LA SENTENZA DEL TAR SULL’OBBLIGO DI INDIRE LE ELEZIONI NEL LAZIO

1. L’atto di indizione delle elezioni è un atto di alta amministrazione soggetto alla giurisdizione amministrativa in quanto non sussumibile nel novero degli atti e provvedimenti adottati nell’esercizio del potere politico ai sensi del comma 1 dell’art. 7 del c.p.a.

2. Il nostro ordinamento garantisce in sede giurisdizionale sia gli esclusi dalla competizione elettorale sia qualunque altro elettore che ravvisi la illegittimità di uno degli atti del procedimento elettorale. Dunque, se ogni elettore può agire in giudizio contro le illegittimità del procedimento elettorale, a maggior ragione – secondo una interpretazione costituzionalmente orientata – deve poter agire in giudizio contro le illegittimità che, in ipotesi, indebitamente impediscono o ritardano lo stesso avvio del procedimento elettorale (nel cui ambito egli potrà, se del caso, proporre ricorso). Diversamente opinando, potrebbe essere di fatto vanificata la stessa ratio della tutela giurisdizionale, connessa alla garanzia dei diritti civili e politici, costituzionalmente garantiti, di ciascun elettore.

 

3. Nel processo amministrativo è ammissibile un’azione dichiarativa dell’illegittimità dell’inerzia dell’Amministrazione intimata rispetto al comportamento ad essa imposto dalla vigente normativa, con la conseguente domanda di condanna della stessa ad un facere doveroso, per il quale sono stati ormai esauriti i residui margini di discrezionalità temporale, con connessa necessità, ai fini del ripristino della legalità violata, di fissare lo svolgimento delle elezioni alla prima data utile tecnicamente compatibile con gli adempimenti procedimentali previsti dalla normativa vigente in materia di operazioni elettorali.

4. L’art. 5 della l.r. del Lazio n. 2/2005 secondo cui le elezioni devono essere indette entro tre mesi dalla scioglimento del Consiglio Regionale deve essere interpretato nel senso che l’espressione “indizione” debba necessariamente e ragionevolmente intendersi nel senso che le elezioni abbiano luogo e non siano semplicemente indette entro tale lasso di tempo.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;

sul ricorso numero di registro generale 8921 del 2012, proposto dall’associazione MOVIMENTO DIFESA del CITTADINO, in persona del legale rappresentante signor Antonio LONGO, anche in proprio, rappresentati e difesi dall’avv. Gianluigi Pellegrino, con domicilio eletto presso lo studio dello stesso in Roma, c.so del Rinascimento, n.11;

contro

– la REGIONE LAZIO, in persona del Presidente della Giunta regionale p.t., rappresentata e difesa dagli avv. Francesco Saverio Marini e Renato Marini, con domicilio eletto presso il loro studio in Roma, via dei Monti Parioli, 48;
– il PRESIDENTE della REGIONE LAZIO p.t.,;

per l’annullamento, previa sospensione degli effetti,

della determinazione del Presidente dimissionario della Regione Lazio di non far tenere le elezioni regionali entro il termine di 90 giorni dallo scioglimento del Consiglio regionale avvenuto il 28.09.2012, e comunque per l’accertamento dell’obbligo, con relativa condanna, del Presidente della Regione Lazio di provvedere senza indugio alla indizione delle elezioni garantendone la celebrazione nel termine di novanta giorni dallo scioglimento del Consiglio e comunque, ove ciò non fosse possibile nella prima data utile successiva a tale termine.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione Lazio;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 8 novembre 2012 il Cons. Antonio Vinciguerra e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;

 

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

1 – Con il ricorso in epigrafe, l’associazione “Movimento difesa del cittadino” e il suo presidente Antonio Longo, anche in proprio quale elettore del Consiglio regionale del Lazio, chiedono a questo Tribunale di pronunciare – previa adozione delle necessarie misure cautelari – l’illegittimità e quindi l’annullamento della determinazione del Presidente dimissionario della Regione Lazio di non far tenere le elezioni regionali entro il termine di legge “e comunque l’accertamento dell’obbligo con relativa condanna, del medesimo Presidente, di provvedere senza indugio alla indizione delle elezioni garantendone la celebrazione nel termine di novanta giorni dallo scioglimento del Consiglio e comunque, ove ciò non fosse possibile nella prima data utile successiva a tale termine”.

2 – Affermano i ricorrenti che il Presidente della Regione Lazio, che si è dimesso il 27.9.2012 con conseguente scioglimento del Consiglio regionale il 28.9.2012, ha omesso di indire le elezioni in tempo utile ai fini del loro svolgimento entro il termine di tre mesi dallo scioglimento del Consiglio stesso, così come previsto dall’art.5 della legge regionale del Lazio n. 2/2005 e come confermato dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 196/2003, atteso che ai sensi dell’art. 3, comma 5, della legge n. 108/1968 i sindaci danno notizia dell’indizione dei comizi elettorali con manifesti affissi almeno 45 giorni prima della data di svolgimento.

3 – Viene quindi dedotta l’illegittimità dell’inerzia dell’Amministrazione intimata per violazione del citato art. 5 della legge regionale del Lazio n. 2/2005, oltrechè dei principi costituzionali in materia. Infatti, l’espressione “indizione” deve necessariamente “intendersi nel senso che le elezioni abbiano luogo e non siano semplicemente indette entro tale lasso di tempo” (cfr. Corte Cost. n. 196 del 2003) in quanto, in caso contrario, la norma si limiterebbe a prevedere un termine – peraltro irragionevolmente lungo – per l’indizione, lasciando poi libero lo stesso Presidente della Regione, ormai dimissionario, di dilazionare nel tempo e senza alcun ulteriore termine il successivo effettivo svolgimento delle elezioni: il che vanificherebbe la ratio legis volta ad evitare un indefinito arresto delle funzioni e della potestà legislativa della Regione.

4 – L’Amministrazione regionale, costituita in giudizio, afferma in via preliminare l’inammissibilità del ricorso per l’inesistenza dell’oggetto (la mancata indizione) e comunque per il difetto assoluto di giurisdizione nell’impugnazione di un atto avente natura politica, e quindi insindacabile ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. n. 104/2010, così come confermato dagli artt. 126 e 129 c.p.a. che circoscrivono la giurisdizione del giudice amministrativo unicamente agli atti connessi alle operazioni elettorali, in analogia, peraltro, con quanto previsto dalla Costituzione per il Parlamento secondo il principio di “autodichia” o “giustizia domestica”. La stessa giurisprudenza del Consiglio di Stato (cfr. sez. IV, n.1053/2008) avrebbe confermato la natura politica dell’atto di indizione delle elezioni rendendo possibile, al più, un ricorso per conflitto di attribuzioni davanti alla Corte Costituzionale.

5 – La Regione Lazio deduce, in via subordinata, l’infondatezza del gravame nel merito, poiché in primo luogo l’obbligo di indire le elezioni nei novanta giorni dallo scioglimento del Consiglio regionale, così come disciplinato dall’art. 5 della l.r. n. 2 del 2005, si applica, testualmente, nei “casi di scioglimento del Consiglio regionale previsti dall’art. 19, comma 6 dello Statuto”. Tale norma, a propria volta, esclude “i casi di scioglimento di cui agli articoli 43 e 44”, tra i quali figurano le “dimissioni volontarie del Presidente”. Pertanto – argomenta la Regione – la norma invocata deve ritenersi circoscritta al solo caso di dimissioni contestuali della maggioranza dei componenti del Consiglio, e non risulta applicabile al caso in esame. Inoltre, l’affermata interpretazione del termine “indizione” sarebbe smentita proprio da alcune sentenze di questa Sezione (nn. 31274, 27284 e 32212 del 2010) che hanno ritenuto legittimo il decreto presidenziale di indizione delle elezioni (poi svoltesi dopo circa 5 mesi dallo scioglimento del Consiglio regionale) in quanto “correttamente adottato entro i tre mesi dallo scioglimento del Consiglio regionale, nel rispetto di quanto previsto dall’art. 5, comma 1, della l.r. n. 2 del 2005” (vedi sent. cit. n. 32212/2010), rilevando “di dover propendere per un significato del termine ‘indizione’ più restrittivo, non riscontrando alcun riferimento ad un termine di coincidenza con lo svolgimento delle votazioni”. Il Tar del Lazio ha sottolineato che “la conferma che l’indizione delle elezioni è fase distinta dalle altre e, nella specie, da quella delle elezioni (votazioni)” si può trarre “anche dal confronto che si può operare con le altre norme, in tema di indizione di elezioni anticipate, contenute nelle leggi elettorali di varie Regioni a statuto ordinario”; infatti, “dal confronto di norme, evidentemente emerge che quando il legislatore ha voluto che le nuove elezioni non solo siano indette, ma anche svolte entro tre mesi”, “lo ha indicato espressamente mediante la locuzione ‘hanno luogo’, locuzione che invece non è stata utilizzata nella legge regionale elettorale del Lazio n. 2 del 2005” (cfr.sent. cit. n. 31274/2010).

6 – Secondo la difesa regionale, la medesima distinzione fra indizione e svolgimento sarebbe altresì rinvenibile negli artt. 61, 85 e 87 Cost. quanto alle elezioni del Parlamento, mentre l’invocata sentenza della Corte costituzionale n. 196/2003 conterrebbe, in realtà, solo un riferimento incidentale alla interpretazione della diversa legge regionale dell’Abruzzo n. 1/2002, concernente le elezioni ad ordinaria scadenza del Consiglio e non suscettibile di estensione oltre la specifica fattispecie considerata. La perdurante mancata indizione troverebbe, infine, giustificazione:

– nell’esigenza di dare attuazione con legge regionale, prima di procedere alla votazione, alla riduzione di seggi del Consiglio prevista dal d.l. 13 agosto 2011, n. 138, conv. dalla l.14 settembre 2011, n.148, ovvero di attendere la conversione del successivo d.l. 10 ottobre 2012, n. 174 che, a fronte della mancata adozione delle previste leggi regionali, ha disposto l’automatica riduzione dei seggi in rapporto alla popolazione di riferimento;

– nell’esigenza di attendere l’entrata in vigore del recente d.l. 5 novembre 2012, n. 188 di riordino e riduzione delle Province, in quanto i collegi elettorali in ambito regionale sono costituiti su base provinciale;

– nell’esigenza di rispettare l’obbligo posto dall’art. 7 del d.l. 6 luglio 2011, n.98, conv. dalla l. 15 luglio 2011, n. 111 che, in un’ottica di riduzione dei costi della politica, richiede che le elezioni del Parlamento e degli organi di governo regionali e locali si svolgano in un’unica data nell’arco dell’anno (c.d.“ election day”).

7 – Entrambe le parti in giudizio hanno ulteriormente argomentato e articolato le rispettive difese nell’odierna Camera di consiglio, che ha avuto luogo a seguito della loro rinuncia ai termini processuali.

In tale contesto, il Collegio, ritenendo il ricorso maturo per la decisione con sentenza in forma semplificata ai sensi dell’art. 60 c.p.a., di tanto ha informato i difensori presenti, che al riguardo non hanno sollevato obiezioni di sorta.

Il ricorso è stato contestualmente introitato per l’immediata decisione.

8 – Ai fini della pronuncia di questo Tribunale, deve essere in primo luogo verificata la sussistenza delle condizioni necessarie per l’ammissibilità del ricorso, messa in dubbio dalle eccezioni dell’Amministrazione resistente, quanto alla giurisdizione del TAR, alla legittimazione e all’interesse dei ricorrenti, all’oggetto del giudizio e alla natura della pretesa azionata.

9 – A giudizio del Collegio sussiste, in primo luogo, la giurisdizione di questo Tribunale. La vigente normativa, infatti, connette allo scioglimento del Consiglio regionale l’obbligo di indire le elezioni ponendo una puntuale disciplina dei relativi adempimenti. Siamo quindi in presenza di un procedimento amministrativo che contempla l’esercizio di potestà pubbliche e di poteri organizzativi mediante attività di regola dovute e vincolate. Si verte, in altri termini, su atti applicativi non direttamente della Costituzione, bensì della legislazione primaria nazionale e regionale; di conseguenza, e con particolare riferimento all’atto di indizione delle elezioni, si tratta di un atto di alta amministrazione soggetto alla giurisdizione amministrativa in quanto non sussumibile nel novero degli atti e provvedimenti adottati nell’esercizio del potere politico ai sensi del comma 1 dell’art. 7 del c.p.a. .

E d’altra parte neppure possono valere, al riguardo, i riferimenti di parte resistente alla “giustizia domestica” delle Camere, che costituisce una disciplina speciale legata alle guarentigie storicamente accordate ai Parlamenti nazionali, non suscettibile di alcuna applicazione analogica a fronte del generale principio di tutela giurisdizionale sancito dalla Costituzione.

10 – Deve essere, in secondo luogo, riconosciuta la sussistenza di un interesse legittimo differenziato e attuale in capo ai ricorrenti, e della connessa legittimazione a ricorrere. In particolare, il Signor Longo ricorre non solo quale presidente dell’associazione “Movimento difesa del cittadino”, bensì anche in proprio, quale cittadino regolarmente iscritto alle liste elettorali per le elezioni del Consiglio regionale del Lazio, vale a dire quale singolo componente ed esponente del corpo elettorale, mediante il quale la comunità nazionale esercita la sovranità sancita dall’art. 1 della Costituzione e le comunità locali esercitano l’autonomia politica riconosciuta dall’art. 5 e dal nuovo Titolo V della Costituzione.

In tal senso, non sembra revocabile in dubbio la sussistenza di un “interesse” non solo del corpo elettorale unitariamente inteso, ma anche di ogni elettore suo componente al corretto svolgimento della propria funzione elettorale garantita dalla Costituzione, e quindi alla corretta organizzazione della competizione elettorale; tale interesse – differenziato e qualificato rispetto all’interesse “semplice” di ogni componente della comunità al buon andamento delle istituzioni pubbliche – non può che essere ammesso a tutela in sede giurisdizionale ai sensi dell’art. 24 della Costituzione.

11 – Una conferma – indiretta e tuttavia sistematicamente rilevante – della predetta argomentazione va rinvenuta nella disciplina dell’ “azione popolare” in materia elettorale contenuta nel Titolo VI “Contenzioso sulle operazioni elettorali” del c.p.a. . In particolare:

– l’art. 126 c.p.a. dispone che “il giudice amministrativo ha giurisdizione in materia di operazioni elettorali relative al rinnovo degli organi elettivi dei comuni, delle province, delle regioni…”;

– l’art. 129, comma 1, c.p.a. disciplina la tutela anticipata dei ricorrenti esclusi dalla partecipazione alla competizione elettorale;

– l’art. 130 c.p.a. rinvia alla conclusione del procedimento elettorale la tutela giurisdizionale, azionabile da qualunque candidato o elettore, contro tutti gli atti del procedimento elettorale successivi all’emanazione dei comizi elettorali.

Ne consegue che il nostro ordinamento garantisce in sede giurisdizionale sia gli esclusi dalla competizione elettorale sia qualunque altro elettore che ravvisi la illegittimità di uno degli atti del procedimento elettorale. Dunque, se ogni elettore può agire in giudizio contro le illegittimità del procedimento elettorale, a maggior ragione – secondo una interpretazione costituzionalmente orientata – deve poter agire in giudizio contro le illegittimità che, in ipotesi, indebitamente impediscono o ritardano lo stesso avvio del procedimento elettorale (nel cui ambito egli potrà, se del caso, proporre ricorso). Diversamente opinando, potrebbe essere di fatto vanificata la stessa ratio della tutela giurisdizionale, connessa alla garanzia dei diritti civili e politici, costituzionalmente garantiti, di ciascun elettore: in tale quadro, la citata previsione dell’art. 130 c.p.a. appare ricognitiva di un principio generale, che postula e presuppone la legittimazione dei singoli elettori anche in relazione agli atti precedenti – e tuttavia strumentalmente necessari – allo svolgimento del procedimento elettorale fino alla sua conclusione.

La riconosciuta legittimazione del singolo elettore implica evidentemente la legittimazione anche della ricorrente associazione “Movimento difesa del cittadino”, che vede fra i propri soci il ricorrente Signor Antonio Longo e altri cittadini iscritti alle liste elettorali della Regione Lazio, e che allega fra i propri scopi statutari anche la tutela dei propri soci quali elettori, nelle competenti sedi.

12 – Secondo la predetta ricostruzione, trattandosi di un contenzioso strumentale, ma estraneo a quello elettorale strettamente inteso (per il quale è disposta la giurisdizione di merito di questo Giudice), occorre verificare la natura della posizione giuridica attivata dal singolo elettore.

A giudizio del Collegio, essa deve essere configurata quale interesse legittimo (confermando così per altro verso la sussistenza della giurisdizione amministrativa), in quanto nella specie viene contestata non la diretta negazione o violazione del proprio diritto soggettivo di elettorato attivo, bensì l’illegittimo svolgimento delle procedure amministrative volte a consentirne l’esercizio, che determina comunque un pregiudizio certamente apprezzabile dal ricorrente (ad esempio, quanto al rinvio e alla perdurante incertezza circa i tempi di esercizio del suo diritto).

13 – Accertata l’ammissibilità del ricorso sotto il profilo soggettivo, con la conseguente reiezione delle eccezioni mosse al riguardo, occorre passare all’esame del suo oggetto, avendone l’Amministrazione resistente eccepito l’inesistenza.

14 – Al riguardo, il Collegio osserva che il ricorso risulta espressamente rivolto in primo luogo, quale azione impugnatoria, avverso la determinazione del Presidente dimissionario della Regione Lazio di non far tenere le elezioni regionali entro il termine di legge ritenuto applicabile dai ricorrenti, e in secondo luogo a far dichiarare l’illegittimità di un comportamento dell’Amministrazione concretantesi in un illegittimo arresto (rectius, in un illegittimo rifiuto di avvio) del procedimento amministrativo.

Il Collegio ritiene irrilevante soffermarsi sull’ipotesi, pur pregevolmente argomentata, volta a identificare – nel caso di specie – un atto amministrativo implicito o tacito, in quanto risulta sufficiente la sostanziale qualificazione dell’azione esperita in questa sede, quale azione di accertamento/condanna (azione di adempimento).

Lo stesso ricorso, infatti, contiene un’azione dichiarativa dell’illegittimità dell’inerzia dell’Amministrazione intimata rispetto al comportamento ad essa imposto dalla vigente normativa, con la conseguente domanda di condanna della stessa ad un facere doveroso, per il quale sono stati ormai esauriti – come argomentato da parte ricorrente – i residui margini di discrezionalità temporale, con connessa necessità, ai fini del ripristino della legalità violata, di fissare lo svolgimento delle elezioni alla prima data utile tecnicamente compatibile con gli adempimenti procedimentali previsti dalla normativa vigente in materia di operazioni elettorali.

15 – Anche sotto tale ultimo profilo, peraltro, il ricorso risulta ammissibile, alla stregua di una recente e autorevole giurisprudenza (cfr. per tutte, Cons. Stato, A.Pl. n. 3/2011), che contempla l’azione di accertamento, nonché alla stregua del nuovo c.p.a. che ammette l’azione di condanna quando, come nella fattispecie in esame, secondo l’ipotesi di parte ricorrente, si tratta di attività vincolata, non residuando ulteriori margini di esercizio della discrezionalità e non essendo necessari adempimenti istruttori. Conclusivamente devono, quindi, essere respinte anche le ulteriori eccezioni di inammissibilità riferite all’oggetto del ricorso e alla natura dell’azione proposta.

16 – Venendo al merito del ricorso, osserva anzitutto il Collegio che non è controversa fra le parti la circostanza secondo cui – fino alla data odierna – il Presidente uscente della Regione Lazio, a seguito delle sue dimissioni in data 27.9.2012 e dello scioglimento del Consiglio regionale in data 28.9.2012, non ha indetto le nuove elezioni in tempo utile ai fini del loro svolgimento entro i tre mesi dallo scioglimento del Consiglio, considerato, in particolare, che ai sensi dell’art. 3, comma 5, della legge n. 108/1968, applicabile per rinvio recettizio da parte della legge elettorale del Lazio, i sindaci danno notizia dell’indizione dei comizi elettorali con manifesti affissi almeno 45 giorni prima della data di svolgimento.

17 – Ai fini della decisione occorre quindi, in primo luogo, procedere alla verifica dell’applicabilità dell’art. 5 della l.r. del Lazio n. 2/2005 alla fattispecie in esame. A giudizio del Collegio, tale applicabilità non appare dubbia, in quanto la stessa disposizione, nel riferirsi ai casi di scioglimento di cui all’art. 19, comma 4 dello Statuto, utilizza il richiamo alla norma statutaria che al suo interno racchiude il riferimento a tutti i casi di scioglimento anticipato, ivi incluso quello in esame. Quindi il richiamato art. 5 si riferisce per un verso, allo svolgimento delle elezioni nei casi di ordinaria fine legislatura e, per altro verso, a tutti i casi di scioglimento anticipato individuati mediante il richiamo della citata norma statutaria. Del resto, l’interpretazione indicata risulta essere l’unica plausibile, in quanto una diversa lettura che dovesse differenziare in modo ingiustificato i tempi di rinnovo degli organi regionali, consentendo al Presidente dimissionario della Regione di non convocare entro alcun termine certo le nuove elezioni, si porrebbe in diretto contrasto con i richiamati principi costituzionali.

18 – Occorre inoltre accertare se l’espressione “indizione” entro tre mesi dallo scioglimento del Consiglio debba intendersi nel senso che le elezioni debbano aver luogo (tesi dei ricorrenti), ovvero possano essere semplicemente convocate (tesi dell’Amministrazione) entro tale lasso di tempo.

A tale proposito, l’Amministrazione resistente cita l’interpretazione accolta da alcune sentenze in materia elettorale, come sopra indicate, di questa stessa Sezione, che è senza alcun dubbio favorevole alla propria tesi (indizione entro tre mesi), ma che deve essere nuovamente valutata funditus, dal Collegio, alla luce delle deduzioni proposte dai ricorrenti e delle sopravvenienze normative intervenute nel corso del tempo.

19 – Ciò posto, il Collegio osserva, anzitutto, che qualunque interpretazione è ammissibile solo entro la latitudine consentita dal tenore letterale del testo della legge regionale (art.5), che nel caso di specie recita: “si procede all’indizione delle nuove elezioni del Consiglio e del Presidente della Regione entro tre mesi”. Occorre allora rilevare che la collocazione del complemento di specificazione temporale “entro tre mesi”, in posizione successiva e contigua alla espressione “nuove elezioni…” senza interposizione di punteggiatura, anziché alla locuzione “si procede”, consente di non escludere – sotto il profilo semantico – la possibilità di riferire la previsione del termine anche allo svolgimento delle elezioni anziché alla sola loro indizione (strettamente intesa). Ciò implica, già sul piano letterale e semantico, la possibilità di un ulteriore orientamento interpretativo di questo TAR, rispetto a quello precedentemente adottato in relazione a una fattispecie peraltro non pienamente coincidente nei fatti con quella che ci occupa.

Attesa la rilevata indeterminazione semantica del testo della indicata disposizione, risulta decisivo il ricorso al criterio integrativo d’interpretazione della “ratio legis”. L’esigenza perseguita dalla norma è quella di garantire una tempestiva ricostituzione degli organi di governo regionale, secondo i principi costituzionali di efficacia e buon andamento e secondo il criterio di continuità di funzionamento delle pubbliche istituzioni che ne costituisce il corollario, in relazione alle competenze, anche legislative, originariamente riconosciute alle Regioni dalla Costituzione e ora ulteriormente ampliate e garantite dalla riforma del Titolo V della Costituzione medesima. In questa ottica, emerge con ogni evidenza l’incongruità e l’irragionevolezza di una interpretazione della previsione normativa in esame, volta a ricomprendervi la sola fase dell’indizione delle elezioni, senza in alcun modo ancorare ad un ulteriore limite temporale il loro effettivo svolgimento: il che potrebbe in tal modo, legittimamente, avvenire – per assurdo – anche a distanza di anni dallo scioglimento del Consiglio, vanificando così le esigenze perseguite dalla norma stessa e dall’ordinamento nel quale essa si inserisce.

20 – Il Collegio osserva altresì che l’esigenza di una interpretazione costituzionalmente orientata emerge anche dall’affermazione contenuta nella sentenza n. 196 del 2003 della Corte Costituzionale, avente ad oggetto una analoga previsione della legge elettorale della Regione Abruzzo: la Corte ha ritenuto che l’espressione “indizione” debba necessariamente e ragionevolmente “intendersi nel senso che le elezioni abbiano luogo e non siano semplicemente indette entro tale lasso di tempo”.

Al contrario, le precedenti sentenze di questo TAR, decidendo ex post sulla legittimità della ritardata convocazione dei comizi elettorali, indipendentemente dalla tesi interpretativa adottata, non avrebbero comunque potuto accogliere quei ricorsi, anche sul piano dell’interesse, al fine di evitare il paradosso di un accoglimento sul ritardo avente per effetto la rinnovazione delle elezioni, ovvero un ulteriore ritardo: ciò vale a confermare che, nella fattispecie in esame, la presente tutela giurisdizionale ex ante è la sola possibile, e non può pertanto essere ritenuta inammissibile senza violare l’art. 24 della Costituzione.

21 – A fronte della pregressa ricostruzione della disciplina applicabile, le esimenti invocate dall’Amministrazione a giustificazione del proprio ritardo operano, a giudizio del Collegio, su un diverso piano di opportunità, che non può scalfire il preciso e indefettibile obbligo di legge del Presidente dimissionario di far svolgere le nuove elezioni entro il termine assegnato.

In ogni caso, osserva il Collegio che:

– a seguito della inottemperanza della Regione Lazio e di altre Regioni alle previsioni del d.l. 13 agosto 2011, n. 138, conv. con mod. dalla l.14 settembre 2011, 148 sulla riduzione del numero dei consiglieri regionali, il recente d.l. 10 ottobre 2012, n. 174 – attualmente in vigore – dispone l’automatica riduzione di detto numero all’atto dell’indizione delle elezioni per il rinnovo del consiglio, di modo che la mancata previa riduzione del numero dei consiglieri non può giustificare il ritardo nello svolgimento delle nuove elezioni mentre, al contrario, può originare eventuali profili di responsabilità amministrativa-contabile;

– l’intervenuta disciplina di riduzione delle province a seguito del d.l. 5 novembre 2012, n. 188, in corso di conversione, che comporterà in una prima fase solo il riordino della relativa governance, attuando in una seconda fase i tagli e gli accorpamenti, è comunque irrilevante ai fini delle elezioni in parola, fermo restando che le norme elettorali applicabili si riferiscono alle province quali ambiti territoriali di ripartizione geografica del territorio, e non quali entità amministrative;

– l’obbligo di cui all’art. 7 del d.l. 6 luglio 2011, n.98, conv. con mod. dalla l. 15 luglio 2011, n. 111, quanto all’accorpamento delle date di svolgimento delle diverse consultazioni elettorali (c.d.“ election day”) non opera nella fattispecie in esame, anche in relazione alla dichiarata finalità di riduzione dei costi della politica, posto che le altre due invocate elezioni si svolgeranno in altre Regioni, senza che sia quindi ipotizzabile alcuna sovrapposizione di adempimenti e, quindi, alcun apprezzabile risparmio di spesa. Tale considerazione consente, peraltro, al Collegio di non dover approfondire il diverso delicato problema se una norma di legge di razionalizzazione procedurale possa comunque superare il limite intrinseco al principio sancito dall’art. 1 della Costituzione che consente di rinnovare anzitempo gli organi di governo i quali, come nel caso di specie, non possono più adempiere alla loro funzione, ma non di disporne l’ultrattività oltre i limiti temporali posti a tutela dell’attualità della loro legittimazione democratica.

22 – Il ricorso deve essere conclusivamente accolto alla stregua delle precedenti considerazioni, con conseguente accertamento dell’obbligo del Presidente dimissionario della Regione Lazio di provvedere all’indizione delle elezioni, nei termini e nei modi indicati nel dispositivo; nel caso di mancata osservanza interverrà, in via sostitutiva, un commissario ad acta che viene nominato nella presente sede, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 34, comma 1, lett.e) del c.p.a. .

23 – Sussistono motivate ragioni, in relazione alla peculiarità delle questioni dedotte, per compensare fra le parti le spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Bis)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo ACCOGLIE nei sensi di cui in motivazione e, per l’effetto, così dispone:

– accerta l’obbligo del Presidente dimissionario della Regione Lazio di adottare il provvedimento di indizione delle consultazioni elettorali regionali, entro cinque giorni successivi alla data della comunicazione in via amministrativa della presente sentenza ovvero della sua notifica se anteriore, fissando la data di svolgimento delle stesse consultazioni entro il più breve termine tecnicamente compatibile con gli adempimenti procedimentali previsti dalla normativa vigente in materia di operazioni elettorali;

– nomina fin d’ora Commissario ad acta il Ministro dell’Interno – o un funzionario dallo stesso delegato – affinché in caso di inadempimento oltre il predetto termine di cinque giorni, adempia in luogo del Presidente dimissionario della Regione Lazio entro i successivi cinque giorni;

– compensa le spese di giudizio tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 novembre 2012 con l’intervento dei magistrati:

Eduardo Pugliese, Presidente, Estensore

Antonio Vinciguerra, Consigliere

Raffaello Sestini, Consigliere