ANCORA SULL’INOTTEMPERANZA DELL’ORDINE DI DEMOLIZIONE: LA DISTINZIONE TRA PROPRIETARIO E RESPONSABILE DELL’ABUSO

CGA Sicilia 5 ottobre 2023, n. 419 – Pres. Carlotti, Est. Martines

 

Il proprietario, anche quando non è responsabile o autore materiale dell’abuso edilizio, è comunque tenuto ad eseguire l’ordine di demolizione in virtù del rapporto che lo lega alla cosa. In virtù del suo rapporto materiale con la res. Grava, infatti, su di lui l’obbligo di collaborazione attiva, tra cui rientra senz’altro la rimozione dell’abuso edilizio, indipendentemente dal fatto che egli fosse o meno responsabile di tale illecito, atteso che la legge si limita a prevedere la legittimazione passiva del proprietario non responsabile all’esecuzione dell’ordine di demolizione, senza richiedere l’effettivo accertamento di una qualche sua responsabilità.

Nel differente caso di abuso realizzato da soggetto diverso dal proprietario non sussiste lo stesso rapporto giuridico con la res, potendo detto rapporto trovare fondamento sia in un diverso diritto reale, quale ad esempio l’usufrutto, sia in mero diritto di godimento, come ad esempio il comodato.

La diversa (recte, minore) intensità del rapporto con la res comporta, di conseguenza, la necessità ulteriore di imputare chiaramente al responsabile dell’abuso non proprietario la realizzazione delle opere abusive.

Tenuto conto della responsabilità del proprietario, a prescindere dal fatto che sia l’autore dell’abuso, l’individuazione dell’effettivo responsabile dell’abuso, attraverso la notifica dell’ordinanza ingiunzione a demolire, può rilevare al fine di escludere l’applicazione della successiva sanzione dell’acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell’area di sedime sulla quale insiste il bene, nonché l’imposizione della sanzione pecuniaria, ex art. 31, comma 4 bis, del d.P.R. n. 380 del 2001; sempreché il proprietario, che non sia l’autore materiale dell’opera, una volta venuto a conoscenza dell’illecita attività edilizia svolta da terzi, si sia attivato contro il responsabile per obbligarlo a rimuovere l’opera abusiva.

 

 

Premesso e considerato

1. La signora Giuseppa Manfrè e, per ella, il signor Giuseppe Natoli, nella qualità di suo amministratore di sostegno, giusta decreto del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto n. 2599/2019, e il signor Gaetano Natoli, rappresentati e difesi dall’avvocato Giuseppe Cincotta, con ricorso straordinario depositato presso il Comune di Lipari, con protocollo di ricezione n. 1022 del 18 luglio 2022, e trasmesso all’Ufficio legislativo e legale con raccomandata a.r. del 19 luglio 2022, hanno chiesto l’annullamento dell’ordinanza di demolizione con rimessa in pristino dei luoghi n. 16/2022 (pratica n. 9/2022), emessa dal Comune di Lipari, 3° Settore – tecnico urbanistico – sviluppo e tutela del territorio – 5 Servizio illeciti e condono, in data 8 marzo 2022, notificata in data 21 marzo 2022.

2. I ricorrenti espongono che la signora Giuseppa Manfrè, in data 18 marzo 1986, ha presentato istanza di sanatoria edilizia, ai sensi della legge n. 47/1985, per l’ampliamento di un fabbricato, identificato al foglio di mappa n. 32, particella 151 del Comune di Lipari.

Con nota di integrazione della suddetta pratica, prot. n. 38373 del 21 ottobre 1997, è stata prodotta la necessaria documentazione fotografica e gli elaborati grafici contenenti planimetrie, sezioni, prospetti e relazione tecnico illustrativa, da cui si evinceva la consistenza del complesso edilizio oggetto di sanatoria.

Per mero errore di rappresentazione da parte del tecnico incaricato, era stato omesso, tra le opere da inserire in sanatoria, un vano soprastante l’abitazione principale, rappresentato, tuttavia, negli stessi elaborati presentati al Comune, che venivano allegati al provvedimento finale di concessione edilizia in sanatoria.

Il predetto errore è stato rappresentato, con istanza del 30 giugno 2020, dal signor Giuseppe Natoli, amministratore di sostegno della signora Manfrè Giuseppa, il quale ha chiesto l’estensione della concessione in sanatoria anche al vano di mq. 15,99 e piccolo bagno adiacente che non erano stati indicati nell’originaria richiesta di sanatoria e, quindi, non compresi nel provvedimento concessione.

Il Comune di Lipari, con nota prot. n. 10496 del 23 luglio 2020, ha riscontrato la suddetta istanza, comunicando che la stessa era stata istruita favorevolmente, dando atto che l’istanza «era relativa ad una ulteriore porzione dell’edificio già rappresentata negli elaborati progettuali presentati all’epoca della definizione del condono», e invitato il richiedente a produrre l’ulteriore documentazione integrativa necessaria alla definizione della pratica.

Con successiva nota prot. n. 14706 del 12 ottobre 2020, il Comune di Lipari, ritenendo insufficiente l’integrazione documentale, ha rigettato la richiesta di riesame della pratica di sanatoria in quanto «la superficie risultante dall’istanza di sanatoria, coincidente con quella graficamente rappresentata, non comprendeva il vano per il quale si chiedeva l’integrazione e che la sanatoria aveva ad oggetto un fabbricato a carattere residenziale, mentre il vano oggetto dell’istanza aveva destinazione commerciale».

Con successiva nota del 19 ottobre 2020, il signor Giuseppe Natoli, nella qualità di amministratore di sostegno della signora Giuseppa Manfrè, ha contestato la motivazione del rigetto che, poi, è stato confermato dal Comune con nota prot. n. 3589 del 10 marzo 2021.

Col provvedimento oggi impugnato, notificato anche al signor Gaetano Natoli, quale gestore del locale oggetto di contestazione, viene ordinato agli odierni ricorrenti di provvedere alla demolizione delle opere abusive.

3. Il ricorso è affidato ai seguenti rubricati motivi.

3.1. «Difetto di legittimazione passiva del signor Natoli Gaetano».

L’ordine di demolizione è stato illegittimamente emesso nei confronti del signor Gaetano Natoli, quale gestore dell’attività commerciale denominata “Zia Peppa”, pur non essendo egli né proprietario né autore dell’abuso edilizio; in tale qualità, non potrebbe «procedere all’eventuale demolizione dell’immobile sul quale non vanta alcun diritto di proprietà, né altro titolo che gli consenta un tale intervento».

Il soggetto passivo di un ordine di demolizione va individuato nel soggetto che ha il potere di rimuovere concretamente l’abuso che, nel caso di specie, non può essere individuato nel gestore dell’attività commerciale esercitata all’interno dell’immobile medesimo.

3.2. «Illegittimità dell’ordine di demolizione e degli atti presupposti per ingiustizia manifesta, difetto di istruttoria ed adeguata motivazione – Illegittimità dell’ordine di demolizione per violazione del principio di affidamento».

Il Comune di Lipari «ha riconosciuto che il vano di mq 4,40 x 3,40 ed il piccolo bagno adiacente mt 1,10 x 3,50, “considerato lo stato di consistenza e la tipologia costruttiva”, sono stati realizzati negli anni 70 (in realtà, secondo la dichiarazione della proprietaria, nel 1969)».

L’abuso, di modeste dimensioni, non arreca alcun pregiudizio all’interesse pubblico trattandosi di un piccolo vano incorporato nell’edificio principale costruito e ampliato con regolari concessioni edilizie.

In considerazione del notevole lasso di tempo trascorso dalla realizzazione dell’abuso, di cui il Comune era a conoscenza, e dell’inerzia dell’Amministrazione, la signora Manfrè ha fatto legittimamente affidamento sulla regolarità dell’immobile.

Indipendentemente dall’accoglimento dell’istanza di integrazione del condono, il Comune non avrebbe dovuto, pertanto, emettere il provvedimento di demolizione che, in ogni caso, avrebbe dovuto essere adeguatamente motivato.

Il provvedimento impugnato è, altresì, illegittimo per mancata comunicazione di avvio del procedimento che, nel caso de quo, non ha consentito ai ricorrenti di interloquire con l’Amministrazione per evidenziare la carenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione, atteso il lungo lasso di tempo intercorso tra la realizzazione dell’abuso e l’ordine di demolizione.

Mancherebbe, ancora, nel provvedimento impugnato un’adeguata motivazione con riferimento al rigetto dell’istanza di riesame e integrazione del condono edilizio, nonché alla conseguente abusività del vano oggetto dell’ordine di demolizione.

In particolare, il Comune avrebbe considerato nell’istanza di sanatoria solo le opere indicate nel modello “A” ad uso residenziale, mentre il vano oggetto di contestazione ha destinazione commerciale, avuto riguardo alla circostanza che la superficie denunciata corrisponderebbe sostanzialmente a quella riportata nei grafici allegati alla successiva concessione edilizia in sanatoria n. 119/04 del 3 maggio 2004.

In ordine al primo rilievo, il tecnico incaricato dalla proprietaria ha chiarito che «al momento della presentazione dell’istanza di condono il vano in questione era adibito a ripostiglio/dispensa della sottostante abitazione della signora Manfrè».

La destinazione commerciale è stata attribuita successivamente, quale destinazione dell’itero stabile, in virtù di regolare concessione edilizia.

Al momento della presentazione dell’istanza di condono, sia il vano oggi ritenuto abusivo, sia l’abitazione principale della signora Manfrè, situata al piano sottostante, erano censiti erroneamente come categoria C/1, pur avendo funzione residenziale, successivamente regolarizzata al catasto.

Quanto alla presunta differenza dell’estensione della superficie, il Comune è incorso in errore nel ritenere che l’immobile oggetto di abuso non fosse originariamente incluso nella superficie dichiarata al momento della presentazione dell’istanza di sanatoria.

Di conseguenza il provvedimento impugnato deve considerarsi illegittimo per difetto di motivazione e adeguata istruttoria, non avendo correttamente accertato e valutato la circostanza che il vano in questione e il piccolo bagno non sono stati inseriti nel modello “A” della sanatoria per mero errore, ma di fatto erano già esistenti al momento della presentazione del condono e facenti parte del fabbricato condonato.

Il comune di Lipari ha, poi, erroneamente attribuito rilievo, al fine di escludere la possibilità di fare rientrare il vano in questione nell’istanza di sanatoria, al parere di inammissibilità espresso dalla Soprintendenza, la quale si è limitata ad affermare l’inammissibilità della richiesta di parere paesaggistico, in quanto avrebbe dovuto preliminarmente pronunciarsi il Comune.

Infine, l’erronea identificazione catastale del bene oggetto di contestazione determinerebbe, altresì, l’illegittimità del provvedimento di demolizione, non essendone identificabili i dati catastali.

4. Il Comune di Lipari, con nota prot. n. 11217 del 5 agosto 2022, ha trasmesso la documentazione utile per la trattazione del gravame e il rapporto previsto dall’art. 9 del d.P.R. n. 1199/1971.

Il Comune riferisce che, con licenza n. 4565 del 18 maggio1963, veniva autorizzata in favore della signora Giuseppa Manfrè, la realizzazione di due vani con antistante terrazza e, successivamente, con licenza edilizia n. 1413 del 21 febbraio 1968, veniva autorizzato l’ampliamento del fabbricato.

La richiedente ha trasformato abusivamente un patio sottostante all’immobile, al piano seminterrato, in 3 vani, di 52,92 mq. complessivi.

Per tale ultima trasformazione ha richiesto la sanatoria, ai sensi della legge n. 47/1985, indicando una superficie di 3 vani in misura ridotta (in quanto edilizia non residenziale), pari a mq. 31,75, per i quali ha pagato la relativa oblazione.

La superiore richiesta è stata esitata con concessione edilizia in sanatoria n. 119/2004.

Al riguardo, nel rapporto si legge: «[è] utile precisare anche che nei progetti allegati alla concessione e presentata dalla ditta a parere di questo estensore non vi furono errori in quanto i locali da sanare vengono evidenziati dal colore giallo, così come previsto per le sanatorie viene indicata all’interno di ogni vano la superficie utile, e ancora meglio in modesta leggenda viene indicata la superficie utile e il volume da condonare. Il tutto coincidente con i modelli, stessa identica cosa viene indicata nella relazione tecnica illustrativa facente parte integrante della concessione in sanatoria n° 119/2004.»; ancora «[i]n detto progetto allegato alla concessione la ditta inserisce un vano con bagno non presente nella licenza edilizia dall’anno 1968, tentando di farlo passare quale opera esistente, comunque non oggetto di intervento di sanatoria.».

Ad un primo esame, in assenza della concessione della licenza edilizia del 1968, rinvenuta successivamente, la pratica è stata istruita favorevolmente, ritenendo che il vano indicato in progetto potesse in qualche modo rientrare nel condono.

Successivamente, però, esaminati tutti gli atti «si è addivenuti alla certezza che il vano abusivamente realizzato dopo l’anno 1968 non è mai stato oggetto del condono, né per richiesta, né per effetto ablativo».

5. Con nota prot. n. 18864 del 20 settembre 2022, l’Ufficio legislativo e legale ha comunicato ai ricorrenti di aver completato l’acquisizione della documentazione utile alla decisione del gravame, concedendo un termine per l’esercizio del diritto d’accesso e per la presentazione di eventuali memorie.

I ricorrenti si sono avvalsi del diritto d’accesso con p.e.c. dell’8 ottobre 2022, ma non della facoltà di produrre memorie.

6. Il ricorso è ricevibile, essendo stato notificato al comune di Lipari con raccomandata del 19 luglio 2022, nel termine di centoventi giorni, prescritto dall’art. 9 del d.P.R. n. 1199/1971, decorrente dalla notifica del provvedimento impugnato, avvenuta il 28 marzo 2022.

7. È fondato il primo motivo di ricorso, col quale si lamenta il difetto di legittimazione passiva del signor Gaetano Natoli, in quanto «non è proprietario dell’immobile, né è individuato quale autore materiale dell’abuso, risalente ad un’epoca addirittura precedente alla sua nascita», ma solo gestore dell’attività commerciale nell’immobile in questione.

Il Collegio, con l’occasione, ritiene opportuno un approfondimento della portata precettiva dell’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001, laddove individua nel «responsabile dell’abuso» l’altro soggetto passivo della sanzione della demolizione per la realizzazione dell’opera abusiva.

7.1.1. L’art. 31, comma 2, del d.P.R. n. 380/2001 prevede che «il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale […] ingiunge al proprietario e al responsabile dell’abuso la rimozione o la demolizione.».

Per meglio comprendere l’ambito di applicazione della superiore disposizione, può essere utile distinguere le due ipotesi di ingiunzione: al proprietario e al responsabile dell’abuso.

7.1.2. La citata disposizione di legge individua, innanzitutto, come legittimo destinatario dell’ordinanza di demolizione il «proprietario».

Si tratta di una priorità che trova fondamento logico e giuridico nell’ampio contenuto del diritto che ha il proprietario sulla res, in forza del quale gli è consentito di intervenire per porre fine all’abuso.

L’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001 individua quale soggetto passivo dell’ordine di demolizione chi ha il potere di rimuovere concretamente l’abuso, facoltà che compete indubbiamente, prima di tutto, al proprietario, in virtù del suo diritto dominicale.

Sussiste, poi, un altro motivo per cui l’art. 31 individua il primo destinatario dell’ingiunzione a demolire nel proprietario: identificare, con certezza, il soggetto incaricato di rimuovere l’abuso, che coincide con il titolare del diritto di proprietà.

7.1.3. La distinzione tra «proprietario» e «responsabile dell’abuso», contenuta nell’art. 31, ha indotto la giurisprudenza a ritenere che sia ininfluente l’accertamento della responsabilità del titolare del diritto di proprietà.

È stato ripetutamente affermato, infatti, che «il presupposto per l’adozione di un’ordinanza di demolizione non è l’accertamento di responsabilità nella commissione dell’illecito, bensì l’esistenza di una situazione dei luoghi contrastante con quella prevista nella strumentazione urbanistico-edilizia: il soggetto passivo dell’ordine di demolizione viene, quindi, individuato nel soggetto che ha il potere/dovere di rimuovere concretamente l’abuso, potere/dovere (di natura reale) che compete indubbiamente al proprietario, anche se non responsabile in via diretta. Pertanto, affinché il proprietario di una costruzione abusiva possa essere destinatario dell’ordine di demolizione, non occorre stabilire se egli sia responsabile dell’abuso, poiché la stessa disposizione – art. 31, comma 2, del d.P.R. n. 380 del 2001 – si limita a prevedere la legittimazione passiva del proprietario non responsabile all’esecuzione dell’ordine di demolizione, senza richiedere l’effettivo accertamento di una qualche sua responsabilità.» (Cons. Stato, sez. I, n. 1512/2022).

Nel caso di realizzazione di opere edilizie abusive è considerato, innanzitutto, responsabile il proprietario, sebbene non in ragione di una sua responsabilità effettiva o presunta nella commissione dell’illecito edilizio, ma solo in virtù del suo rapporto materiale con la res; grava, infatti, su di lui l’obbligo di collaborazione attiva, tra cui rientra senz’altro la rimozione dell’abuso edilizio, indipendentemente dal fatto che egli fosse o meno responsabile di tale illecito, atteso che la legge «si limita a prevedere la legittimazione passiva del proprietario non responsabile all’esecuzione dell’ordine di demolizione, senza richiedere l’effettivo accertamento di una qualche sua responsabilità (cfr. Cons. Stato, sez. II, 12 settembre 2019, n. 6147)» (Cons. Stato, sez. VI, n. 300/2020).

Al riguardo, giova ribadire che legittimo destinatario dell’ordinanza di demolizione è, di certo, colui il quale «si trovi al momento dell’irrogazione in un rapporto diretto con il manufatto illecitamente realizzato, tale da poter ripristinare l’ordine, prima ancora materiale che giuridico, alterato con la sopravvenienza oggettiva di un’opera, priva di un giusto titolo» (Cgars, sez. riun. del 10 gennaio 2023, n. 81/2023).

7.2. Così tracciata la legittimazione passiva del proprietario, occorre comprendere il significato e delineare il perimetro dell’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001, laddove individua nel «responsabile dell’abuso» l’altro soggetto passivo della sanzione della demolizione per la realizzazione dell’opera abusiva.

È evidente, innanzitutto, che la questione rileva solo nell’ipotesi in cui il responsabile dell’abuso non coincida con il proprietario.

7.2.1. Nel caso in cui il bene abusivamente realizzato sia nella disponibilità di un soggetto diverso dal proprietario, l’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001 prevede che colui il quale ha realizzato l’abuso edilizio, avendo il godimento del bene in un dato momento, sia destinatario, al pari del proprietario, dell’ordine di demolizione.

Il dato letterale dell’art. 31 è chiaro «il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale […] ingiunge al proprietario e al responsabile dell’abuso la rimozione o la demolizione.»; l’utilizzo della congiunzione «e al responsabile dell’abuso» non lascia adito a dubbi.

7.2.2. Tenuto conto della responsabilità del proprietario, a prescindere dal fatto che sia l’autore dell’abuso, l’individuazione dell’effettivo responsabile dell’abuso, attraverso la notifica dell’ordinanza ingiunzione a demolire, può rilevare al fine di escludere l’applicazione della successiva sanzione dell’acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell’area di sedime sulla quale insiste il bene, nonché l’imposizione della sanzione pecuniaria, ex art. 31, comma 4 bis, del d.P.R. n. 380 del 2001; sempreché il proprietario, che non sia l’autore materiale dell’opera, una volta venuto a conoscenza dell’illecita attività edilizia svolta da terzi, si sia attivato contro il responsabile per obbligarlo a rimuovere l’opera abusiva.

7.2.3. L’ordinanza che ingiunge la demolizione è, senza alcun dubbio, una sanzione (vds. Corte Cost., sentenza n. 345 del 15 luglio 1991).

L’applicazione della sanzione demolitoria, seppur tenendo conto del carattere vincolato del procedimento e della sufficiente motivazione attraverso la descrizione delle opere abusive e la constatazione della loro abusività (ex plurimis, Cgars, sez. riun. del 15 marzo 2022, n. 174/2022), non può prescindere dalla puntuale individuazione ed esplicitazione dei presupposti in fatto e in diritto su cui si fonda.

Nel caso di non coincidenza del proprietario con l’autore dell’abuso edilizio occorre accertare, preliminarmente, se il conduttore sia il soggetto responsabile degli abusi edilizi e, poi, allegare le circostanze idonee ad imputare al medesimo l’effettiva realizzazione dei contestati abusi, con una puntuale motivazione.

7.2.4. Mentre per il proprietario il rapporto che lo lega alla res trova fondamento nel diritto reale per eccellenza – con la conseguenza che non v’è alcun dubbio sia il soggetto passivo dell’ordine di demolizione in quanto soggetto «che ha il potere/dovere di rimuovere concretamente l’abuso, potere/dovere (di natura reale) che compete indubbiamente al proprietario», estendendosi addirittura all’ipotesi in cui non sia responsabile materiale dell’abuso – nel diverso caso di abuso realizzato da soggetto diverso dal proprietario non sussiste lo stesso rapporto giuridico con la res, potendo detto rapporto trovare fondamento sia in un diverso diritto reale, quale ad esempio l’usufrutto, sia in mero diritto di godimento, come ad esempio il comodato.

La diversa (recte, minore) intensità del rapporto con la res comporta, di conseguenza, la necessità ulteriore di imputare chiaramente al responsabile dell’abuso non proprietario la realizzazione delle opere abusive.

7.3. Vendo al caso in esame, è pacifico che il signor Gaetano Natoli non sia proprietario dei locali oggetto dell’ordine demolitorio.

Nell’ordinanza di demolizione con rimessa in pristino dei luoghi n. 16/2022 il Comune non ha allegato alcuna circostanza idonea a ritenere il signor Gaetano Natoli responsabile dell’abuso edilizio.

Nella citata ordinanza si legge: «visto l’accertamento tecnico prot. n. 2984 del 04.03.2022, dal quale risulta che la ditta MANFRÈ GIUSEPPA … proprietaria di un immobile adibito ad attività commerciale … ha realizzato le seguenti opere abusive: ampliamento al piano terra di un vano con bagno» e «che l’attività commerciale denominata “Zia Peppa”, è gestita dal sig. NATOLI GAETANO (secondo nipote della sig.ra Manfrè)» ordina «alla ditta MANFRÈ GIUSEPPA (proprietaria) e per lei NATOLI GIUSEPPE (amministratore di sostegno) e NATOLI GAETANO, quale attuale gestore dell’attività commerciale denominata “Zia Peppa” … di provvedere entro il termine di 90 (novanta giorni) dalla data di notifica della presente, alla demolizione delle opere abusive, in premessa indicate».

Nell’ordinanza l’unica ragione per cui il signor Gaetano Natoli è destinatario dell’ordine di demolizione risiede nel fatto di essere gestore dell’attività commerciale denominata “Zia Peppa” nei locali realizzati abusivamente.

Dalla ricostruzione effettuata dal Comune, nel rapporto prot. n. 11217 del 5 agosto 2022, emerge l’esclusiva responsabilità per la realizzazione dell’abuso in capo della proprietaria signora Giuseppa Manfrè, la quale nel 1986 ha presentato l’istanza di sanatoria edilizia per l’ampliamento di un fabbricato destinato a civile abitazione.

All’epoca dell’istanza di sanatoria, il signor Gaetano Natoli era un minore di appena cinque anni, il che rende difficile imputare allo stesso la realizzazione dell’ampliamento dell’unità immobiliare.

7.4. Facendo applicazione dei principi sopra enunciati al caso in esame, emerge l’illegittimità del provvedimento impugnato, in quanto il Comune non ha allegato alcuna circostanze idonea ad imputare al signor Gaetano Natoli l’effettiva realizzazione dei contestati abusi, né tantomeno motivato con una puntuale indicazione dei relativi presupposti in fatto e in diritto.

È fondato, pertanto, il motivo di ricorso col quale si lamenta che il Comune abbia rivolto l’ingiunzione di demolizione e rimessione in pristino al signor Gaetano Natoli.

8. Per il resto l’atto impugnato risulta immune dai vizi denunciati con il secondo articolato motivo di ricorso.

8.1. Non sussiste la dedotta violazione del principio del legittimo affidamento.

Per ormai consolidata e pacifica giurisprudenza, che il Collegio condivide, «in presenza di un’opera abusiva non è configurabile alcun legittimo affidamento che possa giustificarne la conservazione» (Cgars., sez. riun., 28 luglio 2021, n. 263; idem Cons. Stato, sez. VI, 26 settembre 2022, n. 8264).

La pretesa inerzia dell’Amministrazione comunale non può in alcun modo far divenire legittimo ciò che sin dall’inizio era illegittimo, ossia l’edificazione sine titulo.

Tale inerzia, della quale si è comunque giovata la ricorrente, non può certamente radicare alcun affidamento di carattere legittimo in capo a chi ha commesso l’abuso, a maggior ragione nel caso in esame, nel quale era ben nota la natura abusiva dell’opera realizzata.

Come riferito dal Comune nel rapporto ex art. 9 del d.P.R. n. 1199/1971 «nei progetti allegati alla concessione e presentata dalla ditta a parere di questo estensore non vi furono errori in quanto i locali da sanare vengono evidenziati dal colore giallo, così come previsto per le sanatorie viene indicata all’interno di ogni vano la superficie utile, e ancora meglio in modesta leggenda viene indicata la superficie utile e il volume da condonare. Il tutto coincidente con i modelli, stessa identica cosa viene indicata nella relazione tecnica illustrativa facente parte integrante della concessione in sanatoria n° 119/2004.» e per di più «[i]n detto progetto allegato alla concessione la ditta inserisce un vano con bagno non presente nella licenza edilizia dall’anno 1968, tentando di farlo passare quale opera esistente, comunque non oggetto di intervento di sanatoria.».

L’inesatta rappresentazione da parte del privato delle circostanze, in fatto e in diritto, poste a fondamento dell’atto a lui favorevole non consente di configurare in capo al medesimo una posizione di affidamento all’emanazione del provvedimento favorevole.

Quanto infine al denunciato interesse pubblico concreto e attuale al ripristino dello stato dei luoghi è sufficiente ricordare che: «il provvedimento con cui viene ingiunta, sia pure tardivamente, la demolizione di un immobile abusivo e giammai assistito da alcun titolo, per la sua natura vincolata e rigidamente ancorata al ricorrere dei relativi presupposti in fatto e in diritto, non richiede motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse (diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimità violata) che impongono la rimozione dell’abuso. Il principio in questione non ammette deroghe neppure nell’ipotesi in cui l’ingiunzione di demolizione intervenga a distanza di tempo dalla realizzazione dell’abuso, il titolare attuale non sia responsabile dell’abuso e il trasferimento non denoti intenti elusivi dell’onere di ripristino» (Cons. Stato, Ad. Plen, 17 ottobre 2017, n. 9).

La censura non merita, pertanto, accoglimento.

8.2. Con riferimento al motivo, col quale si lamenta la mancata comunicazione di avvio del procedimento che ha portato all’emanazione dell’ordinanza impugnata, non sussiste la dedotta violazione di legge «poiché, per pacifica giurisprudenza, gli atti repressivi di abusi edilizi, in quanto costituenti attività dovute, non richiedono di essere preceduti da comunicazione di avvio del procedimento (Cgras, sez. riun., 5 gennaio 2021 n. 29; Cons. Stato, sez. VI, 8 giugno 2020, n. 3636). L’ULL correttamente evidenzia che, nel caso di specie, l’atto impugnato costituisce la fase terminale del procedimento sanzionatorio, di cui i ricorrenti erano senz’altro a conoscenza ed essi non avrebbero potuto, comunque, apportare all’azione amministrativa alcun utile spunto procedimentale, come emerge anche dal contenuto del presente gravame.» (Cgars, sez. riun., 25 maggio 2021, n. 203).

Contrariamente all’assunto della ricorrente, l’ordinanza di demolizione, con la quale l’autorità preposta alla tutela del territorio provvede alla repressione degli illeciti in materia edilizia e urbanistica, si connota come un preciso obbligo dell’Amministrazione, la quale non gode di alcuna discrezionalità al riguardo.

In sostanza, verificata la sussistenza del manufatto abusivo, l’Amministrazione ha il dovere di adottare l’ingiunzione a demolire, essendo la relativa ponderazione tra l’interesse pubblico e quello privato compiuta a monte dal legislatore, con l’ulteriore conseguenza che non è necessaria la preventiva comunicazione di avvio del procedimento né un’ampia motivazione. (ex plurimis, Cgars, sez. riun., 21 marzo 2023, n. 223/2023).

In ultimo, deve anche considerarsi che l’eventuale carenza procedimentale della mancata previa comunicazione di avvio del relativo procedimento non può condurre per ciò solo all’annullamento dell’ordinanza di demolizione ex art. 21 octies, comma 2, della legge n. 241/1990.

In base alla regola di cui all’art. 21 octies, introdotto dall’art. 14 della legge 11 febbraio 2005, n. 15, l’omessa comunicazione dell’avvio del procedimento non costituisce causa di annullamento nelle ipotesi in cui risulti dimostrato, come nel caso in esame, che il provvedimento non avrebbe avuto un contenuto diverso da quello concretamente adottato.

In conclusione «[l]’attività di repressione degli abusi edilizi mediante l’ordinanza di demolizione, costituendo un’attività di natura vincolata, non deve essere preceduta dalla comunicazione di avvio del procedimento ai soggetti interessati» (Cons. Stato, sez. II, 15 maggio 2023, n. 4851/2023).

Anche tale censura, pertanto, non merita accoglimento.

8.3. L’onere motivazionale gravante sull’Amministrazione, con riferimento alla richiesta di integrazione del condono edilizio per l’ampliamento al piano terra di un vano con bagno, è stato pianamente soddisfatto.

Nell’ordinanza n. 16/2022 si legge «vista la richiesta avanzata dalla ditta di annettere alla pratica di sanatoria C.E.S n. 119/04, il vano abusivo con bagno, sostenendo di non aver evidenziato la stessa opera ma che invece faceva parte del condono;» e «visto che l’ufficio condono rigettava l’istanza non riscontrando motivi sufficienti per ritenere l’opera oggetto del predetto condono;».

Come più dettagliatamente indicato nel rapporto prot. n. 11217 del 5 agosto 2022 il vano abusivamente realizzato e oggetto dell’ordinanza di demolizione «non rientrava né per superficie, né per pagamenti di oblazione e né per indicazione certa negli elaborati progettuali allegati alla concessone e pertanto, con nota prot. 14706 del 12.10.2020 veniva rigettata la richiesta avanzata dalla ditta».

Non sussiste la insufficienza della motivazione di cui si lamenta la ricorrente, in quanto nell’ordinanza n. 16/2022 viene richiamato in premessa il rigetto della richiesta di integrazione della concessione edilizia in sanatoria n. 119/2004.

Eventuali doglianze avrebbero dovuto essere proposte tempestivamente con l’impugnazione del predetto provvedimento prot. n. 14706 del 12 ottobre 2020, ma ciò non è avvenuto.

Giova, al riguardo, ricordare che l’ordinanza di demolizione di un immobile abusivo, avendo natura di atto dovuto e rigorosamente vincolato, è già dotata di un’adeguata e sufficiente motivazione attraverso la descrizione delle opere abusive e la constatazione della loro abusività (ex plurimis, Cgars, sez. riun., 15 marzo 2022, n. 174/2022).

L’onere motivazionale è, dunque, pienamente soddisfatto nel caso in cui vi sia stata la compiuta descrizione delle opere abusive, la constatazione della loro esecuzione in assenza di titolo edilizio e l’individuazione della norma applicata.

Nel caso in esame emergono chiaramente sia dall’ordinanza di demolizione sia dagli atti ivi richiamati, i presupposti di fatto e di diritto sottesi al provvedimento impugnato, col quale è stata sanzionato l’«ampliamento al piano terra di un vano con bagno» in assenza: i) del permesso di costruire; ii) del parere del Genio Civile, in area sottoposta a vincolo sismico; iii) del parere della Soprintendenza ai BB.CC.AA., in area sottoposta a vincolo paesaggistico.

L’onere motivazionale, nel caso in esame, è, pertanto, pienamente soddisfatto.

8.4. Quanto infine alla dedotta erronea identificazione dei dati catastali il fatto che «le opere non ricadono sulla particella indicata (sub 4), soppressa con pratica catastale Docfa in data 16/03/2020» non può comportare alcuna illegittimità dell’ordine di demolizione impugnato, in quanto nel caso in esame non può farsi derivare alcuna incertezza circa l’esatta identificazione dell’opera abusiva.

La doglianza in esame, semmai, potrà essere sollevata solo allorquando verrà ordinata, dal Comune, una volta accertata l’inottemperanza alla sanzione ripristinatoria, l’acquisizione al patrimonio comunale dell’immobile abusivo e della sua area di sedime.

Al riguardo, giova ricordare che «[i]l destinatario dell’ingiunzione può impedire tale effetto con la demolizione dell’opera contestata e rendere così impossibile l’acquisizione, cosicché la specificazione dell’area è adempimento che caratterizza i provvedimenti successivi all’ordinanza demolitoria, senza pregiudicare l’interessato che non abbia inteso ottemperarvi. Soltanto nel caso in cui l’autore dell’abuso non provveda, infatti, il Comune, previo accertamento dell’inottemperanza all’ordinanza di demolizione, valuterà in ordine alla scelta tra demolizione d’ufficio, sanzione pecuniaria o acquisizione gratuita al proprio patrimonio delle opere abusive e dell’area di sedime; solo in questa fase la corretta indicazione degli elementi identificativi del bene da acquisire possono considerarsi elementi imprescindibili del provvedimento di acquisizione, mentre la mancata corretta indicazione degli stessi nell’ordinanza di demolizione non può determinarne l’illegittimità (Cgars, sez. riun., 3 giugno 2009, n. 149).» (Cgars, Sez. riun. del 28 febbraio 2023, 191/2023).

7. Alla luce delle superiori considerazioni, il Consiglio esprime parere nel senso che il ricorso vada respinto ad eccezione del primo motivo di ricorso e, conseguentemente, l’ordinanza del Comune di Lipari n. 16/2022 vada annullata solo nella parte in cui ingiunge la demolizione con rimessa in pristino dei luoghi al signor Gaetano Natoli.

P.Q.M.

Il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana esprime il parere che il ricorso debba accolto in parte.