l’erroneità nella parte in cui il T.a.r. ha affermato che gli impegni non potevano essere presentati ed accettati in quanto inidonei a rimuovere, per il passato, gli effetti anticoncorrenziali già prodotti dalla condotta ipotizzata in capo a Sky.
12. Sky, in particolare, ha lamentato: a) da un lato, che la condotta ipotizzata a suo carico non avrebbe, medio tempore, prodotto effetti irreversibili; b) dall’altro lato, che è comunque erroneo il principio di diritto affermato dal T.a.r. secondo cui gli impegni non potrebbero essere accettati a fronte di condotte che hanno consumato i loro effetti, a meno che non siano in gradi di rimuovere retroattivamente tali effetti.
13. L’AGCM, a sua volta, ha lamentato l’erroneità della sentenza del T.a.r. nella parte in cui, richiedendo quale condizione necessaria per l’accettazione degli impegni la rimozione degli effetti già prodotti, ha assegnato all’istituto degli impegni una funzione riparatrice/ripristinatrice dello status quo ante rispetto all’infrazione, che, però, non troverebbe alcun fondamento né nella legge nazionale (art. 14 ter legge n. 287 del 1990), né nella normativa comunitaria (art. 9 reg. CE n. 1/2013).
14. Si è costituita in entrambi i giudizi Conto TV, la quale, oltre a chiedere il rigetto degli appelli principali, ha proposto appello incidentale con il quale ha:
– censurato la sentenza del T.a.r. nella parte in cui ha respinto i motivi diretti a contestare i sopra richiamati vizi procedimentali (tardività degli impegni presentati; illegittimità del procedimento condotto da AGCM in quanto caratterizzato da una negoziazione degli impegni anteriore alla loro stessa formale presentazione da parte di Sky);
– riproposto il motivo assorbito dal T.a.r. diretto a contestare l’idoneità degli impegni a far venire meno per il futuro i profili anticoncorrenziali.
15. Alla pubblica udienza del 5 giugno 2014 la causa è stata trattenuta per la decisione.
16. Occorre innanzitutto disporre la riunione degli appelli, trattandosi di ricorsi contro la stessa sentenza.
17. Gli appelli principali, rispettivamente proposti da AGCM e da Sky meritano accoglimento.
18. Il Collegio non condivide il principio di diritto affermato dal T.a.r. secondo cui gli impegni non possono essere accettati a fronte di condotte che hanno consumato i loro effetti, a meno che non siano in grado di rimuoverli retroattivamente.
A giustificazione di tale principio, come sopra si è ricordato, il T.a.r. richiama la “connessione” esistente, nell’ambito degli strumenti previsti dall’ordinamento a tutela della concorrenza e del mercato, tra il c.d. public enformcement (esercitato dall’AGCM) e il c.d. private enforcement affidato ai giudici civili. Proprio in nome di tale “connessione”, il T.a.r. ha ritenuto che l’AGCM non potrebbe “abdicare” alla sua funzione di accertamento dell’eventuale infrazione nel caso in cui la condotta ipotizzata abbia medio tempore già prodotto effetti anticoncorrenziali irreversibili, atteso che, in presenza di tali effetti, l’accertamento dell’infrazione potrebbe essere fatto valere ai fini probatori dai privati pregiudicati dalla condotta anticoncorrenziale per ottenere i rimedi civilistici (in particolare il risarcimento del danno) innanzi al giudice ordinario.
Ciò, sempre secondo il T.a.r., al precipuo fine di evitare che, in un sistema in cui esiste una apposita Autorità amministrativa indipendente incaricata di tutelare la concorrenza e accertare le infrazioni, tale accertamento possa essere demandato al giudice civile, come accadrebbe, appunto, attraverso l’accettazione degli impegni (che determinerebbe la conclusione del procedimento senza accertamento dell’infrazione), pur in presenza di effetti irreversibili (potenzialmente destinati ad essere fatti valere in sede civile) discendenti dalla condotta anticoncorrenziale ipotizzata.
19. Tali conclusioni non sono, come si accennava, condivise dal Collegio.
A differenza di quanto sostenuto dal T.a.r., public enforcement e private enforcement non vanno sovrapposti, essendone diverse sia la natura, sia la finalità perseguita.
Gli strumenti di public enforcement svolgono una funzione tipicamente “punitiva” ed “afflittiva” e sono finalizzati primariamente a garantire l’interesse pubblico ad un assetto concorrenziale dei mercati. La pretesa del privato al corretto esercizio di tale funzione “punitiva”, per quanto costituisca, come anche la giurisprudenza amministrativa ha avuto modo di evidenziare, un interesse giuridicamente rilevante, non ha, tuttavia, la consistenza e la pienezza del diritto soggettivo che il privato vittima di specifiche condotte anticoncorrenziali può far valere, con l’azione di risarcimento del danno, dinanzi al giudice civile, attivando, appunto, gli strumenti di private enforcement.
Si tratta di due strumenti di tutela che certamente conoscono momenti di interferenza, ma che operano, comunque, su piani autonomi e distinti.
Proprio in nome di tale autonomia, non è possibile stabilire, come, invece, sembra presupporre la sentenza appellata, una sorta di “preferenza” a favore dei rimedi di public enforcement rispetto a quelli di private enforcement, anche solo nel senso di ritenere che la sede privilegiata per l’accertamento dell’infrazione sia, comunque, quella del procedimento amministrativo affidato all’AGCM. Con la conseguenza ulteriore che l’accertamento dell’infrazione dovrebbe, comunque, essere compiuto in sede amministrativa (da parte dell’AGCM, appunto), pure nei casi in cui il suo effetto sarebbe solo quello di “precostituire” una prova destinata ad essere spesa nel giudizio civile di risarcimento del danno.
Non vi è, al contrario, alcun ostacolo, né di carattere normativo, né di carattere sistematico, che si frappone, pur in pendenza di un parallelo procedimento amministrativo avviato dall’AGCM, al riconoscimento in capo al giudice civile di un autonomo potere di accertamento dell’infrazione al fine di concedere i relativi rimedi di private enforcement.
Del resto, opinando diversamente, si arriverebbe alla inaccettabile e paradossale conclusione secondo cui l’esercizio dei poteri di public enforcement (fra i quali rientra anche il potere di accettare gli impegni ritenuti idonei a far venire meno i profili anticorrenziali) verrebbe indebitamente “piegato” alle esigenze proprie del diverso sistema di private enforcement. La vicenda in esame è emblematica del pericolo di tale “contaminazione”: secondo la sentenza appellata, invero, la possibilità di un giudizio civile avente ad oggetto il risarcimento dei danni medio tempore irreversibilmente prodotti, in ipotesi, dalla condotta contestata a Sky, condizionerebbe l’esercizio dei poteri di public enforcement dell’AGCM, impedendole di accettare gli impegni, a prescindere da ogni ulteriore valutazione in ordine alla loro idoneità ad eliminare, sotto il profilo pubblicistico, i profili anticoncorrenziali.
Del resto, le conclusioni del T.a.r. trovano un ulteriore elemento di criticità nella considerazione secondo cui, l’eventuale accertamento dell’infrazione che l’AGCM dovrebbe compiere avrebbe, comunque, nel giudizio civile di risarcimento del danno una valore probatorio limitato: per quanto “autorevole” argomento di prova, l’accertamento compiuto dell’AGCM avrebbe, infatti, nel giudizio civile, la natura e gli effetti tipici del provvedimento amministrativo in cui tale accertamento è contenuto, il che non esclude, appunto, che il giudice civile possa, nell’esercizio autonomo della funzione giurisdizionale ad esso spettante, opinare diversamente in ordine all’esistenza della infrazione contestata e ritenuta esistente dall’AGCM.
20. Le considerazioni svolte evidenziano la fondatezza degli appelli principali presentati da AGXM e da Sky. Sotto tale profilo, dunque, in riforma della sentenza impugnata, deve essere respinto il relativo motivo di ricorso proposto in primo grado da Conto TV.
21. Occorre, a questo punto, esaminare l’appello incidentale proposto da Conto TV.
Come sopra si è ricordato, Conto TV fa valere due censure di ordine “procedimentale” e una censura “di merito”.
22. Sotto il profilo procedimentale lamenta: a) sul presupposto della sua perentorietà, la violazione del termine di tre mesi previsto dall’art. 14 ter n. 287 del 1990; nonché b) la modalità negoziale e concordata di definizione degli impegni di Sky, accettati dall’AGCM in assenza di contraddittorio.
23. Sotto il profilo più propriamente di “merito”, Conto Tv contesta l’idoneità degli impegni presentati da Sky a far venire meno per il futuro i profili anticoncorrenziali.
24. Va ancora evidenziato che nella memoria conclusionale depositata il 20 maggio 2014, Conto TV ha affermato di avere contestato nel proprio appello incidentale anche la parte della sentenza con cui il T.a.r. ha rigettato il motivo diretto a lamentare la mancata sottoposizione al c.d. market test delle modifiche accessorie introdotte da Sky in data 30 marzo 2010.
Con riferimento a tale censura, Sky, nella memoria di replica depositata il 23 maggio 2014, ne ha eccepito l’inammissibilità, deducendo che il motivo in questione non era stato formulato nell’appello incidentale. Sul punto della mancata sottoposizione a contraddittorio dell’integrazione degli impegni, la sentenza del T.a.r., che aveva espressamente respinto tale censura, sarebbe, quindi, ormai passata in giudicato.
25. L’appello incidentale proposto da Conto Tv non merita accoglimento.
26. In merito al primo motivo di appello incidentale (intempestività della presentazione degli impegni rispetto al termine di tre mesi previsto dall’art. 14 ter legge n. 287 del 1990), il Collegio ritiene che il termine previsto dall’art. 14 ter legge n. 287 del 1990 non abbia carattere perentorio, ma meramente ordinatorio e sollecitatorio.
Depone in tal senso, in primo luogo, la matrice comunitaria dell’istituto degli impegni, introdotto dall’art. 9 del regolamento CE n. 1/2003. Occorre a tal proposito evidenziare che il regolamento comunitario, comunque direttamente applicabile anche nell’ordinamento italiano, non fissa alcuno sbarramento temporale alla presentazione di impegni. In ambito comunitario prevale, infatti, una logica di tipo “effettuale”, posto che ciò che rileva che le imprese siano messe nelle condizioni di proporre misure correttive idonee e che l’Autorità disponga di elementi sufficienti per valutare la corrispondenza degli impegni alla tutela della concorrenza.
L’introduzione di uno sbarramento temporale rigido ed inderogabile (quale diventerebbe il termine di tre mesi, accogliendo la tesi della sua natura perentoria) contrasterebbe, del resto, con la funzione dell’istituto degli impegni, la quale presuppone sia che le imprese siano poste in grado di proporre misure correttive idonee, sia che l’AGCM disponga di elementi sufficienti per valutarne la rispondenza ai profili anticoncorrenziali emersi.
La tesi della perentorietà del termine è in grado, infatti, di determinare rilevanti distorsioni capaci di minare l’effettività della procedura stessa. Come si è osservato anche in dottrina, le imprese sarebbero indotte ad affrettarsi a presentare gli impegni (e, simmetricamente, l’Autorità ad accettarli), senza un’adeguata conoscenza del caso ed in assenza di un’attività istruttoria tale da consentire un’appropriata comprensione delle preoccupazioni concorrenziali ai fini della presentazione di impegni idonei. Le esigenza di celerità e di economia procedurale andrebbero quindi a scapito di quelle di effettiva e coerente applicazione delle regole di concorrenza, con il duplice rischio, da una parte, che gli impegni, prematuramente presentati, si rivelino alla prova dei fatti ultronei o, al contrario, insufficienti rispetto ai problemi concorrenziali individuati, o d’altra parte, che siano definiti con accettazione degli impegni anche procedimenti che, alla luce di una pur limitata attività istruttoria, potrebbero rivelarsi invece meritevoli di archiviazione.
La tempestività della presentazione degli impegni non va valutata, quindi, in base al rigido sbarramento dei tre mesi, ma va rapportata di volta in volta alle fattispecie concrete.
Non vale in senso contrario richiamare la nuova Comunicazione sulle procedure di applicazione dell’art. 14 ter della legge n. 287 del 1990, approvata da AGCM in data 6 settembre 2012.
Da un lato, infatti, come riconosce anche Conto TV, tale Comunicazione è inapplicabile, ratione temporis, alla presente fattispecie; dall’altro, la citata Comunicazione non qualifica come perentorio il termine per la presentazione degli impegni, ammettendo, invece, che l’AGCM possa consentire la presentazione degli impegni, oltre il predetto termine, a fronte di una tempestiva istanza di parte. Rileva, sotto tale ultimo profilo, la circostanza che Sky si era riservata, in data 21 gennaio 2009, ossia entro tre mesi dall’avvio dell’istruttoria, la facoltà di presentare impegni al termine del procedimento avviato dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, posto che l’AGcom avrebbe dovuto determinare in quella sede le condizioni per l’accesso di Conto TV alla piattaforma Sky.
27. Parimenti, non è fondato il secondo motivo dell’appello incidentale diretto a contestare la sentenza di primo grado sentenza di primo grado nella parte in cui non ha ritenuto che il procedimento che ha condotto all’accettazione degli impegni sia stato il frutto di un’attività concordata tra l’Autorità e Sky al di fuori della logica e della ratio dell’istituto.
Conto TV lamenta, in particolare, che Sky, prima di presentare gli impegni, li abbia concordati e negoziati con AGCM, la quale, quindi, avrebbe abdicato alla sua funzione pubblicistica trasformando l’indagine autoritativa in corso in una procedura negoziata nella quale Autorità e indagata si accordano per evitare la conclusione del procedimento.
28. Il motivo non ha pregio.
I contatti, certamente numerosi, tra AGCM e Sky che hanno preceduto la presentazione degli impegni da parte di quest’ultima non sono il frutto di una inammissibile negoziazione della funzione autoritativa attribuita all’AGCM, ma si iscrivono pienamente e legittimamente in quella logica di leale collaborazione e dialogo costruttivo che connota in maniera fisiologica il procedimento di presentazione e valutazione degli impegni.
Ed invero, come questa Sezione ha avuto modo di evidenziare nella sentenza 20 luglio 2001, n. 4393, nei procedimenti demandanti all’AGCM appare necessario assicurare la centralità del momento di interlocuzione preliminare prodromico all’esercizio della funzione provvedimentale. Ciò vale a maggior ragione, proprio tenendo conto della natura e della ratio dell’istituto, con riferimento alla fase di presentazione e valutazione degli impegni, che presenta, anche nella dimensione comunitaria, evidenti connotati di flessibilità ed informalità, al fine di favorire, in un’ottica di crescente de-procedimentalizzazione, le occasioni di dialogo collaborativo, volte all’individuazione di soluzioni condivise.
29. Il motivo con cui Conto TV contesta la mancata sottoposizione al c.d. market test della integrazione agli impegni proposta da Sky il 30 marzo 2010 appare, in effetti, come eccepito da Sky, inammissibile, in quanto si tratta di un motivo non formulato nell’atto di appello incidentale, ma solo nella memoria conclusionale depositata da Conto Tv il 20 maggio 2014.
In ogni caso, anche ad ammettere che tale censura fosse implicitamente sottesa al motivo diretto a contestare la regolarità del procedimento seguito da AGCM per la valutazione degli impegni (nell’ambito del quale Conto TV lamenta, sia pure genericamente, la violazione del principio del contraddittorio procedimentale), esso risulta infondato nel merito, atteso che, come correttamente rilevato dalla sentenza di primo grado, l’integrazione proposta da Sky il 30 marzo 2010 aveva carattere meramente accessorio e non imponeva, quindi, l’effettuazione di un nuovo market test (cfr. supra, punto n. 5 della presente sentenza).
30. Anche i motivi diretti a contestare nel merito l’idoneità degli impegni accettati dall’AGCM a far venir meno i profili anticoncorrenziali ipotizzati non possono essere accolti.
Giova al riguardo evidenziare che la valutazione dell’AGCM sull’idoneità degli impegni presentati rappresenta espressione di un potere ampiamente discrezionale, in cui vengono in rilievo profili di opportunità e di c.d. “discrezionalità economica” sottratti, in linea di principio, al sindacato giurisdizionale di legittimità, perché rientrati nel merito della decisione amministrativa.
Anche alla luce della giurisprudenza comunitaria che si è occupata del tema, il sindacato giurisdizionale è in questi casi limitato alla completezza e alla veridicità dei fatti addotti e alla mancanza di errori manifesti.
La stessa Corte di giustizia, nel caso Alrosa (sentenza 29 giugno 2010, C-441/07, Commissione c. Alrosa) ha evidenziato la differenza esistente, proprio sotto il profilo dell’intensità del sindacato giurisdizionale, tra le decisioni di accertamento dell’infrazione (ai sensi dell’art. 7 del reg. n. 1/2003) e quelle di accettazione degli impegni adottate ai sensi dell’art.9 del medesimo regolamento: le prime mirano ad accertare, attraverso un completo approfondimento istruttorio, l’esistenza di una infrazione e porvi fine; le seconde, invece, sono ispirate da considerazioni di economia processuale e mirano a fornire una soluzione più rapida alle preoccupazioni concorrenziali identificate dalla Commissione attraverso una valutazione preliminare (par. 35).
Pertanto, “anche se certamente ciascuna delle decisioni adottate a titolo di tali due disposizioni è assoggettata al principio di proporzionalità, l’applicazione di tale principio è tuttavia diversa a seconda che l’una o l’altra di tali disposizioni sia interessata” (par. 47).
In particolare, nel caso degli impegni, la Commissione è tenuta a verificare soltanto “che gli impegni di cui trattasi rispondano alle preoccupazioni che essa ha reso note alle imprese interessate e che queste ultime non abbiano proposto impegni meno onerosi che rispondano parimenti in modo adeguato a tali preoccupazioni” (par. 61).
Ciò comporta, conclude la sentenza, un corrispondente ridimensionamento del sindacato giurisdizionale su tali decisioni: il giudice deve limitarsi a verificare unicamente se la valutazione della Commissione sia viziata da un errore manifesto.
Nel caso di specie, la Corte di giustizia ha ritenuto che il Tribunale di primo grado avesse travalicato i limiti del proprio sindacato giurisdizionale poiché  lungi da limitarsi a verificare se la conclusione cui era pervenuta la Commissione fosse evidentemente infondata, alla luce degli elementi di fatto da essa stabiliti  aveva presentato una propria valutazione di circostanze economiche complesse, sostituendo la propria valutazione a quella della Commissione e violando in tal modo il margine discrezionale di quest’ultima.
31. Proprio applicando tali principi al caso di specie (pur nella consapevolezza delle significative differenze esistenti, già a livello fattuale, tra la fattispecie in esame e quella si cui si è occupata la Corte di giustizia), i motivi dell’appello incidentale proposti da Conto TV devono essere rigettati. L’appellante incidentale non ha dimostrato, infatti, che l’AGCM abbia commesso un errore manifesto nella valutazione dell’idoneità degli impegni ad eliminare i profili concorrenziali ipotizzati.
32. Entrando più nel dettaglio dei motivi proposti, Conto TV sostiene che gli impegni di Sky avrebbero potuto considerarsi idonei solo nell’ipotesi in cui la stessa si fosse vincolata a praticare sul mercato prezzi identici per tutti gli operatori, con effetti tempestivi anche sui rapporti contrattuali in essere. In particolare, Conto TV sostiene che Sky continuerebbe ad applicare prezzi discriminatori rispetto a quelli offerti ad altri soggetti (come ad esempio Rai Trade e la Lega Calcio).
La censura non è tuttavia meritevole di positivo apprezzamento, in quanto trascura di considerare le diversità, sotto il profilo commerciale e dei servizi prestati, esistenti tra i contratti con cui Sky acquista diritti trasmissivi e quelli che hanno ad oggetto la fornitura del servizio di accesso alla piattaforma.
33. Parimenti non è fondato il motivo con cui l’appellante incidentale contesta che gli impegni proposti da Sky si risolverebbero nel solo rispetto degli obblighi già previsti a livello comunitario. Risulta, al contrario che gli impegni proposti da Sky ed accettati dall’AGCM, pur riprendendo alcune prescrizioni già impartite dalla Commissione, ne specificano e ne ampliano la portata in funzione pro-concorrenziale (cfr. in particolare l’impegno n. 2, sugli oneri informativi e sulle procedure standard e l’impegno n. 3, sulla definizione di una procedura standard per la gestione delle richieste di accesso alla piattaforma).
34. Alla luce delle considerazioni che precedono, l’appello incidentale di Conto TV deve, pertanto, essere respinto.
35. La complessità delle questioni esaminate giustifica l’integrale compensazione delle spese del doppio grado di giudizio fra tutte le parti.

P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti:
– ne dispone la riunione;
– accoglie gli appelli principali proposti da Sky s.r.l. e dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato;
– respinge l’appello incidentale proposto da Conto Tv s.r.l.;
– per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, respinge il ricorso di primo grado;
– compensa le spese del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 giugno 2014 con l’intervento dei magistrati:

Filippo Patroni Griffi, Presidente
Maurizio Meschino, Consigliere
Roberto Giovagnoli, Consigliere, Estensore
Roberta Vigotti, Consigliere
Andrea Pannone, Consigliere

L’ESTENSORE        IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 22/09/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)