L’OBBLIGO DEONTOLOGICO DI ANCORARE I COMPENSI AL DECORO PROFESSIONALE COSTITUISCE UNA SURRETTIZIA REINTRODUZIONE DEI MINIMI TARIFFARI

L’obbligo, previsto dal codice deontologico dei geologi, di commisurare il compenso della prestazione al decoro professionale si traduce, nella prassi, in una surrettizia reintroduzione dei minimi tariffari, eludendo così l’abolizione degli stessi disposta dal legislatore (art. 2 decreto legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito in legge 4 agosto 2006, n. 248; art. 9 del decreto legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito in legge 24 marzo 2012, n. 27), con i conseguenti effetti restrittivi della concorrenza. I professionisti, infatti, in virtù della suddetta regola deontologica, si troverebbero obbligati a commisurare i compensi ai minimi tariffari, rischiando, altrimenti, l’irrogazione di sanzioni disciplinari da parte dell’Ordine di appartenenza.

 

Né si può ritenere che tale regola deontologica (e il collegato effetto restrittivo della concorrenza che ne deriva) sia necessaria per garantire l’obiettivo della tutela del consumatore, assicurandogli una prestazione di qualità.

Il fine di tutelare il consumatore viene adeguatamente perseguito dall’ordinamento nazionale tramite altri strumenti, che trovano il loro principale ambito di applicazione nella disciplina del singolo rapporto tra professionista e cliente, e si traducono nella previsione di rimedi civilistici, la cui piena operatività non richiede l’attribuzione di alcun potere di vigilanza all’Ordine professionale.

 

Parimenti non si può ritenere che la regola deontologica che impone di praticare compensi commisurati al decoro della professione possa trovare una copertura normativa nell’art. 2233, comma 2, cod. civ. che, occupandosi del contratto d’opera intellettuale, prevede espressamente che “in ogni caso la misura del compenso deve essere adeguata all’importanza dell’opera e al decoro della professione”. Tale norma, contenuta nel codice civile, si indirizza, infatti, al singolo professionista, disciplinando i suoi rapporti con il cliente nell’ambito del singolo rapporto contrattuale, senza attribuire alcun potere di vigilanza agli Ordini in merito alle scelte contrattuali dei propri iscritti.

  

 

N. 00238/2015REG.PROV.COLL.

N. 04710/2011 REG.RIC.

N. 04584/2011 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4710 del 2011, proposto da:

Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria in Roma, Via dei Portoghesi, 12;

contro

Consiglio Nazionale dei Geologi, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Anna Lagonegro, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Anna Lagonegro in Roma, Via Boezio, 92;

 

sul ricorso numero di registro generale 4584 del 2011, proposto da:

Consiglio Nazionale Geologi, rappresentato e difeso dall’avv. Anna Lagonegro, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Anna Lagonegro in Roma, Via Boezio, 92;

 

contro

Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria in Roma, Via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

quanto al ricorso n. 4584 del 2011:

della sentenza del T.a.r. Lazio – Roma: Sezione I n. 01757/2011, resa tra le parti, concernente rigetto impegni presentati dal consiglio nazionale geologi – intesa restrittiva della concorrenza

quanto al ricorso n. 4710 del 2011:

della sentenza del T.a.r. Lazio – Roma: Sezione I n. 01757/2011, resa tra le parti, concernente rigetto impegni presentati dal consiglio nazionale geologi – intesa restrittiva della concorrenza

 

Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Consiglio Nazionale dei Geologi e dell’ Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 novembre 2014 il Cons. Roberto Giovagnoli e uditi per le parti l’avvocato dello Stato Fiorentino e l’avvocato Lagonegro;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

  

FATTO e DIRITTO

1. Il Consiglio Nazionale dei Geologi (CNG) con due separati ricorsi davanti al Tribunale amministrativo regionale (Tar) Lazio – Roma ha impugnato:

– la delibera dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato (d’ora innanzi AGCM o Autorità) adottata nell’adunanza del 22 dicembre 2009, con la quale sono stati rigettati gli impegni presentati dal Consiglio Nazionale dei Geologi nell’ambito del procedimento, avviato in data 14 maggio 2009, volto all’accertamento di eventuali violazioni dell’art. 101 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea per effetto delle norme contenute nel codice deontologico dei geologi;

– la delibera dell’AGCM adottata nell’adunanza del 23 giugno 2010, con la quale è stato ritenuto che l’Ordine Nazionale dei Geologi ha posto in essere un’intesa restrittiva della concorrenza ai sensi dell’articolo 101 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (già art. 81 del Trattato CEE), ordinando di assumere misure atte a porre termine all’illecito riscontrato ed irrogando la sanzione amministrativa pecuniaria nella misura di euro 14.254.

2. Il Tar adito, riuniti i due ricorsi, li ha respinti con la sentenza in epigrafe (Tar Lazio – Roma, sez. I, 25 febbraio 2011 n. 1757), nella quale, peraltro, ritiene viziato il provvedimento dell’Autorità nella parte in cui ritiene che il riferimento, nel codice deontologico, al “decoro professionale” quale criterio di commisurazione del compenso del professionista, costituisca restrizione della concorrenza.

3. La sentenza è stata appellata dal Consiglio Nazionale dei Geologi, con appello che ripropone espressamente tutti i motivi del ricorso di primo grado e muove motivate critiche alla sentenza.

4. La sentenza è stata appellata anche dall’AGCM, con riferimento al capo di sentenza che ha ritenuto in parte erronea la motivazione del provvedimento dell’Autorità, laddove dispone che il Consiglio dell’Ordine debba eliminare dal codice deontologico il parametro del decoro professionale quale criterio di determinazione del compenso del professionista.

5. Nel suo appello, il CNG ha proposto di sollevare dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea alcune questioni pregiudiziali relative alla conformità di disposizioni nazionali, di natura legislativa o regolamentare, nonché contenute nel codice deontologico, al diritto dell’Unione in materia di concorrenza.

6. Questa Sezione del Consiglio di Stato, con ordinanza collegiale 5 marzo 2012, n. 1244, dopo aver disposto la riunione dei due appelli (in quanto aventi ad oggetto la medesima sentenza), ha rimesso alla Corte di giustizia dell’Unione Europea alcune questioni pregiudiziali.

La Sezione, in primo luogo, pur ritenendo che la maggior parte delle questioni proposte dal CNG fossero in linea di principio rilevanti ai fini della soluzione del procedimento principale, ha affermato, tuttavia, che dette questioni erano formulate in termini vaghi. Inoltre, la Sezione ha rilevato che alcune di tali questioni proposte dal CNG fossero manifestamente prive di rilevanza nel procedimento principale, in particolare quelle che fanno riferimento al regolamento (CEE) n. 2137/85 del Consiglio, del 25 luglio 1985, relativo all’istituzione di un gruppo europeo di interesse economico (GEIE) (GU L 199, pag. 1).

La Sezione, pertanto, ha sottoposto alla Corte di giustizia alcune questioni vertenti sulla portata dell’articolo 267, terzo comma, TFUE per quanto concerne la sua competenza a scegliere e a riformulare le questioni sollevate da una delle parti nel procedimento principale e il suo eventuale obbligo di effettuare una tale scelta e una tale riformulazione.

In tale contesto, la Sezione ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«I. 1) Se osti o meno all’applicazione dell’articolo 267, 3, TFUE, in relazione all’obbligo del giudice di ultima istanza di rinvio pregiudiziale di una questione di interpretazione del diritto comunitario sollevata da una parte in causa, la disciplina processuale nazionale che preveda un sistema di preclusioni processuali, quali termini di ricorso, specificità dei motivi, divieto di modifica della domanda in corso di causa, divieto per il giudice di modificare la domanda di parte;

2) se osti o meno all’applicazione dell’articolo 267, 3, TFUE, in relazione all’obbligo del giudice di ultima istanza di rinvio pregiudiziale di una questione di interpretazione del diritto comunitario sollevata da una parte in causa, un potere di filtro da parte del giudice nazionale in ordine alla rilevanza della questione e alla valutazione del grado di chiarezza della norma comunitaria;

3) se l’articolo 267, 3, TFUE, ove interpretato nel senso di imporre al giudice nazionale di ultima istanza un obbligo incondizionato di rinvio pregiudiziale di una questione di interpretazione del diritto comunitario sollevata da una parte in causa, sia o meno coerente con il principio di ragionevole durata del processo, del pari enunciato dal diritto comunitario;

4) in presenza di quali circostanze di fatto e di diritto l’inosservanza dell’articolo 267, 3, TFUE configuri, da parte del giudice nazionale, una “violazione manifesta del diritto comunitario”, e se tale nozione possa essere di diversa portata e ambito ai fini dell’azione speciale nei confronti dello Stato ai sensi della legge 13 aprile 1988, n. 117 per “risarcimento danni cagionati nell’esercizio delle funzioni giudiziarie (…)”.

II. Per il caso in cui la Corte (…) dovesse accedere alla tesi del “filtro a maglie larghe” (…), ostativa dell’applicazione delle regole processuali nazionali in ordine alla specificità dei motivi di ricorso, la pregiudiziale comunitaria deve essere rimessa alla Corte (…) negli esatti termini in cui è stata formulata da parte appellante , e riportati:

“1) (…) si propone alla Corte (…) domanda di pronuncia pregiudiziale sull’interpretazione dell’articolo 101 del Trattato (…) in relazione alla normativa di legge e deontologica regolante la professione di geologo ed i compiti istituzionali e norme di funzionamento del , afferente la fattispecie, che di seguito si riporta, al fine di riscontro e coerenza e legittimità con la normativa europea (detto articolo 101 ) attinente la disciplina della concorrenza. (…)

(riproduzione dell’articolo 9 della legge n. 112/1963)

(riproduzione degli articoli 14, comma 1, e 17 della legge n. 616, del 25 luglio 1966, recante «Norme integrative per l’applicazione della legge 3 febbraio 1963, n. 112, contenente norme per la tutela del titolo e della professione di geologo»)

(riproduzione degli articoli 6 e 7 del codice deontologico)

(riproduzione dell’articolo 17 del codice deontologico). In particolare, sul punto, dica la Corte (…) se determina contrasto con l’articolo 101 del Trattato l’aver indicato, quale vigente norma di legge obbligatoria nel suo intero contenuto, il D.L. n. 223/2006 con il sistema numerico-cronologico, unico sistema storico e legittimo, tanto a livello interno che comunitario, che di certo non incide minimamente sulla conoscibilità e sulla portata obbligatoria della norma giuridica.

(riproduzione degli articoli 18 e 19 del codice deontologico)

Considerando che:

– il regolamento (…) n. 2137/85 (…) avente lo scopo di “facilitare o sviluppare l’attività economica dei suo membri” stabilisce, al suo sesto considerando, che le disposizioni di quest’ultimo “non pregiudicano tuttavia l’applicazione, a livello nazionale, delle norme legali e/o deontologiche relative alle condizioni di esercizio di un’attività o di una professione”;

– ;

– .

Si esprima infine l’Ill.ma Corte (…) sulla compatibilità con l’articolo 101 del Trattato della delineata distinzione, in punto di diritto e di organizzazione ordinamentale, tra impresa professionale ed impresa commerciale, nonché tra concorrenza professionale e concorrenza commerciale.

2) a) Se l’articolo 101 TFUE o altra norma europea vieti e/o inibisca il riferimento alle componenti di dignità e decoro del professionista – nella fattispecie geologo – nella composizione del compenso professionale;

b) se ai sensi dell’articolo 101 TFUE, o altra norma europea, il riferimento alle componenti di dignità e decoro professionale comportino effetti restrittivi della concorrenza professionale;

c) se l’articolo 101 TFUE o altra norma europea stabilisca o meno che i requisiti di dignità e decoro, quali componenti del compenso del professionista in connessione con tariffe definite espressamente come derogabili nei minimi – atteso l’espresso e formale richiamo, di cui all’articolo 17 del , alla normativa di legge che tale deroga consente – possa ritenersi quale induzione a comportamenti restrittivi della concorrenza;

d) se l’articolo 101 TFUE o altra norma europea vieti il riferimento alla tariffa professionale – stabilita, per i geologi, da provvedimento statuale, D.M. del Ministro della Giustizia di concerto con il Ministro delle Attività Produttive e derogabile nei minimi per effetto, ripetesi, dell’espresso e formale richiamo al D.L. n. 223/2006 di cui all’articolo 17 del (…) codice deontologico – quale semplice elemento tecnico-professionale di riferimento per la determinazione dei compensi;

e) se l’articolo 101 TFUE o altra norma europea vieti la corrispondenza tra l’importanza delle prestazioni, i requisiti di dignità e decoro così come anche definiti negli articoli 6 e 7 del con il compenso professionale, così come previsto dall’articolo 2233 c.c. comma 2 secondo cui “in ogni caso la misura del compenso (n.d.r. professionale) deve essere adeguata all’importanza dell’opera ed al decoro della professione”;

f) se dunque secondo l’articolo 101 TFUE il riferimento all’articolo 2233, comma 2, c.c. possa ritenersi legittimo e non induzione di effetti restrittivi della concorrenza;

g) se l’articolo 101 TFUE, o altra norma europea, stabilisca, nell’ambito della disciplina della concorrenza, l’eguaglianza giuridica tra Ordine Professionale, nella specie dei geologi, così come regolato da specifiche norme dello Stato poste per il perseguimento dei fini istituzionali, e le intese e concentrazioni di imprese commerciali costituenti intesa anticoncorrenziale;

h) se l’articolo 101 TFUE, o altra norma europea, consenta o meno di stabilire l’equiparazione tra contributo ordinistico obbligatorio per legge – posto per il perseguimento delle funzioni e fini istituzionali – con l’attività di vendita di beni e servizi e con il profitto economico effettuati ed ottenuti mediante comportamenti anticoncorrenziali da parte di concentrazioni di imprese commerciali;

i) se l’articolo 101 TFUE, o altra norma europea, giustifichi o meno l’applicazione, nella fattispecie, di sanzione;

j) se l’articolo 101 TFUE, o altra norma europea, legittimi o meno l’assoggettamento a prelievo forzoso su contributo ordinistico, obbligatorio per legge, eguagliando tale contributo a profitto ed entrata frutto di intesa economico-commerciale anticoncorrenziale”.

III. 1) In via subordinata, per il caso in cui la Corte risolva le questioni di interpretazione dell’articolo 267, 3, TFUE nel senso della ininfluenza delle regole processuali nazionali e della sussistenza di un dovere di soccorso del giudice nazionale, e la questione pregiudiziale come sollevata dall’appellante nel senso della genericità del quesito di parte, la questione pregiudiziale se il diritto comunitario della concorrenza e delle professioni, e in particolare le disposizioni comunitarie invocate da parte appellante nel suo quesito, ostino o meno all’adozione di codici deontologici professionali che commisurino il compenso al decoro e dignità professionale, alla qualità e quantità del lavoro svolto, con il risultato che compensi che si collocano al di sotto dei minimi tariffari (e che pertanto sono concorrenziali) potrebbero essere sanzionati, sul piano disciplinare, per violazione di regole deontologiche;

2) in via subordinata, per il caso in cui la Corte risolva le questioni di interpretazione dell’articolo 267, 3, TFUE nel senso della ininfluenza delle regole processuali nazionali e della sussistenza di un dovere di soccorso del giudice nazionale, e la questione pregiudiziale come sollevata dall’appellante nel senso della genericità del quesito di parte, la questione pregiudiziale se il diritto comunitario della concorrenza, e in particolare la disciplina che vieta le intese restrittive, possa o meno essere interpretato nel senso che una intesa restrittiva può essere configurata da regole deontologiche stabilite da ordini professionali, laddove tali regole, nell’indicare il decoro e la dignità professionale, nonché la qualità e quantità del lavoro svolto, quali parametri di quantificazione del compenso del professionista, sortiscano l’effetto della inderogabilità dei minimi tariffari, e per tanto anche un effetto restrittivo della concorrenza a causa di detta inderogabilità;

3) in via subordinata, per il caso in cui la Corte risolva le questioni di interpretazione dell’articolo 267, 3, TFUE nel senso della ininfluenza delle regole processuali nazionali e della sussistenza di un dovere di soccorso del giudice nazionale, e la questione pregiudiziale come sollevata dall’appellante nel senso della genericità del quesito di parte, la questione pregiudiziale se, laddove il diritto nazionale ponga regole di tutela della concorrenza più severe di quelle comunitarie, in particolare stabilendo che i minimi tariffari delle tariffe professionali possono essere derogati, laddove il diritto comunitario sembra invece ancora consentire a certe condizioni la inderogabilità dei minimi tariffari, e conseguentemente laddove una condotta dell’Ordine professionale che imponga la inderogabilità dei minimi tariffari costituisca, per il diritto nazionale, una intesa restrittiva della concorrenza mentre potrebbe non esserlo per il diritto comunitario, il diritto comunitario della concorrenza, e segnatamente la disciplina comunitaria delle intese restrittive della concorrenza, osti o meno a siffatto risultato di ritenere una data condotta sanzionabile come intesa restrittiva in base alla disciplina nazionale e non anche in base alla disciplina comunitaria, ogni qualvolta le regole nazionali di tutela della concorrenza siano più severe di quelle comunitarie».

7. Con sentenza 18 luglio 2013, C-136/12, la Corte di giustizia si è pronunciata sulle questioni pregiudiziali dichiarando che:

1) L’articolo 267, terzo comma, TFUE deve essere interpretato nel senso che spetta unicamente al giudice del rinvio determinare e formulare le questioni pregiudiziali vertenti sull’interpretazione del diritto dell’Unione che esso ritiene rilevanti ai fini della soluzione del procedimento principale. Non devono essere applicate le norme nazionali che abbiano l’effetto di ledere tale competenza.

2) Le regole come quelle previste dal codice deontologico relativo all’esercizio della professione di geologo in Italia, approvato dal Consiglio nazionale dei geologi il 19 dicembre 2006 e modificato da ultimo il 24 marzo 2010, che prevedono come criteri di commisurazione delle parcelle dei geologi, oltre alla qualità e all’importanza della prestazione del servizio, la dignità della professione, costituiscono una decisione di un’associazione di imprese ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, che può avere effetti restrittivi della concorrenza nel mercato interno. Spetta al giudice del rinvio valutare, alla luce del contesto globale in cui tale codice deontologico dispiega i suoi effetti, compreso l’ordinamento giuridico nazionale nonché la prassi applicativa di detto codice da parte dell’Ordine nazionale dei geologi, se i predetti effetti si producano nel caso di specie. Tale giudice deve anche verificare se, alla luce di tutti gli elementi rilevanti di cui dispone, le regole del medesimo codice, in particolare nella parte in cui fanno riferimento al criterio relativo alla dignità della professione, possano essere considerate necessarie al conseguimento dell’obiettivo legittimo collegato a garanzie accordate ai consumatori dei servizi dei geologi.

8. In seguito alla sentenza della Corte di giustizia, la causa torna oggi in decisione davanti a questo Consiglio di Stato.

9. In applicazione dei principi affermati dalla Corte di giustizia nella sentenza 18 luglio 2013, C-136/12 e all’esito delle valutazioni e delle verifiche che la suddetta sentenza ha demandato al giudice nazionale, il Collegio ritiene che l’appello dell’AGCM debba essere accolto e che quello proposto dal CNG debba, invece, essere respinto.

10. La Corte di giustizia ha, infatti, chiaramente affermato che il CNG costituisce un’associazione di imprese ai sensi e per gli effetti di cui al’art. 101, par. 1, TFUE, posto che, relativamente all’elaborazione di regole deontologiche come quelle di cui trattasi nel contenzioso in esame il CNG non esercita né una funzione sociale fondata sul principio di solidarietà, né perogative tipiche dei pubblici poteri”.

La Corte ha, inoltre, rilevato la natura di “decisione” ai sensi dell’art. 101 TFUE, di tali regole deontologiche, sottolineando il loro carattere vincolante rispetto ai geologi, nonché alla possibilità di infliggere a questi ultimi sanzioni in caso di inosservanza del predetto codice.

Ritenuto, infine, che la decisione in questione sia idonea a “pregiudicare il commercio tra gli Stati membri”, la Corte ha chiaramente affermato che “le regole deontologiche che indicano come criteri di commisurazione delle parcelle del professionista la dignità della professione nonché la qualità e l’importanza della prestazione sono idonee a produrre effetti restrittivi della concorrenza nel mercato interno”.

I riportati passaggi motivazionali della sentenza della Corte di giustizia valgono chiaramente a superare le doglianze fatte valere dal CNG secondo cui i principi comunitari a tutela della concorrenza non troverebbero applicazione nei confronti dei professionisti intellettuali, non potendosi equiparare la concorrenza commerciale alla concorrenza professionale.

La tesi del CNG, volta a sostenere la necessità di operare una distinzione tra concorrenza commerciale e concorrenza professionale, trova una netta smentita nella citata sentenza della Corte di giustizia, che riafferma, conformemente, peraltro, ad una giurisprudenza consolidata, il principio secondo cui la nozione eurounitaria di impresa include anche l’esercente di una professione intellettuale, con la conseguenza che il relativo Ordine professionale può essere qualificato alla stregua di un’associazione di imprese ai sensi dell’art. 101 TFUE.

11. La Corte di giustizia, ha, tuttavia, rilevato che non ogni decisione di un’associazione di imprese che restringa la libertà d’azione delle parti o di una di esse ricade necessariamente sotto il divieto sancito all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE. Infatti, ai fini dell’applicazione di tale disposizione al caso di specie, occorre anzitutto tenere in considerazione il contesto globale nel quale la decisione controversa dell’associazione di imprese in questione è stata adottata o dispiega i suoi effetti e, in particolare, i suoi obiettivi, che consistono, nel caso di specie, nel fornire le garanzie necessarie ai consumatori finali dei servizi di cui trattasi. Occorre poi verificare se gli effetti restrittivi della concorrenza che ne derivano ineriscano al perseguimento di detti obiettivi.

In tale contesto, secondo il giudice comunitario, si deve verificare se le restrizioni così imposte dalle regole di cui trattasi siano limitate a quanto necessario al conseguimento di obiettivi legittimi.

La sentenza europea ha evidenziato che, alla luce del fascicolo di cui dispone, la Corte di giustizia non è in grado di valutare se l’esistenza del criterio relativo alla dignità della professione possa essere considerata necessaria al conseguimento di un obiettivo legittimo, come quello collegato alle garanzie accordate ai consumatori finali dei servizi dei geologi, in quanto, in particolare, detto criterio si aggiunge ad altri criteri di commisurazione delle parcelle strettamente collegati alla qualità del lavoro di detti geologi, quali l’importanza e la difficoltà del lavoro, le conoscenze tecniche e l’impegno richiesti.

Ha, di conseguenza, demandato al giudice del rinvio il compito di valutare, alla luce del contesto globale nel quale il codice deontologico dispiega i suoi effetti, compreso l’ordinamento giuridico nazionale nonché la prassi applicativa di tale predetto codice da parte dell’Ordine nazionale dei geologi, se vi sia un effetto restrittivo della concorrenza nel mercato interno. Il giudice del rinvio, sempre secondo le indicazioni provenienti dalla Corte di giustizia, deve anche verificare se, alla luce di tutti gli elementi rilevanti di cui dispone, le regole di detto codice, in particolare nella parte in cui fanno riferimento al criterio relativo alla dignità della professione, possano essere considerate necessarie al conseguimento del predetto obiettivo legittimo collegato a garanzie accordate ai consumatori.

12. Il Collegio ritiene che, alla luce del contesto globale nel quale il codice dentologico dispiega i suoi effetti, le regole deontologiche in esame, in particolare quella secondo cui a garanzia della qualità delle prestazioni il geologico deve sempre commisurare il compenso al decoro professionale, siano restrittiva della concorrenza e non possano essere considerate necessarie al perseguimento di legittimi obiettivi collegati alla tutela del consumatore.

13. In primo luogo, nel corso dell’indagine conoscitiva svolta dall’Autorità per valutare lo stato di recepimento dei principi della concorrenza nei codici deontologici a seguito della c.d. legge Bersani è emerso che “secondo la prospettiva ordinistica, una prezzo inferiore alla tariffa minima non risulterebbe decorso per la professione” (par. 57). E’ emerso, quindi, che l’obbligo contenuto nei codici deontologici di rispettare il decoro della professione nella determinazione del compenso induca di fatto, e per prassi consolidata, gli iscritti a ritenere vincolanti le tariffe professionali.

In altri termini, l’obbligo di commisurare il compenso al decoro professionale si traduce, nella prassi, in una surrettizia reintroduzione dei minimi tariffari, eludendo così l’abolizione degli stessi disposta dal legislatore (art. 2 decreto legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito in legge 4 agosto 2006, n. 248; art. 9 del decreto legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito in legge 24 marzo 2012, n. 27), con i conseguenti effetti restrittivi della concorrenza.

I geologi, infatti, in virtù della suddetta regola deontologica si troverebbero obbligati a commisurare i compensi ai minimi tariffari, rischiando, altrimenti, l’irrogazione di sanzioni disciplinari da parte dell’Ordine di appartenenza.

14. Né si può ritenere che tale regola deontologica (e il collegato effetto restrittivo della concorrenza che ne deriva) sia necessaria per garantire l’obiettivo della tutela del consumatore, assicurandogli una prestazione di qualità.

Il fine di tutelare il consumatore viene adeguatamente perseguito dall’ordinamento nazionale tramite altri strumenti, che trovano il loro principale ambito di applicazione nella disciplina del singolo rapporto tra professionista e cliente, e si traducono nella previsione di rimedi civilistici, la cui piena operatività non richiede l’attribuzione di alcun potere di vigilanza all’Ordine professionale.

15. Parimenti non si può ritenere che la regola deontologica che impone di praticare compensi commisurati al decoro della professione possa trovare una copertura normativa nell’art. 2233, comma 2, cod. civ. che, occupandosi del contratto d’opera intellettuale, prevede espressamente che “in ogni caso la misura del compenso deve essere adeguata all’importanza dell’opera e al decoro della professione”.

Tale norma, contenuta nel codice civile, si indirizza, infatti, al singolo professionista, disciplinando i suoi rapporti con il cliente nell’ambito del singolo rapporto contrattuale, senza attribuire alcun potere di vigilanza agli Ordini in merito alle scelte contrattuali dei propri iscritti.

Va pienamente condivisa, quindi, sotto questo profilo la posizione dell’AGCM, secondo cui la citata disposizione del codice civile non attribuisce all’Ordine alcun potere, né tanto meno alcun dovere di vigilare sul comportamento dei propri iscritti nella determinazione del compenso, non potendo quindi l’Ordine controllare che il compenso liberamente pattuito sia comunque adeguato al decoro della professione.

16. L’art. 2233, comma 2, cod. civ.. non solo non può essere legittimamente invocata come sostegno normativo della regola deontologica in esame, ma, anzi, finisce per indebolire ulteriormente la posizione del CNG, costituendo una ulteriore riprova della non necessità della regola al fine di assicurare la qualità della prestazione e, quindi, in ultima istanza, la protezione dei consumatori.

Ed invero, anche in assenza della citata regola deontologica, la previsione di compensi professionali in ogni caso adeguati all’importanza dell’opera e al decoro della professione è assicurata, nell’ordinamento nazionale, dalla citata disposizione del codice civile, che di per sé già rappresenta, quindi, una adeguato strumento a garanzia della qualità della prestazione e degli interessi dei consumatori.

In tale contesto normativo, a fronte di un preciso obbligo civilistico che già àncora il compenso professionale al decoro della professione e all’importanza dell’opera, l’introduzione di una regola deontologica volta a ribadire tale obbligo, riservando la vigilanza circa il suo rispetto all’Ordine, e prevedendo l’eventualità di sanzioni disciplinari in caso di inosservanza, appare evidentemente estranea o, comunque, manifestamente non proporzionata, rispetto all’esigenza di fornire al consumatore adeguata tutela.

17. In definitiva, quindi, non sussistono i presupposti per ritenere che nel caso di specie la riscontrata restrizione della concorrenza possa essere considerata necessaria al conseguimento dell’obiettivo legittimo collegato a garanzie accordate ai consumatori dei servizi dei geologi.

18. Alla luce delle considerazioni che precedono deve, pertanto, essere accolto l’appello proposto dall’AGCM (diretto a contestare il punto della motivazione in cui il T.a.r. ha ritenuto che l’Autorità non avesse fornito elementi sufficienti a provare la tesi secondo la quale l’aver fatto riferimento alla dignità della professione come uno degli elementi da prendere in considerazione nella commisurazione delle parcelle dei geologi implicasse il carattere obbligatorio della tariffa professionale). Deve, invece, essere respinto l’appello proposto dal CNG.

19. La complessità delle questioni esaminate giustifica l’integrale compensazione delle spese di giudizio.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti:

– ne dispone la riunione;

– accoglie l’appello proposto dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (ric. N. 4710/2011);

– respinge l’appello proposto dal Consiglio Nazionale dei Geologi (ric. N. 4584/2011).

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 novembre 2014 con l’intervento dei magistrati:

Stefano Baccarini, Presidente

Roberto Giovagnoli, Consigliere, Estensore

Carlo Mosca, Consigliere

Bernhard Lageder, Consigliere

Vincenzo Lopilato, Consigliere